• Non ci sono risultati.

ORGANIZZAZIONE INTERNA 13.1 – Riflessi sull’organizzazione produttiva

Incidenza delle vetture Fiat ed estere sul totale nazionale

CAPITOLO 13: ORGANIZZAZIONE INTERNA 13.1 – Riflessi sull’organizzazione produttiva

A partire dagli anni Sessanta la Fiat subisce uno stravolgimento del suo assetto, sia produttivo, sia organizzativo. La tendenza latente è quella della riorganizzazione verso una produzione di massa, che richiede dal punto di vista organizzativo una ridefinizione generale delle mansioni, nonché una revisione dell’apparato produttivo aziendale. Questo inevitabilmente innesca un mutamento nella stessa classe operaia, sia dal punto sociologico che politico, nonché appunto organizzativo. Si analizzerà in seguito come la composizione interna degli operai abbia subito ingenti alterazioni con l’ingresso di nuovi dipendenti, privi di declinazioni politiche, esenti da pregresse situazioni in cui si fosse reso necessario difendere la propria posizione e rivendicare i propri diritti.

Tutto questo trova origine con la necessità sempre più pressante di innalzare i volumi produttivi: soluzioni meccanizzate e ritmi di lavoro sempre più insostenibili finiscono con il provocare uno stress sulla classe operaia, mentre si nota sempre di più una tendenza all’accentramento e alla centralizzazione verso il vertice. Sia i capi che gli operatori passano da tecnici a semplici lavoratori, incaricati solo di eseguire le direttive a essi impartite. Nel tempo tutte le caratteristiche fino a poco prima rilevanti per poter operare una differenziazione a livello di classe lavoratrice – preparazione, esperienza, abilità e professionalità – diventano caratteristiche via via sempre meno importanti e tantomeno richieste ai fini dell’assunzione e dell’inquadramento. Si assiste, per contro, all’assunzione sempre più vigorosa di dipendenti privi di esperienza, e questi soggetti diventeranno i più diffusi nello scenario operaio Fiat del decennio. Si distrugge la composizione eterogenea creatasi in precedenza: dalla filiera organizzata per capi – i quali dovevano gestire operai specializzati e manovali – si passa alla creazione di squadre omogenee, alle quali vengono impartite delle mansioni semplici e ripetitive organizzate in linea. Così riorganizzando la produzione si scardinano anche i principi sindacali instauratisi in precedenza, e i legami tra sindacato e operai si rompono, dal momento che risulta sempre più difficile ritrovare operai qualificati con i quali intraprendere lotte e scioperi, pertanto fino alla fine del decennio non si avrà una coesione compatta all’interno degli stabilimenti. Tuttavia, una volta indetti scioperi da parte del sindacato, si nota una mutazione nello svolgimento delle rivolte: lo sciopero tende progressivamente a essere deciso dagli operai, le cui rivendicazioni nascono dalle assemblee del reparto. Nel 1969 vengono riviste ulteriormente le mansioni e parcellizzate, alimentando ancor di più la tensione nelle squadre, e si assisterà sempre più spesso alla fermata dei vari reparti: non appena si blocca un reparto, inevitabilmente si bloccano anche i successivi, creando così a poco a poco una sorta di comunicazione tra le varie squadre, che nel tempo diventeranno sempre più coese e verranno addirittura divulgati volantini e materiale di propaganda a scopo repressivo. L’azienda riuscirà a riprendere il controllo, dopo molti sforzi, solo grazie alla sospensione in massa dal lavoro per tutti gli operai, che restano inattivi per mancanza di pezzi. Molte altre vicende caratterizzano la

170

storia della Fiat, tuttavia è proprio durante questo periodo che si ha la massima alterazione interna in fatto di organizzazione e strutturazione del lavoro.

Dal momento che, come analizzato nella sezione relativa alla produzione, il volume produttivo nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta si è sviluppato moltissimo, si riscontra come questo sia avvenuto gradualmente; la tecnica evolutiva ha previsto l’introduzione di macchine finalizzate alla massima parcellizzazione delle mansioni, scomponendo ai minimi termini ciascuna fase produttiva, e richiedendo l’esigenza di una forza-lavoro dequalificata, senza esperienza. Viene sviluppata nel periodo fra il 1955 e il 1968 un’organizzazione aziendale basata sulla massima integrazione del flusso produttivo, con quasi assenza di accumuli e di polmoni. Vengono, pertanto, stoccati solo semilavorati in movimento sui convogliatori. Questo sistema è stato avviato inizialmente presso Mirafiori.

