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LA PRODUZIONE FIAT E L’INFLUENZA DI FATTORI ESOGENI SULLE SCELTE AZIENDALI 9.1 – Processi d’internazionalizzazione delle conoscenze managerial

Rapporto operaie/totale opera

CAPITOLO 9: LA PRODUZIONE FIAT E L’INFLUENZA DI FATTORI ESOGENI SULLE SCELTE AZIENDALI 9.1 – Processi d’internazionalizzazione delle conoscenze managerial

Agli inizi degli anni Trenta in Italia si registrava un basso indice di motorizzazione: nel 1930 i veicoli circolanti erano 245.477, e il numero di abitanti per veicolo era 142,86. Questo dato, se paragonato a quello dei principali Paesi europei, si attestava ben al dì sotto di quello della Germania, pari a 55,56, Regno Unito (23,25), Francia (22,73), mentre per gli Stati Uniti si fermava appena a 5,15. Questi dati implicano una riflessione: sebbene lo sviluppo automobilistico italiano fosse già avviato, era ben concepibile come si dovesse ancora conquistare una larga fetta di potenziali acquirenti, ossia tutte quelle persone che, fino ad allora, non avevano mai acquistato un’automobile, ma – chi per motivi economici, chi per altri motivi – aveva preferito altri mezzi di trasporto, siano essi velocipedi piuttosto che ciclomotori. Sebbene negli Stati Uniti lo sviluppo dell’industria automobilistica avesse preso il decollo già diversi anni prima, con la celebre Ford Model T, in Italia questo avverrà solo a partire dagli anni Cinquanta, per effetto delle nuove politiche aziendali sostenute dalla Fiat e fortemente apprezzate dal pubblico di acquirenti. Sicuramente questo processo è avvenuto grazie anche all’introduzione nel processo produttivo di tecniche, impianti e tecnologie di derivazione americana, che hanno permesso all’azienda di avvicinarsi sempre più all’ottica produttiva americana, che la condurrà nel tempo, e dopo vari step, verso l’automobilismo di massa. Questo processo è noto con il termine “internazionalizzazione delle conoscenze manageriali”. Esso fu reso possibile grazie ad una legislazione americana particolarmente favorevole alla diffusione della conoscenza. Il motivo per cui tale sviluppo si concentrò in America piuttosto che in altri Paesi è riconducibile prevalentemente a due aspetti: il contributo da parte della American Society of Mechanical Engineers favorì la diffusione delle conoscenze in ambito meccanico, e avviò un progetto di ricerca per unificare le parti componenti delle automobili e la standardizzazione dei processi produttivi; inoltre, fu importante l’iniziativa promossa dalla Association of Licensed Automobile Manufacturers, la quale stabilì la libera circolazione delle innovazioni tecniche prodotte da ciascuna casa automobilistica in favore delle altre, permettendo così una rapida diffusione della tecnologia alle altre imprese automobilistiche. Questo livello di diffusione di competenze permetterà di far giungere anche in Europa tutte le applicazioni tecnologiche in ambito industriale.

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9.2 – I modelli Fiat prodotti fino alla seconda guerra mondiale

La gamma proposta dalla casa torinese, sul finire degli anni Venti, era coronata da una gamma di vetture di segmento medio e alto.

L’esigenza di Fiat di standardizzare la produzione viene messa in risalto con la costruzione del Lingotto, ma ancor di più alla fine degli anni Venti, quando la crisi del 1929 portò instabilità nei mercati. Sarà proprio questa crisi che bloccherà nel nascere l’esordio di una grossa vettura a otto cilindri, sostituita dalla «525», berlina sei cilindri carrozzata in diversi allestimenti e versioni, tra cui la “S” (versione sportiva), “N” (dal passo accorciato) e “SS” (versione supercompressa da 88,5 cavalli). Successivamente venne presentata la «514», utilitaria sostituta della «509»: la sua cilindrata di soli 1,5 litri e le vendite di 36.970 esemplari, getteranno le basi tecnico-commerciali per la sua erede che nascerà nel 1932. Nasce quasi in contemporanea la «515», vettura che impiega lo stesso motore della «514» ma telaio della più grossa «522», quest’ultima equipaggiata con motore di 2,5 litri a sei cilindri. In totale saranno prodotte, rispettivamente, 3.405 e 6.000 esemplari. Da segnalare che nel 1931 viene messa in produzione la «524», prima vettura che adotta lo stemma a sviluppo rettangolare, prodotta in quasi 2.300 unità.

