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Maria Grazia Petronio, Simone Pagni AUSL 11 Empoli



buone pratiche per la riduzione dell’inquinamento

il cesalpino

femminile e, soprattutto, in bambi- ni ed adolescenti: i tumori rappre- sentano la prima causa di morte tra 15 e 65 anni e in Europa negli ultimi 30 anni si è registrato un incremen- to dell’1,2 % annuo fra 0 e 14 anni e dell’1,4% tra i 14-19 anni, senza che questo possa essere spiegato esclu- sivamente con i miglioramenti nella capacità di diagnosi.

In Italia la probabilità di sviluppa- re un tumore fra 0 e 74 anni è di 1 caso ogni 3 nei maschi e di 1 caso ogni 4 nelle donne ed è in aumen- to l’incidenza di diverse forme tu- morali correlate all’ambiente come i mesoteliomi, il linfoma non ho- dgkin, il cancro alla tiroide, ai testi- coli, al cervello.

In generale in Italia cresce la per- centuale di pazienti cronici che rap- presentano il 36,6% con punte del 40,1% nel centro Italia, tant’è che l’OMS parla di “Emergenza cronici- tà”, riferendosi a malattie che spes- so originano in età giovanile e ri- chiedono poi anche decenni per manifestarsi clinicamente.

Sono malati cronici l’80,7% degli an- ziani ma non sono immuni nean- che i giovani sotto i 24 anni: il 9,9% (9,7% nel 2001).

Nell’ambito delle malattie cardiova- scolari ad es. a fronte di una ridu- zione costante della mortalità (pur con sostanziali differenze tra Pae- se e Paese) l’incidenza dell’infarto non è diminuita e patologie come l’aterosclerosi e l’ictus si diagnosti- cano sempre più spesso in persone giovani.

Sempre secondo l’OMS l’86% dei de- cessi, il 77% della perdita degli anni di vita in buona salute e il 75% delle spese sanitarie in Italia e in Europea sono da attribuirsi alle seguenti pa- tologie: malattie cardiovascolari, tu- mori, diabete mellito, malattie respi- ratorie, disturbi muscoloscheletrici. I fattori di rischio per queste ma- lattie sono in gran parte correlabili all’ambiente in maniera diretta (in- quinanti presenti in tutte le matri- ci ambientali come gli interferen- ti endocrini, le polveri sottili, gli Nox, ect.) o indiretta (sedentarietà, fumo, abuso di alcool alimentazio- ne scorretta, ect.).

E sempre maggiori sono le evidenze

di associazioni tra esposizioni am- bientali alla nascita (o prima) e l’in- sorgenza di malattie neurologiche, respiratorie e di cancro.

Contemporaneamente preoccupa- no alcune patologie che riguardano le fasce di età giovanili e che sono espressione di un profondo senso di malessere generato ancora una volta dalle condizioni socio-ambien- tali della nostra società.

Il disagio psicologico dei nostri tem- pi è testimoniato dall’aumento spa- ventoso della vendita degli psicofar- maci che è stato del 280% dal 1998 al 2004.

L’assunzione di psicofarmaci riguar- derebbe 35.000 bambini in Italia, sebbene nessun farmaco sia auto- rizzato, a parte il fluoxetina clori- drato (prozac) da poco tempo. Di pari passo è aumentato il consu- mo di alcolici tra i giovani e tra i ra- gazzi di 11-15 anni e il consumo di alcolici fuori pasto negli adolescen- ti, soprattutto ragazze, che è passa- to nella classe di età 14-17 anni dal 12,6% al 20,5%tra il 1998 e il 2006. In aumento anche il cosiddetto bin- ge drinking ((abitudine a consuma- re eccessive quantità in una sola oc- casione, come ad es. una festa) che nel 2006 ha riguardato l’8,4% del- la popolazione di 11 anni rispet- to al 7,1% del 2003 nonché il con- sumo delle sostanze psicoattive tra cui cannabis e cocaina in particola- re negli adolescenti e nelle giova- ni donne mentre si riapre il merca- to dell’eroina anche se assunta non più per via intravenosa.

