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La ‘ragione’ e l’‘esperienza’: in bilico fra scienza e ciarlataneria

La crisi della chirurgia di guerra medievale (1514-1530 ca.)

5.2 L’inattesa scoperta di Ambroise Paré

5.2.3 La ‘ragione’ e l’‘esperienza’: in bilico fra scienza e ciarlataneria

Lo stupore e la soddisfazione di Paré nel vedere il buon funzionamento del metodo alternativo al trattamento „aggressivo‟ dovettero essere presto controbilanciate da una considerazione che non poteva sfuggire agli occhi attenti del chirurgo di Laval. Quel „balsamo‟ utilizzato sui reduci dall‟assalto di Avigliana, infatti, non costituiva una vera e propria cura per le ferite d‟archibugio, in quanto non eliminava affatto i pericoli dell‟evoluzione suppurativa e il rischio di infezione, onnipresenti nelle ferite di guerra medievali e ancor più insidiose in quelle provocate dalle armi da fuoco, anche se almeno evitava ai soldati colpiti la sofferenza inutile causata dalla cauterizzazione104.

Essendosi ormai mostrato ai suoi occhi per via „sperimentale‟ che l‟opinione di Giovanni da Vigo era errata, e in qualche modo superabile, da quel momento Paré si sforzò alacremente di ricercare un procedimento realmente risolutivo per le ferite d‟arma da

102 Il famoso brano dell‟Apologie et Voyages sulla scoperta di Avigliana (Experience rend l‟homme

hardy. Heureux succés) merita di essere riproposto per intero: «La nuict je ne peus bien dormir à mon aise, craignant par faute d‟avoir cauterisé, de trouver les blessez où j‟avois failly à mettre de ladite huile morts empoisonnez, qui me fist lever de grand matin pour les visiter, où outre mon esperance trouvay ceux ausquels j‟avois mis le medicament digestif, sentir peu de douleur, et leurs playes sans inflammation ny tumeur, ayant assez bien reposé la nuict: les autres où l‟on avoit appliqué ladite huile bouillante, les trouvay febricitans, avec grande douleur et tumeur aux environs de leurs playes.» Les Oeuvres d‟Ambroise Paré..., p. 1199.

103 Ibidem. 104 D

fuoco. Nemmeno lui era convinto che fosse sufficiente il balsamo „digestivo‟, ma proprio a causa di quello il suo nome doveva essere giunto alle orecchie del comandante: non mancava mai il lavoro per Paré all‟accampamento e nelle piazzeforti affollate dalle guarnigioni105, eppure egli riuscì a trovare il tempo e il modo di frequentare con assiduità, e a lungo, un chirurgo torinese, il cui nome ci è stato lasciato ignoto, famoso per essere in possesso di un miracoloso unguento per le ferite d‟archibugio106.

Dovrebbe far riflettere il fatto che nel XVI sec. i rimedi efficaci, o quelli che venivano considerati tali, spesso non fossero posseduti dai chirurghi sul campo, laddove ce ne sarebbe stato un bisogno pressante e immediato, ma fossero conosciuti da singoli medici nelle retrovie, i quali li custodivano nelle loro botteghe cittadine, come un un segreto di cui essere gelosi: un unguento che si dimostrasse in qualche modo „funzionante‟ per i nuovi tipi di ferite, trovato empiricamente da un medico (o guaritore, o praticone che fosse), poteva infatti diventare per lui un lucroso affare da gestire, una cospicua fonte di reddito da preservare nel segreto, senza che si creasse una scomoda concorrenza da parte di altri medici se fosse diventato di pubblico dominio.

Per la medesima ragione, erano gli stessi soldati superstiti delle battaglie a dover raggiungere la bottega del medico in questione (del quale forse avevano sentito parlare per passaparola all‟interno dell‟accampamento), affinché applicasse loro il suo balsamo „miracoloso‟, e non il contrario: il medico doveva stare attento a non rovinare una clientela evidentemente già avviata e numerosa, fatta di soldati malconci e disperati, che magari portavano ancora nel loro corpo la pallottola d‟archibugio che li aveva colpiti in battaglia. Questa circostanza indurrebbe a pensare che, per la truppa dei soldati, probabilmente le cure fornite dai chirurghi presenti sul campo non sempre erano del tutto efficaci per quel

