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MODALITA’ DI FINANZIAMENTO E STRUTTURA PARTECIPATIVA 7.1 – L’impatto strategico sulle performance aziendal

SECONDA PARTE: GLI SVILUPPI AZIENDALI E IL BOOM ECONOMICO

CAPITOLO 7: MODALITA’ DI FINANZIAMENTO E STRUTTURA PARTECIPATIVA 7.1 – L’impatto strategico sulle performance aziendal

Le scelte strategiche in merito alle modalità di finanziamento di progetti e piani di sviluppo di un’azienda tendenzialmente influenzano sensibilmente i risultati e le performance aziendali a consuntivo, e in questa sede è opportuno analizzare come l’azienda abbia potuto sapientemente dirigere l’importante fase inizialmente ricostitutiva e in seguito espansiva, che ha permesso al marchio di risollevarsi dalle sorti del possibile tracollo nell’immediato dopoguerra, e anzi di ripresentarsi sulla scena, a guerra terminata, con una serie d’interventi oculati e mirati all’espansione dimensionale e allo sviluppo dell’immagine e della rinomanza.

Come è stato trattato ripercorrendo cronologicamente l’evoluzione della Fiat, si è potuto notare come siano state intraprese diverse scelte di finanziamento per poter far fronte alle varie esigenze aziendali, che si sono presentate in riferimento a particolari epoche. In particolare, a partire dagli anni Trenta fino agli anni Sessanta, l’azienda è riuscita a sopperire alle varie esigenze finanziarie manovrando la sua struttura finanziaria, e ha ricorso prevalentemente ad aumenti di capitale a pagamento e all’emissione di prestiti obbligazionari anziché ricorrere all’indebitamento bancario. Questo è assumibile se si considera il ciclo di vita dell’azienda: superata una fase iniziale, l’azienda si trova in una situazione di incertezza fino al periodo successivo alla seconda guerra mondiale, durante il quale lo sviluppo dell’azienda punterà sempre più in alto, stimolato inizialmente dai finanziamenti stanziati dal piano Marshall, e in seguito sostenuto dalle politiche attuate dall’azienda: tutto ciò determinerà, per tutti gli anni Cinquanta, una fase di espansione e di sviluppo.

La fase di ristrutturazione aziendale, a seguito dei gravi danni causati dalla guerra, venne guidata da Valletta in maniera esemplare: non solo fu molto sagace la valutazione degli interventi da effettuate, ma venne predisposto un piano d’intervento mirato a valorizzare le potenzialità aziendali ed incrementare sia i quantitativi di prodotto che la produttività del lavoro; questo fu reso possibile, come detto poc’anzi, grazie agli stanziamenti del piano Marshall per un certo ammontare, mentre per la parte restante si optò per aumenti di capitale e prestiti a lungo termine, marciando sulla fiducia che veniva riposta sul marchio, sopravvissuto ad un tormentato periodo storico, ma strutturalmente molto solido, grazie alla guida

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dell’azienda da parte del senatore Giovanni Agnelli. A partire dal 1947 verranno risaldati i rapporti con le banche, in particolare con quelle americane (tra le altre, la Bank of America di Amedeo Giannini), dalle quali la Fiat ottenne i capitali necessari per la ristrutturazione; anche gli aiuti da parte della Eximport Bank per oltre 11 miliardi contribuirono a ricoprire le spese. Grazie a questo primo afflusso di capitali, nel periodo a cavallo tra gli anni ‘40 e i primi anni ‘50 vennero investiti qualcosa come 65 miliardi di lire, coperti per 20 miliardi da finanziamenti a lungo termine da parte di banche estere, e per i restanti tramite autofinanziamento e obbligazioni. Va sicuramente attribuito all’opportunità di emettere prestiti obbligazionari che l’azienda ha potuto risollevarsi, sia dal punto di vista tecnico – con la ristrutturazione degli impianti e degli stabilimenti – sia dal punto di vista patrimoniale – la disponibilità di mezzi finanziari ha contribuito sensibilmente a riequilibrare la struttura aziendale e ad assicurare la solvibilità delle obbligazioni assunte ai fini dell’intervento – senza tuttavia intaccare l’assetto proprietario. Su questo punto contribuì favorevolmente l’assetto societario organizzato sotto forma di gruppo, attraverso il quale fu possibile sfruttare l’effetto leva finanziaria per perseguire uno sviluppo dimensionale. Di seguito, la Figura 7.1 riporta i prestiti obbligazionari emessi da Fiat nell’arco di tempo considerato.

