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Il milieu filosofico francese

3. Il pensiero in pittura: dipingere la sensazione

3.1 Il milieu filosofico francese

In Merleau Ponty il discorso filosofico sull’arte è centrale: la riflessione estetica, che così chiamiamo con qualche riserva che spiegheremo più approfonditamente in seguito, è il perno di tutto il suo pensiero, in cui viene sempre più reso esplicito che l’arte può essere d’aiuto per illuminare i concetti della filosofia. L’interrogazione filosofica propostaci dall’autore, definita inaugurale da Gambazzi in Pensiero, pittura. A proposito del “Bacon” di Deleuze, è il punto di partenza per riflessioni filosofiche posteriori che si sono occupate di pittura e che si presentano come interrogazioni stesse della filosofia, incentrate su una originale metafisica, che la pittura riesce a portare sul proprio schermo, come direbbe Carbone, autore di Sullo schermo dell’estetica. La pittura, il cinema e la filosofia da fare. Molti filosofi francesi si rifanno in qualche modo a Merleau Ponty35, sebbene il loro pensiero non

sia sempre coerente con la filosofia merleaupontiana, e anzi spesso criticano apertamente il filosofo e ne prendono le distanze, pur tenendolo sempre in considerazione. Anche in questo caso però l’approccio all’arte, caratteristica comune in tutti questi autori, come Lyotard, Foucault e Deleuze, di cui ci occupiamo nello specifico, non si configura mai come una composizione estetica, e lo stesso avviene in Merleau Ponty. Non c’è infatti una vera e propria trattazione

35Su questo tema è utile rifarsi al testo P. Dalla Vigna, A partire da Merleau Ponty. L’evoluzione delle concezioni estetiche merleau-pontyane nella filosofia francese e negli studi dell’età contemporanea, Mimesis, Milano, 2008

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estetica, né è posta la questione del bello, ma le analisi delle diverse arti, e in particolare della pittura, sono presentate come speculari alla riflessione filosofica, in un nodo indissolubile, poiché il filosofo e il pittore sono mossi dallo stesso scopo. I diversi punti di vista dei filosofi francesi che in un certo modo si rifanno a Merleau Ponty sono accomunati dal presentare al lettore una dimensione tutta al presente dell’arte, così come della vita. Se il centro della riflessione artistica sarà Cézanne per il fenomenologo che fa da apripista, altri pittori saranno analizzati dagli esponenti della filosofia francese contemporanea, sebbene il riferimento a Cézanne rimanga illuminante. Deleuze, come abbiamo già detto, scrive un’opera fondamentale sulla pittura: Francis Bacon. Logica della sensazione, in cui il pittore irlandese si erge a rappresentante di un certo tipo di arte, non più interessata a riprodurre semplicemente la realtà, ma a parlare della realtà stessa, deformandola e presentandocela da una prospettiva nuova, capace di dirci ciò che non ci aspettiamo o che abbiamo dimenticato. Foucault invece per esempio ci presenta l’opera di Velazquez, Las meninas, dandocene un’illuminante e alternativo punto di vista, così come ci pone di fronte alle opere di Magritte, insistendo sul carattere antirappresentativo di queste, che rifiutano l’approssimazione sempre più perfetta a un supposto modello. Lyotard crede che ogni opera artistica possa esprimere una sua verità, indipendentemente da una supposta Verità originaria, ma nelle sue opere fa anche riferimento a pittori specifici, come Klee o Baruchello.

