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2.7 Termodinamica MED

2.7.2 Modello matematico del MED Multi effect Desalination

Sviluppando il modello matematico del SED descritto nella sezione precedente si può ottenere una descrizione matematica formale di un dissalatore per evaporazione a effetto multiplo.

Figura 2.7: Rappresentazione schematica di un MED in configurazione parallel flow

Le ipotesi adottate per condurre la trattazione sono le seguenti:

• superfici di scambio uguale in tutti gli effetti (pratica standard nel design degli impianti di dissalazione);

• nello scrivere le equazioni di scambio termico in ogni evaporatore, si considera l’area di scam- bio come la somma dell’area necessaria per lo scambio di calore sensibile e l’area necessaria per lo scambio di calore latente;

• il flusso di brina che lascia l’i-esimo effetto, viene indirizzata verso l’effetto successivo i+1 dove, a causa della pressione più bassa vigente, evapora in minima parte per flash e si miscela con l’acqua di alimento destinata al suddetto effetto.

Il modello include le seguenti equazioni: - Bilancio massico dell’i-esimo effetto:

˙

mfi+ ˙mbi−1= ˙mf wi+ ˙mbi

- Bilancio massico sulla frazione salina dell’i-esimo effetto:

xfim˙fi+ xbi−1m˙bi−1 = xbim˙bi

Bilancio energetico dell’i-esimo effetto:

˙

mf wi−1λi−1+ ˙mf lashi−1λf lashi−1= ˙mficp(Ti− Tf) + ˙mf wλi

Nell’equazione di bilancio energetico il primo termico corrisponde al calore addotto all’i-esimo effetto dalla condensazione del vapore generato nell’effetto precedente (questo termine compare solo dal effetto 2 all’effetto n). Il secondo termine rappresenta il calore ottenuto dalla condensazione del vapore formatosi per flash a causa dell’immissione della brina dell’effetto precedente in un ambiente a pressione inferiore. Il terzo termine invece quantifica il calore sensibile addotto al flusso di acqua di alimento che causa l’aumento di temperatura da Tf a Ti (temperatura di saturazione

dell’i-esimo effetto). L’ultimo termine indica l’apporto di calore latente necessario a produrre il vapore all’interno dell’effetto. Si hanno di nuovo le relazioni relative all’innalzamento ebullioscopico e relative alle dispersioni termiche sperimentate dal vapore generato:

Tf wi= Ti− BP E

Tci= Ti− BP E − ∆Tp− ∆Tt− ∆Tc

La portata massica del vapore prodotto per flash dalla brina rigettata dall’effetto i nel successivo è esprimibile come:

˙

mf lashi= ˙mbi−1cp

Ti−1−Ti

λi

I bilanci energetici nel condensatore e nell’evaporatore permettono di calcolare le aree di scambio dei due dispositivi di scambio termico. Per il condensatore finale si ha:

( ˙mf wn+ ˙mf lashn)λn= UcAc(LM T D)c

mentre per gli evaporatori:

˙

Riassumendo il modello è definito da queste equazioni:                            ˙ mfi+ ˙mbi−1 = ˙mf wi+ ˙mbi xfim˙fi+ xbi−1m˙bi−1 = xbim˙bi ˙

mf wi−1λi−1+ ˙mf lashi−1λf lashi−1 = ˙mficp(Ti− Tf) + ˙mf wλi

Tf wi= Ti− BP E ˙ mf lashi = ˙mbi−1cp Ti−1−Ti λi (2.57)

Ne risulta un sistema di equazioni correlate fra loro non linearmente, perciò è necessario un me- todo di soluzione per iterazione che risolva il problema. L’algoritmo di soluzione comincia con la definizione dei seguenti parametri:

• numero di effetti;

• temperatura media di adduzione di calore nel primo effetto;

• temperatura di prelievo dell’acqua di mare (in genere è pari a 25°C);

• temperatura di preriscaldamento dell’acqua di alimento (in genere è circa 35°C);

• temperatura di ebollizione dell’acqua nell’ultimo effetto (in genere non scende sotto i 40°C a causa dei vincoli imposti dallo scambio termico);

• salinità dell’acqua di alimento (generalmente variabile tra 34000 e 42000 ppm);

• resistenze termiche;

• diametro interno e diametro esterno dei tubi;

L’equazioni del modello possono essere risolte attraverso il metodo delle tangenti di Newton per calcolare le seguenti grandezze:

• portate massiche dell’acqua di alimento, della brina e del vapore prodotto (freshwater) in ogni effetto;

• consumo di energia termica primaria;

• temperatura di scarico della brina dall’effetto 1 fino all’effetto n-1 • quantità di calore necessaria all’evaporazione nel singolo effetto; • superfici di scambio termico in ogni effetto;

Stato dell’arte degli impianti

poligenerativi con sistemi di

dissalazione integrati

L’efficientamento energetico è un’importante contribuente nel processo di mitigazione del cambia- mento climatico, nonché un fattore di riduzione del costo dell’energia. Esso costituisce inoltre un’opportunità per favorire l’innovazione tecnologica. In questo scenario negli ultimi decenni è andato affermandosi sempre di più il processo di produzione integrata dell’energia elettrica e del calore. La termodinamica e l’energetica hanno dimostrato come la cogenerazione o, più in generale, la poligenerazione, possa rappresentare la strada giusta da percorrere a livello industriale e non, per ridurre considerevolmente i costi di generazione, per contenere i consumi di fonti primarie e abbattere l’impatto ambientale degli esistenti impianti convenzionali.

Ciò ha permesso lo svilupparsi di nuove architetture d’impianto e di nuove tecnologie in grado di permettere la generazione integrata di più byproducts utili, con soluzioni diverse in base alla taglia dell’impianto. Le tecnologie cogenerative non solo risultano assai più efficienti della generazione separata di calore ed energia elettrica, ma anche permettono di fare uso di fonti e tecnologie che appaiono meno competitive nella generazione separata; in questa ottica ha avuto successo l’uso di fonti rinnovabili e l’utilizzo del calore di scarto dai processi industriali e dai processi stessi di generazione dell’energia elettrica (Waste Heat Recovery).

La poligenerazione rappresenta un’evoluzione della cogenerazione, nella quale per l’appunto, si pro- ducono in maniera integrata e simultanea più effetti utili. In un primo momento è stata affiancata

la produzione di freddo (climatizzazione di locali, alimentazione di celle frigorifere, applicazioni criogeniche) al già esistente sistema integrato heat and power (CHP), così che un processo alquan- to energivoro, il cooling, è stato integrato nei cosiddetti impianti CCHP, (Combined Cool, Heat and Power Plants). Numerose applicazioni civili (in ambito ospedaliero, nel settore turistico, nelle strutture carcerarie) e industriali (settore chimico, farmaceutico, alimentare, industria di processo in generalere) sono potenzialmente idonee all’installazione di impianti del genere, sia a partire da impianti "primari" alimentati a combustibile sia sfruttando effluenti di scarto "secondari" nei pro- cessi industriali in assetto Waste Heat Recovery.

L’integrazione della produzione di freddo negli impianti cogenerativi ha permesso il ritorno in auge delle macchine ad assorbimento per la produzione di freddo in quanto queste richiedono un input termico nella loro sezione di generazione, nella quale si ha la separazione del fluido refrigerante e del fluido assorbente; normalmente le macchine ad assorbimento risultano meno convenienti delle convenzionali macchine frigorifere a compressione di vapore in quanto le prime chiedono la som- ministrazione di un vettore termico a temperature anche superiori ai 100 °C (nella tipologia H2O -

LiBr) mentre le seconde sono favorite dalla capillare diffusione del vettore elettrico. Sia gli impianti poligenerativi che le strutture poligenerative in contesti WHR si basano sulla disponibilità di calore di scarto potenzialmente sfruttabile o calore in eccesso da smaltire necessariamente per garantire una normale conduzione dell’impianto; perciò la disponibilità di calore alla giusta temperatura può generalmente creare un territorio fertile per l’inserimento di una macchina ad assorbimento nell’impianto integrato. [12] Generalmente gli impianti di generazione che più si prestano alla realizzazione di un sistema di generazione multiplo sono:

• Impianti motori a combustione interna (ICE: Intenal Combustion Engine) • Impianti Turbogas (TG)

• Impianti a vapore (TV)

• Celle a combustibile (FC: Fuel Cells)

Gli impianti motori a combustione interna sono oggigiorno utilizzati nelle strutture di generazione integrata di energia elettrica e calore, bruciando generalmente gas naturale, biocombustibili o syngas; offrono numerose opportunità di recupero di calore di scarto o in eccesso (da smaltire quindi); nel dettaglio rendono disponibile:

• entalpia residua nei fumi di scarico derivanti dalla combustione nel motore; • calore sottratto dalle camicie di raffreddamento del cilindro;

• calore sottratto al circuito dell’olio di lubrificazione;

• calore sottratto nell’intercooler dell’eventuale sistema di sovralimentazione.

