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Il 26 gennaio 1616, alla vigilia della promulgazione da parte del Sant’Uffizio dell’editto rivolto contro il pensiero di Copernico, i Lincei si riunirono in una solenne adunanza, presso il palazzo di via della maschera d’Oro.108 In tale occasione, Federico Cesi pronunciò alla presenza di Galileo,

Francesco Stelluti, Luca Valerio e Joannes Faber, un discorso nel quale esponeva gli ideali che erano stati posti alla base dell’organizzazione di studi dei Lincei.

La relazione presentata ai soci da Federico Cesi offre infatti i risultati di un’attenta analisi del contesto scientifico e culturale del primo Seicento e mira a sottolineare, in primo luogo, il carattere pubblico e civile delle scienze evidenziando, inoltre, i difetti e le carenze che derivano dal sistema intellettuale dominante.

Le idee esposte dal Cesi inneggiano alla realizzazione di un’innovativa “riforma” sociale e morale della scienza.109 Il Princeps denuncia, infatti, che:

le publiche Università o vero Academie e li Collegii e Seminarii […] né hanno provisto a bastanza, né sono seguitate con quei progressi che ne pretendevano li

107 Sulla Syntaxis Plantaria, cfr. G. D

E ANGELIS, “Januarum nostrum”. L’esplorazione

botanica lincea, cit., pp. 19-26 e 47-56, in particolare a p. 48; D. FREEDBERG, The Eye of the

Lynx, cit., p. 220 e sgg; G. DE ANGELIS–P.LANZARA, La Syntaxis plantaria di Federico Cesi nei codici di Parigi: la nascita della microscopia, cit.

108

Cfr. G. GABRIELI, Verbali delle adunanze e cronaca, cit.,inCSAL, pp. 533-534. 109

Per un’approfondita discussione sui temi sviluppati nel Del natural desiderio di sapere, cfr. E. RAIMONDI, Scienziati e viaggiatori, cit., pp. 229-236. Su questo argomento cfr.

G. OLMI, «In essercitio universale di contemplatione, e prattica», cit., pp. 325-335; S. RICCI,

Rivoluzione del cielo fisico, riforma del cielo morale.Scienza e vita civile da Giordano Bruno ai Lincei, in ID. “Una filosofica milizia”. Tre studi sull’Accademia dei Lincei, Udine, 1994, pp.

istitutori, cedendo per lo più alli correnti abusi et alli fini più communi.110

Contro l’atrofia che ha colpito il sistema degli Studi, Cesi oppone dunque la creazione di una nuova e «ordinata» organizzazione scientifica. Secondo le affermazioni che sono contenute nel discorso Del natural

desiderio di sapere, il princeps intende superare «i difetti e gl’impedimenti

che sì rara rendono tra gl’uomini la perfezione del sapere», mediante l’istituzione di una nuova organizzazione eretta a tale scopo: la «milizia» lincea.

L’Accademia dei Lincei, la quale fu descritta dal Cesi come una cellula vitale della società o un organo fondamentale del “progresso”, avrebbe contribuito, grazie al suo innovativo programma, al benessere e all’armonia pubblica e civile.111 Nelle Praescriptiones lincee, pubblicate nel 1624,

Joannes Faber scrive quindi:

i Lincei […] non considereranno nulla più nobile e più venerando della Sapienza, al cui conseguimento rivolgano tutte le forze e gli slanci […] Nello studio coscienzioso della Sapienza e in lode di Dio Ottimo Massimo, ci si deve dedicare totalmente innanzitutto all’osservazione e alla contemplazione, in seguito alla composizione, infine alla pubblicazione: infatti non sarà compito del Linceo occuparsi della lettura di discorsi privi di significato, o delle discussioni cattedratiche.112

Il 12 agosto 1623, Francesco Stelluti informò Galileo dell’avvenuta elezione al soglio di Pietro del cardinale fiorentino Maffeo Barberini, il pontefice Urbano VIII:

[Il Pontefice] ama assai il nostro S.r Principe e, come V. S. haverà inteso, ha subito dichiarato suo Maestro di Camera il nostro Sig.r D. Virginio Cesarini; e Mons.r Ciampoli non solo resta nel suo luogo di Secretario de’ Brevi de’ Principi, ma è fatto anco Cameriero secreto; et il Sig.r Cavalier dal Pozzo, pur nostro Linceo, servirà il nepote del Papa, quello che sarà Cardinale: di modo che habbiamo tre Accademici palatini, oltre molti altri amici. Preghiamo intanto il Signor Dio che conservi lungo tempo questo Pontefice, perché se ne spera un ottimo governo».113

110F. C

ESI, Del natural desiderio di sapere, cit., p. 69.