La vera svolta si ebbe nel 1932, con il debutto della nuova utilitaria torinese, che ancor oggi rappresenta un emblema per i collezionisti di auto storiche, la Fiat «508» (resa celebre con il nome « Balilla)»: presentata al Salone dell’Automobile di Milano nella primavera dello stesso anno, la piccola vettura a tre marce monta un motore di soli 995 cmᵌ, in grado di erogare 20 cavalli, la cui struttura telaistica e i ridotti costi di manutenzione, associati al basso prezzo di vendita (a listino pari a 10.800 lire) la renderà il prototipo di vettura più popolare prodotta dalla nascita dell’azienda. Offerta nelle versioni “Berlina due porte”, “Torpedo” e “Spider”, nel giro di due anni verrà prodotta in 41.395 unità. La Balilla verrà allestita da vari carrozzieri, tra cui Ghia, che presenterà la grintosa versione “Sport Spider”, oltre ad una versione militarizzata. Al successo della Balilla seguirà la presentazione della «Ardita» (o «518)», sua sorella maggiore, e prima vettura a presentare sull’anteriore una grigliatura esterna al radiatore, con funzione di spartivento e di efficienza aerodinamica. Sarà prodotta in 7.452 unità (per la quattro cilindri), più un altro migliaio per la «Ardita» a sei cilindri. Dopo il restyling della Balilla, nel frattempo dotata di cambio a quattro rapporti, e prodotta in oltre 71.000 unità, e il lancio della «1500» (vettura dal design aerodinamico, progettata in un tunnel percorso dal vento), nel 1936 nasce un classico dell’automobilismo degli anni Trenta e Quaranta, che grazie al suo simpatico appellativo la renderà famosa in tutto il mondo, la Fiat «500», meglio nota come «Topolino». Venduta a meno di 10.000 lire, questa piccola vettura dalla cilindrata di soli 569 cmᵌ eredita dalla «1500» gli studi compiuti sulla carrozzeria, e presenta una linea che stacca nettamente con le altre sorelle. Complice il passo inizialmente molto corto, il piccolo motore e i bassi costi di gestione, getta le basi per la produzione di massa, conquistando una folta cerchia di acquirenti, fino ad allora non in grado di acquistare un’automobile. Dal 1936 al 1948 la vettura verrà prodotta in oltre 122.000 unità.

A tre anni dal debutto della Topolino, la Fiat propone al pubblico la nuova Fiat «1100»: battezzata da subito “Musone” per l’imponente cofano impreziosito dalla grande calandra cromata che corre lungo tutta la sua lunghezza, viene proposta con cilindrata di millecento cmᵌ, e prodotta fino al 1948 in 74.000 unità.

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La produzione di nuove vetture viene congelata durante il secondo conflitto mondiale, durante il quale perdura la produzione, seppur limitata, delle recentissime piccole vetture Fiat, che piacciono molto al pubblico per i bassi consumi, la loro versatilità e la solidità strutturale.

