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Le modalità di acquisizione del contributo del rappresentante incompatibile

L’articolo 44 del decreto si limita a stabilire che il soggetto incompatibile è esaminato e interrogato nelle forme e con i limiti previsti per l’interrogatorio e l’esame della persona imputata in procedimento connesso, ma non individua il grado di connessione cui far riferimento. Nel silenzio della norma, pertanto, si rende necessario rinvenire lo statuto applicabile facendo riferimento alle possibili tipologie di connessione che il nostro sistema conosce: quella ex art. 12 comma 1 lett. a) c.p.p., quella ex art. 12 comma 1 lett. c) e il collegamento ex art. 371 comma 2 lett. b) c.p.p. La soluzione è foriera di importanti e diverse conseguenze, dal momento che in un caso la preclusione è assoluta, nell’altro l’incompatibilità è suscettibile di venir meno laddove il soggetto decida di rilasciare dichiarazioni sull’altrui responsabilità penale145.

Anche in questo caso, la soluzione prospettata dai più è quella dell’applicabilità dello statuto della connessione ex art. 12, comma 1 lett. a) c.p.p., in virtù dell’«immedesimazione organica che lega il rappresentante legale all’ente, rapporto che consente di assimilare il rappresentante legale alla figura del concorrente – ancorché anomalo – nello “stesso fatto” attribuito all’ente che rappresenta»146. L’audizione del rappresentante nel procedimento de societate

145 Cap. 2, par. 1

146 BASSI, Il giudizio ordinario, in AA. VV., Enti e responsabilità da reato, a cura di BASSI e

EPIDENDIO, Giuffrè, 2006, p. 651. L’Autrice, comunque, non tace le problematiche connesse a una ricostruzione di questo tipo, che si presta a strumentalizzazioni da parte dell’ente che, nell’intento di sottrarre “stabilmente” al processo un importante contributo

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soggiacerà, dunque, alla disciplina della connessione ex art. 197 comma 1 lett. a) c.p.p.

Non sfugge come una ricostruzione di questo tipo sia quanto meno insolita. Il rappresentante dell’ente, in effetti, non ha altro legame con l’illecito attribuito al soggetto collettivo che non sia quello che deriva dal fatto che egli ne rappresenta in giudizio gli interessi. In altre parole, il rappresentante è la bocca dell’ente. La sua assimilazione all’imputato in procedimento connesso costituisce una mera finzione finalizzata soltanto all’individuazione della disciplina applicabile, che, tuttavia, si impone a causa della riluttanza del legislatore a sovrapporre completamente le due figure del rappresentante e del rappresentato.

Ulteriore dubbio riguarda l’esclusività del riferimento alla disciplina della connessione di cui all’articolo 44. Ci si chiede, cioè, se la disciplina applicabile sia sempre e solo quella dell’articolo 210 c.p.p., ovvero se una distinzione si possa prospettare in base alla riunione o separazione dei procedimenti. Laddove si ritenga che il richiamo contenuto nell’articolo 44 del decreto sia perentorio, si dovrebbe concludere sempre per l’applicabilità dell’articolo 210 c.p.p., con la conseguenza che, anche nel procedimento a carico dell’ente, il contributo del suo rappresentante sarà sottratto al più garantistico statuto dell’articolo 208 del codice di rito, per ricadere sempre sotto l’area applicativa dell’istituto dell’esame dell’imputato nel procedimento connesso.

Pertanto l’ente, per il tramite del suo rappresentante, sarà sottoposto all’esame coattivamente, pur mantenendo la prerogativa del diritto al silenzio147.

conoscitivo, mantenga appositamente in carica il rappresentante legale dell’epoca in cui il reato fu commesso.

La stessa soluzione è prospettata da FIDELBO, Testimonianza: casi di incompatibilità, in AA. VV., Reati e responsabilità degli enti, a cura di LATTANZI, Giuffrè, 2010, p. 502.

147 Questa sembra essere la posizione di SCALFATI, Le norme in materia di prova e di giudizio,

in AA. VV., Responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato, a cura di GARUTI, CEDAM, 2002, p. 354.

