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Nelle pagine del ‘Linceografo’ Federico Cesi rivela che i termini ordine

(«ordo») e accademia («academia») non possono essere utilizzati singolarmente per definire il collegio dei Lincei, poiché essi rispecchierebbero invero la sua originale idea congregativa solo «ambo simul convenire». La seconda definizione (academia), infatti, secondo il Cesi, «pro vulgari vero acceptatione non quadrat».133

In altri termini il Princeps ritenne che la diffusa accezione del termine “accademia” non era idonea a identificare il nuovo sodalizio linceo, poichè, «pro communis uso vulgi», si sarebbe potuto incongruamente confonderlo con una mera e “ordinaria” società letteraria. Mentre, l’Accademia dei Lincei, come accenna il Cesi, non rappresenta un’«impresa come delle altre accademie ma semplice espressione come di arme».134

È noto che l’ascesa al potere del pontifice Urbano VIII rafforzasse la posizione di alcuni Lincei nella Curia. Alla nuova elezione corrispose, inoltre, un incremento ed un’espansione degli studi naturalistici dell’Accademia. La possibilità di indagare la natura grazie all’uso del

microscopio (prezioso stumento che Federico Cesi ricevette dalle mani di

Galileo nel settembre del 1624) consentì infatti di scorgere, per la prima volta, dei dettagli e dei particolari sconosciuti all’osservazione ad occhio nudo e di scoprire nuove proprietà negli oggetti indagati.135

Nel 1625, i Lincei pubblicarono, in onore del pontefice, due nuove tavole iconografiche che rispecchiano questi risultati: l’Apiarium, come abbiamo osservato, costituiva un’approfondita monografia, dall’aspetto sinottico e tabellare e dal taglio enciclopedico, fondata su uno studio comparativo sulle api. La tavola fu composta da Federico Cesi su un folium

magnum expansum, suddiviso in 43 paragrafi o «emblemata», i quali

fungevano, inoltre, da cornice rispetto a un corpo centrale, dov’era svolta la

133

Cfr. G. DE ANGELIS, Dal “Lynceorum Philosophorum Ordo” alla Accademia dei Lincei,

cit., pp. 16-22, in particolare a p. 18 134 Cit. in G. G

ABRIELI, Una gara di precedenza accademica nel Seicento, cit., CSAL, p.

490.

135 Cfr. G. O

LMI, «In essercitio universale di contemplatione, e prattica», cit., pp. 329-

complessa materia relativa all’insetto mellifero.136

Lo studio cesiano dava luogo ad un’esposizione descrittiva dedicata alla famiglia entomologica dell’ape. Il testo sinottico dell’Apiarium fu in seguito corredato dall’apparato illustrativo della Melissographia (Urbano VIII Pont. Opt. Max. Cum accuratior Melissographia a Lynceorum Accademia in

Perpetuae Devotionis Symbolum ipsi offeretur). Tali studi avevano uno

scopo prevalentemente encomiastico e miravano ad elogiare lo stemma del casato barberiniano, nel cui blasone campeggia infatti un trigono d’api.137

La tavola della Melissographia fu realizzata dall’incisore tedesco Matthäus Greuter: essa corredava con una preziosa facies grafica il complesso e articolato testo dell’Apiarium, dove furono documentate, per la prima volta, le osservazioni microscopiche realizzate dai Lincei. Come abbiamo messo in evidenza, dei motivi di consenso furono all’origine di entrambe le edizioni. Nel febbraio del 1626 il Linceo napoletano Fabio Colonna ricorda al principe Cesi che le due opere erano state pensate esclusivamente per «dar gusto a Padroni».138

L’osservazione dell’ape fu eseguita, in principio, al microscopio, da Francesco Stelluti, il quale realizzò una prima rappresentazione dell’insetto. Greuter, che all’epoca lavorava alle dipendenze della stamperia Mascardi, realizzò in seguito il disegno, su commissione di Federico Cesi.

