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6.3 ERC : Frigoriferi a eiezione di vapore

6.3.3 Modelli matematici dell’eiettore

First Step Model

Un primo modello (First Step Model) proposto si basa sulle seguenti ipotesi:

• flusso monodimensionale e stazionario;

• velocità di inlet e di outlet dei flussi trascurabili;

• il fluido all’interno dell’eiettore resta sempre allo stato di vapore surriscaldato;

• le perdite per attrito e per miscelamento sono conteggiate attraverso opportuni coefficienti;

• prcocesso di mixing isobaro;

• onda d’urto normale;

• l’intero eiettore è adiabatico.

L’obiettivo principale di questo modello è di guidare la scelta di una struttura impiantistica ottimale e del miglior fluido di lavoro. Non viene fatta l’ipotesi di gas ideale ma l’intero fenomeno viene descritto attraverso i bilanci fondamentali. L’ipotesi di gas ideale può portare ad errori grossolani nella modellazione per un gran numero di fluidi nel caso si lavori con stati termodinamici di vapore surriscaldato nei pressi della curva limite superiore, mentre il tenere conto delle perdite

attraverso dei coefficienti può a sua volta portare a delle eccessive approssimazioni (una fra queste la sottostima della dissipazione di energia causata dall’onda d’urto). L’eiettore viene diviso in tre sezioni dove vengono applicati i bilanci di massa, energia e quantità di moto. Il modello si basa sul seguente set di equazioni:

ugello primario uI,n2=p2ηn(hI,n1− hI,n2) ; ηn=

(hI,n1−hI,n1) (hI,n1−hI,nis);

zona di miscelamento m˙IuI,n2 = ( ˙mI+ ˙mII)umix,mis ; ηm=

u2 mix,m

u2 mix,mis

˙

mI(hI,n2+ ˙mIIhII,n2) = ( ˙mI+ ˙mII) · (hmix,m+

u2 mix,m

2 )

diffusore hmix,d= hmix,m+ u2

mix,m

2 ; ηd=

(hd1,is−hd1) hd1,real−hd1)

Dove i termini con pedici I e II e mix si riferiscono al fluido motore, a quello trascinato e alla mi- scela dei due, quelli con pedice n1,n2,m,d sono riferiti alle varie sezioni caratteristiche dell’eiettore, rispettivamente: ingresso dell’ugello primario, inizio sezione mix, termine sezione mix, termine diffusore. In letteratura si trovano valori dell’efficienza [58] delle sezioni dell’eiettore; in genere l’efficienza dell’ugello è compresa in un range tra 0.85 e 0.90, quella di miscelamento tra 0.77 e 0.85 e l’efficienza del diffusore si inserisce in un range 0.80 - 0.85.

Un modello di questo tipo non è in grado di descrivere direttamente la fisica che sta dietro al trasci- namento del fluido motore e la compressione per urto, tant’è che questo modello è valido assumendo che la geometria dell’ugello sia in grado di far progredire i flussi in modalità double-choking. Il set di equazioni essendo non lineare richiede un processo di risoluzione iterativa. Generalmente si definiscono come variabili di input le pressioni di esercizio e la portata di fluido refrigerante da eiettare; le efficienze sono imposti. Una volta settati i parametri si calcola la portata di fluido motore necessaria ad ottenere la pressione di compressione richiesta. Il processo di ottimizzazione dell’eiettore si propone di trovare portata e pressione del fluido motore tali da minimizzare la spesa energetica.

Modello avanzato

Si tratta di un modello monodimensionale [59] dell’eiettore basato sulle seguenti ipotesi:

• il fluido di lavoro è un gas ideale con esponente dell’adiabatica γ costante;

• il flusso è monodimensionale e stazionario:

Figura 6.9: Schema di un eiettore supersonico

• quando il fluido motore fuoriesce dall’ugello primario fluisce senza miscelarsi con il fluido trascinato fino alla "gola ipotetica" (sezione y-y sulla figura) all’interno della zona a sezione costante;

• quando il miscelamento ha inizio il flusso procede a pressione costante prima che avvenga l’onda d’urto;

• l’intera parete di confine dell’eiettore è adiabatica;

• i processi non ideali in gioco sono tenuti conto attraverso dei coefficienti isoentropici.