111Ibid. , p. 68. 112 J.F

ABER, Praescriptiones Lynceae, cit., p. 38, trad. it. cit.

113

In seguito alla nuova elezione, Virginio Cesarini e Giovanni Ciampoli, due affiliati all’Accademia, furono chiamati a rivestire dei rilevanti incarichi presso la Curia, mentre un terzo Linceo, Cassiano Dal Pozzo, fu al servizio del ‘cardinal-padrone’ Francesco Barberini.114 Il clima di favore di cui

godette l’entourage cesiano presso la Santa Sede, sotto il pontificato di Urbano VIII, spinse i Lincei ad assumere una fiduciosa e ottimisitica aspettativa verso la positiva «congiuntura […] di questo ottimo, dottissimo e benignissimo Papa».115

Il 30 settembre 1623, il nipote del pontefice, Francesco Barberini, sottoscrisse, all’età di 26 anni, gli Albi Lincei.116

L’Accademia, nel 1623, si appresta dunque a conoscere una «mirabil congiuntura». Federico Cesi recepì la possibilità di riaprire la questione dell’eliocentrismo. Galileo si mostrava pronto a intraprendere nuovamente gli studi sul copernicanesimo, nonostante il ‘precetto’ che gli fu impartito, nel 1616, dal cardinale Roberto Bellarmino, il quale, a nome del pontefice, gli intimava di non insegnare o difendere il sistema eliocentrico:

Io raggiro nella mia mente – scrisse lo scienziato pisano il 9 ottobre 1623 – cose di qualche momento per la repubblica letteraria, le quali se non si effettuano in questa mirabil congiuntura, non occorre, almeno per quello che si aspetta per la parte mia, sperar d’incontrarne mai più una simile.117

L’avvento del pontificato di Urbano VIII determinò dunque un nuovo corso nei rapporti tra l’Accademia e la Santa Sede, finalmente libero, come sottolinea Saverio Ricci, «dalla competente ma soffocante mediazione gesuitica».118 Il 12 agosto 1623, in concomitanza con la nuova elezione al Palazzo Apostolico, i Lincei stabiliscono inoltre di offrire a Urbano VIII, a nome dell’Accademia, l’ultima opera di Galileo, il Saggiatore («ci andarà la sua arme e l’arme dell’Accademia, con due statue, rappresentanti una la

114

Cfr. G. GABRIELI, Due prelati lincei in Roma alla corte di Urbano VIII: Virginio

Cesarini e ID., Giovanni Ciampoli e Virgiio Cesarini e Giovanni Ciampoli con documenti inediti, in CSAL, pp. 763-785 e pp. 787-817. 115 CL, p. 820. 116Ibid., p. 813. 117Ibid ., p. 817. 118 Cit. in M. G

UARDO, L’Ape e le api: il paratesto linceo e l’omaggio ai Barberini,

filosofia naturale e l’altra la matematica»).119 La lettera dedicataria del

Saggiatore, curata dal linceo Virginio Cesarini, celebra nell’«universal

giubilo delle buone lettere» e «dell’istessa virtù» il nuovo Pontefice.120

Nel 1625, circolarono all’interno dell’entourage cesiano le voci di una possibile imputazione delle dottrine cosmologiche affermate nel Saggiatore. Uno dei discepoli di Galileo, Mario Guiducci, riferì, infatti, che si intendeva «proibire o correggere», l’ultima pubblicazione dell’Accademia, con l’accusa che «vi si lodi la dottrina del Copernico in proposito del moto della terra».121 In una lettera scritta a Galileo il 26 aprile 1625, Cesi invita, dunque, lo scienziato ad «acquietarsi» riguardo all’opportunità di riesumare la discussione sul sistema eliocentrico, a causa della «viva forza della contrarietà di tempi veramente tempestosi».122

La ricerca della «benignissima protezzione» di Urbano VIII cancellò dunque definitivamente la politica di disimpegno che l’Accademia aveva adottato verso i pontificati precedenti, invitando i propri sodali a disporsi sotto i «cortesi raggi» e il «vigoroso calore» del patronage culturale offerto dai Barberini.123

