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I medici di bordo fra i secoli XIII e

La medicina negli eserciti dell’Italia comunale fino all’arrivo delle compagnie mercenarie

3.5 I medici di bordo fra i secoli XIII e

«Aggia il prete e‟l barbiere Con ciò ch‟a lor mestiere E‟l medico sarìa

Utile e converrìa»

118

Giovanni da Casamicciola fu investito del feudo di Frignano, presso Aversa, cfr. CASARINI, La medicina militare cit., p. 166. Al medico Tommaso da Firenze venne concesso nel 1273 il «pheudum quod fuit Gentilis de Aquino proditoris nostri situm in tenimento Capue in terra alagni».

119 290 ducati, cfr. D

E RENZI, Storia cit., p. 561.

120 174 ducati, ibidem. 121 P

ELLEGRINI, La medicina militare cit. p. 278, doc. LIII: «Volumus et fidelitati tue precipiendo mandamus quatenus magistro Johanni Casamiczule et Simoni Archide fisicis uncias auri triginta duas ponderis generalis, vigintas scilicet magistro Johanni et reliquas duodecim dicto Archide pro expensis eorum presentis mensis februarii servicio dum eos recepit et totidem pro expensis eorum futuri mensis marcij si etiam continget eos in nostris serviciis in apulia commorari de pecunia curie nostre si qua est vel erit etc. […]».

122

Ibidem, p. 280, doc. LV: «Scriptum est Giliberto de Saltano militi Justiciariatus Basilicate fideli suo etc. Cum Johannem cirurgicum familiarem et fidelem nostrum tecum ad gagiam curie providerimus in nostris servicis moraturum fidelitati tue precipimus quatenus predictum Johannem tecum ad servicia nostra admittens et retinens sibi sive habeat equum sive non quamdiu tecum in nostris servicis continue moram trahet gagia ad racione de granis auri quindecim ponderis generalis pro die de pecunia pertinencij officij tui seu residui quarum librarum tibi ad recolligendum commissorum […].»

Così si esprimeva il toscano Francesco da Barberino124 nei suoi Documenti d‟amore125, composti fra il 1303 e il 1311, riferendosi ai pericoli del mare e a «come si ponno in parte schifare». La presenza del medico a bordo delle navi era già a quell‟epoca ritenuta imprescindibile per la sicurezza dell‟equipaggio, ma non sempre a questa esigenza si riusciva a fare realmente fronte. Abbiamo già visto la supplica che il Collegio di Genova fece nel 1235 al Doge, affinché non fossero ritardate le paghe per i medici imbarcati nelle navi126. Nel Liber Gazarie, un regolamento trecentesco genovese per la navigazione, non sono citati esplicitamente né medici né barbieri di bordo127, ma sappiamo che normalmente erano i barbieri quelli che si imbarcavano e che, una volta sulle navi, vi svolgevano quasi tutte le mansioni riguardanti la salute dei marinai: sembra che il numero di questi barberii, comunque, rimanesse esiguo in confronto alle necessità della marina di Genova128. Inoltre, non si può certo dire che i marinai fossero in buone mani, dal momento che la capacità professionale dei barbieri imbarcati era decisamente bassa, e «spesso si hanno morti dovuti soltanto alla loro imperizia»129. A volte, sulle navi più grandi, veniva imbarcato anche un apprendista, il barbierotto buonavoglia, cosiddetto perché proveniva dalla ciurma volontaria130. Sappiamo, inoltre, che nella flotta di quaranta galere, approntata nel 1337 dai genovesi per Filippo di Valois, nell‟imminenza della sua spedizione contro gli inglesi, l‟ammiraglio avrebbe avuto a disposizione sulla sua nave un maestro chirurgo (con lo stipendio di 10 fiorini al mese), mentre su tutte le altre imbarcazioni sarebbero stati presenti un barbiere e un barbierotto, incaricati della salute dei marinai131.

