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Metodologia, finalità e risultati delle interviste

La migrazione femminile nel tempo: fattore di cambiamento sociale e nuovo mercato del lavoro

3.5 Metodologia, finalità e risultati delle interviste

Le finalità dell’indagine effettuata, sin dall’inizio, sono state diverse. Per prima cosa, è nata l’esigenza di conoscere ed analizzare le caratteristiche dei processi di integrazione sociale degli immigrati, in particolare delle donne migranti, approfondendo l’aspetto che concerne la loro fase di accoglienza e di inserimento e la tematica del lavoro.

Le caratteristiche generali delle donne intervistate sono le seguenti:

• per quanto riguarda l’età, la maggioranza delle donne intervistate si colloca nella fascia tra i 30 e i 40 anni, provenienti da diversi paesi.

• la domanda sul percorso formativo mette in luce come, tra le intervistate, sia diffuso un buon livello di istruzione e formazione.

-119- In tutti i casi il titolo di studio è stato conseguito nel Paese di

origine;

• in relazione al progetto migratorio, quasi all’unanimità, esse dichiarano che l’Italia si configura per loro un paese molto più ricco rispetto al loro paese di origine. Le due principali ragioni alla base della scelta di trasferirsi stabilmente in Italia sono in primo luogo il lavoro e, in secondo luogo, la tranquillità, ovvero una qualità di vita decisamente alta, in confronto alle esperienze probabilmente più traumatizzanti vissute nei paesi di appartenenza. • il grado di conoscenza della lingua italiana, non è alto poiché la conoscenza della lingua avviene per lo più, attraverso canali indiretti; esse non reputano i corsi di lingua un bisogno primario, per il quale si è disposti a compiere dei sacrifici dopo un’intera giornata di lavoro.

La rilevanza dei temi affrontati e la complessità dell’oggetto d’indagine hanno imposto un’attenta riflessione sulle strategie globali di conduzione della ricerca. L’indagine è stata condotta attraverso un approccio di tipo qualitativo grazie ad interviste biografiche a tre donne immigrate.

Il maggior problema riscontrato nell’approccio è stato costituito dal fraintendimento. Sebbene le operatrici della Caritas avessero ben specificato che si trattasse di colloqui per una tesi universitaria, le donne si erano convinte che il fine del colloquio fosse di carattere lavorativo. Resesi conto che non vi era alcuna opportunità lavorativa, sette delle donne che avevano dato la disponibilità si sono cancellate dall’appuntamento.

A ciò si aggiunga che le donne intervistate non avevano tempo, ognuna di esse aveva il problema del ritiro dei bambini da scuola, pratiche da sbrigare all’Inps, o lavori da svolgere.

La ricerca si è avvalsa di un approccio articolato che ha contemplato l’uso di strumenti propri delle indagini qualitative [Razafsha, 2012].

-120- La riflessione dei metodologi si è concentrata per molto

tempo su due fondamentali “miti” della sociologia: il mito dell’oggettività e quello dell’adeguatezza.

Il primo è stato abbracciato dai sociologi quantitativi nel tentativo di raggiungere progressivamente una spiegazione oggettiva dei problemi [Razafsha, 2012].

Il secondo costituisce il punto di partenza dei ricercatori qualitativi volti a comprendere le situazioni ed a formulare ipotesi interpretative riconosciute come valide dai soggetti cui si riferiscono. Occorre, quindi, attenersi a una metodologia come tecnica dell’ascolto, in cui fra intervistatore e intervistato si stabilisca una comunicazione non solo metodologicamente corretta, ma altresì umanamente significativa [Ferrarotti, 2005]

La scelta dell’approccio qualitativo e, all’interno di questo, di tecniche come l’intervista biografica si basa sulla necessità di rivalutare la questione dell’esperienza nella ricerca e di adottare una prospettiva che si confronti con la natura interpretativo- relazionale del percorso di ricerca. Inoltre, le interviste si sono rivelate strumenti imprescindibili nell’azione di ricerca, in quanto in grado di innescare un processo di riflessione individuale e collettiva capace di far emergere nuove consapevolezze.

Dalle interviste è infatti emerso, come ciascuna di queste donne viva il difficile impatto dell’arrivo in un paese nuovo dalla cultura e dalle tradizioni diverse, la difficoltà ad inserirsi nel mondo lavorativo, lo sfruttamento, la solitudine provocata dalla nostalgia della famiglia, dei cari, dei nipotini; alcune di esse parlando dei ritorni a casa durante le vacanze cambiava espressione, il volto era disteso e più felice.