Altre forme più nuove di “disagio” vengono segnalate dagli specialisti con un certo allarme e riguardano ad es. il cosiddetto bullismo, regi- strato dal continuo incremento del- le richieste di consulenza da parte degli insegnanti, o l’utilizzo sfrena- to di videogiochi violenti ed il rischio di dipendenza (sovrapproduzione di dopamina mediatore coinvolto ol- tre che nell’apprendimento e nel consolidamento mnemonico anche nel potenziamento del comporta- mento aggressivo legato al piace- re ed alla ricerca di nuove e inten- se emozioni).

In generale non abbiamo compiu- to passi avanti sostanziali rispetto

alle maggiori determinanti che con- dizionano la salute. Tra questi oltre alle guerre e ai massacri, i dissesti del territorio, un modello di svilup- po che prevede la diffusione di im- pianti e sostanze pericolose sul ter- ritorio, l’aggressione del territorio con conseguenti dissesti idrogeolo- gici, gli eventi estremi, la povertà, l’analfabetismo, le condizioni di la- voro, la mancanza di acqua potabi- le, lo smaltimento dei rifiuti, l’espo- sizione attiva e passiva a fumo di sigaretta, l’aumentata esposizione a radiazioni ionizzanti e non ionizzan- ti, il crescente inquinamento del- l’atmosfera, del suolo e delle acque nelle aree urbane e industrializzate. In particolare rispetto ai cambia- menti climatici nei pronostici per gli impatti futuri compaiono l’au- mento della malnutrizione, del ri- schio di contrarre malattie infettive e respiratorie, con implicazioni per la crescita e lo sviluppo dei bambi- ni; l’aumento delle morti e degli in- cidenti causati da eventi estremi più intensi e più frequenti; l’au- mento della frequenza delle malat- tie cardio-respiratorie causate dal- l’alta concentrazione di ozono sulla superficie terrestre; il cambiamen- to della distribuzione geografica di alcune piante, dei vettori e dei pa- rassiti e delle relative malattie; l’al- terazione dell’ecologia degli agen- ti infettivi diffusi dalle acque e dagli alimenti con aumento delle malat- tie diarroiche e di altre malattie le- gate al cibo e all’acqua; l’aumento dello strato di ozono stratosferico con aumento dei tumori delle pel- le e delle cateratte; la diminuzione della mortalità in alcune aree dovu- ta alla minore esposizione al freddo. Le diverse zone del mondo, inclusa l’Europa verranno colpite in manie- ra diversa e anche la distribuzione degli effetti sulla salute è destinata a cambiare nel tempo con il conti- nuo aumento delle temperature. A lungo termine tutto questo graverà soprattutto sui bambini e sulle fu- ture generazioni.

Tutto ciò ha un costo enorme. Il rap- porto Stern ha sottolineato come i danni economici, dovuti a eventi naturali, siano aumentati di un va- lore superiore alle sei volte rispetto

agli anni ‘60.

L’OMS ha calcolato che il nostro Pae- se potrebbe risparmiare 28 miliardi di Euro ogni anno riducendo l’inqui- namento ambientale.

In Italia nel 2001 la produzione di elettricità per il riscaldamento ha comportato 2.550 decessi e 23.000 casi di malattie gravi, con un costo pari a 3,6 miliardi di Euro (64 Euro pro capite).

gli effetti sulla salute del trasporto su strada sono ancora più rilevan- ti. Considerando insieme l’impatto provocato dall’inquinamento atmo- sferico dovuto alle emissioni auto- veicolari, agli incidenti e al rumore si arriva per l’Italia ad una valutazione monetaria di 16 miliardi di Euro. Aggiungendo ai precedenti impatti quelli prodotti da altri usi dell’ener- gia (agricoltura, industria ect.), e senza considerare l’effetto ser- ra, si arriva in Italia ad una valuta- zione complessiva dei costi sociali derivanti dagli effetti negativi sulla salute dell’intera gamma delle for- me di produzione e uso dell’ener- gia di circa 36,3 miliardi di Euro pari a 3% del PIL e a 627 Euro pro capi- te; il 35% della spesa sanitaria pub- blica e privata.

A fronte di tutto ciò manca una vera cultura della prevenzione primaria, che agendo sull’allontanamento de- finitivo dei fattori di rischio, potreb- be far conseguire risultati stabili a lungo termine, e soprattutto man- ca una seria riflessione sulle associa- zioni tra determinanti e grado dello stato di salute e sul ruolo etiologico dei fattori ambientali.