Una successiva ristrutturazione si ha con l’ingresso nel mercato della Fiat «850»: viene predisposta una nuova linea di montaggio attrezzata con strumenti automatizzati, rendendo l’intero ciclo più dinamico ed efficiente, predisponendo un controllo finale e intermedio automatici. Vengono poco dopo allungate le linee delle altre vetture, per permettere alle lavorazioni sovrapposte di avere più spazio di lavoro. Vengono inoltre introdotti i calcolatori, passo che segna come l’azienda stia puntando a incrementare il livello di controllo interno e il rispetto delle tolleranze in termini di qualità del prodotto. Inoltre, grazie a questo strumento, è possibile programmare giornalmente la produzione, non solo dal punto di vista dei quantitativi, ma anche a livello di allestimento ed accessori ordinati dalle filiali per ciascuna autovettura – la Fiat non produceva direttamente per il mercato, ma bensì ciascun modello prodotto era già stato preventivamente venduto grazie alla complessa rete di filiali di vendita che svolgevano un ruolo di mediazione tra acquirenti e produttore – e grazie all’impiego di questa nuova tecnologia si ottiene la massima integrazione e concentrazione dell’intera filiera produttiva, un ottimo controllo delle scorte, delle componenti arrivate in azienda già semilavorate o pronte per il montaggio, e tutto ciò in funzione della massima pianificazione aziendale.

La ristrutturazione produttiva ha interessato, appunto, gli stabilimenti di Mirafiori e il Lingotto, mentre lo stabilimento di Rivalta venne concepito principalmente per le lavorazioni meccaniche, e poi adibito al montaggio, ma il suo layout a padiglioni indipendenti divenne ben presto quasi un doppione di Mirafiori, sebbene avesse una capacità produttiva inferiore (1500 vetture al giorno) e minore forza-lavoro impiegata (15 mila operai contro i 50 mila di Mirafiori). Per certi versi, la localizzazione dello stabilimento di Rivalta risulterà un flop per il fatto che una concentrazione già abbondante di lavoratori era insediata nell’area, e probabilmente sarebbe stato decisamente più tattico costruire lo stabilimento in un’altra zona85.

13.2 – Analisi del ciclo produttivo di costruzione dell’auto

L’analisi del ciclo di produzione dell’auto è opportuno svolgerla prendendo come riferimento lo stabilimento principale dell’azienda all’epoca, quello di Mirafiori, anche se risulta essere il prototipo degli altri stabilimenti.

Il ciclo interno è verticalizzato, e produce al suo interno motori e scocche. Molte delle sub-lavorazioni, in precedenza svolte all’interno dello stabilimento, sono state esternalizzate verso stabilimenti più piccoli, principalmente insediati al sud Italia; altre, invece, sono state conferite direttamente ad appaltatori. Il ciclo di lavorazione viene rappresentato schematicamente nella Figura 13.1.

171

1. La fase di stampaggio si occupa della costruzione degli stampi, da cui ottenere il pezzo madre necessario per attrezzare le presse per ottenere gli imbutiti. Lo stampo viene realizzato inizialmente in legno a misura reale del pezzo finale, successivamente vengono impiegati dei polimeri ad alto contenuto di resina. Il calco viene, infine, riportato su una lastra di acciaio e rifinito in varie sequenze fino all’ottenimento del particolare perfetto in ogni parte. Alla fine, ciascuno stampo viene stoccato in magazzino. Vi sono diverse presse con varie portate, a seconda della dimensione del pezzo da ottenere. Non appena lo stampo è richiesto per l’attrezzaggio delle presse viene prelevato dal magazzino e spedito tramite convogliatori al reparto stampaggio – dove oltre alla costruzione degli stampi avviene lo stampaggio dei pezzi – e una volta realizzati i pezzi vengono trainati al reparto lastroferratura sempre tramite i convogliatori, dove grazie a procedure di saldatura vengono assemblati.

2. La lavorazione e montaggio gruppi meccanici si occupa di creare tutte le componenti che andranno poi montate sulla vettura. Il trasporto dei pezzi avviene grazie ai transfert, mentre il montaggio di piccole parti e minuterie avviene attraverso impianti semiautomatici. Il montaggio dei motori avviene su sei linee continue sospese in un percorso a U, e una volta ultimati vengono testati in sala prova; superato il collaudo vengono aggiunti gli ultimi componenti e trasferiti in un polmone aereo (spazio riservato allo stoccaggio di componenti, e molto spesso è il convogliatore, che percorre diverse curve ad S).

