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A partire dal 1611, il disegno esoterico che contraddistinse gli esordi dell’Accademia fu progressivamente messo da parte dal Cesi. Una complessa e non facile transizione da una metafisica di tipo magico o “animistico” ad una moderna concezione sperimentale caratterizza questo passaggio. In realtà, essa si presenta, tuttavia, come il «modello» quasi esemplare di due differenti (e inconciliabili) modi di operare dei Lincei. Ha scritto a tale proposito Eugenio Garin: «il contrasto fra due modi di accesso alla realtà non potrebbe essere più stridente, né si supera con una ‘conversione’ (che non ci fu) dalla magia del Porta, alla scienza di Galileo: dal ‘discorrere platonicamente’ dei ‘numeri’ all’uso dello strumento matematico per comprendere, e dominare, il mondo fisico».87

Secondo Garin, il contrasto tra i «pressapochismi tradizionali» e le

«novitates» e, quindi, tra gli aspetti conservatori e gli aspetti innovativi e

meno tradizionalisti della scienza promossa dal Cesi non sarebbe dunque «riducibile nei termini di una ‘conversione’, anche perché essi non si presentano affatto ciascuno nella sua purezza sul piano concreto del divenire storico».88

Possiamo, tuttavia, osservare a tale proposito che il disegno di Accademia che fu ideato nel 1603 dal principe Cesi e da Joannes Heckius fu profondamente diverso da quello che si realizzò concretamente dopo il 1611: l’introduzione dello sperimentalismo galileiano modificò, infatti, l’originario piano di lavoro approntato dai Lincei, intriso di ermetismo e di conoscenze derivanti dalla tradizione del platonismo rinascimentale. A partire da questo momento, i Lincei si affidano piuttosto ad un preciso impianto epistemologico, incentrato sul sapere matematico, sull’indagine naturalistico-sperimentale e sulla riflessione filosofico-metodologica.89

L’attività realizzata dall’Accademia, ancora dopo la linceatura di Galileo, presenterà tuttavia un perspicuo carattere sincretico o eclettico: i Lincei si avvicinano, infatti, all’immagine di un’ordinaria cerchia di naturalisti

87

Cfr. E. GARIN, Fra 500’ e 600’: scienze nuove, metodi nuovi, cit., p. 39.

88Ibid., p. 41. 89

“curiosi”, affascinati dall’universo dei mirabilia e dei prodigia. Se presso l’Accademia, meccanica, astronomia, osservazione della natura, uso di

simplici e ricette magiche costituivano un terreno fertile e quasi indistinto di indagine, è pur vero che questo complesso apparato rappresentava, tuttavia, per il Cesi, anche una valida alternativa ai principi diffusi nelle Università e nell’insegnamento comune dell’aristotelismo.90

In realtà, la Taumatombria, le piogge ‘prodigiose’ a cui si dedica Federico Cesi, gli studi sul ‘legno fossile’, i taccuini dell’Heckius (i Fructus

itineris ad Septentrionales) rappresentano ancora oggi un’importante

testimonianza del vasto campionario di interessi e pratiche, di cui si occuparono i Lincei. Oltre alle illustrazioni naturalistiche (di esemplari mineralogici, botanici, zoologici ed entomologici), l’opera dell’Accademia comprendeva, ad esempio, gli strumenti dell’Ars distillandi. Federico Cesi allestì infatti presso il suo palazzo un laboratorio di alchimia. Non si escludono, inoltre, ulteriori interessi, come la logica: Francesco Stelluti, nel 1604, compose un breve saggio dal titolo Logicae Physicae et Metaphysicae Brevissimum Compendium, il quale è rimasto, tuttavia, inedito.91

Una vasta opera scientifica fu dunque compiuta dai Lincei senza perdere di vista l’esigenza di garantire un «ordine» razionale alla ricerca.