Esiste inoltre un documento, dal quale apprendiamo che nel luglio 1266 il magister

medicus genovese Guillelmus de Caçanna pagava 5 lire e 10 soldi per farsi sostituire come

vogatore nel servizio che avrebbe dovuto svolgere per il Comune nell‟armata di Obertino Doria132. Ci troviamo di fronte dunque a un medico, il cui ruolo principale a bordo non sarebbe stato affatto quello della sua professione, bensì quello di rematore133.

124 Capostipite della famiglia Barberini, nacque in Val d‟Elsa nel 1264 e morì a Firenze nel 1348. Vd.

PESCE, Medici di bordo cit., p. 82.

125 M. A

LBERTAZZI (a cura di), I Documenti d‟Amore, I-II, Lavis (Trento), 2008. Documento 9: «De‟ pericoli di mare et insegnasi come si ponno in parte schifare». Cfr. PESCE, Medici di bordo cit., p. 76.

126

Cfr. supra, p. 64.

127 B

ALLETTO, Medici e farmaci cit., p. 73, nota 170.

128 Ibidem, p. 72: «Ma, nelle vicende di tutti i giorni, [sulle navi genovesi] la maggior parte delle attività

sanitarie sono esercitate dai barberii».

129

Ibid., p. 73.

130 P

ESCE, Medici di bordo cit., p. 77.

131 C

ABANÈS, Chirurgiens et blessés cit., p. 106.

132

BALLETTO, Medici e farmaci cit., p. 37.

133 Ibidem, p. 73 nota 170. A Genova, il mestiere di vogatore era a metà Duecento ancora svolto da liberi

Se poniamo l‟attenzione su Venezia, le ricerche possono partire dall‟importante lavoro dello studioso Bartolomeo Cecchetti134, il quale alla fine del XIX sec. sottopose ad accurato esame i registri delle Grazie del Maggior Consiglio riguardanti il XIV secolo135, conservati nell‟Archivio di Venezia. La medicina militare non era affatto trascurata sulla marina della Serenissima: si conoscono numerosi casi documentati di medici di bordo sulle navi veneziane, a partire dal 1300, anno in cui il chirurgo maestro Gualtieri venne assunto agli stipendi del Governo «con due lire di grossi all‟anno, per i suoi meriti verso i feriti da lui curati sulle galere, a Venezia e altrove, senza compenso»136. Il nipote di costui, Zanotto, medico anch‟egli, nel 1348-49 andò a svolgere il suo servizio, «faciendo de pulcris curis», «nella spedizione di Pangrazio e Giustiniano Giustinian, “capitani delle galere della lega”, i quali se ne lodarono»137. Nella „grande armata‟ del Giustinian, diretta verso Costantinopoli, e in quella di Nicolò Falier in Sicilia servì anche maestro Pietro da Venezia, fisico, il quale si arruolò per amor di patria («de nostro mandato... liberaliter et prompte motus amore patrie et fideli devotione dominii nostri»), e di ciò gli venne dato merito138.

Nel giugno del 1322, il Maggior Consiglio emanò un decreto, in base al quale veniva ordinata la presenza di un medico e di un chirurgo sulle navi veneziane139:

«Quod unus Medicus Phisicus mittatur cum istis galeis pro servitiis mercatorum, et hominum galearum, habendum illud Salarium a Comuni, quod habet Medicus Chirurgus.»140

Sulle galere dirette a Zara, comandate da Donato Contarini, troviamo nel 1335 un maestro Rubino141, del quale sappiamo che già da trent‟anni era medico a Venezia142. Egli aveva esercitato fino a quel momento senza aver versato la necessaria cauzione («plezariam medendi») ai giustizieri. La licenza di esercitare la professione gli venne

134 B. C

ECCHETTI, La medicina in Venezia nel 1300, «Archivio Veneto», XIII, n.s., vol. XV-XVI, 1883.

135 Cfr. anche il più recente (ma più limitato in ambito storico) E. F

AVARO, (a cura di), Cassiere della bolla ducale. Grazie. Novus Liber (1299-1305), Venezia, 1962.