Dopo la guerra, verrà rivista la gamma Topolino, aggiungendo la versione “Giardiniera Belvedere” adatta al trasporto promiscuo (stilisticamente derivata dalle “woodies” americane, presentava una carrozzeria station wagon con i fianchi rivestiti da pannelli di legno) e la versione «500 C», che riprende gli schemi della sorella più vecchia, ma si rinnova nel frontale (modernizzato e arrotondato) nel motore (viene montata la testata in alluminio) e il sistema di disappannamento del parabrezza per la prima volta montato di serie su una Fiat. Alla berlina viene poi associata la versione “Giardiniera”, con fiancate miste in lamiera e legno. La sola «500 C» sarà prodotta in 376.370 unità. Verrà rivista la gamma «1100», con l’introduzione della versione “E”, dotata di cambio al volante con seconda marcia sincronizzata; stesso trattamento per la «1500 E», rivista soprattutto nella coda, ultima sei cilindri degli anni Quaranta: per una nuova produzione bisognerà attendere dieci anni. 46.000 le unità prodotte di questo modello.

9.3 – Il rilancio dell’azienda degli anni Cinquanta

Con l’inizio degli anni Cinquanta, la Fiat debutta al Salone di Ginevra del 1950 con una bella berlina del segmento medio, la Fiat «1400»: equipaggiata da un motore di tal cilindrata, sviluppava 44 cavalli, ed è la prima vettura nuova della Fiat dal dopoguerra. La linea, nuova e molto personale, è caratterizzata da un’ampia finestratura, forme tonde e armoniche, parabrezza curvo, frontale pulito e coda semplice ed elegante. È la prima vettura prodotta in serie, con struttura autoportante e con impianto di aerazione e riscaldamento; verrà prodotta in 77 mila unità. Sulla base del successo della versione in legno, viene lanciata nel 1952 la «500 Belvedere», stessa versione della precedente ma con fiancate bicolore totalmente in lamiera, tetto apribile: queste Topolino vengono particolarmente apprezzate dal pubblico, per i quattro posti a sedere veri, la coda verticale con portellone e la loro adattabilità e versatilità, tanto che verranno prodotte in 519.646 unità dal 1936 al 1955.

Fiat Topolino in fase di montaggio presso Mirafiori; telaio della Topolino – Fonte: Centro Storico Fiat

Fiat 525 SS in esposizione; alcuni operai all’opera mentre assemblano una 1100 “Musone” presso il Lingotto; Fiat 1500 in esposizione – Fonte: Centro Storico Fiat

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A cavallo del 1951-1952, la Fiat sposta la sua attenzione su un veicolo civile di derivazione militare, la «Campagnola»: ancor oggi la si può intravedere in uso, a testimonianza della sua innata solidità e robustezza, questo mezzo a quattro ruote motrici entra in scena durante l’attraversamento dell’Africa Città del Capo-Alghero, completando l’avventura in 11 giorni, 4 ore e 54 minuti, stabilendo così un record mondiale. Equipaggiata con motore benzina di 1,9 litri e 53 cavalli, verrà successivamente dotata di propulsore diesel, e il prezzo di listino è di 1.792.000 lire. La sua derivazione è la «A.R. 51» (autovettura da ricognizione del 1951). Discostandosi ulteriormente dalle versioni “civili”, la Fiat corre durante la VI Stella Alpina, la 12 Ore di Pescara e la Coppa Monza con la Fiat «8 V»: vettura sportiva, dal baricentro basso e ruote posteriori carenate, carrozzeria in materiale plastico dalle linee sinuose, due posti secchi, frontale con mascherina a feritoie verticali e fendinebbia, presa d’aria sul cofano per raffreddate l’imponente otto cilindri a V di 70°, sospensioni a ruote indipendenti.