L’approccio qualitativo ha, infatti, lo scopo, oltre quello strettamente conoscitivo, di promuovere una sorta di attivazione delle risorse cognitive dei soggetti destinatari dell’indagine e del loro contesto organizzativo di riferimento.

In particolare, ha l’obiettivo di recuperare e valorizzare le esperienze dei soggetti, il loro vissuto, le loro rappresentazioni, i

-121- loro atteggiamenti e comportamenti rispetto ai percorsi di

integrazione, mobilitando anche le opinioni di altri osservatori e testimoni privilegiati che concorrono a definire le condizioni di esercizio dei ruoli e delle funzioni.

Inoltre, tale approccio interattivo, ha offerto la possibilità di impiegare strumenti utili alla valutazione ed autovalutazione del proprio percorso di inserimento e di integrazione sociale innescando processi di coscientizzazione.

Molto importanti sono stato a riguardo le domande e le risposte ottenute relativamente al rapporto con gli italiani, soprattutto con i loro assistiti e con le loro famiglie, se avessero lavorato a nero o con contratto regolare, il modo in cui trascorrono il tempo libero, se hanno amici o meno…

È necessario osservare, infatti, che per i soggetti coinvolti nel percorso di ricerca tale attività si configura, già di per sé, come realizzazione di un processo d’apprendimento collettivo che, attraverso l’approfondimento di aspetti problematici e positivi della propria vita sociale e professionale, porta a diagnosticare i fabbisogni di formazione ed a compiere scelte significative ed autonome in relazione a modalità, tempi e contenuti dei propri bisogni.

È possibile affermare che, dal punto di vista metodologico, l’obiettivo è di portare alla luce le persone: le persone, infatti, sono tutte differenti e non omologabili, non sono neppure uguali a se stesse se prese in due momenti diversi, le persone si definiscono a partire dall’esperienza e dalla dimensione processuale del vissuto.

Il riferimento all’esperienza è, dunque, fondamentale in un percorso di ricerca che, mettendo in rapporto le diverse soggettività, come quella dell’intervistato e dell’intervistatore, crea una relazione significativa affinché il vissuto esperienziale possa essere esplicitato e raccontato.

E’ stato, dunque, chiesto alle donne intervistate di mettersi in gioco, svelarsi, sollecitare la loro memoria per ripercorrere le loro esperienze e da questa relazione nascono ulteriori stimoli per il

-122- ricercatore, che può così affinare le ipotesi, gli strumenti di

-123-

Conclusioni

Dalle interviste emergono differenti tematiche fondamentali caratterizzanti il percorso migratorio di ciascuna di loro: la famiglia transnazionale [Ming, 2014; Bonizzoni, 2009; Zanfrini, 2008; D’Emilio, 2007; Bradbury, 2006; Yinger, 2004; Astardo Conaco, Battistella, 1996; Chalvin 1988] e il ricongiungimento familiare [Tognetti Bordogna 2011; Lostia, 1999], il lavoro e l’integrazione nel paese di accoglienza. [Romano, 1991; Ambrosini, 1999; Id., 2001]

Per quanto riguarda la famiglia transnazionale, di cui si è parlato anche precedentemente nell’analisi delle interviste, è diventata un vero e proprio oggetto di studio: il transnazionalismo è infatti diventato un fenomeno di impatto con l’avvento delle migrazioni femminili e consiste nel processo mediante il quale i migranti costruiscono campi sociali che legano insieme il paese d’origine e quello di insediamento [Ambrosini, Bonizzoni, 2012].

Le famiglie dunque vivono separate dai confini nazionali, ma conservano un sentimento di unione, implicando cure familiari a distanza, catene dell’accudimento in quanto i figli vengono affidati alle donne della famiglia, come madri e sorelle, ma anche tanta sofferenza della madre transnazionale [Parreñas, 2001].

Inoltre, la famiglia transnazionale è spesso una fase di un percorso familiare che sfocia nel ricongiungimento: il migrante, infatti, ha tre tipi di famiglia, quella anteriore alla partenza, quella vagheggiata durante la separazione e quella ricongiunta che è diversa da quelle precedenti, in particolare quando i ricongiungimenti hanno ruoli rovesciati, vale a dire quando è l’uomo a raggiungere la donna e non viceversa.

Il ricongiungimento familiare, come per la prima donna intervistata, è spesso considerato come fattore di incremento dei flussi: Angelica, infatti, viene raggiunta dal marito e dalla figlia che inizialmente erano rimasti nel paese di origine.