«L’attenzione dimostrata da Francesco Stelluti per l’opera di Della Porta – è stato osservato a tale riguardo –, accanto alla ammirata devozione nutrita per Galilei, rappresentano indizi preziosi alla ricostruzione della figura del Linceo fabrianese nel quadro dell’Accademia e dell’intero secolo […] Della Porta è la ‘magia naturale’, la Fisiognomica, ecc., Galilei è il ‘metodo sperimentale’. Stelluti, specchio fedele dell’Accademia riflette queste due anime».92 Dunque, l’imponente attività di studio intrapresa

dall’Accademia deve essere ricondotta alla temperie culturale provocata dalla “crisi” dell’aristotelismo. Come osserva Maurizio Torrini: «quella che a un certo punto, a partire dalla metà del ‘500, viene meno è la […] capacità di assorbire il nuovo, di sistemarlo organicamente all’interno della propria visione totalizzante, mantenendo intatte le gerarchie date. […] Se il punto

90

Per una discussione generale su questo aspetto, e per la vicinanza dell’Accademia al mondo delle Wunderkmmern rinascimentali, cfr. I. BALDRIGA, L'occhio della lince. I primi

Lincei tra arte, scienza e collezionismo, cit; G. OLMI, «In essercitio universale di

contemplatione, e prattica», cit., pp. 371 ss. 91 Cfr. CSAL, p. 507.

92

di crisi dell’aristotelismo era nato sul campo rerum naturalium, se Aristotele era stato battuto, ben prima che in cielo, sulla terra da quei nuovi mondi che avevano invaso l’Europa del primo Cinquecento di piante, di animali, di usi e costumi, di uomini, di minerali, di pietre, era da lì che si doveva ripartire per costruire un altro e diverso ordine delle cose». Un lavoro induttivo e ragionato, basato su uno studio cosciente, razionale e coerente, e fondato infine su una vasta opera di catalogazione, sull’osservazione e sull’indagine ‘empirica’, impegnò i Lincei per oltre trent’anni.

Federico Cesi valorizzò e promosse gli studi enciclopedici, insistendo sul progresso e sulla modernizzazione delle tecniche impiegate nell’indagine naturalistica.93 La progettazione e la realizzazione parziale del Theatrum

Totius Naturae – il «gran teatro della natura» – sarà uno degli obiettivi

preminenti perseguiti dal Cesi. La summa naturalistica del Theatrum

Naturalis (o Theatrum totius naturae), secondo le istruzioni del princeps,

avrebbe dovuto riunire l’intero campo del sapere biologico, fisico e meccanico, aspirando a sostituirsi alla tradizionale lezione offerta da bestiari, erbari e lapidari medioevali e alla visione del cosmo elaborata dall’aristotelismo.94

L’indagine naturalistica deve dunque essere finalizzata, secondo il Cesi, ad un censimento globale e ‘razionale’ delle conoscenze scientifiche. L’obiettivo del Theatrum Totius Naturae fu quello di sistematizzare gli studi dell’Accademia. a tale scopo, la biblioteca e il ‘museo-officina’ di Federico Cesi, i quali ospitavano libri, raccolte iconografiche ed un vasto repertorio di esemplari naturalistici, offrirono una visione microcosmica e un “riflesso” della costituzione del cosmo e furono considerati come degli importanti sussidi o «strumenti interdisciplinari della ricerca scientifica» dei Lincei:95

Con ogni diligenza – scrive Federico Cesi a Francesco Stelluti nel 1613 – vado raccogliendo libri, instrumenti matematici, scritture, per usarle e poi porle a beneficio di questo Liceo.96

93

Cfr. G. OLMI, «In essercitio universale di contemplatione, e prattica», cit., pp. 375-76. 94

Cfr. G. GABRIELI, L’orizzonte intellettuale e morale di Federico Cesi illustrato da un

suo zibaldone inedito, inCSAL, pp. 27-77. 95 Cfr. A. N

ICOLÒ-F. SOLINAS, Per una analisi del collezionismo linceo: l'Archivio Linceo

32 e il Museo di Federico Cesi, in Convegno celebrativo del 4. centenario della nascita di Federico Cesi, cit, pp. 193-212, p. 205.