136 1300, 28 marzo; Grazie, II, 8 t. 137 C

ECCHETTI, La medicina in Venezia nel 1300, cit., pp. 102-3, nota 1: 1349, 12 gennaio, m.v.; Grazie, XII, 34.

138

Ibidem, p. 102, nota 7: n. 7: 1331, 22 dicembre; Grazie, IV. Nel 1335, in occasione della spedizione in Istria guidata da lui e da Andrea Michiel, il Giustinian porterà con sé Maestro Tomaso, uno dei chirurghi salariati in Venezia: cfr. ibid., nota 8.

139

C. FOUCARD, Notizia sull‟arte medica e sul personale sanitario di Venezia nel Medio Evo, Venezia, 1859, citato in PELLEGRINI, La medicina militare cit., p. 112-13: «Anche nell‟armata di terra, come in quella della flotta, ed in assistenza degli ambasciatori spediti alle varie Corti d‟Europa, venivano deputati dal Governo medici e chirurghi.»

140

ASVe, Maggior Consiglio, Phronesis, C 92: 1322, giugno.

141 C

ECCHETTI, La medicina in Venezia nel 1300, cit., p. 95, nota 6: 1335, 1 ottobre, Grazie, VI, 76 t.

concessa proprio in quell‟anno, in virtù dei meriti che Rubino aveva acquisito143

, anche servendo in armata nel mese precedente.

Nell‟armata allestita da Venezia nel 1353 e guidata dal nobile Nicolò Pisani era imbarcato il fisico Guido144, mentre un documento di tre anni posteriore ci informa della consuetudine che la retribuzione del medico di bordo provenisse almeno in parte da una tassa sulle paghe dei rematori: nel 1356, infatti, lo stesso Nicolò Pisani «prende a servizio per l‟armata nella quale è capitano, come medico principale “ad conditionem grossi qui est solitus retinere de pagis hominum de remo” m. Bartolomeo da S. Cassiano chirurgo; dalla qual tassa si trassero 24 lire di grossi (2400 zecchini)»145. Per i suoi servigi, maestro Bartolomeo ricevette inoltre «20 ducati d‟oro, per grazia, sebbene d‟ordinario ai medici in armata non si contribuisca più del loro stipendio»146.

Gli stabilimenti di Genova e Venezia nelle isole e sulle coste del Mediterraneo orientale divennero punti strategici nei disegni di espansione delle due città, e furono oggetto di cruente ed estenuanti guerre fra le due Repubbiche nel corso del secolo XIV147. I medici che si spostavano dalla città d‟orgine (o dai luoghi circonvicini) potevano cercare impiego nei castelli e nei presìdi d‟oltremare, laddove la loro opera risultasse necessaria. Negli anni Settanta ed Ottanta del Duecento, «sono presenti in Corsica, nel castello di Bonifacio […], maestro Nicolò medicus cirurgie, maestro Opicino medico e maestro Enrico de Casalli o

de Cassalli medico148: per certo erano immigrati dal continente»149. Non c‟erano solo queste opportunità: chi aveva in animo di trasferirsi nel Mediterraneo orientale (e non furono pochi i medici genovesi che lo fecero)150 poteva trovare nuove opportunità di impiego. Ma non sempre risultava un affare, come dimostrano le vicende di Maestro Tullio, un medicus cirorgie della fine del XIII secolo, originario di Genova e residente a Pera, sobborgo di Costantinopoli. Costui, l‟8 luglio 1281, venne ingaggiato da Benedetto e Manuele Zaccaria, signori di Focea, con il ruolo di «medico di corte ed insieme faccendiere dei propri signori»151.