Figura 7.1: prestiti obbligazionari

Anno di emissione

Ammontare in milioni

Prezzo di

emissione Tasso Durata Scadenza Tipologia

1948 8.000 - 5% - - convertibili

1949-1950 10.000 96 6% 24 anni 1974 - 1956 15.000 97 6% 15 anni 1974 a premi 1957 24.000 97 6% 15 anni 1975 a premi 1960 30.000 alla pari 5,5% 17 anni 1980 a premi

Fonte: Grande impresa e sviluppo italiano, Studi per i cento anni della Fiat, Il mulino, 1999, volume 1, pag. 203

Si può chiaramente notare come la durata di tali prestiti sia particolarmente lunga; va considerato, per contro, che grazie all’associata manovra di autofinanziamento, orientata prevalentemente a finanziare gli impianti, si gettarono le basi per la crescita che apparirà preminente già durante gli anni Cinquanta, con un aumento del fatturato, segno tangibile che i mercati azionari e obbligazionari fossero quanto mai propensi a finanziare il settore dell’auto, ritenuto mercato emergente e potenzialmente in grado di crescere. Le scelte in materia di finanziamenti bancari vennero prese sulla base dello scopo e della natura del progetto: in particolare, per le necessità a breve termine, vennero selezionate tre banche d’interesse nazionale, come l’Istituto bancario San Paolo di Torino, la Banca Nazionale del Lavoro e le Casse di risparmio; per le operazioni di particolare importanza si intrapresero rapporti con la Comit e il Credit. Infine, per operazioni di aumenti di capitale e emissione di obbligazioni si preferì rivolgersi alla Mediobanca, istituto con il quale s’intensificheranno i rapporti nel corso degli anni Sessanta, alla fine di una lunga fase di autofinanziamento alla quale seguirà sempre più frequentemente il ricorso a prestiti obbligazionari. Per tutti gli anni Cinquanta la Fiat accumulerà liquidità, dovuta in principal modo alla buona riuscita delle strategie aziendali, ma anche all’adeguato ricorso al mercato per aumentare il capitale a pagamento e all’emissione di prestiti obbligazionari, che hanno permesso nuovi investimenti, coperture di ammortamenti e accantonamenti a riserva. Sarà solo al termine della fase espansionistica della Borsa negli anni ‘60 che si verificherà un aumento del livello d’indebitamento delle aziende, che le guiderà alla crisi avvenuta il decennio successivo.

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7.2 – La struttura in forma di gruppo e la strutturazione delle partecipazioni

Nel corso del tempo la struttura societaria della Fiat si consolidò in forma di gruppo, che generò un duplice vantaggio, ossia permise di riuscire a garantire la corretta sopravvivenza del connubio tra espansione dimensionale e mantenimento del controllo dell’operato nonché a rispettare delle linee strategiche aziendali: solo così era possibile assicurare agli azionisti di maggioranza di detenere il controllo di un buon numero di partecipate con contenuti immobilizzi finanziari. È stata proprio la struttura di gruppo a consentire all’azienda la sopravvivenza durante i periodi di guerra – in particolare grazie a strategie di diversificazione si è potuto focalizzare l’attenzione in altri settori, contigui a quello automobilistico, per mantenere in piedi la struttura – e a favorire l’espansione commerciale e lo sviluppo tecnico-dimensionale durante i periodi di crescita – grazie all’internalizzazione di alcune produzioni e l’assorbimento di competitors più deboli – nonché garantire l’adempimento delle obbligazioni societarie assunte nel frattempo. La struttura a piramide dell’azienda ha permesso la corretta valutazione delle performance ai vari livelli, offrendo anche l’adeguato livello informativo per i soci e gli investitori44.