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L‟affollamento costituiva un problema di non poca rilevanza per l‟esercito francese occupante, vista la frequenza e la gravità delle risse che scoppiavano nei suoi ranghi. I chirurghi dovevano spesso medicare i soldati rimasti feriti in tale maniera, e (data la fama che stavano acquistando le sue medicazioni) Paré era il più richiesto di tutti, anche su espresso ordine del Maresciallo di Montejan alle cui dipendenze si trovava, il quale evidentemente cominciava a nutrire in lui una grande fiducia ripagata dai fatti: il nome del giovane chirurgo cominciò così a circolare anche oltre il reparto al seguito del quale si trovava all‟interno di Torino. Les Oeuvres d‟Ambroise Paré..., p. 1199: «Mondit seigneur le Mareschal de Monte-jan demeura Lieutenant general pour le Roy en Piémont, ayant dix ou douze mille hommes en garnison par les villes et chasteaux, lesquels se batoient souvent à coups d‟espée, et d‟autres bastons, et mesmes à coups d‟harquebuses, et s‟il y avoit quatre blessez j‟en avois toujours les trois, et s‟il estoit question de couper un bras ou une jambe, ou trepaner, ou reduire une fracture ou dislocation, j‟en venois bien à bout. Mondit seigneur le Mareschal m‟envoyoit tantost d‟un costé, tantost de l‟autre, pour penser les soldats signalez qui s‟estoient battus tant aux autres villes qu‟a Thurin, de sorte que j‟estois tousjours par les champs de costé et d‟autre.»

106

Ibidem: «Estant à Thurin trouvay un Chirurgien qui avoit le bruit par dessus tous de bien traicter les playes faictes par harquebuses, en la grace duquel trouvay façon de m‟insinuer pour avoir la recepte qu‟il appelloit son baume, dont il traictoit les playes d‟harquebuses, et me feist faire la court deux ans avant que pouvoir tirer sa recepte.» Paré sostenne di aver atteso „due anni‟ la suddetta ricetta, ma in realtà fu solo uno: come sappiamo il suo conteggio è errato, poiché parte dal 1536, mentre la spedizione cominciò nell‟autunno 1537.

tipo di ferite, o forse non lo erano per niente.

Sull‟istruzione di quei medici (o presunti tali) in possesso degli unguenti ritenuti in grado di curare le ferite da arma da fuoco non ci viene detto nulla di preciso: pare comunque di capire che essi non fossero affatto inseriti accademicamente, altrimenti chi ne scrisse in seguito (Ambroise Paré, Leonardo Fioravanti) lo avrebbe sicuramente menzionato, invece di descriverli con tratti più consoni ad un medico di paese. Poteva trattarsi dunque di una rivincita (per quanto parziale) della pratica sulla medicina universitaria?

Veniamo a presentare nei dettagli il rimedio escogitato dal medico torinese, la cui ricetta tanto fece sospirare e attendere Ambroise Paré, il quale riuscì a venirne in possesso solo con lusinghe e doni, e dietro la promessa (presto disattesa) di non parlarne né scriverne mai107. Per ottenere il portentoso balsamo in questione era necessario:

«faire boüillir dans de l‟huile de lys, des petits chiens nouvellement naiz, et des vers de terre preparez, avec de la terebenthine de Venise.»

L‟„olio di cagnolino‟, dalla funzione suppurativa, aveva più di un tratto in comune con l‟unguento „digestivo‟ scoperto per caso108

, circostanza che non sfuggì agli occhi di Paré. Nel suo trattato sulle ferite d‟archibugio del 1545109

, assieme ad altre ricette di unguenti utili per il trattamento topico, egli specificò accuratamente i passaggi della preparazione dell‟olio di cagnolino110, che andava impiegato successivamente all‟unguento egiziaco che

107 D

UMAÎTRE, Ambroise Paré, cit., p. 56: in un‟altra occasione (narrata nel Traité des Médicaments) capitò a Paré di disattendere una promessa di segretezza sulle ricette artigianali di rimedi funzionanti. Alla richiesta di tenere la bocca chiusa e la penna asciutta, egli rispose «Si nos devancier eussent fait cela, nous sçaurions peu de choses». Il conseguente successivo rifiuto del suo interlocutore venne aggirato infine con un piccolo inganno verbale: al medico riottoso, infatti, Paré promise «de parolle, et non de volonté, parce que tel secret ne doit estre enseveli en la terre.» E, pur avendo mancato alla parola che gli era stata estorta, aggiunse con orgoglio: «Luy et moi avons fait chose qui servira au public.»

108 Les Oeuvres d‟Ambroise Paré..., p. 1199: «Alors je fus bien joyeux, et mon coeur assouvy d‟avoir

entendu son remede, qui se rapportoit au mien que j‟avois trouvé par cas fortuit.»