Questi impianti sono generalmente disponibili a partire da taglie molto piccole (qualche decina di kW) fino a taglie massime di 10 MWelett. Le Turbine a gas costituiscono un sistema che ben si

presta alla cogenerazione in quanto rendono disponibili grosse quantità di fumi di scarico ad alta temperatura in uscita dagli stadi della turbina di potenza del sistema. Gli impianti a vapore rap- presentano un caso affermato di generazione integrata di energia elettrica e calore. Possono operare sia in condizione di contro-pressione (back-pressure), ovvero lavorando in fase di condensazione ad una temperatura superiore a quella ambiente rendendo disponibile calore a temperatura pari a quella di saturazione della pressione di condensazione. Altrimenti, gli impianti a vapor d’acqua possono rendere disponibile calore nel caso in cui si operasse lo spillamento di vapore dagli stadi di espansione della turbina. A causa del loro design e delle proprietà dell’acqua, questi sistemi risultano convenienti per potenze superiori ai 10 MWel in quanto per potenze inferiori risultano

anti-economici, sono necessarie grosse superfici di scambio e turbine di grosse dimensioni a causa dell’alto volume specifico del vapore d’acqua a pressioni vicino a quella atmosferica.

La produzione di energia elettrica in assetto WHR ha avuto successo negli ultimi decenni grazie alla tecnologia ORC (Organic Rankine Cycle), con la quale si può produrre energia meccanica in una struttura in cui il fluido di lavoro evolve secondo le trasformazioni del ciclo Rankine. L’ORC è in tutto e per tutto equivalente ad un impianto a vapore, con la differenza che il fluido di lavoro è un cosiddetto fluido organico (di natura idrocarburica) con una temperatura critica inferiore a quella dell’acqua e con una campana più stretta ( minore calore latente per unità di massa richiesto per effettuare il passaggio di stato liquido-vapore). Le caratteristiche dell’ORC lo rendono com- petitivo e maggiormente conveniente di un corrispondente ciclo ad acqua per potenze elettriche installate inferiori ai 10 MW. Sono unità adatte a operare con calori di bassa qualità, caratteriz- zati da temperature inferiori a 300 °C; questa caratteristica rende questi sistemi adatti a operare in assetto WHR e a essere inserite in architetture di impianti di poligenerazione. Più avanti si analizzeranno nel dettaglio caratteristiche pregi e difetti di questa tecnologia, motivando la scelta di inserire questo sistema nel sistema poligenerativo in esame.

Un ulteriore sistema di generazione potenzialmente compatibile con la produzione integrata di effetti utili è la Fuel Cell. Questa tecnologia è stata sviluppata nei decenni passati in ambito aero- spaziale al fine di alimentare i sistemi elettrici di bordo dei veicoli aerospaziali. Non ha raggiunto la produzione di larga scala a causa dell’alto costo specifico di investimento. Alcuni tipi di celle a combustibile, come le SOFC (Solid-Oxide Fuel Cells) o le MCFC (Molten Carbonate Fuel Cells)

forniscono un output termico di scarico all’ambiente pari a circa 1/3 del potenziale chimico dispo- nibile a monte del processo. Questo calore di scarto può essere recuperato al fine di soddisfare i fabbisogni energetici secondari della struttura in cui la Fuel Cell è installata. Questa tecnologia ha un range tipico compreso tra 0,5 kWelett e i 10 kWelett.

Il concetto di poligenerazione ha avuto anche il merito di permettere la nascita di soluzioni impian- tistiche nelle quali venissero coinvolte anche fonti rinnovabili come biomasse e energia solare. In numerose nazioni industrializzate, grazie agli incentivi e alle tariffe premiali garantite dalla vendita di energia elettrica e calore prodotto a partire da fonti rinnovabili o da sorgenti termiche di scarto, è stato realizzato un gran numero di impianti cogenerativi e poligenerativi di media e piccola ta- glia, come i cogeneratori alimentati da combustibili derivati da biomasse di scarto e gli impianti a concentrazione solare nel quale si cerca di massimizzare la potenza solare incidente sulle superfici i. Il contributo di queste tecnologie può essere virtuoso se eseguito applicando e realizzando una corretta sinergia delle fonti.