96

Al valore che il principe Cesi attribuisce all’idea della “raccolta” è possibile inoltre associare l’‘eclettismo’ del collezionismo linceo, verso cui converse, infatti, un vasto campionario di tecniche figurative e di sistemi cognitivi rinascimentali. Cesi mirava, attraverso esso, a conseguire una disposizione oggettiva e coerente del sapere.97 E, a tale scopo,

l’enciclopedismo e il collezionismo rappresentarono due interessanti ambiti da cui attingere, per ricavare un’efficiente descrizione del cosmo. Essi offrivano inoltre degli strumenti fondamentali per l’indagine scientifica e per la strutturazione delle conoscenze:

indici e repertorii copiosissimi, dizionarii, lessici di tutte le professioni, sono digesti li migliori scrittori in luoghi comuni – come scrive Federico Cesi nel Natural desiderio di sapere –. Vi sono le raccolte di fiori, di sentenze, d’azioni, e teatri, e poliantee, e giardini et officine varie; vi sono le biblioteche che ci danno tutti i libri letti e giudicati, o li vogliamo per ordine dell’autori, o delle materie; vi è il metodo e l’arte istessa sinoptica.98

La mnemotecnica e la fisiognomica furono incentivate dal Cesi. L’illustrazione e la rappresentazione grafica furono un supporto imprescindibile nell’esposizione di materie come la botanica e l’astronomia. Federico Cesi investì inoltre una nutrita parte delle risorse finanziarie dell’Accademia per realizzare studi iconografici pionieristici di grande prestigio, il cui esempio più citato e noto è rappresentato dal Tesoro messicano.99

La disposizione grafica (o tabellare) e l’arte sinottica furono apprezzate soprattutto negli studi tassonomici, come rivela il Princeps nell’inedito scritto dello Speculum Rationis («Ordines seu protractae series digestarum materiarum diversorum scriptorum diversae distinctis simul excurrentibus

97 Cfr. I. B

ALDRIGA, L'occhio della lince, cit., p. 215. «I Lincei impostarono e definirono il

proprio progetto avvalendosi di strumenti in gran parte ben noti alla cultura cinquecentesca, organizzando le proprie collezioni secondo i principi dell’arte della memoria e perseguendo l’utopistico disegno di rappresentare il mondo che ci circonda appropriandosene attraverso la creazione di “musei” e sintetizzandone l’essenza e la composizione attraverso la realizzazione di tavole sinottiche e schemi riassuntivi».(ibidem, p. 2).

98

Cfr. F. CESI, Del natural desiderio di sapere, cit., pp. 64-65.

99 Cfr. I. B

ALDRIGA, L'occhio della lince, cit., p. 202; G. DE ANGELIS–P.LANZARA, La

Syntaxis plantaria di Federico Cesi nei codici di Parigi: la nascita della microscopia vegetale, in AA.VV., Convegno celebrativo del quarto centenario della nascita di Federico Cesi (Acquasparta 7-9 ottobre 1985), Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1986, pp. 272-275.

parallelis productae, in aspectum ordinatarum materiarum et locorum»).100

Le «sinopsi» furono, ad esempio, parte integrante di opere come l’Apiarium

e le Tabulae phytosophicae.

Censire e catalogare sono, dunque, considerati dal Cesi come delle valide forme di conoscenza che attengono ad una complessa e vasta opera di studio, la quale richiedeva adeguati spazi e strumenti di ricerca: «Bibliotheca, Musaeum, Hortus Botanicus […], Cubicula officiorum, libri omnes, Repertoria, Archivium, Bona reliquia dotis» come fu sottolineato nel

Linceographum.101

Sin dal 1614, il Princeps si mostra, pertanto, intenzionato a trasferire nella città di Acquasparta la sede centrale dell’Accademia. A tale scopo, egli realizzò dei restauri presso il palazzo ducale in modo tale da allestirvi una nuova struttura atta ad accogliere il Liceo e lo attrezzò di laboratori e orti botanici, dotandolo, infine, di libri e di esemplari naturalistici.102 Cesi

intende dunque privilegiare il momento empirico e, quindi, una ricerca contemplativa, ritirata o “ascetica”, fondata sull’osservazione e sull’indagine diretta della natura (ovvero sull’«acuta e profonda contemplatione» e l’«osservare e sperimentare») e lontana dalle “rumorose” dispute della capitale.