In occasione delle festività giubilari del 1625 l’Accademia pubblicò tre nuove opere, a breve distanza l’una dall’altra. La prima, dal titolo Apes

Dianiae, rappresenta un panegirico dedicato alle api (soggetto dell’arme

nobiliare dei Barberini) composto dall’encomiatore ufficiale dell’Accademia, il poeta fiammingo Justus Riquius (Josse de Rycke). La seconda opera fu realizzata dal Cesi, su un foglio di grande formato (mm. 1010 x 630), e contenne la sinossi dell’Apiarium: un’approfondita enciclopedia ‘in ristretto’, dedicata all’insetto mellifero. La terza opera corrisponde infine alla preziosa raffigurazione dello stesso soggetto entomologico studiata da Francesco Stelluti al microscopio e pubblicata con il titolo di Melissographia (mm. 368 x 265).124

119

CL, p. 808. 120

Cfr. G. GALILEI, Il Saggiatore, in G. GALILEI, Opere di Galileo Galilei, Ediz. Naz. a cura di A. Favaro, Firenze, Giunti-Barbera, 1890-1909 (rist. 1968), 20 voll, VI, p. 201.

121

Cfr. CL, pp. 1039-1040. 122

Ibid., p. 1043. Per questa vicenda si vedaP. REDONDI, Galileo eretico, Torino, Einaudi,

1988, alle pp. 173 sgg. 123 Cfr. G. G

ALILEI, Il Saggiatore, cit., p. 201.

124

Cfr. JOSSE DE RYCKE, Apes Dianiae in monumentis veterum noviter observatae, in

Urbe Urbium, ex typographeio Iacobi Mascardi, 1625; FEDERICO CESI, Apiarium ex

Le tre composizioni dell’Accademia sono ricordate come uno dei più rilevanti tributi giubilari indirizzati al pontefice Urbano VIII, il quale, infatti, mostrerà di apprezzarne i suoi particolari contenuti. Come osserva Marco Guardo: «l’ape era […] l’emblema barberiniano, ma era anche fonte di studi antiquari, simbolo della ricerca scientifica condotta con il microscopio, metafora, infine, di una societas che propugnava un ideale collaborativo».125

Le Apes Dianiae recano la data del novembre 1625; l’omaggio del

Linceo fiammingo si presenta come un dono, impreziosito dagli «ornamenti delle Muse e della Filologia» e presenta un intento dichiaratamente celebrativo. Le Apes Dianiae elogiano, infatti, la sensibilità letteraria del Pontefice, la sua «Graeca et Latina Pallade» e la sua «castitas» che lo avvicina alle api, sacre a Diana.126 A tale fine preminente si affianca un importante contributo didascalico: il rispetto della gravitas poetica di cui Urbano VIII fu un convinto fautore e alla quale lo stesso Federico Cesi aveva aderito fin dai primi anni di vita dell’Accademia.127

Il legame tra le Apes Dianiae e le due successive opere celebrative dell’Accademia è, dunque, stretto: l’Apiarium sviluppa, infatti, con metodo originale, innovativo e approfondito, i temi dei distici del Riquius. Mentre il rame della Melissographia rappresentava probabilmente l’antiporta della monografia cesiana.128

Nel 1624, l’Accademia pubblicò i propri “Statuti”. Il 17 febbraio 1624, il “cancelliere” Joannes Faber inviò al Cesi una prima revisione delle

Praescriptiones Lynceae: «Ecco a V. Ecc.za le Costituzioni Lynceae nostre.

Spero che saranno di gusto suo, le dia però prima una vista, et faccia che nell’impressione l’hortografia stia bene».129

_______________________

MATTHÄUS GREUTER, Urbano VIII Pont. Opt. Max. cum accuratior MEΛΙΣΣΟΓΡΑΦΙΑ in

perpetuae devotionis symbolum ipsi offeretur, Romae, [Giacomo Mascardi], 1625. 125

M. GUARDO, L’Ape e le api: il paratesto linceo, cit., pp. 121-136, p. 124.

126 Cfr. D. F

REEDBERG, The Eye of the Lynx, cit., pp. 151-178.

127

Si confronti quanto scrisse Federico Cesi a Francesco Stelluti nel 1604: «Lodo […] grandemente lo studio della poesia, quale essendo per se stessa vagabonda, sarà necessario che il suo Saturno la ingravischa, che non più un verso in qua et uno in là (come è solito delli altri poeti), ma si bene qualche operetta eseguita di materie lincee o pur di successi lincei ordisca» (CL, p. 39). Sul classicismo barberiniano e linceo cfr. E. BELLINI, Umanisti e Lincei.