Sulla base della «1400» nasce il progetto della «1900»: berlina di classe superiore, viene dotata di giunto idraulico fra motore e frizione, cambio a 5 rapporti e motore derivato dalla «Campagnola»; la vettura viene impiegata, nella versione Torpedo, anche dalla Polizia italiana, e viene prodotta in circa 10 mila esemplari. Nel 1953 viene lanciata un’altra vettura che diventerà il simbolo della Fiat degli anni Cinquanta, la «Nuova 1100 103»: sempre con struttura autoportante, porte anteriori controvento, carrozzeria dalle dimensioni contenute (3,77x1,46 m) e motore da 36 cavalli saranno proposte in duplice allestimento – Tipo A, più spartano, e il Tipo B più lussuoso e ricercato, e anche più apprezzato – e la vettura verrà prodotta in oltre 250.000 unità fino al 1956 (incluse le versioni «Familiare», introdotte nel 1954). La piccola vettura torinese si presta anche ad alcune variazioni tecnico-stilistiche, e ci si riferisce in particolare alla versione «1100 103 TV»: la sigla sta per “Turismo Veloce”, e vuole mettere in risalto la vocazione sportiva del modello, potenziato nel motore con l’aggiunta di 14 cavalli, colorazione bicolore e particolarissimo ed inconfondibile il grande fendinebbia anteriore posto al centro della calandra (caratteristica che verrà impiegata successivamente nelle «1400 B», «1900 B» e nella «1100 103 E»). Di questa ne verranno prodotte, in piccola serie, anche delle particolarissime versioni “Trasformabile”. Sicuramente di orientamento opposto è la «1400 Diesel», prima vettura italiana di serie e d’uso civile a montare il motore a gasolio, propulsore economo e robusto, mentre si presentano aggiornamenti alla gamma «1400», «1900» e «Campagnola» (quest’ultima potenziata).

Nel 1955 fa la comparsa in scena la Fiat «600»: prima utilitaria prodotta in grande serie dall’azienda, sarà presentata nelle versioni “Berlina”, “Berlina tetto apribile”, e un’inedita versione che stravolgerà il pubblico

Fiat 8V in esposizione; particolare della modifica alla pompa dell’olio; gamma Fiat 1100 – Fonte: Centro Storico Fiat e rivista “La Manovella”

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del Salone di Ginevra, la «Multipla»; quest’ultima la si può considerare a tutti gli effetti prima monovolume della storia, grazie alla sua forma estremamente particolare, con il muso piatto e la coda derivata dalla berlina, è straordinario pensare come in 3,53 metri di lunghezza potesse ospitare sei persone su tre file di sedili più bagagli, in grado di toccare i 90 km/h spinta dal piccolo motore, che la vedrà impiegata in maniera molto diffusa come vettura taxi. Grazie a questo nuovo lancio la produzione della Fiat poté decollare, toccando 950.000 unità prodotte e superando le mille prodotte in un solo giorno.

Sull’ondata di successi prodotti dalla «600» lo staff della Fiat lavora sodo per spingersi ancora più in là con l’innovazione, progettando un’auto per tutti, in grado di accogliere quattro persone in uno spazio contenuto al massimo: nacque così la «Nuova 500». Il piccolo motore bicilindrico raffreddato ad aria posizionato al retrotreno permetteva l’accesso a quattro passeggeri, mentre sotto al cofano anteriore era posizionata la ruota di scorta e il serbatoio, il tutto su una scocca lunga appena 2,97 metri pesante appena 470 chilogrammi. Come già trattato in precedenza, l’inerzia iniziale da parte dei mercati fece propendere i tecnici per un potenziamento del motore e un miglioramento della dotazione, così venne offerta in duplice allestimento: “Economica” e “Normale” (di gran lunga preferito dagli acquirenti, anche se rincarata di 25.000 lire). La produzione toccò 181.036 unità fino al 1960. Anche nel segmento medio viene rivista la «1100 103», con la versione “D”, perfezionata nei freni e potenziata nel motore, viene venduta in 150.000 pezzi; poi la Fiat presenta la «1200», destinata a sostituire la «TV», è una berlina medio-piccola proposta anche nella sfiziosa versione spider, venduta in 400.000 pezzi. Interessante la versione “Granluce” trasformabile, filante e in grado di toccare i 140 km/h. Sempre restando nell’ambito sportivo la Fiat decide di potenziare la piccola 500, proponendo la versione “Sport”: verniciatura bicolore, tetto rigido, cilindrata aumentata, sono ottime carte in regola per trasmettere l’impressione di sportività che la vettura non sdegna di mostrare, e che la spingono a oltre i 105 km/h.