3. La carrozzatura prevede la saldatura dei vari imbutiti attraverso puntatrici, in parte anche automatizzata. Vengono assemblate le varie componenti alla scocca su transfert, e poi viene aggiunto il mascherone; segue poi il completamento manuale con saldatrici pensili prima del controllo e montaggio portiere e cofani. Una volta ultimate, le scocche passano in verniciatura, dove seguono nell’ordine la fase di bonderizzazione, elettroforesi, antirombo, smaltatura e verniciatura, prima di essere nuovamente inviate in carrozzatura in attesa del completamento secondo le cadenze temporali stabilite dal calcolatore elettronico. Nella fase di sellatura vengono aggiunti i rivestimenti delle portiere, tappezzeria e sedili, vetri, guarnizioni, e si prepara il cablaggio, il tutto effettuato su apposite giostre e macchine singole. Il convogliatore, poi le trasferisce in carrozzatura per l’assemblaggio della scocca ai componenti meccanici, prima della fase di finissaggio, dove il veicolo viene sganciato dalla catena, collaudato, registrati i proiettori, controllati gli allineamenti e a campione le vetture vengono testate in pista86.

172

Figura 13.1: ciclo di lavorazione dell’auto

Fonte: A. Imazio, C. Costa, L’organizzazione del lavoro alla Fiat

Il processo produttivo è integrato verticalmente, ciò significa che il ciclo produttivo parte dalla materia prima e arriva a completamento del prodotto, pronto per la distribuzione. L’intero processo è stato appositamente studiato per non avere tempi morti tra le fasi, azzerare il magazzinaggio grazie all’impiego dei convogliatori aerei e dei polmoni, e sono state sincronizzate le fasi per non creare colli di bottiglia e ridurre al minimo i work in progress. L’introduzione della tecnologia elettronica ha permesso, dunque, di riorganizzare l’intera struttura operativa, grazie ai vari dispositivi di sincronizzazione e monitoraggio collegati ad un calcolatore centrale. Così facendo, a ciascuna vettura viene preventivamente assegnato l’allestimento e l’accessorio, e anche la destinazione. La vendita attraverso filiali e società affiliate (per la commercializzazione all’estero) dovrebbe garantire che nessuna auto resti invenduta, grazie alla perfetta interazione con la Direzione programmi e assegnazioni, la quale mensilmente prepara un programma di produzione e assegnazione del prodotto. Va fatta una precisazione: mentre per le vetture ordinate dall’estero viene specificato anche il singolo accessorio e la più piccola richiesta da parte dell’acquirente, per il mercato interno non è possibile assegnare a ciascuna vettura ogni singolo particolare, ma viene richiesto mensilmente un certo quantitativo di vetture ordinate per modello, colore e accessori, quindi la produzione giornaliera viene impostata arbitrariamente. Al termine del collaudo, se per le vetture estere la spedizione risulta già assegnata sulla base dell’ordine, quelle per il mercato interno devono essere distribuite seguendo certi criteri. Entrano in gioco a tal proposito la Direzione programmi e assegnazioni, che si occupa di preparare preventivamente il piano di produzione e svolge una funzione di monitoraggio e controllo; gli stabilimenti forniscono un prospetto relativo alle vendite, per capire quale allestimento viene

173

maggiormente preferito; il servizio consegne e fatturazione si occupa di gestire il trasporto delle vetture sulla base dei dati ricevuti, e consegna il tutto all’ufficio spedizioni (che funge anche da organismo di monitoraggio delle vetture in uscita) che, attraverso l’officina spedizioni, assicura che ciascuna vettura raggiunga la filiale di assegnazione.

Le fasi principali dell’intero ciclo possono essere scomposte in cinque funzioni:

1. Caricamento del programma assegnato: le richieste delle vetture destinate all’estero sono elaborate sulla base di conferme d’ordine, raggruppate nel dispack degli allestimenti. Quelle relative al mercato interno contengono solo indicazioni quantitative differenziate per colore, modello, allestimento, e raccolte nel dispack Italia.

2. La produzione: associa ad ogni sezione dello stabilimento, sulla base delle informazioni contenute nei dispack, il tipo di lavorazione da effettuare; ad ogni scocca si associano i vari componenti che verranno montati seguendo l’ordine impartito dal calcolatore. A ciascuna scocca viene assegnato un cartellino, la scheda specifiche e la scheda telaio, prima di subire le varie lavorazioni. Non appena essa parte dal polmone vengono registrate le varie lavorazioni. Anche il motore ha una propria scheda apposita, che aggiunta agli altri tre documenti vengono collocati nel portadocumenti della vettura, e ritirate solo a collaudo terminato.