109 A.P

ARÉ, La methode de traicter les playes faictes par les hacquebutes et aultres bastons à feu: aussi des combustions specialment faictes par la poudre à canon: composé par Ambroyse Paré, maistre barbier chirurgien à Paris, Paris, 1545. La redazione del trattato venne sollecitata da un professore parigino di medicina, Sylvius (Jacques Dubois), che aveva sentito parlare delle sorprendenti cure prestate dal giovane barbiere-chirurgo. Del tutto convinto dalle argomentazioni di Paré, Sylvius gli assegnò il compito di scrivere un libro, per divulgare il risultato della propria esperienza diretta, affinché tutti vedessero l‟errore di Giovanni da Vigo, nel quale in precedenza tutti avevano creduto ciecamente. DUMAÎTRE, Ambroise Paré, cit.,, pp. 66-67. Vi fu una ristampa nel 1552 ed esiste un singolare esemplare su velina che porta la data del 1554. Altre edizioni, arricchite di due discorsi introduttivi, apparvero successivamente, nel 1564 e nel 1579.

110 B

ARBERO, Ambroise Paré: colpi d‟archibugio cit., p. 58; cfr. anche G.GENTILI, La vita e l‟opera di Bartolomeo Maggi (1516-1552), Bologna, 1966, p. 27.

già conosciamo111: in olio di viole o di giglio si dovevano far bollire due cagnolini appena nati, «finché la carne si stacca dalle ossa», aggiungendo poi una libbra di vermi di terra, fatti morire in vino bianco. Una volta portato il tutto a cottura a fuoco lento, e setacciato attraverso un panno, il filtrato veniva completato dall‟addizione di sei once di trementina di Venezia e di un‟oncia d‟acquavite. L‟olio di cagnolino così ottenuto andava applicato sulla ferita «un po‟ più che tiepido», e secondo la testimonianza di Paré produceva risultati mirabolanti, «tanto per sedare il dolore quanto per suppurare la ferita e far cadere l‟escara». Ritorna qui con evidenza il doppio binario della conoscenza, fra pratica e teoria, di cui i chirurghi di guerra medievali erano in possesso: una preparazione non esente da una certa ciarlataneria112, come quella in cui dei cuccioli di cane cadevano in pentole bollenti assieme a una manciata di vermi annegati nel vino, trovava un suo legittimo inserimento nella cornice formata da una concezione ancora compiutamente galenica della medicina. La funzione primaria del balsamo così ottenuto doveva infatti essere quella di favorire la fuoriuscita del pus e degli umori in sovrabbondanza, ritenuti nocivi all‟organismo113

. La rimozione della crosta e l‟effetto calmante sul dolore venivano interpretate come conseguenze collaterali del ben più importante ristabilimento dell‟equilibrio umorale.

Dopo aver ottenuto la ricetta dal medico torinese nel 1538, Paré non menzionò più il semplice trattamento „blando‟ sperimentato durante la spedizione piemontese, forse perché si era convinto della maggiore efficacia dell‟olio di cagnolino114

, riservandosi comunque di rievocare l‟episodio di Avigliana nei Voyages, scritti a quasi quarant‟anni di distanza dagli avvenimenti.

Anche dopo l‟esperienza coronata dal „fortunato successo‟ del suo balsamo, Paré continuava ad essere un uomo del suo tempo. Nel trattato sulle ferite d‟archibugio del 1545, da lui scritto per fare in modo che i giovani chirurghi potessero essere guidati nelle loro operazioni con „ragione‟ ed „esperienza‟115, con dimostrazioni che smentivano in

111 Ibidem: «Dopo l‟uso dell‟unguento egiziaco, si farà cadere e si separerà l‟escara con emollienti e

lenitivi», quale era appunto l‟olio di cagnolino.

112 G

ENTILI, La vita e l‟opera cit., p. 27.

113 Paré auspicava particolarmente che si favorisse in ogni modo la suppurazione, siccome egli

considerava che le ferite d‟archibugio «spesso buttano fuori un pus virulento estremamente fetido proveniente dall‟eccessiva quantità di umori che accorrono alle parti ferite a causa del colpo violento, della contusione e della lacerazione delle parti e per riduzione del calore naturale. Lo stesso succede a causa della cattiva qualità degli umori del corpo e delle parti nervose, come le articolazioni», A.PARÉ, La methode cit., cap. II, Come si riconoscono le ferite d‟archibugio; BARBERO, Ambroise Paré: colpi d‟archibugio cit., p. 42.