Letteratura e scienza a Roma nell’età di Galileo, Padova, 1997, pp. 85-167. 128 Cfr. G. F

INOCCHIARO, Dall’Apiarium alla MEΛΙΣΣΟΓΡΑΦΙΑ: una vicenda editoriale tra

propaganda scientifica e strategia culturale, in «Atti della Accademia Nazionale dei Lincei- Rendiconti», sc. Morali, s. IX, v. 15, 2004, 767-779, alle pp. 775-779.

129

Nel dicembre precedente Faber aveva spedito ad Acquasparta un «poco saggio, che ha da essere quasi prefazioncella per le nostre Regole che si hanno da stampare».130 Le Praescriptiones Lynceae saranno, infine, edite a Terni, nell’ottobre del 1624, presso la tipografia di Tommaso Guerrieri.

Le Praescriptiones (pubblicate curante Joanne Fabro Lynceo) si

presentano come una mera derivazione o “estratto” dello Statuto accademico, il Lynceographum, dal quale il Principe, nel 1612, aveva già ricavato un «ristretto» per poter illustrare ai propri sodali il regolamento dell’Accademia.131 La necessità di avere delle regole stampate e, quindi, pubbliche, rispecchia, in realtà, non solo l’esigenza di tutelare l’immagine dell’Accademia ma risponde anche all’opportunità di diffondere in maniera autorizzata l’innovativo e originale programma dei Lincei, sotto i buoni auspici del pontificato barberiniano.132

130Ibid

., p. 831. 131

J. FABER, Praescriptiones Lynceae Academiae, Interamnae, in Typographeio Thomae

Guerrerii, 1624. Le Praecipue nonnullae lynceorum constitutiones (1612), ovvero un «ristretto» delle costituzioni lincee, furono edite da Giuseppe Gabrieli nel Carteggio, cfr. CL, pp. 228-231. Si veda in particolare l’importante contributo all’indagine su questo prezioso documento linceo offerto da Marco Guardo, che ne pubblica l’edizione critica in M. GUARDO, Il

«ristretto» delle costituzioni lincee del 1612, cit., pp. 512-517. Cfr. quanto scrive Giuseppe Gabrieli: «il confronto fra le Praecipue nonnulle constitutiones e le Praescriptiones Lynceae

mostra che queste non sono in fondo che un’amplificazione, più stilistica che di contenuto, di quelle, di cui seguono passo passo, e talvolta capoverso per capoverso, la redazione, con pochi ritocchi» (CL, p. 547). Le diverse ristampe dell’opera tra il XVIII e il XIX secolo sono state citate da Giuseppe Gabrieli, cfr. ibid., p. 952; mentre, sul raro esemplare conservato presso l’Archivio Vaticano si può consultare oggi G. MORELLO, Federico Cesi e i primi lincei.

Catalogo della mostra, Città del Vaticano, 1986, p. 72. La recente ristampa anastatica delle

Praescriptiones è stata realizzata da V. Pirro: J. FABER, Praescriptiones Lynceae Academiae

a cura di V. Pirro, trad. it. Arrone (Terni), 2003. E’ ora consultabile sul sito dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze la versione digitalizzata dell’opera.

132

«Stia soprattutto a cuore dei Lincei e sia di eterna premura che vivano devotissimi a tutti i Principi Cristiani e soprattutto ai Principi Ecclesiastici e, mentre con passione indagano le scienze destinate a tradursi in utilità pubblica e nella propagazione della pace […] Sono invitati affidare tutto a Dio Ottimo Massimo (poiché dal santo timore di lui deriva ogni principio e alle Corone la Corona) e devono amare Dio sopra tutte le cose amabili, e devono servirlo e rivolgergli preghiere perché egli si degni di volgere lo sguardo alle pie menti dei Lincei, di illuminarle con la potenza dello Spirito Santo, di elargire a questo Consesso Accademico e, cosa che vogliono ardentemente con anelanti preghiere, all’utilità generale, l’auspicato progresso e il felicissimo sostegno delle lettere e dell’intero Orbe Cristiano Cattolico […]»: J. FABER, Praescriptiones Lynceae, cit., pp. 10-11 (trad. it. cit.).