È opportuno, a questo punto, mettere in risalto come l’azienda abbia strutturato il controllo di altre sub- aziende attraverso la predisposizione di una rete di partecipazioni.

La fase espansiva dell’azienda è stata determinata da interventi su più fronti: se da una parte gli sforzi a livello progettuale si sono sempre mossi nell’ottica del perfezionamento del prodotto, civile e militare, in tempi brevi, dall’altro le tecniche di diversificazione si sono dimostrate essenziali per la sopravvivenza dell’azienda e il conseguente mantenimento di posti di lavoro. Grazie all’adozione della struttura a gruppo, le partecipazioni in aziende contigue al settore automobilistico hanno permesso di ottenere componenti ad hoc per l’impiego industriale. Verranno ora esposte le relazioni partecipative nel periodo di riferimento. È da precisare che, sebbene la linea strategica venga posta in essere già prima della prima guerra mondiale, sarà solamente durante il conflitto e poi a partire dagli anni Venti che l’azienda assumerà l’identità di gruppo. Inizialmente vennero strette delle alleanze con società strategiche incentrate nella produzione di componenti meccanici e società per la distribuzione e la vendita dei prodotti. Successivamente, le partecipazioni vennero conferite ad una holding controllata dalla capogruppo, la Società generale finanziaria, con il preciso compito di gestire le partecipazioni azionarie della Fiat, al fine di creare un confine con la direzione produttiva; tuttavia, questa durò meno di un anno, in quanto si rese necessario poco dopo conferire le azioni a garanzia di un prestito, e dunque la società venne posta in liquidazione. A partire dagli anni Trenta la struttura societaria assunse maggior spessore, ancorata su delle solide fondamenta partecipative, orientata a garantire al Paese una realtà a 360° nel campo del settore motoristico italiano, e dall’altra l’approvvigionamento dei materiali necessari, di qualsiasi genere. Tale struttura è visibile nella Figura 7.2, dove si nota una decisa prevalenza di produzioni meccaniche e siderurgiche, e solo in parte coadiuvata da aziende di servizi.

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Figura 7.2: Gruppo industriale Fiat e società consociate nel 1931

Fonte: Asf

Nel corso degli anni Trenta, comunque, l’assetto partecipativo non subirà grandi stravolgimenti, ma va segnalato che alcune società passeranno sotto il controllo della famiglia Agnelli grazie all’Ifi: le Fonderie Fiat, gli Stabilimenti grandi motori, le Officine meccaniche autoveicoli Roma e la Società mobiliare e immobiliare alta Italia45. Nella Figura 7.3 e Figura 7.4 si notano le partecipazioni Fiat e le partecipazioni della

famiglia Agnelli alla fine degli anni Trenta.

Figura 7.3: aziende e partecipazioni Fiat nel febbraio del 1937 (1)

Fonte: As ci, Affari finanziari (Af), cart.1896 «Fiat», fasc. 3 «Generico», sfasc. 5 «Varie»

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Figura 7.4: aziende e partecipazioni Fiat nel febbraio del 1937 (2)

Fonte: As ci, Affari finanziari (Af), cart.1896 «Fiat», fasc. 3 «Generico», sfasc. 5 «Varie»

Si noti come, di fatto, le partecipazioni in capo alla famiglia Agnelli presentino un livello di diversificazione maggiore rispetto a quelle detenute dall’azienda.

Successivamente, venne predisposta una classificazione delle partecipazioni, con l’intento di revisionare interamente la struttura a seguito dell’ottenimento dei prestiti americani dopo la seconda guerra mondiale. Fu così che venne riorganizzato l’assetto partecipativo, classificando le varie partecipazioni in sei macro gruppi (Figura 7.5): questo venne giustificato soprattutto per motivi fiscali.

Figura 7.5: partecipazioni Gruppo Fiat nel 1948

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Nel corso degli anni Quaranta avvennero delle fusioni per incorporazione: si ebbe l’assorbimento della Spa, Sam, Sipa e Aeritalia, alle quali vennero affidate le funzioni in precedenza in capo alle controllate.