Sul finire degli anni Cinquanta vengono riaggiornate le «1100 103», ora rinominate “H”, percorse lungo la linea di cintura da una fascia di colore diverso, frontale stilizzato e posteriore a “coda di rondine”. I paraurti inglobano dei rostri di gomma per le piccole toccate da parcheggio e il motore arriva a 50 cavalli. Di questa versione “Lusso” saranno prodotte 225.000 unità fino al 1960. La chiusura del decennio si ha con il ritorno della Fiat sulle grosse berline a sei cilindri, e lo fa in grande stile, lanciando nel 1959 la «1800» e la «2100». Imponenti ed eleganti, le berline sono meccanicamente molto raffinate, grazie alla predisposizione delle valvole in testa inclinate trasversalmente tra loro, il cambio sincronizzato, l’adozione di barre di torsione all’avantreno per assicurare l’ottima guidabilità e tenuta di strada (prime vetture Fiat equipaggiate con questo tipo di ritrovato), e surpressore nell’impianto frenante per incrementarne l’efficienza. I cinque passeggeri venivano ospitati in un abitacolo ampio, lussuoso e silenzioso, mentre per chi aveva maggiori esigenze di carico vennero proposte anche le versioni “Familiare”. 30.000 sono le unità prodotte, offerte a un prezzo appena al di sotto dei 2 milioni di lire.

La gamma Fiat si completa con queste ammiraglie, e presenta una varietà di modelli adatti a qualsiasi esigenza, dalla piccola utilitaria economica, alla berlina di famiglia, all’auto da rappresentanza, senza trascurare qualche variazione di carattere sportivo o ricercato (versioni potenziate, sport e convertibili)57. 9.4 – Interazione fra scelte produttive, tecnologie interne e impatto fiscale

La produzione Fiat, come approfondito in precedenza, spaziava da vetture di piccola cilindrata fino a vetture particolari, prestazionali, e costose. In relazione ai mercati si concentravano prodotti il più possibile in linea con le richieste del pubblico, in ragione della loro disponibilità a pagare e ai costi di manutenzione;

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a titolo di esempio, in Italia la tendenza era quella di concentrare la produzione e la commercializzazione di vetture di cilindrata medio-piccola in virtù dell’elevata incidenza della tassa di proprietà, mentre negli Stati Uniti e in Australia si destinavano vetture di gamma superiore, dove l’incidenza fiscale era più contenuta o addirittura nulla (si veda la Figura 9.1).

Figura 9.1: tassa di circolazione

Fonte: Aci

E’ necessario, però, fare una precisazione: dal momento che la varietà di modelli era assai ampia, la struttura produttiva non era mirata alla standardizzazione produttiva; al contrario, la Ford seguiva una politica di segno opposto, ossia standardizzava al massimo il prodotto per sfruttare appieno le economie di scala. Il focus era incentrato fortemente sulla produttività del processo di fabbricazione, mentre in Fiat si attribuiva la priorità alle prestazioni del prodotto. La politica di Fiat, suo malgrado, non permetteva di rilevare gap particolarmente elevati tra il costo di una vettura entry-level ed una vettura di gamma superiore, proprio per il ridotto livello di standardizzazione e la mancanza di elevati quantitativi di prodotto, dunque la difficoltà a realizzare economie di scala non permetteva un sensibile contenimento di costi nelle vetture di fascia bassa.

