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2. Blonde: ricostruzione del self oltre il mito

2.1. Marilyn Monroe e il problema dell’identità

La “resurrezione dei morti”247, creata secondo Ricoeur dalla ripetizione di eventi ben noti, caratterizza il romanzo Blonde (2000), basato sulla vita di Norma Jeane Baker, universalmente conosciuta come Marilyn Monroe.

In realtà Oates non intende attuare una resurrezione dell’icona che continua a vivere sullo schermo e su migliaia di riproduzioni del suo celebre corpo, ma piuttosto dare una nuova vita alla donna dietro al mito.

In un’intervista rilasciata a Greg Johnson, contenuta nel suo libro The Faith of a Writer:

Life, Art, Craft, la scrittrice ha spiegato la genesi del romanzo: aveva visto una foto di

Norma Jeane Baker a diciassette anni con i capelli più lunghi, ricci e scuri e il viso libero dal trucco pesante che l’attrice indossava di solito. Anche il naso, la mascella e i denti non erano stati ancora raddrizzati tramite interventi chirurgici248. Questa ragazza, “looked nothing like the iconic Marilyn Monroe”249 e poche persone sembrano ricordarsi di lei. Per questo la scrittrice ha deciso di darle una nuova vita in quella che originariamente aveva progettato come novella che doveva concludersi nel momento in cui Norma Jeane perde il nome di battesimo per acquisire quello imposto dallo studio: Marilyn Monroe. Ma Oates ha sentito il bisogno di continuare a scrivere la storia di Marilyn fino all’ultimo giorno della sua vita, il 4 agosto 1962, facendo raggiungere al romanzo la considerevole estensione di 939 pagine. Questo perché giudica l’attrice “an emblematic character of her time and place as Emma Bovary was of hers”250, e più di tutto, figura emblematica dell’America.

La biografia di Monroe suggerisce quanto sia una perfetta incarnazione del sogno americano: fu abbandonata dal padre poco dopo la nascita251, sua madre fu rinchiusa in un ospedale psichiatrico quando era una bambina252, quindi visse parte della sua

247 Ricoeur, “Narrative Time”, cit., p. 190.

248 Ruth Leon, Sheridan Morley, Marilyn Monroe (Phoenix Mill: Sutton Publishing, 1990) p. 14. 249 Joyce Carol Oates, “Blonde Ambition: An Interview with Greg Johnson”, The Faith of a Writer:

Life, Art, Craft, (New York, Ecco, 2003), p. 144.

250 Ibidem, p. 145.

251 Le ipotesi sull’identità dell’uomo sono molteplici, ma Leon e Morley nella loro biografia dell’attrice

sostengono che si tratti di Stanley Gifford, un venditore che non aveva voluto avere niente a che fare con la figlia della sua amante, Gladys Mortenson. (p. 1)

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infanzia in un orfanotrofio e il resto di essa in varie famiglie adottive.253 Sposò Jim Dougherty a sedici anni e quando lui si arruolò nell’esercito iniziò a lavorare per la Radio Plane Aircraft254, dove fu scoperta da un fotografo255. In seguito divenne la modella e poi la blonde actress (definizione che Oates le dà spesso nel suo romanzo) che tutti conoscono. Ma il sogno americano di Marilyn Monroe fu oscurato da un’instabilità cronica, tre matrimoni sfortunati (e molte altre relazioni fallimentari) e dall’incapacità di far combaciare le due identità di Norma Jeane e Marilyn, la moglie e l’attrice, la ragazza e la costruzione artificiale. Monroe divenne dipendente dai farmaci256, e la sua morte, al di là delle teorie cospirative, sembra essere legata a questa sua dipendenza: una fuga dal corpo attraverso il suicidio. Cercò di uccidere, con successo, il “self out of nothingness”257 che aveva creato ossigenandosi i capelli, vestendosi in modo provocante, e adattandosi al personaggio della “dumb blonde” che la rese famosa.

L’icona è associata a una serie di immagini connesse ai suoi film: capelli biondi, sensualità, stupidità, gioia di vivere…Monroe è tutto questo, e molto altro, in Blonde. Ciò che di solito vediamo e ricordiamo di lei è il personaggio, che per Ricoeur è costituito da “the set of lasting dispositions by which a person is recognized”258: l’insieme di caratteristiche che rendono tale personaggio immediatamente riconoscibile. Quindi l’obiettivo di Oates è di andare oltre il biondo dei suoi capelli, e l’aura da stella del cinema e piuttosto di fornire un ritratto completo della donna dietro l’icona, servendosi però di queste caratteristiche note a tutti. Un compito difficile, dal momento che la protagonista del romanzo ha identità multiple.