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Una diversa interpretazione, invece, potrebbe vertere sulla distinzione tra i casi di separazione o riunione dei procedimenti. Si è sostenuto148, ad esempio, che nel procedimento riunito il rappresentante è sentito nei modi indicati dall’articolo 208 del codice di rito, se non abbia in precedenza rilasciato dichiarazioni contra alios al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero149. Nel qual caso lo statuto applicabile sarebbe comunque quello dell’articolo 210 c.p.p. Solo laddove, invece, si proceda separatamente a carico della persona fisica, il rappresentante dell’ente sarebbe sentito, in tale sede, secondo le regole dell’articolo 210 c.p.p. Tale ultima esegesi, in verità, sembra contraddire in parte la ratio della norma. Se la disciplina applicabile fosse realmente quella da ultimo individuata, la disposizione non avrebbe motivo di esistere. L’applicazione dell’articolo 208 c.p.p. sarebbe derivata semplicemente dall’operatività dei meccanismi previsti dagli articoli 34 e 35 del decreto. Pare, invece, che il legislatore si serva della specificazione proprio al fine di evitare questo risultato e costringere il legale rappresentante dell’ente (e quindi l’ente stesso) quanto meno a sottoporsi all’audizione. A ciò si aggiunga che la norma non prospetta distinzioni di sorta, così accreditando la tesi per cui la disciplina applicabile è da rinvenire sempre nell’articolo 210 c.p.p.

La conclusione, comunque, non stupisce se la si inquadra nelle finalità che si compendiano nell’articolo 44 del decreto, o meglio nella tendenza del legislatore a vedere nel contributo dell’ente un elemento significativo del procedimento a suo carico.

La disposizione di cui si discorre solleva, infine, un ultimo dubbio laddove fa riferimento alle modalità di audizione del soggetto nella fase delle indagini

148 S.CHIMICHI, Le prove dichiarative nel procedimento penale contro gli enti, in Dir. pen. e

proc. n. 2/2015.

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preliminari e, in particolare, alla disciplina dell’interrogatorio150. L’incongruenza si manifesterebbe se l’espressione fosse interpretata come un rinvio alla disciplina prevista dagli articoli 64 e 65 c.p.p. Questa lettura sarebbe sì suffragata dall’articolo 35 del decreto, che estende all’ente i diritti dell’imputato, ma cozzerebbe con la circostanza, abbastanza limpida, del richiamo alla disciplina dell’esame dell’imputato in procedimento connesso per quanto concerne la fase dibattimentale. Sarebbe, cioè, anomalo che il medesimo soggetto possa essere sottoposto, a seconda della fase processuale che viene in rilievo, a metodi di acquisizione del suo contributo sempre diversi. Ora l’esame ex art. 210 c.p.p. o la testimonianza laddove ne sussistano i presupposti, ora l’interrogatorio dell’indagato.

Per ricomporre il tutto in una cornice di minore disorganicità, si è sostenuto151 che l’interrogatorio cui la norma fa riferimento non è quello di cui agli articoli 64 e 65 c.p.p., ma quello di cui all’articolo 363 c.p.p. (interrogatorio di persona imputata in procedimento connesso), col conseguente obbligo di recarsi dal giudice, ma col mantenimento del diritto al silenzio. In tal modo, i rinvii operati dall’articolo 44 del decreto apparterrebbero ad un perimetro comune, ossia quello delle dichiarazioni degli imputati in procedimento connesso.

Ad ogni modo potrebbe rilevarsi come, senza dover intraprendere percorsi esegetici “correttivi”, la conclusione sembra offerta dalla stessa lettera della norma, che sancisce che “nel caso di incompatibilità la persona che rappresenta l'ente può essere interrogata ed esaminata nelle forme, con i limiti e con gli effetti previsti per l'interrogatorio e per l'esame della persona imputata in un procedimento connesso”. Il riferimento alla disciplina della connessione, che

150 La norma recita che «nel caso di incompatibilità la persona che rappresenta l'ente può essere

interrogata ed esaminata nelle forme, con i limiti e con gli effetti previsti per l'interrogatorio e per l'esame della persona imputata in un procedimento connesso».

151 L’osservazione è di SCALFATI, Le norme in materia di prova e di giudizio, in AA. VV.,

Responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato, a cura di GARUTI,

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sembra riguardare non solo l’esame, ma anche l’interrogatorio, accomuna i due istituti cosicché ulteriori specificazioni normative sarebbero state sovrabbondanti.

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