La Melissographia rappresenta una tavola illustrativa dall’aspetto

barocco, che ritrae l’ape in tre differenti posture (supina, laterale e sul dorso). La composizione dell’immagine ricorda l’araldica barberiniana, con il suo celebre trigono d’api gentilizio. Una cornice ornamentale impreziosisce la figura centrale mentre due putti, inseriti al margine superiore dell’illustrazione, mostrano un cartiglio, contenente alcuni distici latini composti dal Rycke in onore del casato regnante. Al margine inferiore, la tavola contiene la dedica al pontefice Urbano VIII. Ai quattro angoli, sono infine ritratti gli organi dell’ape osservati con l’uso dell’«occhialino» galileiano, con la dicitura Franciscus Stellutus Lynceus Fabrianensis

Microscopio obserbavat. Quest’ultima testimonianza offriva dunque degli

importanti ragguagli sugli ultimi traguardi scientifici che erano stati

136

Per un’accurata descrizione dell’apparato iconografico e testuale dell’Apiarium rinvio allo studio di M. GUARDO, L’Ape e le api: il paratesto linceo, cit., in particolare alle pp. 130-

133.

137 Cfr. A. A

LESSANDRINI, Originalità dell’Accademia dei Lincei, cit., p. 147 ss.

138

raggiunti dall’Accademia.139

La Melissographia e l’Apiarium sono due opere complementari. Come

nella Melissograhia, l’aspetto scientifico e quello letterario-artistico ma anche ludico, si fondono insieme nell’Apiarium, composto nella forma altisonante di un panegirico. I particolari storico-eruditi, le divagazioni mitologiche e il gusto secentesco per i giochi linguistici danno corpo ad una completa enciclopedia sulle api. Le allusioni alla distinzione pliniana tra api «barbare» e «urbane», ad esempio, mira ad esaltare il nome di Urbano VIII Barberini, mentre gli eruditi intrecci semantici – come quelli tra «favor» e «favus», o tra «apis» e «apix» – contraddistinguono un complesso intarsio verbale che caratterizza l’intero discorso encomiastico cesiano.140

L’Apiarium fu donato al Pontefice «in perpetuae devotionis

symbolum»,141 e fu edito in tiratura limitata nel settembre del 1625.142

139

Il materiale preparatorio di un nuovo Apiarium è attualmente custodito in un volume di piccolo formato della Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Il documento reca, a guisa di antiporta, la stessa osservazione microscopica dell’ape pubblicata da Francesco Stelluti nella traduzione delle Satire di Aulo Persio: cfr. A. ALESSANDRINI, Francesco Stelluti e l’Accademia dei Lincei, in AA.VV., Francesco Stelluti Linceo da Fabriano, Città e comune di Fabriano 1986, pp. 23-162, pp. 89-90. Nel 1630 il “procuratore” linceo inserì, finalmente, tra le sue note al Persio tradotto in verso sciolto, un’approfondita Descrizione dell’Ape, accompagnata da una nuova tavola anatomica dell’insetto – del tutto organica a quella realizzata nel 1625 da Matthäus Greuter – nella quale proponeva una breve nota didascalica dedicata alla presentazione delle osservazioni microscopiche lincee. Cfr. F. STELLUTI, Persio

tradotto,cit., p. 47. 140

Per i contenuti dell’Apiarium si veda F. CESI, Apiarium (a cura di Luigi Guerrini),

Roma, Accademia nazionale dei Lincei, 2005-2006. 141

La decisione repentina del Cesi di donare al Pontefice Urbano VIII una copia dell’Apiarium, durante le festività natalizie del 1625, fu in realtà preceduta da una lunga fase di indecisione, come risulta documentato dalla lettera che egli scrive a Galileo nella data della pubblicazione dell’opera: «Mi riesce, col mandarle l’accluso foglio, la prima parte; ma la seconda posso solo accennarlene la speranza, della quale la detta espressione ne sia buon auspicio e hieroglifico. Questo è fatto per significar tanto più la nostra divotione à Padroni, et esercitar il nostro particolar studio delle naturali osservazioni. Non è ancora potuto presentare, e perciò Vostra Signoria mi farà doi gratie: la prima, di non mostrarlo ad altri sino all’aviso di qua della presentatione, che le mandarò poi molte, seconda, di avisarne se vi osserva qualche minutia di più, o corregge qualche cosa, e ciò subito, acciò sia in tempo» (CL, p. 776).