Le scelte in materia produttiva sono state condizionate anche dall’andamento dei prezzi del carburante, che hanno influenzato la politica commerciale del management sui modelli già in produzione e su quelli da presentare sul mercato. La crescita economica del secondo dopoguerra è riscontrabile anche nell’analisi dei modelli presentata poc’anzi: è interessante notare come sia cambiata l’auto nel corso del trentennio analizzato, a partire dalle caratteristiche tecniche, strutturali, dalle innovazioni meccaniche e stilistiche, alle varie diversificazioni di gamma, per soddisfare bisogni e richieste del grande pubblico sempre più variegate, ma prima di tutto si rifletta sul simbolo, l’automobile. Si delinea a caratteri marcati come questo sia il periodo di transizione dal mezzo di trasporto per una determina fascia di persone all’allargamento e diffusione sempre più decisa ad una cerchia quasi totalmente allargata di acquirenti; l’automobile diventa la sostituta per eccellenza di tutti quei mezzi che, fino a quel momento, avevano servito la locomozione delle persone e delle merci. Il mezzo per gli spostamenti diventa l’automobile, ma anche per il trasporto delle merci, e ottimale sarà il suo impiego nell’ambito militare. Tutto questo delinea un’epoca di evoluzioni e di innovazioni che trasformerà non solo il settore, ma influenzerà pesantemente gli stili di vita delle persone, gli usi, le mode, richiederà l’aggiornamento e il perfezionamento delle reti stradali, delle città e delle industrie (si pensi a quante officine o stazioni di servizio sono nate in corrispondenza del boom di vendite di automobili).

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Ritornando alla Fiat, l’epoca post-bellica si identifica come una fase prudenziale, durante la quale si nota la volontà di Valletta di voler prima capire se il mercato domestico fosse in grado di reggere una spinta all’offerta di vetture, prima di addentrarsi nella produzione di massa vera e propria. Anche perché, soprattutto da parte del governo, non vi era alcun tipo di proposta ed iniziativa per incentivare tale espansione, tanto che la pressione fiscale era particolarmente elevata, sia in fatto di tasse di circolazione, sia di accise sui carburanti. A tal proposito, si rammenta che il prezzo della benzina era il più alto d’Europa, e la sua composizione era pari al 72,80% d’incidenza fiscale alla fine degli anni ‘50. Sarà proprio sulla base di questi fattori che verrà poi presa la decisione di rilanciare il marchio progettando vetture di bassa cilindrata e sensibilmente parche di consumi di carburante. Questo si riscontra se si analizza la Figura 9.2, dove si può notare che in Italia le autovetture inferiori ai 1.000 cmᵌ sono circa l’82% nel 1953, per poi passare a quasi il 90% nel 1958, ad ulteriore conferma del successo commerciale delle piccole utilitarie Fiat presentate negli ultimi anni. Si può dunque affermare con certezza che la presenza di una tassazione ferrea ha alterato ed influito in maniera più o meno consistente nelle scelte prese dal management Fiat, e comunque in maniera più marcata rispetto a quanto possa aver influito in Paesi dove la componente fiscale fosse meno austera. A questo proposito, tra le vetture Fiat di media-grossa cilindrata, una buona parte di esse sono state vendute prevalentemente all’estero, mentre nel mercato domestico hanno spopolato le vetture fino al mille di cilindrata. Con i mercati esteri, infatti, vengono allacciati numerosi rapporti commerciali, stipulando contratti eterogenei: dalla cooperazione tramite società affiliate a società controllate al 100%, joint venture, nonché accordi per la cessione di licenze di produzione. I rapporti commerciali instaurati dal 1949 ai primi anni Sessanta sono riassunti nella Figura 9.3.

Il grado di penetrazione dell’azienda nei mercati esteri, proprio per il fatto di essersi concentrata, nel periodo storico di riferimento, nella produzione di autovetture di media-piccola cilindrata, si era notevolmente ridotto; se da un lato la diffusione di automobili torinesi si era spinta anche oltre i confini nazionali, non oltrepassava quelli europei, e questo era considerato un segnale di debolezza che andava a discapito dello sviluppo del marchio. Il processo di internazionalizzazione andava rivisto e potenziato, e sarà