La compagine del gruppo alla fine del quarto decennio di vita era formalmente solida: la struttura partecipativa garantiva la presenza di aziende siderurgiche e meccaniche, che permetteva estensioni anche nel campo degli armamenti (molto sviluppati durante il conflitto), e l’ingresso nel settore petrolifero e nell’aviazione civile (visibile ancora in Figura 7.5).

Nel corso degli anni Cinquanta viene mantenuta e consolidata la presenza nelle produzioni di automobili, nell’industria meccanica e siderurgica, nell’industria del trasporto e nel settore petrolifero, ma si registra un venir meno nell’aviazione civile a seguito dell’istituzione della Compagnia aerea di bandiera, società dedita al trasporto aereo, alla quale vengono riconosciuti diritti preferenziali e privilegi da parte del governo. La struttura visibile in Figura 7.6 resterà prevalentemente immutata per gli ultimi anni ‘50 e anche nei primi anni del decennio successivo, salvo la presenza nell’industria petrolifera.

Analizzando l’evoluzione della struttura del gruppo si nota come l’azienda abbia preferito l’adozione di un intreccio di partecipazioni a catena verticale: questo si differenzia da quanto è avvenuto negli stessi anni in altre grandi aziende italiane. Infatti dalla capogruppo discendevano le controllate, le sussidiarie e le partecipazioni distinte come visto in precedenza in macro gruppi, senza incroci azionari infragruppo. Dagli anni Venti la Fiat venne posta totalmente in capo all’Ifi (della famiglia Agnelli), la cui quota azionaria venne progressivamente ridimensionata per effetto della guida di Valletta, il quale a mano a mano che riusciva a raccogliere un adeguato numero di azionisti, apportava nuovo capitale da impiegare, e così la percentuale di controllo dell’Ifi passò dal 70 al 25% nel giro di 20 anni (dal 1947 al 1967).

Figura 7.6: partecipazioni Fiat al 31 dicembre 1959

Fonte: Asf, Divisione bilanci

La configurazione a gruppo della Fiat ha permesso, nel tempo, di assicurare una struttura ben distaccata dal punto di vista direzionale e dal punto di vista proprietario, che rese possibile la crescita dimensionale e l’affermazione e divulgazione del marchio senza presagire o intaccare l’integrità strutturale dei soci fondatori46.

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7.3 – Rilevazioni contabili Fiat

Considerando il periodo storico preso in esame è evidente che gli anni Cinquanta e Sessanta hanno contribuito in maniera importante allo sviluppo aziendale e alla crescita dimensionale; non di meno la redditività è rimasta influenzata dall’andamento delle vendite e dal rapido incremento della domanda dì fronte a nuovi lanci sul mercato di modelli che passeranno alla storia della Fiat.

Prendere in considerazione tale sviluppo e rifletterlo in chiave d’analisi contabile risulta tanto importante quanto complicato, per l’incompletezza d’informazioni disponibili nell’arco del periodo.

Di seguito, tuttavia, viene esposta la situazione contabile della Fiat attraverso l’ausilio di grafici e tabelle per apprezzare l’andamento della redditività e le scelte di capitalizzazione.

Viene presentata la Figura 7.7, nella quale sono riassunti il fatturato, l’utile netto e il capitale sociale dal 1930 al 1960.

Per alcuni esercizi mancano i dati, pertanto l’analisi risulta distorta da questo punto di vista, ma quello che si può notare è la situazione di incertezza reddituale che permane fino al 1947: dal 1930 infatti non si registrano elevati valori di redditività, anzi, in diversi esercizi non si registra utile. Questo viene giustificato dal fatto che, sebbene l’azienda sia presente da diversi anni nel mercato, il susseguirsi di eventi esogeni alla vita dell’impresa hanno fortemente condizionato la permanenza e lo sviluppo delle aziende; prima la guerra, poi la crisi e successivamente la seconda guerra mondiale sono stati avvenimenti che hanno messo a dura prova la sopravvivenza delle aziende, sia a livello produttivo-organizzativo, sia a livello finanziario, ed è per questo che la Fiat come molte altre aziende ha dovuto adattarsi al meglio al fine di rimanere nel mercato e superare anche periodi particolarmente insidiosi. A partire dal 1948 si registra, però, un utile positivo, che segue un trend in crescita fino al 1960.