Si è spesso portati a considerare la duplicità del suo personaggio, come scrive infatti John David Ebert:

253 Fred Lawrence Guiles, Norma Jean, The Life of Marilyn Monroe (New York: McGraw Hill

Company, 1969), pp. 22-23.

254 Fred Lawrence Guiles, Legend, The Life and Death of Marilyn Monroe (New York: Stein and Day

Publishers, 1984), pp.70-73.

255 Sandra Shevey, The Marilyn Scandal, Her True Life Reveled by Those Who Knew Her (New York:

William Morrow & Company, 1987), p. 66.

256 Matthew Smith, Marilyn’s Last Words, Her Secret Tapes and Mysterious Death (New York: Carroll

& Graf Publishers, 2003), p. 4.

257 Sandra Paige Baty, American Monroe: The Making of a Body Politic (Berkeley: University of

California Press, 1995), p. 101.

78 Two heads then; two identities: one for the silver screen, and one for the real world that together with its images and ideas, project forth the luminous, flickering puppet plays of the darkened movie cavern.[…] “Marilyn Monroe” then, was a mask put on very deliberately (and ironically) by Norma Jeane Baker, who was conscious all her life of being two women, a real one made of flesh and blood, and an electrically generated construct259.

Eppure, la miglior definizione del personaggio la dà Graham McCann quando afferma che “[t]here was never a clear and compact self called “Norma Jeane” that was later

dropped into a volatile environment and dissolved like a soluble pill into a thousand ‘Marilyns’260”.

Virginia Woolf, in Orlando, scrive che “a biography is considered complete if it merely accounts for six or seven selves, whereas a person may well have as many as one thousand”261: questo sembra essere il caso di Marilyn. Inoltre, nella sua “novel biography” dell’attrice del 1973, Norman Mailer afferma che “Monroe opens up the whole problem of the biography262”, intendendo probabilmente che è impossibile ottenere una verità sicura e definitiva dalle sue centinaia di biografie scritte da conoscenti, amici, giornalisti o scrittori. Tutte, infatti, affermano verità diverse, ad esempio, su chi fosse suo padre, sul fatto che da bambina fosse stata vittima di abusi o meno, su quanti mariti e amanti ebbe, quanti aborti e così via. Ma soprattutto, esistono varie teorie sulla sua morte: fu suicidio? Omicidio? Fu uccisa dai Kennedy? Molte biografie si focalizzano sulla sua morte, ma non indagano affatto il personaggio. E questo è esattamente l’opposto di ciò che fa Oates.

Blonde, definito dall’autrice come “a distilled life in the form of fiction”263, affronta il problema della biografia, delineandosi in qualcosa che non è né una “novel biography”, né un romanzo storico, e neanche pura fiction. Ciò che Oates scrive è un “memoir postumo”264 che utilizza strumenti tali da consentirle di fornire un ritratto completo dell’attrice, e soprattutto della donna.

259 John David Ebert, Dead Celebrities, Living Icons- Tragedy and Fame in the Age of the Multimedia

Superstar (Santa Barbara: Praeger, 2010), pp. 57-58.

260 Graham McCann, Marilyn Monroe (New Brunswick: Rutgers University Press, 1987), p. 3. 261 Virginia Woolf, Orlando: A Biography (London: Penguin Books, 1970), p. 295.

262 Norman Mailer, Marilyn (London, Virgin Books, 2012), p. 18. 263 Joyce Carol Oates, Blonde (London, Fourth Estate, 2000), p. ix .

264 L’antecedente più noto di “memoir postumo” è quello dello scrittore brasiliano Joaquim Maria

Machado de Assis (1839-1908), The Postumous Memoirs of Bras Cubas (Oxford: Oxford University Press, 1998). Il romanzo, pubblicato nel 1881, è il racconto che il protagonista, Bras Cubas, fa della propria vita dall’oltretomba.

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L’analisi di questo romanzo intende evidenziare come l’autrice abbia creato una forma del tutto originale rispetto alle biografie tradizionali, utilizzandole comunque come fonti265, o ad altre opere collegate alla figura di Monroe, che però sono misteriosamente assenti da questa lista, come la già citata “novel biography” del 1973 e On Women and

Their Elegance (1980) di Norman Mailer o il dramma di Arthur Miller After the Fall

(1964)266.

Nei paragrafi seguenti, il romanzo verrà scomposto nei diversi generi che lo costituiscono (biografia, romanzo storico, fiaba, fiction), e nelle diverse tematiche toccate in esso. Come si vedrà, qui vengono trattate in modo del tutto originale rispetto alle biografie sull’attrice pubblicate in precedenza.