3.1

La dissalazione dell’acqua in ambito poligenerativo

Osservando lo sviluppo nelle tecnologie e le direzioni seguite dall’industria, è emerso che sia le tecnologie convenzionali di produzione, sia quelle più recenti e innovative hanno ampliato il pano- rama della generazione integrata rendendo disponibili architetture di impianto diverse a seconda dell’applicazione e della destinazione d’uso. Oltretutto la poligenerazione prevede la realizzazione integrata e congiunta anche di effetti utili che non siano prettamente energetici (produzione di energia elettrica, heating and cooling), fra questi si inserisce il tema della dissalazione dell’acqua. È ormai noto il fatto che la dissalazione dell’acqua sia un processo più o meno energivoro e costoso, a seconda della tecnologia, della taglia e della salinità dell’acqua trattata. A titolo di esempio si può notare come le tecnologie a membrana (RO) producono acqua desalinizzata accessibile a prezzi più bassi grazie ai minori costi dei dispositivi, ma risultano convenienti per bassi volumi di produzione di acqua dolce e per salinità più basse, in quanto acque più aggressive incidono alquanto sulla vita utile della membrana, mentre i processi termici, seppur in grado di sopperire alla produzione di un volume di acqua dolce nettamente più consistente rispetto alle tecnologie a membrana, comportano costi specifici più alti e intensi consumi di energia. Resta da sottolineare il fatto che i processi termici (MED e MSF) siano in grado di produrre acqua dolce a salinità estremamente contenute mentre i dispositivi a membrana sono in grado di ottenere acqua con un residuo di sali più consistente che, in base all’applicazione, potrebbe portare il byproduct fuori dagli standard richiesti.

Ecco che, in virtù del fatto che i processi termici rendono disponibile un prodotto di qualità superio- re, è stato necessario scovare un metodo per abbattere gli alti costi di installazione e di conduzione di un dissalatore termico. Ne è risultato che inserire i processi di dissalazione in impianti coge- nerativi e poligenerativi permette di risolvere gli inconvenienti di una certa tecnologia e ridurre i costi e consumi legati a questa tecnologia.

[13] Il sistema più comune è quello di accoppiare un impianto di produzione di energia elettrica con turbina a vapore e un MSF alimentato da uno spillamento di vapore [14] [15] [16] [17]. Altre integrazioni studiate sono rappresentate dall’accoppiamento di turbine a gas o ORC con processi a osmosi inversa (RO) [18] [15] [19] [21]. Altri autori hanno studiato l’integrazione di ICE +MED [22]. Numerose soluzioni proposte [18] avanzano idee di impianto alimentati in parte o in toto da energia

(a) Visuale aerea di un impianto MED di

grossa taglia (b)Esempio di MED commerciale

solare: la combinazione di impianto ORC+MED o ORC+MSF può avere successo sia dal punto di vista energetico che economico se le taglie dei sottosistemi in gioco consentono effettivi risparmi di energia primaria, risparmi di emissione inquinanti e tempi di ritorno dell’investimento interessanti. Con lo scopo di aumentare l’efficienza globale del sistema e ridurre i costi di dissalazione , mol- ti ricercatori hanno proposto schemi di Poligenerazione [23] [24]. Tra questi un approccio è stato quello di combinare impianti di produzione di energia elettrica, sistemi di dissalazione dell’acqua di mare macchine ad assorbimento per la produzione di freddo e dispositivi per la fornitura di acqua calda sanitaria (ACS). In genere sia i sistemi di produzione di potenza sia i sistemi di dissalazione termici sono capaci di lavorare con fonti di basso livello termico proveniente da cicli topping o da WHR. In particolare i sistemi di dissalazione TVC e MED sono quelli più efficienti quando si tratta di estrarre calore da sorgenti che non siano spillamenti da turbine a vapore o vapore proveniente da un apposito boiler. Il MED ha il pregio di avere il minor consumo specifico di energia termica tra tutti i processi di dissalazione termica attualmente in uso [20]. L’inserimento di un sistema di dissalazione nell’impianto poligenerativo esclude la possibilità di alimentare lo stesso attraverso la combustione di biomasse in quanto, la presenza di un sistema di dissalazione presuppone una seria

scarsità di acqua dolce nella zona presa in esame e di conseguenza la non disponibilità di biomasse, tant’è che la coltivazione di queste richiederebbe più acqua pura di quanta ne si potrebbe produrre.