3. L’assegnazione: è la fase che s’interpone tra la fine del collaudo e l’arrivo della vettura nel piazzale per la spedizione, calcolata in circa 20 minuti. Grazie alle schede ritirate dal collaudo si elaborano le informazioni tramite il calcolatore per stabilire l’ordine di smistamento, cercando di assolvere gli ordini urgenti. Vengono preparati, infine, l’ordine di consegna e la scheda di spedizione.

4. La spedizione: si occupa di stabilire l’ordine in cui devono essere caricate sulla bisarca le vetture, e attraverso la scheda di spedizione si redige un apposito documento di trasporto.

5. La fatturazione: consequenzialmente alla preparazione della bolla di trasporto viene redatta la fatturazione e successivamente stampata periodicamente87.

13.3 – Innovazioni avvenute nei processi

Il settore automobilistico negli anni è stato oggetto di continua revisione, e in esso sono subentrate diverse tecnologie che hanno permesso la raffinazione e il perfezionamento delle fasi di produzione, per cercare di contenere il più possibile i tempi morti e incrementare i volumi produttivi.

Importante è stato l’introduzione dei transfert, che ha permesso di velocizzare il flusso dei materiali all’interno degli stabilimenti, nelle piccole lavorazioni sono stati impiegati nuovi utensili a controllo numerico, utili per cicli di lavoro lunghi e differenziati tra loro. Sono state introdotte anche le macchine a elettroerosione: data la loro elevata specificità, garantiscono lavorazioni con margini d’imperfezione prossimi allo zero, ma poco flessibili per la produzione in grande serie. Tuttavia, l’elettronica tende a diffondersi sempre più velocemente nelle varie fasi del processo produttivo, e si tratta di una continua ricerca da parte dei tecnici di trovare una serie di soluzioni per mantenere sempre sotto controllo le varie lavorazioni, ma anche si cerca sempre più di automatizzare alcune fasi per garantire all’azienda la possibilità di produrre anche in caso di sciopero del personale (si ricordi che molte invenzioni sono state impiegate in concomitanza degli scioperi interni). A tal proposito sono stati suddivisi i vari processi su vari livelli di controllo.

174

1. Il controllo sulla produzione: si sono susseguiti vari steps nel corso del tempo, e l’operaio è passato da un controllo a campione dei pezzi previa lettura manuale dei dati, prima con attrezzi manuali e poi con attrezzi elettropneumatici, al controllo totalmente automatizzato di tutti i pezzi, verificandone anche la qualità. Questo denota un’attenzione sempre più stretta per la qualità, oltre che ovviamente per la quantità, dei prodotti realizzati. La campionatura delle analisi permette di realizzare un indice in grado di monitorare la qualità delle lavorazioni; tuttavia, la massima evoluzione del sistema è la verifica di ciascun componente. I principali tipi di controllo eseguiti in maniera automatica sono il controllo della forma e delle dimensioni del pezzo, nonché il controllo dinamico dello stesso per accertarne la perfetta funzionalità. A tal proposito sono stati introdotti meccanismi per il controllo dei cilindri, nonché per il controllo dei dischi dei freni, con un sistema di scarto automatico dei pezzi difettosi. A livello funzionale si pensi ai banchi prova di cambi (dove si rileva il corretto inserimento dei rapporti, la rumorosità e l’assenza di spugnosità al cambio) e dispositivi di controllo della tolleranza degli alberi motore, testate, tenuta circuito fluidi. Queste apparecchiature, in parte idrauliche e in parte pneumatiche, consentono di valicare le tipologie di controllo convenzionali, e limitare al massimo eventuali danni ai componenti meccanici.