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Figura 7.7: voci significative del bilancio Fiat

Fonte: rielaborazione personale sulla base dei dati forniti dal Centro Storico Fiat (dati in milioni di lire)

La Figura 7.8 suggerisce una visione grafica dell’andamento del rapporto utile su fatturato: decisamente irregolare la prima fase, a partire dal 1948 inizia una nuova fase di crescita, dalla quale il rapporto non subisce più alcuna flessione, segno che l’azienda ha conquistato una certa stabilità strutturale, e gode di una serie di vantaggi derivanti dal piano Marshall che permettono di riorganizzare l’apparato produttivo e incrementare la produzione, sfruttando così economie di scala che in precedenza, a causa dei ridotti quantitativi di prodotto, non era possibile realizzare. Questo è stato ulteriormente forzato dalla politica commerciale fortemente voluta da Valletta, nota con il termine “tipizzazione”, con la quale s’incentivava la vendita di una cerchia ristretta di modelli, per realizzare appunto economie di scala sui volumi produttivi. La crescita della redditività della Fiat partita alla fine degli anni Quaranta testimonia l’eccellente capacità di autofinanziamento che sorresse investimenti e sviluppo produttivo negli anni Cinquanta.

Esercizio Fatturato Utile netto Capitale sociale 1930 985,00 40,90 400,00 1931 - 400,00 1932 - 400,00 1933 - 400,00 1934 24,20 400,00 1935 39,10 400,00 1936 41,30 400,00 1937 55,70 400,00 1938 2.197,00 43,70 400,00 1939 2.394,00 43,50 400,00 1940 55,10 400,00 1941 59,10 400,00 1942 38,70 400,00 1943 - 400,00 1944 - 400,00 1945 7.308,00 - 400,00 1946 22.583,00 - 1.463,50 4.000,00 1947 53.193,00 - 4.000,00 1948 88.205,00 831,20 10.000,00 1949 109.607,00 1.897,90 12.000,00 1950 157.296,00 3.567,10 24.000,00 1951 171.519,00 4.298,70 34.284,00 1952 201.616,00 5.378,00 36.000,00 1953 244.195,00 9.574,70 54.015,00 1954 276.386,00 10.677,10 57.000,00 1955 310.198,00 12.656,10 57.000,00 1956 340.657,00 14.055,10 76.000,00 1957 351.933,00 13.899,10 100.000,00 1958 373.037,00 16.631,20 100.000,00 1959 437.702,00 19.700,70 100.000,00 1960 457.000,00 23.641,30 115.000,00

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Figura 7.8: rapporto utile su fatturato

Fonte: rielaborazione personale sulla base dei dati forniti dal Centro Storico Fiat

La Fiat puntava principalmente a reinvestire una quota di utili, soprattutto negli anni Cinquanta, in base a una politica di bilancio fortemente prudenziale.

La politica dei dividendi segue l’andamento della redditività dell’impresa: pur seguendo il conseguimento e la consistenza degli utili, tale distribuzione venne subordinata alla costituzione di adeguate riserve, con l’obiettivo di rafforzare la struttura patrimoniale della società, e con l’intento di poter disporre di un fondo per eventualità di fabbisogni futuri che rendesse costante la remunerazione degli azionisti.

Fonte: Grande impresa e sviluppo italiano, Studi per i cento anni della Fiat, Il mulino, 1999, volume 1, pg. 240

-8,00% -6,00% -4,00% -2,00% 0,00% 2,00% 4,00% 6,00% 1930 1932 1934 1936 1938 1940 1942 1944 1946 1948 1950 1952 1954 1956 1958 1960

Un/vendite(%)

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Lo sviluppo della composizione del gruppo azionario della Fiat è fortemente connesso con l’andamento del mercato primario e secondario – ossia con la disponibilità degli investitori a rispondere positivamente agli aumenti di capitale e con la valutazione delle azioni da parte del mercato – e pertanto dipende sia da fattori interni all’azienda, cioè la sua capacità di produrre ricchezza e la tipologia di politica dei dividendi assunta, e sia da fattori esterni, come le aspettative, i tassi di mercato, l’efficienza allocativa della borsa, la propensione dei risparmiatori e così via. La cadenza regolare degli aumenti di capitale alla Fiat suggerisce la capacità dell’azienda di adeguare i mezzi propri all’andamento dell’espansione, e denota la capacità degli azionisti di maggioranza di essere in grado di soddisfare i fabbisogni legati allo sviluppo e alla crescita dimensionale.

