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N

ella realtà gli inquinanti ambien- tali quasi mai sono presenti sin- golarmente, ma principalmente sot- to forma di miscela complessa. Ciò complica ulteriormente l’indagine tossicologica, poiché le numerose sostanze chimiche combinate fra di loro nella matrice (aria, acqua, suo- lo) e nel recettore, sono soggette a interazioni, sinergismi, effetti com- petitivi di difficile comprensione. Per valutare la tossicità di una mi- scela complessa le strategie adotta-

te sono essenzialmente due. La prima consiste nell’isolare i sin- goli componenti della miscela as- segnando loro un valore di poten- zialità lesiva, utilizzando poi modelli matematici addittivi per predire la tossicità della miscela in toto. que- sta soluzione ha il vantaggio di ca- ratterizzare la tossicità dei singo- li componenti ma lo svantaggio di ignorare le interazioni chimiche al- l’interno della miscela sovra o sot- tostimandone gli effetti.

La seconda è quella di considera- re l’intera miscela come una singo- la entità (es. lo scarico di un moto- re diesel nella sua totalità, o l’aria ambientale stessa). questo meto- do ha il vantaggio di rappresentare in modo più corretto la reale espo- sizione ambientale, bypassando il complesso procedimento di isola- mento e caratterizzazione dei com- ponenti, ma lo svantaggio di non poter attribuire il singolo peso spe- cifico all’interno della miscela, ol- tre a quello di possibili effetti di ma- scheramento (ad esempio che la mutagenicità possa essere masche- rata dalla tossicità).

Al fine della caratterizzazione del ri- schio, è molto importante eviden- ziare come gli outcomes di salute siano influenzati da fattori pree- sistenti nel recettore, che incido- no sull’assorbimento, sulla cinetica tossicologica, e sulle risposte biolo- giche individuali:

Suscettibilità genetica

Stadio di sviluppo dell’orga- nismo

Stato di salute dell’individuo Stile di vita

Sono tutti fattori di primaria impor- tanza. L’utilizzo di biomarkers vie- ne attualmente considerato uno dei metodi di indagine prioritari per de- terminare l’esposizione ad inqui- nanti ambientali e poter correlare l’esposizione agli outcomes.

Esistono biomarkers di esposizio- ne (es.:dosaggio dell’inquinante o dei suoi metaboliti in matrici biolo- giche) che caratterizzano l’impatto del fattore di stress sull’organismo recettore; biomarkers di effetto (es.: valutazione di attività enzimati- che modificate dall’inquinante) che •

• •

Figura 1

caratterizzano la presenza di effetti avversi, intendendo come tali, sce- nari che spaziano dalle alterazio- ni molecolari al manifestarsi del- la malattia conclamata; biomarkers di suscettibilità (es.: studio di poli- morfismi genetici associati con il metabolismo dell’inquinante) che danno informazioni sulle caratteri- stiche del recettore, come lo sta- to di salute preesistente o lo stato nutrizionale. Per l’asma ad esem- pio esistono molti biomarkers di ipersensibilità (fig. 2). IgE, rAST, Th2 indicano uno squilibrio del si- stema immunitario: nei neonati e nei bambini le manifestazioni cli- niche precoci dell’asma includono l’insorgenza di allergie alimentari e dermatite atopica. Nella genesi del- l’asma sono implicati sia fattori am- bientali che genetici. Il dosaggio di questi markers è un indicatore pre- coce di alterata funzionalità. Le mi- surazioni combinate di più markers di suscettibilità e di effetto associa- ta alle misure di esposizione am- bientale, ci possono indirizzare ri- guardo all’evoluzione clinica della malattia nel corso degli anni. La si- tuazione ideale è quella in cui si può avere a disposizione per la sostan- za in esame, la batteria completa di biomarkers, che dovrebbero essere

inoltre persistenti nel tempo e fa- cilmente dosabili. La sola disponibi- lità ad esempio di un biomarker di esposizione è insufficiente alla va- lutazione degli outcomes, essendo necessario per determinarla un bio- marker di effetto. Ma la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie incre- mentano costantemente la disponi- bilità di nuovi biomarkers, tanto che può essere ipotizzabile in un futu- ro non lontano di invertire il classico approccio del risk assessment “dal- la fonte di emissione alla ricerca del- la dose assorbita” lavorando “dalla dose assorbita alla ricerca della fon- te di emissione”. ¢

Conclusioni

Per il medico è sempre imbaraz- zante non avere risposte adeguate alle domande del paziente. È d’altra parte un diritto dei cittadini avere ri- sposte precise alle legittime preoc- cupazioni sulle minacce per la sua salute. Se fino a qualche decennio or sono le conoscenze sulle inte- razioni ambiente-salute erano pra- ticamente sconosciute anche agli stessi operatori sanitari, oggigiorno la diffusione dell’informazione ha capovolto la situazione, tant’è che quasi chiunque si ritiene un esper- to di ambiente e salute. Il risulta-

to è un clima di profonda incertez- za e sospetto. È importante che la classe medica operante nel setto- re ambientale riacquisti il ruolo di riferimento che le spetta per com- petenza. Per quantificare con pre- cisione il rischio sanitario connes- so allo smaltimento dei rifiuti, non si può oggigiorno prescindere dai procedimenti di risk assessment. È necessario per quanto esposto un approccio multidisciplinare com- plesso. Anche se molte questioni rimangono aperte, i progressi del- la biologia molecolare, hanno aper- to nuovi orizzonti sulla conoscenza del metabolismo delle sostanze tos- siche, passaggio fondamentale per comprenderne il meccanismo lesi- vo. Anche la Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) proposta come stru- mento di integrazione della Valuta- zione di Impatto Ambientale (VIA) dovrà avvalersi di questo strumen- to metodologico.