2. Il controllo del ciclo di lavoro dei macchinari: le varie apparecchiature innestate nel processo produttivo, che rientrano nella categoria dei beni strumentali, sono caratterizzate da componenti meccanici e componenti elettronici. Questo binomio necessita di controllo, verifica e manutenzione onde evitare l’interruzione del ciclo produttivo. Nel corso degli anni sono state sostituite le apparecchiature a relé elettromeccanici con sistemi più moderni e concepiti per il risparmio di spazio e per garantire maggiore affidabilità, oltre che essere stati studiati appositamente nel campo per poter durare a lungo. Il risultato che ne consegue è che il controllo ha trovato applicazione in una estesa rete di apparecchiature, da quelle necessarie per la costruzione e assemblaggio dei propulsori a quelle per il trattamento delle componenti più piccole. Sono state introdotte diverse applicazioni modulari esclusive Fiat per la gestione dei dati, che garantiscono elevatissimi standard di qualità ed affidabilità, e grazie all’utilizzo di materiali speciali risultano immuni a sbalzi termici e variazioni nei livelli di umidità. Le componenti modulari rappresentano un vantaggio nell’impiego aziendale, dal momento che si adattano alla velocità delle operazioni, e a molteplici lavorazioni. 3. Il controllo delle linee transfert: grazie all’impiego del calcolatore le transfert sono stati via via

sviluppati in linee sempre più lunghe e complesse. Grazie all’elaboratore, quest’ultimo non interviene direttamente nel controllo del ciclo di lavoro, ma si limita alla raccolta di dati, permettendo di mantenere sotto controllo lo svolgimento delle fasi e segnalare eventuali guasti nella linea. Inoltre è possibile programmare le varie sequenze secondo un ordine diverso da quello preimpostato, nel caso di fermate straordinarie di alcune lavorazioni88. Questa tecnologia permette

di innalzare l’utilizzazione effettiva della transfert (che si attesta al 60%) fino all’80%. L’impiego dell’elettronica ha fatto sì che operazioni come il trattamento termico, il montaggio e centraggio dei cuscinetti, il lavaggio nonché varie fasi di montaggio si potessero realizzare attraverso procedure automatizzate, così da riorganizzare la produzione non più in particolari singoli ma in gruppi o sottogruppi attigui alla catena di montaggio. Il lavoro umano viene progressivamente sostituito dal lavoro delle macchine, mentre l’operatore deve limitarsi a verificare che le procedure vengano correttamente svolte, senza rallentamenti e intoppi, e svolgere mansioni altamente specializzate che le macchine non sono ancora in grado di svolgere.

175

La tendenza più recente, dunque, si è mossa in direzione dell’inserimento sempre più accentuato di sistemi d’automazione nel processo produttivo. Il ruolo dei robot, dunque, diventa sempre più importante, e molto spesso vengono utilizzati per sostituire al lavoratore quelle operazioni particolarmente usuranti, o eccessivamente dannose per la salute, come ad esempio la verniciatura e il trattamento dei telai contro la ruggine. I robot, pertanto, rappresentano un’evoluzione rispetto alla transfert: essi sono molto flessibili e sono adattabili a qualsiasi lavorazione, e anche se non sostituiscono il lavoro della transfert sostituiscono il lavoro umano. Rispetto alle transfert – macchine rigide, che operano su un modello specifico e necessitano di lunghi tempi di riprogrammazione – i robot possono essere adattati in funzione della lavorazione da effettuare.

I robot sono grandi apparecchiature dotate di ripari entro le quali avvengono le lavorazioni, e sono dotate di memoria interna. Un braccio meccanico esegue le sequenze impartite dall’unità di memoria, e possono essere operazioni di saldatura piuttosto che di verniciatura. A titolo di esempio, per la lastroferratura della Fiat 132 è stata installata una nuova linea di 18 robot lunga quaranta metri, i quali eseguivano 540 punti di saldatura, precedentemente svolte da venti operai. Quest’ultimi sono stati sostituiti da solamente tre tecnici incaricati di sorvegliare l’impianto. Il costo della linea, all’epoca dell’installazione, si aggirò sugli 850 milioni di lire.

L’introduzione dei robot ha obbligato a sostituire l’avanzamento della catena a ciclo continuo con la catena ad avanzamento controllato, durante la quale i pezzi restano perfettamente immobili durante ogni lavorazione prima di proseguire per la fase successiva.

Anche a livello di trasporto e stoccaggio merci all’interno degli stabilimenti i polmoni hanno ricoperto un ruolo apicale: immagazzinare componenti e semilavorati per poi avviarli a lavorazione a cadenze prestabilite da calcolatori è stato importante per sfruttare al massimo gli spazi e ridurre nel contempo lo stoccaggio in magazzini veri e propri, lontani dalla linea. Lo sviluppo di questa tecnologia, tuttavia, è stata limitata, nel caso Mirafiori, in quanto la scocca non poteva essere immagazzinata oltre due file superiori, in quanto il tetto dello stabilimento era alquanto basso. Inoltre essi sono in grado di coprire una produzione di