Inoltre si identifica in questo la fiducia riposta nella Fiat e nel suo sviluppo futuro da parte degli investitori esterni.

I sette aumenti di capitale avvenuti prima della prima guerra mondiale e i sei durante il conflitto costituiscono una misura dello sviluppo aziendale e dell’incremento nel livello dei prezzi. Da segnalare che durante gli anni Trenta non venne effettuato alcun aumento di capitale, neppure a fronte degli ingenti investimenti dirottati sulla costruzione dello stabilimento di Mirafiori.

Figura 7.10: evoluzione del capitale sociale Fiat

Fonte: Grande impresa e sviluppo italiano, Studi per i cento anni della Fiat, Il mulino, 1999, volume 1, pg. 227

Dagli anni Trenta alla fine degli anni Quaranta il capitale sociale Fiat risulta essere inadeguato alle dimensioni dell’impresa. Sarà così che nel dopoguerra si procedette innanzitutto con l’adeguamento dei valori monetari e successivamente aumentato il capitale per finanziare la ristrutturazione degli impianti e l’ammodernamento delle attrezzature e dei macchinari. Si verificano aumenti nel 1946, quando sale da 400 a 4.000 milioni di lire; nel 1948 viene portato a 10.000 milioni, poi di anno in anno viene aumentato di un certo ammontare fino al 1957, dove per tre anni resta a 100.000 milioni, per salire poi nel 1960 a 115.000 milioni di lire.

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Il trend di crescita del capitale sociale è evidenziato in Figura 7.11.

Figura 7.11: evoluzione del capitale sociale dal 1930 al 1960

Fonte: rielaborazione personale sulla base dei dati forniti dal Centro Storico Fiat

La crescita del capitale sociale è stata interrotta da fenomeni di alta inflazione prodotta dalla finanza; in linea di massima è possibile affermare che l’azienda risulta sottocapitalizzata dagli anni Trenta agli anni Cinquanta. Comunque, la struttura che emerge denota la solidità patrimoniale dell’azienda: la mancanza di aumenti nei periodi di scoperto è scaturita dallo stato di depressione della borsa e dalla volontà di Agnelli di mantenere inalterato il nucleo degli azionisti di controllo, nonché finanziare gli investimenti ricorrendo a canali alternativi, ritenuti meno onerosi e rischiosi47.

La solidità strutturale viene messa ancor più in evidenza se si analizzano le tabelle che seguono.

La Figura 7.12 riporta l’evoluzione della composizione patrimoniale analizzata dal punto di vista di capitale circolante e capitale fisso.

Ancor meglio si apprezza tale andamento nel corso del tempo se si considera la Figura 7.13.

Fino al 1936 si ha una tendenza al decremento dell’incidenza di tali costi, dal momento che a fronte di investimenti per la precedente costruzione del Lingotto, in questi anni si procedeva con lo sfruttamento degli impianti già esistenti e si spingeva la produzione il più possibile. A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, però, si registra una crescita di tale incidenza, dovuta in particolar modo alla necessità di riconvertire gli stabilimenti e ricostruire le officine danneggiate durante la guerra. Dal 1950 cambiano gli investimenti: grazie agli aiuti del piano Marshall viene rivista la gamma e sostenuti investimenti per il continuo perfezionamento degli impianti (come quelli stanziati dal 1952 al 1954 pari a 70 miliardi). Inoltre l’ingresso di nuovi macchinari ha permesso di ridurre la fatica degli operai incrementandone la produttività.

47 Grande impresa e sviluppo italiano, Studi per i cento anni della Fiat, Il mulino, 1999, volume 1, pg. 240

- 20.000,00 40.000,00 60.000,00 80.000,00 100.000,00 120.000,00 140.000,00 1930 1935 1940 1945 1950 1955 1960