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Siamo abituati a classificare i beni in base al loro valore estrinseco ma talvolta è bene classificarli in base al valore sostanziale e questo è il caso senza dubbio dell’acqua, l’oro acquistabile con pochissimi centesimi ma a cui una buona fetta di popolazione mondiale non ha accesso se non percorrendo svariati km al giorno, mentre altri senza problemi ne sprecano litri e litri al giorno, profezie funeste ma non troppo trascendentali prevedono una difficoltà sempre maggiore per approvvigionarsi del prezioso liquido a causa degli sconvolgimenti che sta portando l’effetto serra sul clima del pianeta. Fortunatamente alle nostre latitudini l’acqua è ancora una risorsa abbondante eppure nel settore delle acque in bottiglia il suo prezzo è enormemente sproporzionato rispetto al numero di fonti naturali presenti sul nostro territorio. Come per tutti i mercati è una questione di domanda e di offerta, in Italia la domanda di acqua minerale è molto alta, siamo infatti i maggiori consumatori al mondo con i nostri 208 litri pro-capite all’anno. Un primato a cui siamo arrivati grazie al fatto che l’87,2 % degli italiani beve acqua minerale, è questa un’abitudine che coinvolge tutta l’Europa dell’ovest che da sola beve oltre la metà della produzione mondiale di acqua in bottiglia. Solo in Italia vengono prodotti circa 10.700.000 litri di acqua minerale che sgorgano da 700 fonti naturali, questa produzione viene gestita da 260 imprese e commercializzata con diversi nomi per un totale di 265 etichette.

Tra le acque confezionate a fare la parte del leone sono le minerali mentre quelle di sorgente e quelle trattate rappresentano insieme solo il 10% dei consumi, esaminando l’andamento delle varie tipologie emerge chiaramente la propensione sempre più salutistica degli italiani in quanto i consumi principali per il 73% riguardavano infatti le minerali leggere ovvero oligominerali e minimamente mineralizzate mentre quelle con un contenuto di minerali più elevato sono meno richieste fermandosi al 27%, inoltre tra liscia e gassata vince la sfida la liscia con il 65% dei consumi a volume e 62% dei consumi a valore, anche se poi le gassate si rifanno sulle tavole dei ristoranti. Le confezioni in Pet rappresentano i 4/5 dei consumi totali mentre la bottiglia da un litro e mezzo da sola rappresenta due terzi dei volumi in Pet ,buone le performance di crescita del Pet da mezzo litro che oggi ha una quota del 6% in crescita quello da un litro ma con volumi ancora inferiori all’1%.

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Le bottiglie in vetro hanno un forte appeal nell’ambito del fuori casa e del porta a porta, il trend sempre più diffuso tra i produttori è quello di caratterizzare le bottiglie in vetro con un design distintivo, capace di rafforzare l’identità del brand grazie ad accorgimenti iconografici peculiari. Se a fare la parte del leone nell’ambito dei volumi distribuiti è la grande distribuzione con il 71% dei volumi di cui più del 50% ad appannaggio dei super, l’horeca non si difende male attestandosi al 18% del volume delle vendite, un

altro posto è quello progressivamente guadagnato dal vending9 con il 4% sul totale dei

volumi dell’acqua confezionata.

Analizzando il mercato delle acque minerali in senso stretto, vediamo che in Italia le imprese che imbottigliano acqua minerale sono 137 nell’anno 2015, che commercializzano 265 diversi marchi, nel medesimo anno sono stati prodotti 13.800 litri, un milione in più rispetto all’anno precedente, con un giro d’affari di 2.700 milioni di euro, di cui 1.300 milioni di litri d’acqua destinati all’export, quindi il saldo del commercio estero è stato particolarmente positivo ed ormai stabile intorno al 9,4%. L’acqua minerale italiana sta incontrando all’estero particolare apprezzamento per la sua qualità, per le sue caratteristiche e per la sua sicurezza, prodotto che porta avanti la tradizione di Made in Italy.

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Sembrerebbe un settore equilibrato con un buon numero di piccole e medie aziende, ma in realtà così non è, dato che il 70% del mercato è in mano a poche multinazionali, questa concentrazione industriale si traspone anche a livello mondiale dove i due colossi: Nestlè (Svizzera) e Danone (Francia) gestiscono il 30% del mercato. La Nestlè da sola possiede più di 24 marche d’acqua, tra cui Perrier, Contrex, Vittel ,Pejo, Levissima, San Pellegrino, Acqua Panna, Levissima ect, mentre nel gruppo Danone troviamo tra le altre San Benedetto, Guizza, Evian, a tale gruppo è appartenuta anche Ferrarelle per qualche anno, tornata poi Italiana a dispetto dei trend storici. Di questi nessuno ha una quota a valore che superi il 10% e solo una dozzina ha effettiva copertura nazionale. Sostanzialmente ai primi quattro posti si piazzano San Pellegrino Nestlè Waters, Norda/Gaudianello/Sangemini , San Benedetto, Fonti di Vinadio che da soli detengono il 51% della produzione nazionale, in quinta posizione troviamo Ferrarelle a seguire Cogedi, Spumador e Lete arriviamo così al 71% della produzione totale, il resto sono piccole produzione tra cui ricordiamo Fonti del Vulture appartenente al gruppo Coca-Cola.

Una parte di quest’acqua che viene venduta a caro prezzo, sgorga da fonti demaniali e ne viene concesso lo sfruttamento secondo i parametri di un decreto regio del 1927 con un ricavo nazionale di circa 500.000 Euro l’anno, cifra che non riesce nemmeno a coprire i costi sostenuti dalle regioni per smaltire le tonnellate di PET utilizzato per produrre le bottiglie di plastica.