Anche se una delle ipotesi è quella di avere γcostante, questo non può essere calcolato come rapporto dei calori specifici cpe cv fintanto che i reali processi adiabatici non sono ideali. Tuttavia

può essere calcolato un γ effettivo come proposto dagli autori: γ = ln(pev/pcrit)

ln(ρev/ρcrit). Il modello si

sviluppa seguendo le equazioni della gasdinamica come di seguito:

Flusso motore: espansione dinamica nell’ugello

Al fine di lavorare in modalità double-choking l’ugello primario deve essere disegnato in modo da avere condizioni critiche nella sua gola. Deve verificarsi la seguente equazione:

At= ˙mI √ TI,in pI,in · " γ R  2 γ+1 γ+1γ−1 ηp #−12

dove ηptiene conto dell’irreversibilità dell’espansione dinamica. Passata la sezione di gola, l’espan-

sione prosegue nel tratto divergente in condizioni supersoniche fino all’uscita dell’ugello (sezione 1-1 sulla figura); questa fase può essere descritta dalle seguenti equazioni:

AI,1= M aAtI,1 " 2 γ+1  1 +γ−12 · M a2 I,1 # γ+1 2(γ−1) ; TI,1= TI,in·1+γ−11 2 ·M a2I,1 ; pI,1= pI,in  1 +γ−12 M aI,12 1−γγ

Il valore di pI,1ha un ruolo importante in quanto definisce l’entrainment ratio dell’eiettore, poiché

ciò che determina il trascinamento del flusso secondario nell’eiettore è precisamente la depressione generata alluscita dell’ugello primario. Nei modelli monodimensionali usati per validare le prove sperimentali fatte sugli eiettori esistenti spesso si commette l’errore di trascurare questo fenomeno, ma è vitale tenere conto di questo processo al fine di avere un modello consistente con il fenomeno fisico descritto. Vari studi sperimentali [56] suggeriscono di progettare gli eiettori lavorando con un pressure ratio secondario ( pev

pII,y) di 0,75.

Flusso motore: espansione dalla sezione 1-1 alla sezione y-y

Come assunto in precedenza, il flusso motore scaricato dall’ugello prosegue nell’espansione per un tratto fino alla gola virtuale alla sezione y-y senza miscelarsi con il flusso trascinato. Il fenomeno è descritto da: AI,y= ϕI· AI,1 M aI,1 M aI,y 1+γ−12 M aI,y2 1+γ−12 M aI,12 !2(γ−1)γ+1 ; TI,y= TI,1 1+γ−12 M aI,y2 1+γ−12 M aI,12 ! pI,y= pI,1 1+γ−12 M aI,y2 1+γ−12 M aI,12 !γ−1γ

Il coefficiente ϕI è introdotto per tenere conto degli effetti dinamici viscosi presenti all’interfaccia

fra fluido motore e fluido trascinato nel tratto in questione.

Flusso trascinato: espansione dall’inlet fino alla sezione y-y

Una delle assunzioni fatte nel modello prevede che il flusso trascinato raggiunge le condizioni di bloccaggio alla sezione y-y. Le equazioni che descrivono il processo sono analoghe a quelle usate per descrivere l’espansione del flusso motore:

M aII,y= 1 ; AII,y= ˙mII √ Tev,out pev · " γ R  2 γ+1 γ+1γ−1 ηs #−12 ; TII,y= Tev,out·1+γ−11 2 ·M a2II,y pII,y= pev  1 + γ−12 M aII,y2 1−γγ

Flusso miscelato: ingresso nell’area a sezione costante

Si assume che la gola virtuale sia situata all’inizio della zona a sezione costante:

AII,y+ AI,y= A3

e avendo assunto che la pressione rimanga costante in questo tratto dell’eiettore prima che si verifichi l’onda d’urto si introducono la seguente relazione: pI,y= pII,y= pm.

Flusso miscelato: mix isobaro dalla sezione y-y alla sezione m-m ˙ mI·  hI,y+ uI,y2  + ˙mII  hII,y+ uII,y2  = ( ˙mI + ˙mII) ·  hm+ um2  ; bilancio energetico;

ϕm( ˙mI· uI,y+ ˙mII· uI,y) = ( ˙mI+ ˙mII) · um; bilancio di quantità di moto.

dove le entalpie massiche dei due flussi nella sezione y-y sono calcolate considerando che per un gas ideale il calore specifico è costante. Le velocità dei flussi sono ricavate dai numeri di Mach precedentemente calcolati:

uI,y= M aI,ypγRTI,y ; uII,y= M aII,ypγRTII,y ; um= M am

√ γRTm

Flusso miscelato: onda d’urto

L’onda d’urto normale ha luogo nella sezione s-s, essa causa un netto aumento di pressione. Assu- mendo che il flusso ritorni isoentropico dopo l’urto è possibile descrivere il fenomeno con le seguenti equazioni: p3= pm  1 + γ+12γ (M am2− 1)  ; M2 3 = 1+γ−1 2 M am2 γ·M am2−γ−12 ; T 3= 2+(γ−1)M am2 2+(γ−1)M a32