142

Un accurato censimento delle copie dell’Apiarium consultabili attualmente è stato fornito da Giuseppe Finocchiaro, cfr. G. FINOCCHIARO, Dall’Apiarium alla MEΛΙΣΣΟΓΡΑΦΙΑ,

cit., pp. 774-775, n. 27. Cfr. inoltre E. SCHETTINI PIAZZA, Teoria e sperimentazione

nell’Apiario di Federico Cesi, in Convegno celebrativo del quarto centenario della nascita di Federico Cesi (Acquasparta 7-9 ottobre 1985), cit., pp. 231-249, a p. 24. Furono realizzate almeno tre diverse impressioni dell’Apiarium; già nel gennaio del 1626 Federico Cesi realizzò

La pubblicazione cesiana identifica una composizione a metà strada tra l’opera di propaganda e la realizzazione scientifica e offre una precisa indicazione del nuovo corso di studi che era stato intrapreso dai Lincei, contribuendo, inoltre, a spostare l’attenzione dalle ricerche copernicane dell’Accademia, al versante naturalistico. Come ha osservato Giuseppe Finocchiaro: «I due documenti bibliografici vennero concepiti dai soci non solo per dar lustro ai “Padroni”, ma per far comprendere ad Urbano VIII che […] le insidie che i gesuiti […] andavano tendendo al Galilei e all’Accademia dovevano restare fuori dall’intesa barberina-lincea e dal legame che per due anni aveva sostenuto le Imprese dell’Istituto».143

I Lincei furono inoltre tra i primi, in Europa, ad impegnarsi nella realizzazione e nell’applicazione dei nuovi ritrovati ottici. Fu il tedesco Joannes Faber ad attribuire per la prima volta il nome di microscopio

all’«occhialino per vedere le cose da vicino», mentre tra i Lincei furono avviate le prime esplorazioni dedicate al soggetto dell’ape, per opera di Francesco Stelluti e del Colonna.144 Il trattato De refractione (1593) di

Giovan Battista della Porta e il Telescopio over ispecillo celeste (1627) di Nicolantonio Stelliola appaiono infine come una delle testimonianze più significative dell’impegno che i soci dell’Accademia dedicarono allo studio e all’elaborazione delle leggi dell’ottica.

I Lincei avevano ricevuto il loro primo microscopio (un ‘occhialino’ di fattura galileiana) nel settembre del 1624. Galileo lo aveva, infatti, inviato all’Accademia, comunicando al Cesi di avervi contemplato «moltissimi animalucci con infinita ammirazione»:

Invio a V. E. un occhialino per veder da vicino le cose minime, del quale spero che ella sia per prendersi gusto e trattenimento non piccolo, chè così accadde a me […] Io ho contemplato moltissimi animalucci con infinita ammirazione: tra i quali la pulce è orribilissima, la zanzara e la tignola sono bellissimi […] Insomma ci è da contemplare infinitamente la grandezza della natura, e quanto sottilmente ella lavora, e con quanta indicibil diligenza […].145

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una nuova stampa, apportando delle lievi varianti, che rinviano, comunque, alla medesima edizione (cfr. CL, p. 1087).

143

G. FINOCCHIARO, Dall’Apiarium alla MEΛΙΣΣΟΓΡΑΦΙΑ, cit., pp. 774-777.

144 CL, p. 1038. 145Ibid.

Tuttavia, questa fase di intensa e fervente attività dei Lincei si arrestò bruscamente, a causa dell’improvvisa morte di Federico Cesi, il 1° agosto 1630. La “diplomazia culturale” attuata da Federico Cesi durante gli anni precedenti non fu sufficiente a garantire la prosecuzione dell’opera degli accademici romani. Francesco Stelluti, ultimo Lyncaeus superstes, diede il suo commiato all’Accademia nel 1651, con la pubblicazione del Tesoro Messicano.146

«Federico Cesi – conclude Ada Alessandrini – fu un innovatore e un anticonformista; però non fu né un rivoluzionario, né un visionario. Non tendeva a ribaltare il sistema, ma neppure intendeva rifugiarsi in un sogno di evasione. Egli tentò (ed in gran parte riuscì) a creare per sé e per i suoi confratelli, riuniti nella comunità lincea, uno spazio di libertà». Non deve essere trascurato, inoltre, come sottolinea la compianta storica dei Lincei, che Galileo pubblicò le sue opere «più importanti e affascinanti» soltanto dopo la sua affiliazione ai Lincei. Essi «dicevano con orgoglio “il nostro Galileo”, ma non accoglievano passivamente il suo contributo spirituale».147

Indag

146

Cfr. G. GABRIELI, Come e quando precisamente ebbe fine la prima Accademia Lincea,

in CSAL, pp. 617- 634. 147

Capitolo 2

La polemica sulla

nova

del 1604