114

Ibidem, p. 58: «Certo doveva essere un bel traffico preparare quest‟olio, ma è pensabile che se ne allestissero quantitativi importanti, da usarsi in caso di necessità.» Se per caso fosse venuto a mancare l‟olio di cagnolino, Paré ne indicò anche un surrogato, i cui ingredienti sarebbero stati più facili da reperire per il chirurgo durante gli spostamenti dell‟esercito: olio di semi di lino e di giglio, unguento di basilico, da liquefare insieme e da versare sulla ferita. Anche questo secondo preparato, da applicare appena caldo, aveva funzione suppurativa.

maniera lampante la velenosità e la bruciatura delle ferite, egli continuò ad affiancare a queste sue osservazioni scientifiche sulle lacerazioni prodotte dai proiettili la radicata convinzione che alla base della pericolosità di quelle ferite vi fosse ancora una causa invisibile come la corruzione dell‟aria, che la lesione poneva a diretto contatto con l‟organismo del ferito:

«Dopo aver estratto i corpi estranei nei modi suddetti, l‟obiettivo principale sarà quello di curare la contusione e di ovviare alla corruzione dell‟aria, se questa è calda e umida e favorisce la putrefazione.»116

L‟accenno alla „corruzione‟ dell‟aria, in questo caso, non è da considerarsi esclusivamente come espressione di superstizione, o come un omaggio agli autori che ne avevano parlato nei secoli precedenti, piuttosto si tratta di un‟osservazione esperienziale espressa attraverso un linguaggio ancora non scientifico e perciò forzatamente impreciso. Già Guy de Chauliac aveva notato che i postumi delle operazioni al capo si risolvevano più difficilmente a Parigi che non ad Avignone, mentre la guarigione di ferite alle gambe era più facile al nord che non in riva al Mediterraneo117, ma già nella tradizione medica antica le zone climatiche fredde erano considerate luoghi dove si generava aria malsana118. Comunque, anche nelle latitudini più basse e dove la temperatura media era maggiore, potevano generarsi nelle ferite alcune complicazioni, il cui motivo veniva identificato con una generica „corruzione‟ dell‟aria di quei luoghi, una condizione che poteva minacciosamente nascondere tutta una serie di agenti patogeni sconosciuti e temibili, impossibili da vedere per l‟occhio umano. Per Paré, una circostanza aggravante era costituita dal fatto che, nelle ferite d‟arma da fuoco, quest‟aria suscettibile di corruzione entrava „con violenza‟ a contatto con l‟organismo umano, sospinta dalla pallottola.

non avranno miglior supporto per intervenire nei casi urgenti che fanno seguito alle ferite: queste, infatti, prendono talora alla sprovvista il chirurgo, se la ragione e l‟esperienza non sono subito lì a guidare la sua mano.»

116 Ibid., p. 54. Il capitolo V dell‟opera di Paré (Come trattare le ferite dopo l‟estrazione dei corpi

estranei) prosegue con un atto di ossequiosa deferenza nei confronti dei medici, con un esplicito riconoscimento del rispettivo campo d‟azione, facilmente comprensibile se si considera che Paré ricorse all‟aiuto proprio di alcuni medici nel suo lavoro di scrittura: «Ciò si farà sia con rimedi assunti per bocca che applicati da fuori e anche messi dentro le ferite. Quelli che devono essere assunti per via orale si prenderanno dietro consiglio e prescrizione del medico prudente, alla cui competenza lascio tutto ciò che può appartenere allo stile di vita e all‟igiene del malato». Anche in conclusione del primo capitolo, si trova una analoga precisazione: «In ciò affermo di aver seguito il consiglio dei medici e di altri chirurghi come me, ma più illustri e famosi per scienza ed esperienza, che certo conoscono tali e tante cose, che i miei scritti non potrebbero contenerle», ibid., p. 40.

117

Cfr. C.THOMASSET,J.DUCOS, Le temps qu‟il fait au Moyen-Âge, Paris, 1998, p. 25.

118 Vd. T

HOMASSET, Une vision du monde à la fin du XIII siècle. Commentaire du dialogue de Placides et Timéo, Genève, Droz, coll. Publications romanes et françaises, 1982, pp. 184-189.

Innovazione nelle tecniche, fantasia applicata (sebbene non sempre a senso) ai rimedi alternativi, rispetto della tradizione medica e dell‟edificio galenico: Ambroise Paré riuscì con i suoi scritti a restare in equilibrio fra tutti questi ambiti, apparendo ai nostri occhi ora un geniale chirurgo in grado di riuscire nelle cure più disperate, ora un ingenuo ciarlatano alle prese con le sue pozioni, oppure un ossequioso assistente dei medici laureati. In realtà, se egli fu il primo demolitore della teoria vighiana sulla velenosità delle ferite d‟arma da fuoco più per fortuna che per scienza119, è anche vero che la sua prontezza di ingegno sul campo e le sue capacità pratiche negli interventi riuscirono a salvare le vite di molti, fra soldati semplici e personaggi importanti, meritorie imprese che lo portarono in diretta relazione con ben quattro sovrani francesi, dei quali fu chirurgo personale, e che gli valsero in pieno il titolo di „padre della chirurgia francese‟ dell‟epoca moderna.