Tutti questi autori si incontrano nel concepire un certo particolare rapporto tra filosofia e arte, secondo la lezione di Merleau Ponty: la filosofia non deve riflettere sulle arti, ma con le arti, per poter riuscire a esprimere giustamente il nostro rapporto con le cose e con il mondo. Le immagini artistiche, ma in generale tutte le opere

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d’arte, possono darci quella linea di fuga che rende possibile una rilettura costante della nostra quotidianità e della nostra vita, dandoci allo stesso tempo la giusta distanza e la necessaria vicinanza per esprimere quel pensiero dell’immanenza, che caratterizza in particolare entrambi gli autori che prendiamo in considerazione, Merleau Ponty e Deleuze. Potremmo vedere una distanza abissale tra i due autori, ma quello che in realtà proveremo a mostrare è che le differenze, pur essendo presenti, non portano a un’incompatibilità vera e propria, ma anzi possono essere viste come differenze all’interno di filosofie molto vicine, che sono ancora più affini per quanto riguarda il tema fondante del nostro lavoro: il pensiero in pittura e la prospettiva filosofica in quest’ambito specifico. Per quanto Deleuze critichi più volte la fenomenologia e lo stesso Merleau Ponty, sembra contemporaneamente riprendere spesso inconsciamente le sue tesi e portarle a compimento, dandogli uno sviluppo originale, così come Merleau Ponty aveva già fatto con Husserl. Cercheremo di mostrare quindi una certa prossimità, sia per quanto riguarda quei concetti cardine delle filosofie dei due autori francesi, sia soprattutto per quanto riguarda la loro concezione dell’arte e l’idea che hanno del compito di quest’ultima e della filosofia. Un testo utile al riguardo per la nostra analisi è sicuramente il testo di Seggiaro, La chair et le pli: Merleau Ponty, Deleuze e la multivocità dell’essere, in cui la tesi centrale è proprio quella di una forte complementarità tra i due filosofi, innanzitutto a partire dalla loro concezione dell’Essere e dal loro rifiuto della trascendenza assoluta, che poi si rifletterà sui termini di riferimento delle loro filosofie: chair e pli. In entrambi questi concetti viene abbandonato ogni tipo di trascendenza che sia separata dalla pura immanenza: una verità trascendente è un’illusione di tutte le precedenti tradizioni filosofiche, ancorate alla metafisica e

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alle dicotomie classiche di soggetto/oggetto, attivo/passivo, coscienza/corpo, così come molte altre. L’Essere è invece presentato come mai coincidente con se stesso, dato da una continua differenziazione e mai univoco. La multivocità dell’Essere è al centro della filosofia di Merleau Ponty e trova un suo rispecchiamento nella univocità (univocità che contiene in sé tutte le possibili differenze) dell’immanenza di cui ci parla Deleuze. Altro punto fondamentale, che abbiamo già cercato di mettere in luce, è il rifiuto della soggettività e della coscienza come separata dal resto, assolutizzata. La filosofia non avrà più come centro la coscienza, non si concentrerà più su questa, cercando di capire, kantianamente, i processi categoriali messi in atto nel momento del conoscere, ma anzi dovrà cercare una via per mostrare il vero rapporto con il mondo e lo potrà fare trovando un’alleata nell’arte. Sia in Seggiaro che in Carbone è messa in luce una caratteristica comune nelle opere merleaupontiane e deleuziane: la dimensione attiva e creatrice della filosofia, che non sarà né semplicemente una mera descrizione delle essenze, né un’interpretazione di una verità già data; questa nuova filosofia, una filosofia da fare, come dice il titolo dell’opera di Carbone, «non è il rispecchiamento di una verità preliminare, ma, come l’arte, la realizzazione di una verità»36. Seguendo

Deleuze ritroviamo la stessa concezione dinamica e attiva della filosofia: «il molteplice bisogna farlo», scrive in Mille piani, insieme a Guattari. Entrambi i nostri autori di riferimento ricercano un pensiero che non perda il contatto con la realtà, rifiutano il pensiero di sorvolo che si rifà a verità preliminari e assolute e riconoscono un forte radicamento dell’uomo nella realtà e nel mondo. L’illusione del dominio assoluto del mondo del kosmotheoros deve essere sostituita da un

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nuovo tipo di rapporto con il mondo, che come vedremo l’arte riuscirà ad esprimere efficacemente.