Oggi non solo l’acqua minerale naturale ma anche l’acqua potabile può essere imbottigliata e venduta in genere dopo un trattamento chimico-fisico per renderla idonea a determinate categorie di consumatori per esempio rendendola frizzante, oppure togliendo alcuni minerali per renderla più leggera o anche arricchendola di calcio. La direttiva comunitaria e la legge italiana non hanno ancora dato un nome preciso a quest’acqua che può essere chiamata acqua, acqua da bere o con qualunque altra denominazione anche di fantasia. E’ vietato però chiamarla minerale o mineralizzata o naturale perché queste denominazioni sono riservate soltanto all’acqua minerale, nulla vieta invece che possa essere disinfettata come l’acqua potabile. Spesso viene servita magari in caraffa anche ai clienti dei ristoranti, che pensano sia vera e propria acqua minerale naturale. In realtà l’acqua minerale naturale deve essere servita esclusivamente

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in bottiglia sigillata e il cliente dovrebbe sempre pretendere che questa sia aperta davanti a lui.

Altri provvedimenti legislativi 10 hanno permesso l’imbottigliamento e la vendita di un

ulteriore tipo di acqua denominata ‘acqua di sorgente’, essa per quanto riguarda le caratteristiche e i parametri è soggetta alla stessa disciplina dell’acqua potabile ma come l’acqua minerale non può essere disinfettata perché deve essere già pura e buona da bere come esce dalla sorgente. L’acqua di sorgente deve avere una ‘autorizzazione alla commercializzazione da parte del Ministero della Salute che ne valuta le caratteristiche, ma non può riportare in etichetta indicazioni su possibili effetti benefici per la salute, ciò è permesso soltanto all’acqua minerale che per essere considerata tale e commercializzata deve ottenere il riconoscimento del Ministero della Sanità che lo rilascia dopo aver valutato gli studi geologici, le analisi batteriologiche, le analisi chimico-fisiche nonché le sperimentazioni clinico-farmacologiche in base al decreto legislativo 105/1992 che ha recepito la direttiva CE 777/1980, la commercializzazione deve essere autorizzata dalla Regione o dalla Provincia dopo una serie di sopralluoghi ed accertamenti sull’idoneità delle captazioni, degli impianti e degli stabilimenti industriali.

I consumi pro-capite si attestano a 208 litri all’anno11, contro i 193 del 2014 con un mix

non molto bilanciato, anzi molto sbilanciato con il 67% di consumi di acque lisce naturali, mentre le frizzanti e le effervescenti naturali stanno rispettivamente a 17% e 16%, dato quasi speculare all’anno precedente. Altro dato analizzato sono stati i consumi per aree a quantità ,che hanno rivelato una domanda significativa per la zona nord ovest al 29% e Sud e isole al 28% mentre il Centro e Sardegna si fermano al 25% ed infine fanalino di coda il nord-est con il 18%, è palesemente preferito il Pet alle bottiglie di vetro o brik (quasi scomparsi) e se ne possono anche intuire le ragioni per via della maneggevolezza ed economicità infine i canali di vendita preferiti sono iper- super-e discount con il 69%, con il 20% troviamo il settore horeca, catering e vending e per ultimi con l’11% il dettaglio tradizionale .

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CE 70/1996 recepita in Italia con il decreto legislativo 339/1999 11

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Sull’andamento dei nostri consumi certamente influisce anche il fenomeno delle cosiddette ‘casette dell’acqua’ finanziate da Comuni, Province e Regioni che erogano acqua filtrata nella versione liscia o gassata ad un prezzo mediamente di 5 centesimo al litro, è bene chiarire che l’acqua erogata dalle cassette altro non è che l’acqua potabile proveniente dall’acquedotto ,assoggettata ad un trattamento di filtrazione che a detta dell’ente erogatore dovrebbe migliorarne la qualità.

Il consumo di acqua minerale naturale è un fenomeno particolarmente europeo sia per tradizioni e culture si pensi alle terme a partire da quelle romane, sia perché negli altri continenti rispetto a quello europeo, ci sono poche sorgenti di acque minerali naturali, l’Italia nel caso specifico è un paese ricco di acqua e di acqua minerale naturale in particolare, l’origine delle nostre acque minerali da rocce dolomitiche, granitiche e vulcaniche conferiscono all’acqua caratteristiche e proprietà apprezzate dal consumatore, oltre alla sicurezza anche perché la stragrande maggioranza delle nostre acque minerali naturali si classifica come oligominerale quindi con un residuo fisso inferiore a 500 mg/l.

La presenza di 265 differenti marche di acque minerali naturali sul nostro mercato configura questo come un mercato fortemente concorrenziale anche perché più del 50% delle aziende produttrici detengono piccole o piccolissime quote di mercato, questa caratteristica del nostro mercato fa si che una delle leve maggiori della concorrenza sia quella del prezzo, ed infatti se il prezzo medio in Italia di un litro di acqua minerale è di 19cent, in U.K. è di 76cent, in Germania di 47cent e in Francia di 37cent. Peccato che nonostante solo per l’Italia parliamo di un giro di affari di 2.700 milioni abbiamo una marginalità lorda bassissima ricompresa tra 1 e 1,5% dei ricavi: il livello di questa marginalità costituisce il tallone d’Achille del settore che è capital intensive dovendo ricorrere a continui investimenti in innovazione e nuove tecnologie sia impiantistiche sia di controllo della sicurezza alimentare .

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