Il ricongiungimento familiare, come visto in precedenza, è caratterizzato da diverse forme e in presenza di figli, come per la

-124- nostra intervistata, risulta più complicato in quanto, in questi casi,

l’impossibilità di fare affidamento alla rete parentale o amicale impedisce, di fatto, possibili scelte di vita, come un progetto lavorativo esterno e conseguentemente un processo di parziale autonomia dal marito. Questo ha delle conseguenze nel tempo sulla qualità della vita familiare, poiché viene a mancare un elemento di supporto, ad esempio, per il processo di socializzazione dei figli come nel caso dell’apprendimento della lingua italiana e i rapporti con l’istituzione scolastica.

Un’altra importante tematica emersa dalla conversazione con le tre donne è la ricerca del lavoro e la tipologia di lavoro.

Il lavoro migrante si caratterizza per essere in buona parte subordinato e concentrato in settori generalmente poco ambiti dagli italiani e in molti casi particolarmente gravosi, come per ciò che riguarda il lavoro di cura per le donne, in particolare come badanti o colf.

Inoltre, dalle interviste è emerso che esiste una debole efficacia dei servizi pubblici e privati per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro: nella maggioranza dei casi il lavoro è stato procurato da parenti o da connazionali, grazie alle molteplici reti informali di cui gli immigrati fanno uso, e grazie alla segnalazione da parte di cittadini italiani che raccomandano lo straniero presso il datore di lavoro.

Per quanto riguarda l’integrazione degli immigrati, e in particolare sulla base dell’esperienza raccontata dalle tre donne, va sottolineato che generalmente queste hanno buoni rapporti con i cittadini autoctoni, nonostante alcune problematiche che spesso si trovano ad affrontare, come la ricerca della casa. Un aspetto che è emerso dall’analisi delle conversazioni ha reso evidente, infatti, come la casa rappresenti uno degli elementi critici che caratterizzano i processi di inserimento degli immigrati nella regione.

Fra gli stranieri regolarmente residenti, infatti, quella del disagio abitativo sembra essere la dimensione più diffusa e sembra

-125- esservi una scarsa disponibilità da parte dei locatori nell’affittare

abitazioni a inquilini immigrati, penalizzati soprattutto per la loro difficoltà a fornire sufficienti garanzie di solvibilità. Le difficoltà abitative degli immigrati hanno certamente origine anche dalla debolezza delle politiche abitative sociali. L’aumento costante dei ricongiungimenti famigliari, inoltre, comporta l’esigenza di abbandonare situazioni abitative precarie in ambienti degradati, per ricercare alloggi idonei a famiglie con minori. La persistenza di un disagio abitativo diffuso ed il crescente bisogno di abitazioni decorose e adeguate da parte delle famiglie immigrate sono situazioni che amplificano la vulnerabilità sociale delle persone presenti sul territorio, esponendole a forme di speculazione e sfruttamento.

In conclusione, in base a quanto emerso dalle interviste realizzate è possibile affermare che il nostro paese dovrebbe concentrarsi, attraverso politiche sociali, su alcuni punti ancora oggi irrisolti.

Uno dei primi punti da migliorare riguarda l’attività di orientamento lavorativo per gli stranieri sia a livello di formazione professionale sia a livello di capacità di ricerca del lavoro stesso, incrementando punti di incontro per immigrati a supporto della ricerca di lavoro.

Inoltre, dalle interviste è emerso che, una volta trovato il lavoro, vi è la difficoltà nel mantenerlo: i contratti stagionali e la crisi industriale che ha colpito l’Italia rendono critiche le situazioni economiche degli immigrati, soprattutto se si tratta di nuclei familiari, a volte, numerosi.

Inoltre, al fine di favorire la creazione di luoghi e occasioni di scambio aperti a tutta la cittadinanza, sarebbe importante favorire la nascita di progetti che prevedano la partecipazione collaborante di immigrati e autoctoni e iniziative di conoscenza dei diversi sistemi culturali prestando attenzione al tipo di target a cui ci si rivolge, sempre prestando la dovuta attenzione alle appartenenze religiose evitando che possano divenire ghettizzanti,

-126- ma facendo in modo che, al contrario, si trasformino in occasioni di

confronto e di conoscenza tra le comunità.

Infine, sarebbe necessario un maggiore coinvolgimento diretto delle Associazioni di immigrati nella realizzazione di interventi sul territorio a favore della popolazione straniera, in particolare a favore delle donne straniere, e l’impegno da parte di tutti a lavorare sempre di più in un’ottica di rete anche per agevolare la circolazione delle informazioni tra i servizi e tra questi ultimi e gli utenti.

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Indice bibliografico