Flusso miscelato: compressione nel diffusore fino all’outlet dell’eiettore

Con l’assuzione di un processo isoentropico, la compressione dinamica nel tratto finale dell’eiettore può essere descritta con l’equazione:

Aout= A3MMout3 1+(γ−1)/2·M a32 1+(γ−1)/2·M aout2 !2(1−γ)1+γ ; pcond= p3 1+(γ−1)/2·M a32 1+(γ−1)/2·M aout2 !(1−γ)γ

In genere gli eiettori sono dimensionati in modo da avere velocità di uscita dell’ordine di 1 m/s in modo da spremere al massimo l’energia cinetica del fluido per innalzare la pressione statica. Nei modelli si tende ad assumere Maout=0. Il modello in questione richiede una risoluzione itera-

tiva analogamente al First Step Model a partire dalla definizione di alcuni parametri di esercizio dell’eiettore.

Definizione architetture del sistema

poligenerativo

7.1

Genesi del sistema

L’obiettivo di questo lavoro di tesi è quello di analizzare a livello energetico e a livello termo- economico alcune diverse architetture di un sistema di poligenerazione. L’impianto in questione propone la produzione integrata di più effetti utili; con esso si intende realizzare una struttura che integri tre processi che generalmente vengono realizzati separatamente. L’energetica insegna che un sistema di produzione integrata di più effetti utili, se ben concepito, è in grado di ridurre il consumo di energia primaria con conseguente riduzione delle emissioni inquinanti e di gas serra, in accordo con le normative vigenti e con gli accordi internazionali siglati dalle nazioni industrializzate al fine di contenere il riscaldamento globale e l’inquinamento industriale. La genesi dell’impian- to poligenerativo descritto e analizzato in questa tesi prende spunto dal bisogno di promuovere i processi termici di dissalazione dell’acqua facendo fronte all’incombente aumento della domanda di acqua dolce in un numero crescente di nazioni.

Oggigiorno produrre acqua dissalata attraverso processi termici risulta conveniente per prezzi di vendita non inferiori a 1,2 $/m3, mentre la produzione di acqua dissalata attraverso le membrane a

osmosi inversa (RO) sono competitive al punto da risultare economicamente sostenibili per prezzi dell’acqua di 0,8 $/m3 [28]. Risulta evidente che in caso di produzione della sola acqua dissalata,

l’osmosi inversa appaia come il processo più conveniente. Tuttavia le tecnologie a membrana come la RO necessitano di una serie di pretrattamenti dell’acqua al fine di evitare fenomeni di fouling,

incrostazioni e degradazione rapida della membrana, inoltre i processi termici hanno raggiunto una maggiore affidabilità e una spiccata maturità tecnologica e sono in grado di trattare maggiori portate di acqua. Oltretutto vi è una sensibile differenza in termini di qualità del prodotto: un acqua è considerata dolce per salinità inferiore a 450/500 ppm, un processo termico consente di ottenere acqua dissalata con salinità inferiore ai 10 ppm (l’acqua prodotta da un processo termico necessità di esigui post-trattamenti) mentre un processo a osmosi inversa produce acqua con una salinità compresa tra 200 e 500 ppm, rischiando di rimanere ai margini degli standard di qualità in caso di desalinizzazione di acque di mare particolarmente saline.

In più, in caso di installazioni di impianti di dissalazione in logiche di WHR, i dissalatori termici sono direttamente accoppiabili alla sorgente, mentre un processo a membrana è installabile solo in presenza del vettore elettrico. In termini di produttività a parità di acqua elaborata le due famiglie di tecnologie risultano simili in quanto i processi termici raggiungono RR tra 35-45 % mentre i RO lavorano con RR tra 20-50 %. Di fronte a queste caratteristiche si evince che un MED sia in grado di produrre un’acqua desalinizzata di qualità superiore rispetto a un RO, a scapito di una maggior spesa energetica e di prezzi di vendita superiori.

Ecco che l’inserimento di un dispositivo termico di dissalazione dell’acqua in una struttura poli- generativa può, teoricamente, consentire di produrre e distribuire acqua a prezzi competitivi con l’RO, sfruttando la valorizzazione di altri effetti utili, prodotti facendo uso della medesima sorgen- te. Di conseguenza si intende proporre una logica poligenerativa che si inserisca in uno scenario industriale di Waste Heat Recovery, nel quale si ha a disposizione un flusso termico disponibile ad una temperatura quantificabile tra i 180 e i 200 °C (WHR a media temperatura), scenario ritenuto plausibile in accordo con quanto dichiarato nella letteratura discussa nel capitolo di definizione della sorgente primaria. Nel concepire la struttura del sistema sono stati selezionati come effetti utili accoppiati alla produzione di acqua dissalata, la produzione di energia elettrica e la produzione di freddo, ovvero la produzione di energia termica a temperatura inferiore a quella dell’ambiente per effetti di refrigerazione e climatizzazione di ambienti.