Si ha la sensazione che di fronte alle difficoltà e alla complessità di un vero intervento di prevenzio- ne primaria basato sulla riduzione/ eliminazione dei fattori di rischio ambientali, questi vengano voluta- mente ignorati in favore di scelte relativamente più semplici e orien- tate alla promozione della salute a livello individuale con le campagne educative e progetti di intervento finalizzati a modificare gli stili di vita degli individui, senza tenere con- to del contesto ambientale, socia- le e culturale degli individui e del- le collettività.

Eppure é noto che limitarsi a cam-

pagne educative senza tener con- to di tutti i fattori in gioco potreb- be paradossalmente aumentare l’incidenza di quei comportamenti che vorremmo prevenire, maggio- re informazione non significa au- tomaticamente modificazione dei comportamenti.

E così si crea una colpevolizzazione del singolo individuo medicalizzan- do al contempo tutti gli stili di vita nella consapevolezza che nessun in- tervento in tale direzione potrà mai essere efficace se non si rimuovo- no le cause.

Il piano Nazionale della Prevenzione 2005-2007 ad es. identifica 4 ambi- ti di intervento: il rischio cardiova- scolare, il cancro, gli incidenti e le vaccinazioni.

Le azioni previste sono per il rischio cardiovascolare: diffusione del- la carta del rischio cardiovascolare, prevenzione dell’obesità, preven- zione delle complicanze del diabe- te, prevenzione delle recidive degli accidenti cardiovascolari; per il can- cro: attuazione degli screening per il cancro della mammella, della cer- vice uterina e del colon retto; per gli incidenti stradali e domestici so- prattutto interventi educativi. Probabilmente si sarebbe dovuto tener conto che fattori ambientali come gli interferenti endocrini pos- sono essere causa sia dell’obesità oltre che del cancro.

Altrettanto noto anche se spes- so taciuto è il ruolo degli inquinan- ti ambientali e, in particolare, del- le polveri sottili e del fumo passivo nell’insorgenza delle patologie car- diovascolari. Ogni aumento di 10 μg/m3 di PM2.5 risulta associato ad

un aumento del 24% del rischio di un evento cardiovascolare e un au- mento del 76% nel rischio di morire per una malattia cardiovascolare. L’esposizione a lungo termine a par- ticolato fine può inoltre accelerare lo sviluppo e la progressione del- l’aterosclerosi, come di recente in- dica uno studio condotto in germa- nia che ha misurato la calcificazione delle arterie in più di 400 soggetti (hoffmann et al 2007).

Detto questo appare davvero in- congruo basare tutti gli interventi di prevenzione e soprattutto di pre-

venzione delle malattie cronico-de- generative sulla prevenzione secon- daria e sulla “correzione” degli stili di vita scorretti.

Errati stili di vita sono in larga par- te il risultato delle politiche sociali, economiche e culturali.

queste attualmente tracciano nel nostro Paese modelli comporta- mentali prevalenti che penetra- no profondamente la società civile, condizionando il tempo delle per- sone, l’organizzazione delle fami- glie e l’inserimento lavorativo. Anche l’assetto urbanistico dei cen- tri urbani, la presenza di spazi ver- di e di aree attrezzate per lo sport, l’edilizia scolastica, le scelte strate- giche in materia di trasporti, la ge- stione dei rifiuti sono tutti fattori determinanti nel condizionamento dei “modelli di vita”.

I comportamenti errati sono indi- rettamente proporzionali alle possi- bilità sociali e basti pensare all’abi- tudine al fumo o all’abuso di alcool. Ma anche la sedentarietà e l’uso ec- cessivo dell’automobile sono frutto del tipo e dei tempi di lavoro, del- l’assenza o dell’inadeguatezza di servizi pubblici di trasporto, della distanza e/o dell’impraticabilità in sicurezza dei percorsi casa-scuola e casa-lavoro, della mancanza di aree verdi nelle città.

La cattiva alimentazione, oltre che condizionata pesantemente da una pubblicità pervasiva e negativa rivol- ta soprattutto ai bambini e ai giova- ni, non può non essere collegata ai cambiamenti socio-economici, al la- voro delle donne, alla mancanza di tempo, alla mancanza di servizi di ri- storazione adeguati sui posti di la- voro, al peggioramento della qualità degli alimenti, alla loro contamina- zione con sostanze chimiche peri- colose, alla povertà.