Attualmente comunque, fanno ben sperare iniziative come il re- cente progetto “Moniter” della re- gione Emilia romagna http://www. arpa.emr.it/moniter che si propone di fare chiarezza sull’impatto sani- tario degli inceneritori presenti nel- la regione.

ricordiamo infine, che uno degli aspetti più controversi dello smalti- mento dei rifiuti, è da sempre quel- lo dei controlli sulle emissioni. L’at- tività di controllo dovrebbe essere affidata al servizio pubblico (APAT) e non esaurita dalle auto certificazio- ni del gestore, come tuttora accade in molte realtà. Vi è bisogno di mag- giore chiarezza nella comunicazione dei dati tra decision-maker e citta- dini, affinchè questi ultimi possano sentirsi tutelati e riacquistare fiducia nelle istituzioni. Per gli impianti ad elevato impatto ambientale e a tec- nologia complessa come gli incene- ritori, le rilevazioni delle emissioni in aria dovrebbero essere eseguite in continuo e mediante campionato- ri programmabili (per i microinqui- nanti), devono essere regolarmen- te monitorate anche le emissioni in acqua e suolo, non meno importan- ti. La rilevazione in continuo e con campionatori permette infatti di poter ottenere dati maggiormente

Figura 2

0

inquinamento ambientale e salute

il cesalpino

attendibili sulle emissioni, che pos- sono (e dovrebbero) essere valuta- te anche nelle peggiori condizioni di esercizio dell’impianto stesso. È fondamentale anche il monitorag- gio dello stato dell’Ambiente cir- costante gli impianti di smaltimen- to, che è attualmente praticamente inesistente. Molte specie hanno in- fatti una sensibilità più spiccata del- l’essere umano, anche a minime va- riazioni delle condizioni ambientali. Licheni, piante vascolari, macroin- vertebrati acquatici, insetti, uccel- li, pesci, anfibi, micromammiferi, possono essere utilizzati a secon- da delle situazioni come veri e pro- pri bioindicatori ambientali. I dati ri- cavati potrebbero essere utilizzati per programmare eventuali ulterio- ri procedimenti di risk assessment, in caso vi siano segnali di stress ambientale.

È necessario che i decision-maker prendano coscienza che la solu- zione del problema rifiuti, non po- trà essere trovata, se non vi saran- no misure di policy tese a ridurre in

modo consistente la produzione di rifiuti. riguardo le attività di smal- timento post-produzione bisogne- rebbe cercare di ridurre al minimo l’immissione di inquinanti nell’am- biente. Si può auspicare un sistema integrato dove la raccolta differen- ziata venga incentivata al massimo con l’approccio “porta a porta”, sia- no privilegiate le tecniche di riutiliz- zo e di riclaggio; per i materiali non riciclabili, i trattamenti di tipo mec- canico-biologico nelle loro varian- ti tecnologiche, che permettono di inviare in discarica solo materia- li inerti. Il trattamento termico, nel- le sue diverse tipologie, andrebbe riservato unicamente per la frazio- ne residua non trattabile con le tec- niche precedenti, e non come tec- nica primaria finalizzata al recupero energetico. ¢

¢ Bibliografia

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2.

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Introduzione

G

li studi epidemiologici aiutano a scoprire i veri rischi per la salu- te pubblica e tentano di risponde- re in modo scientifico e compiuto a vari quesiti come quello di indivi- duare le associazioni tra esposizio- ni nocive/protettive ed effetti sani- tari, dati opportuni standard. Ma gli stessi studi possono avere rilevan- ti effetti collaterali sia quando so- vrastimano (falsi positivi) sia quando sottostimano (falsi negativi) il reale rischio di malattia o di morte della popolazione. Mentre nel primo caso le conseguenze negative saranno prevalentemente economiche, per- ché legate all’eccesso di risorse de- dicate inutilmente alla prevenzione ed alla sicurezza, nel secondo ca- so le conseguenze graveranno sia sull’economia che sulla salute pub- blica, che è l’obiettivo principale di ogni studio epidemiologico. Inoltre, visto che la maggior parte degli stu- di che non evidenziano alcun rischio per la salute (studi negativi) sono in- terpretati dalla popolazione interes- sata come falsi negativi - dato il for- te sospetto di difesa dello status quo economico e politico - emerge la necessità di discriminare corret- tamente i veri studi negativi. ¢

Obiettivo

A

iutare ad identificare gli ele- menti costitutivi dei veri studi negativi date le esigenze di salute pubblica. ¢