La produzione di energia elettrica è un processo comunemente diffuso nella valorizzazione di effluen- ti termici di scarto, mentre la produzione di freddo è stata ritenuta virtuosa in quanto rappresenta una voce di costo e di spesa energetica costantemente presente nelle utenze residenziali e industriali appartenenti alle fasce climatiche affette da scarsità di acqua, nelle quali si fa un massiccio uso di processi termici e non per dissalare l’acqua (regione del MENA)[13] [60] [12] [61].

Si tratta quindi di riunire in un’unica struttura i dispositivi di produzione di questi effetti utili, sfruttando come sorgente un flusso termico di scarto, di stampo industriale, (le cui caratteristiche

sono definite in base allo stato dell’arte descritto), al fine di ottenere una architettura impiantistica il cui investimento economico risulti convenienti anche per prezzi di vendita dell’acqua competitivi con quelli di un sistema RO.

In questo lavoro vengono proposte e analizzate tre diverse architetture impiantistiche nelle quali si fissa la temperatura della sorgente, la configurazione del MED e la struttura generale dell’impianto (sequenza dispositivi, gerarchie degli scambi termici). In virtù di quanto esposto nei precedenti ca- pitoli si ritiene conveniente selezionare la tecnologia ORC per la produzione di energia elettrica, in quanto al momento è universalmente ritenuta come la tecnica più matura, affidabile ed economica- mente conveniente per la produzione di energia elettrica in WHR. Dal punto di vista ingegneristico gli ORC possono essere realizzati in diverse configurazioni e possono essere eserciti sotto svariati livelli di temperatura e pressione in base al fluido di lavoro, garantendo così un’ampia gamma di configurazioni in base alla tipologia di sorgente disponibile.

Come tecnologia preposta alla produzione di acqua dissalata è stata seleziona la dissalazione multi- evaporativa (MED) in quanto questa tecnologia, oramai considerata matura, garantisce un prodotto di qualità elevata, affidabilità e prolungati periodi di funzionamento. Il pregio ingegneristico di questi dispositivi è sicuramente legato all’alta efficienza di produzione (consumi di energia termi- ca minori del 20% rispetto a un dissalatore Multi-Flash) e alla relativamente bassa temperatura massima di esercizio (Top Brine Temperature), la quale è stata fissata per tutte le architetture dell’impianto pari a 70 °C.

Le tecnologie di refrigerazione descritte nel capitolo 7 risultano tutte e tre predisposte all’inserimen- to in un impianto di generazione integrata. Ognuna di queste tecnologie ha diverse caratteristiche intrinseche (tipo di energia di attivazione richiesta, dispositivi necessari, vincoli fisici e strutturali) che incidono drasticamente sull’architettura del sistema poligenerativo; per questo motivo le tre architetture proposte in questa tesi si differenziano per la tipologia di macchina frigorifera inserita, per la quale si avrà una peculiare configurazione, come detto in precedenza.

Un sistema poligenerativo può essere caratterizzato non solo dalla natura delle tecnologie integrate, ma anche dalla logica di connessione di queste nell’impianto stesso. Nell’ingegneria di processo si riconoscono alcune logiche convenzionali di connessione dei vari processi e riferendosi al recupero di una sorgente termica di scarto si possono prevedere tre logiche differenti di disposizione delle utenze:

• disposizione in serie, la portata di fluido termovettore cede calore in sequenza alle tre utenze entrando nei dispositivi adibiti allo scambio termico a temperature via via decrescenti (l’a- nalogia più comune è quella delle resistenze in serie). La presenza di uno o più vincoli su

temperature di scambio o su flussi termici può limitare questa disposizione, portando alla necessità di far circolare portate consistenti di fluido termovettore per rispettare i vincoli, tuttavia può rivelarsi la configurazione più conveniente in caso di sorgenti termiche a media temperatura e utenze caratterizzate da temperature di processo differenti;

• disposizione in cascata, tutto il calore disponibile viene ceduto al dispositivo di calore del processo topping, il quale riversa il calore in un processo bottoming e così via (un esempio tipico sono i cicli combinati gas-vapore); dal punto di vista exergetico questa disposizione è sempre la più conveniente in quanto permette un migliore sfruttamento della sorgente e una minore produzione entropica dovuta al fatto che i vari scambi termici avvengono sotto differenze di temperature minori rispetto ad altre disposizioni;

• disposizione in parallelo, la portata di fluido termovettore viene splittata e inviata alle utenze termiche nelle quali viene ammessa alla medesima temperatura (un’analogia comune è quella delle resistenze in parallelo); generalmente si impongono differenze di temperature costanti in ogni "ramo" così che la portata inviata è tale da scambiare la potenza termica desiderata, di conseguenza la temperatura di ritorno è la medesima per ogni portata e non si hanno distruzioni di exergia per miscelamento di portate a temperature diverse.