143 Ibid. 1335, 3 Nov. Grazie, VII, 2 t.

144 Ibid., vol. XV-XVI, p. 103, nota 2: 1353, 18 marzo; Grazie, XIII, 14. 145 Ibid., nota 12: 1356; Grazie, XIII, 83 t.

146 Ibid. 147

Sulle guerre fra Genova e Venezia, e sul ruolo cruciale delle colonie d‟oltremare vedi: G. ORTALLI, D. PUNCUH (a cura di), Genova, Venezia, il Levante nei secoli XII-XIV. Atti del Convegno internazionale di studi, Genova-Venezia, 10-14 marzo 2000, Genova, Societa Ligure di Storia patria, 2001. BALLETTO, Genova, Mediterraneo, Mar Nero, sec. XIII-XV, Genova, Civico Istituto Colombiano (Studi e testi, 1), 1976. Si veda inoltre: Genova, Pisa e il Mediterraneo tra Due e Trecento, per il 7° centenario della battaglia della Meloria. Atti del Convegno di Genova, 24-27 ottobre 1984, Genova, Societa Ligure di Storia Patria, 1984.

148 Per quest‟ultimo vd. supra, p. 64. 149

BALLETTO, Medici e farmaci, cit. p. 61.

150 Ibid., pp. 61-62. 151 Ibid., p. 63.

Le condizioni esplicitate nel contratto stipulato non erano delle migliori per il medico, il quale «deve esercitare la propria arte a Focea e altrove […]; deve avere pronti gli unguenti necessari; deve curare gratuitamente gli Zaccaria ed i membri della loro casa; deve dividere a mezzo con i propri signori gli utili della professione; deve adattarsi ad altre attività che essi gli comandino quando non ci siano malati da curare»152, per uno stipendio di 40 iperperi153 per almeno sette mesi, compresi vitto e alloggio in forma conveniente alla sua condizione.

Probabilmente la prospettiva di poter esercitare la propria professione in un luogo dove non ci fosse troppa concorrenza e applicando le proprie tariffe (purché non fossero esose) fu uno dei motivi che spinsero maestro Tullio ad accettare di trasferirsi a Focea154. Ma considerando che, nel mese successivo all‟accordo con maestro Tullio, gli Zaccaria ingaggiarono il balestriere Gigante (con mansioni di difesa personale) attribuendogli uno stipendio decisamente superiore a quello del medicus cirorgie155, vediamo che «anche nel Duecento la professione di medico condotto non rendeva tesori»156.

Al contrario, sembra che per i medici veneziani all‟inizio del XIV secolo ci fossero buone opportunità oltremare: vediamo infatti che nel 1307 il Senato decise di aumentare da 4 a 10 lire di grossi lo stipendio annuo di maestro Pietro da Ragusa, inviato a Creta, a condizione che non andasse allo stipendio di un altro Comune.

Ciò potrebbe comunque testimoniare che non era un servizio valutato molto positivamente dai medici veneziani, che non consideravano una grande fortuna essere nominati medici condotti nei possedimenti oltremare della Serenissima, e, se vedevano che il loro compito sarebbe stato spiacevole, rifiutavano l‟incarico e accettavano in cambio anche lavori rischiosi nelle galere da guerra157. Nel 1337, infatti, le autorità veneziane stabilirono che il chirurgo Bonaventura da Verona, «poiché non approfitta della concessione di recarsi a Candia “post quam videt quod non placet terre”, vada medico in armata “ad viagium Trapesunte”, onde ne ritragga qualche vantaggio»158

.

152 Ibid., p. 68.

153 Ibid., p. 63: «al cambio, allora corrente, di 2 iperperi per lira genovese, sono 20 lire». 154 Ibid.

155

Secondo valutazioni differenti, dovute ai termini poco chiari relativi alla durata del contratto di maestro Tullio (valido per sette mesi o per un intero anno?), lo stipendio del balestriere Gigante risultava più alto del 15% oppure del 50% rispetto a quello del medico. Cfr. R.S. LOPEZ, Genova marinara nel Duecento. Benedetto Zaccaria ammiraglio e mercante, Messina-Milano, 1933, p. 32, cit. in BALLETTO, Medici e farmaci cit., p. 69.

156 Ibid. 157 U.S

TEFANUTTI, Documentazioni cronologiche per la storia della medicina, chirurgia e farmacia in Venezia dal 1258 al 1332, Venezia, 1961, p. 74: Maggior Consiglio, Liber Capricornus, c. 49 B; Avogaria, Liber Magnus, c. 34 A.

158 C