L’«osservazione» non è, tuttavia, basata su dei criteri ‘arbitrari’ o su un puro soggettivismo, ma è vincolata a dei metodi rigidamente ispirati all’idea dell’ordine e dell’intersoggettività. Tale fondamentale obiettivo indusse Federico Cesi a considerare «le Matematiche e l’esperienze naturali […] soli et unichi principii di sapere qualche cosa in questo mondo».103

La lince, figura archetipa, alla quale fu attribuita una facoltà visiva dalle potenzialità ‘eccellenti’, in grado di oltrepassare il piano visibile dei fenomeni, grazie ad uno sguardo acuto e profondo, assurge al ruolo di un simbolo o un exemplum, della conduzione degli studi scientifici. Essa, inoltre, rappresenta per i Lincei uno «stimulo, e sprone continuo» a

100

F. CESI, Speculum Rationis, in G. GABRIELI, L’orizzonte intellettuale e morale di

Federico Cesi illustrato da un suo zibaldone inedito, in CSAL, p. 698. 101

Lynceographum, ed. cit., pp. 85-88; I. BALDRIGA, L'occhio della lince, cit., p. 172.

102

Cfr. G. SAPORI, I Cesi e il palazzo di Acquasparta, in G. SAPORI-C. VINTI-L. CONTI, Il

palazzo Cesi di Acquasparta,cit. 103

Cfr. C. VINTI, L’epigrafe di Acquasparta e gli ideali della “studiosa compagnia”, in

G.SAPORI-C.VINTI-L.CONTI, Il palazzo Cesi di Acquasparta e la rivoluzione scientifica lincea,

perseguire nelle naturali contemplazioni l’“acutezza della vista”, non solo «de gli occhi corporali, ma della mente»:

[…] dovendosi in queste procurare di penetrar l’interno delle cose, per conoscere le loro cause, & operazioni della natura, ch’interiormente lavora, come con bella similitudine dicesi che la Lince faccia col suo sguardo, vedendo non solo quel ch’è di fuori; ma anche ciò che dentro s’asconde.104

Le Praescriptiones Lyncaee (1624), curate dal “cancelliere” Joannes

Faber, affermano infatti che la conoscenza scientifica debba essere sempre fondata sulla complementarità tra osservazione dei fatti ed elaborazione teorica dei dati empirici («in essercittio universale di contemplatione e prattica», come dichiara anche il Cesi):105

È necessario ben leggere questo grande, veridico et universal libro del mondo – scrive Federico Cesi –; è necessario […] visitar le parti di esso et essercitarsi nell’osservare et esperimentare per fondar in questi due buoni mezzi un’acuta e profonda contemplatione, rappresentandoci il primo le cose come sono e da sé si variano, l’altro come possiamo noi stessi alterarle e variarle.106

Le ricerche compiute da Federico Cesi (grazie all’uso del microscopio) sui funghi e sulle felci (le quali, com’è stato osservato, anticipano di circa quarant’anni le scoperte di Robert Hooke), e gli otto volumi illustrati, conservati a Parigi presso la biblioteca dell’Institut de France, dedicati ai funghi, muschi e licheni (Fungorum genera et species) e alle piante e fiori

(Plantae et Flores) raccolgono un corpus botanico di eccezionale valore,

composto da oltre 1.900 carte, e contengono delle preziose tavole

104 Cfr. F. S

TELLUTI, Persio tradotto in verso sciolto e dichiarato (Roma, 1630), pp. 37-

38.

105 Cfr. F. C

ESI, Del natural desiderio di sapere, cit., p. 54. «Né da altro motivo viene ai

Lincei lo Stemma e il Nome. Infatti sempre devono proporsi l’osservazione delle cose da esaminare e una raffinata acutezza della ricerca, soprattutto rivolta ai fenomeni naturali, tanto dall’esterno che dall’interno, con gli occhi e del corpo e della mente: parimenti un desiderio e un ardore intenso, che devono rimanere imperturbati continuamente nelle loro menti, affinché si sforzino a raccogliere in sé quella forza di cui hanno bisogno nell’applicazione costante all’investigazione. Da ciò deriva il continuo ammonimento, lo stimolo, il richiamo; da ciò è prodotto attentamente lo sforzo di tutti; ed anche si evidenzia la perfezione vivamente desiderata e ricercata con tutte le forze», J. FABER, Praescriptiones

Lynceae, cit., p. 37 (trad. it. cit.). 106

iconografiche. È stato osservato che questi codici apparteneva alla perduta

Syntaxis plantaria del Principe Federico Cesi: unitamente alle venti Tabulae

phytosophicae (loro naturale inquadramento teorico e metodologico), tali

studi componevano dunque la sezione botanica del Theatrum totius Naturae, l’ambiziosa enciclopedia progettata dal Cesi, mai conclusa.107