Troppo lungo sarebbe, inoltre, af- frontare il capitolo del disagio so- ciale, della mancanza di solidarie- tà, della solitudine e dei suoi effetti sui comportamenti e sullo stato di salute.

É ormai acclarato ad es. che sere- nità, affetti, amicizie contano più degli stili di vita nelle malattie car- diovascolari che, come è noto, co- stituiscono la prima causa di morte

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nei paesi industrializzati.

Né è pensabile ed eticamente ac- cettabile trattare allo stesso modo le patologie e/o le disuguaglianze relative all’età o all’esposizione vo- lontaria (es. frattura gamba in chi scia, mortalità nelle corse automo- bilistiche) rispetto a quelle dovute ad esposizioni indebite a sostanze pericolose, all’obbligo di assumere un comportamento sbagliato (man- canza di tutela in ambiente di lavo- ro), impossibilità di accesso ai servizi pubblici, mobilità sociale (che porta le persone malate ai gradi bassi del- la società).

questa consapevolezza sta matu- rando nel mondo sanitario, come si evince dall’introduzione dei con- cetti di tutela dell’ambiente e di svi- luppo sostenibile nel nuovo codice deontologico.

Ne sono testimonianza anche gli in- terventi pubblici in merito a scelte strategiche su questioni ambientali come ad es. quello della federazio- ne degli medici dell’Emilia romagna che ha chiesto una moratoria alla costruzione di nuovi inceneritori. Senza nulla togliere ai successi otte- nuti nel campo delle patologie gra- vi, un tempo mortali, sono da pren- dere in considerazione anche gli effetti negativi indotti da una sanità caratterizzata da un’alta specializza- zione e da un’attenzione esaspera- ta alle nuove tecnologie diagnosti- che e terapeutiche.

un sistema di questo tipo oltre che eticamente inaccettabile, è anche insostenibile da un punto di vista economico. L’insostenibilità riguar- da la tendenza da parte del siste- ma sanitario pubblico di dotarsi del- le novità di alta tecnologia che si susseguono a ritmo incalzante e che le aziende produttrici suggesti- vamente propongono nelle assise e nei convegni medici; lo svantag- gio, in termini di rapporto costi/be- nefici, dei cambiamenti tecnologi- ci che vengono effettuati prima di un sufficiente ammortamento delle novità precedentemente adottate (mentre, invece, a livello delle sin- gole persone che hanno la fortuna di potersene avvalere, il vantaggio è ovviamente massimo); ma soprat- tutto a livello antropologico e cul-

turale la medicina iperspecialistica a forte caratterizzazione tecnologica fa perdere di vista la persona uma- na come totalità. questo discorso vale soprattutto oggi, in un’epo- ca in cui gran parte delle patologie e dei danni alla salute non dipende più da agenti patogeni, fattori ge- netici e traumatismi, come in passa- to, ma da condizioni che riguardano le persone sotto l’aspetto compor- tamentale, oppure fattori relaziona- li o da fattori ambientali.

Vi è, quindi, un sentito bisogno di cambiamento in direzione della me- dicina olistica, una medicina dei li- velli compatibili di tutela della salute che contemperi l’utilità delle inno- vazioni tecnologiche con l’attenzio- ne per le persone, una medicina ad approccio globale, multidimensio- nale, che sappia rendere sinergiche le proprie misure assistenziali con le altre forme di impegno pubblico e privato delle altre componenti del sistema Italia che operano in dire- zione di un progetto di società del ben-essere e del ben vivere.

Alla luce del contesto appena deli- neato, dal quale emerge in modo evidente la complessità delle rela- zioni tra ambiente e salute, sembra comunque chiaro come il diritto ad un ambiente salubre debba esse- re assunto tra le priorità della sani- tà pubblica.

Occorre concentrarsi sui rischi “mo- derni” come l’inquinamento atmo- sferico delle aree urbane, l’accu- mulazione di rifiuti solidi, tossici e nocivi, l’emergere di nuove malattie infettive e il riemergere di malattie che si ritenevano debellate, i grandi cambiamenti ecologici quali il riscal- damento globale, la deforestazione e la distruzione dello strato di ozo- no stratosferico.