Nonostante vi siano delle differenze sostanziali nelle architetture di impianto che verranno propo- ste e analizzate, queste presentano alcune analogie maturate durante la concezione dell’impianto. Prima fra tutte la scelta di sviluppare l’impianto secondo una logica seriale in quanto, avendo supposto di avere a disposizione una sorgente termica di recupero a media temperatura (compresa tra 100 e 200 °C), mette a disposizione un intervallo limitato di temperature. Fermo restando che la TBT del MED è stata fissata a 70 °C, una disposizione in cascata vincolerebbe l’ORC a lavorare con temperature al condensatore superiori alla TBT; l’esigua distanza resa disponibile tra i livelli termici di esercizio dell’ORC, porterebbe ad avere rendimenti elettrici che non potrebbero superare valori dell’ 8 - 10 %, costringendo così a massimizzare la portata di fluido organico dell’ORC per avere potenze elettriche rilevanti ed economicamente convenienti; l’aumento di portata evolvente nel circuito inciderebbe sulla taglia degli scambiatori di calore e dei dispositivi con ovvie conse- guenze economiche sfavorevoli.

Ecco che la scelta di lavorare con una logica seriale può essere premiata dalle condizioni operative e dal tipo di analisi che verranno condotte, poiché la trattazione che segue si pone non solo l’obiet- tivo di investigare la natura termodinamica di questo impianto, ma anche di eseguire un’analisi

termo-economica in modo da ottenere indicazioni sui parametri termodinamici e tecnici che convie- ne adottare per avere un investimento vantaggioso e vedere realizzata l’idea di partenza: rendere la produzione di acqua dissalata con un MED competitiva con quella prodotta da un RO.

Inoltre la scelta di adottare una disposizione seriale include la possibilità di utilizzare un rigene- ratore nell’ORC, diversamente da quanto accade in un sistema in cascata dove l’unica cessione di calore si ha nel boiler dell’ORC e la rigenerazione non contribuisce ad un innalzamento del rendimento globale del sistema, ma prevede l’aggiunta di un componente in più comportando uno svantaggio economico e un minor sfruttamento della sorgente termica. Invece nel sistema serie, la rigenerazione comporta un vantaggio perché consente di incrementare la produzione di energia elettrica a parità di sfruttamento della sorgente primaria.

Un ulteriore punto di contatto è rappresentato dall’inserire un MED a 5 effetti in tutte le archi- tetture per i seguenti motivi:

• contenimento dei costi e degli ingombri del dissalatore;

• a parità di portata elaborata, il recovery ratio di un MED diminuisce con il numero degli effetti perciò per aumentare la resa produttiva si fissa il numero degli effetti a 5 (oltretutto in letteratura non è ancora stato determinato il numero ottimale degli effetti di un MED);

• vincolo del BPE; a causa dell’innalzamento ebullioscopico il vapore prodotto in ogni effetto è inferiore alla temperatura vigente di una quantità pari al BPE, perciò a causa del principio di funzionamento di un MED vi è un limite sul numero massimo degli effetti una volta fissata TBT e temperatura dell’ultimo effetto. Un alto numero di effetti si avvicina al limite imposto dal BPE mentre lavorando con un MED a 5 effetti si mantiene un certo margine di sicurezza;

• l’aumento del numero degli effetti comporta un aumento nel consumo dei sistemi estrazione gas e messa a vuoto delle camere;

• avendo ipotizzato di inserire il sistema poligenerativo in un contesto WHR non si ha la necessità di ridurre il consumo di energia primaria in quanto si ha una sorgente di scarto disponibile in una determinata entità. Aumentando il numero di effetti si riduce il consumo termico specifico, ma a fronte di un calo del Recovery Ratio, ovvero, per ridurre il consumo si aumenta il numero di effetti, ma è anche necessario elaborare portate nettamente maggiori con un aumento consistente delle dimensioni dell’impianto di dissalazione e dei costi operativi. Ecco che fissare un numero contenuto di effetti può portare più benefici.