E siamo già in ritardo: già nell’anno 2000 era disponibile un documen- to dell’OMS (“global Ecological Inte- grity and Sustainable Development: Corner-stones of Public health”, scritto e curato da L. Colin Soskol- ne e r. Bertollini), in cui si sostene- va che la sanità pubblica deve fron- teggiare le sfide presentate da un cambiamento globale ed equipag- giarsi con gli strumenti necessari, tecnici e scientifici, per anticipare e,

laddove possibile, prevenire le con- seguenze sulla salute umana del de- grado degli ecosistemi.

questo modello di intervento mira- to a favorire le risorse locali, le ener- gie rinnovabili e la tutela dell’am- biente piuttosto che gli alimenti OgM o lo sfruttamento delle risorse o i programmi di cooperazione sa- nitaria modellati sulle esigenze dei donatori e non sui bisogni della po- polazione sarebbe l’unico in grado di arginare la disastrosa situazione dei paesi poveri, afflitti da proble- mi sanitari causati da un numero li- mitato di condizioni di salute, per le quali esistono attualmente tratta- menti efficaci in grado di curarle ma ai quali non possono avere accesso a causa della povertà.

Occorre fare scelte ambientali vere che si pongano al servizio di fini au- tonomi della salute, del bene e della felicità dell’uomo, in una prospetti- va ecocentrica e non puramente an- tropocentrica. Occorre cioè ritrova- re lo spazio per l’autonomia dei fini etico-politici contro l’automatismo della tecnica.

É fondamentale adottare un ap- proccio globale alla prevenzione primaria ed una visione sistemica per la quale la salute viene ad esse- re correlata ad una moltitudine di determinanti.

La salute è una risorsa per la vita quotidiana che insiste sulle risor- se sociali e personali oltre che sul- le capacità fisiche. Di conseguen- za, la promozione della salute non è responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma deve superare la mera proposta di modelli di vita più sani per aspirare al benessere, basandosi su scelte non solo legate alla valuta- zione dei rischi sanitari ma conside- rando in maniera sostanziale anche valori di altro genere come la giusti- zia e l’equità sociale.

È necessario che ogni individuo comprenda di essere “il principa- le curatore” della propria vita e il “centro della propria salute”: que- sta nuova visione, che deve neces- sariamente basarsi sulla definizione di nuove forme partecipative della cittadinanza nella scelta delle misu- re di prevenzione, è fondamentale per perseguire un benessere cen-

trato sulla persona.

Tutto ciò sarà possibile anche a se- guito della definizione di nuove modalità per garantire una mag- giore condivisione delle conoscen- ze scientifiche, diminuendo gli spa- zi dell’emotività e della contingenza nella formulazione delle scelte di prevenzione.

“Legge tutto quello che riguarda gli stili corretti…

L’ultimo uomo sano ha 53 anni inse- gna matematica ed ha il tempo giu- sto da dedicare alla salute…. Controlli annuali, esami del san- gue, urine, feci, colonscopie, lastre, TAC, Pet, biopsia della tiroide e del- la prostata…

ha eliminato zucchero, sale, carni rosse, grassi, aggiunge olio di pe- sce… mangia crackers per cani (gli unici senza grassi).

ha rinunciato al fumo, al caffè e al- l’alcol e d è roso dal dubbio se il the fa bene o male, lo stesso vale per un bicchiere di vino a pasto…

ha un filtro per l’acqua, un regola- tore di fluoro, uno schermo antira- don ed uno per i campi elettroma- gnetici, rilevatori di fumo in ogni stanza…

Prende vitamine, aspirinetta, crusca, otto bicchieroni di acqua al giorno, va dal dentista 2 volte l’anno… Corre con occhiali da sole tarati per filtrare i raggi solari e creme a pro- tezione 15…

Controlla i nei allo specchio, li misu- ra, li controlla…

ha avuto una diagnosi di nevrosi os- sessivo-compulsiva ma non è preoc- cupato da quando la neuropsichia- tria più aggiornata ha stabilito che l’ossessività non è una malattia ma un requisito per mantenersi sani!” (Modificato da g.Colecchia, L’ulti- mo uomo sano, in Toscana Medica

n. 6/07). ¢

¢ Bibliografia

A.Stefanini, Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica, università di Bologna, Politiche del commercio e politiche per la salute, Erice, 23 Marzo 2001.

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Corvalan, citato da E.Chellini in Le minac- ce nell’ambiente di vita in Salute e terri-