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Lo studio finora condotto ha cercato di approfondire le performance del sistema di trigenerazione proposto e al fine di inserire questo in un contesto veritiero e realistico si sono fatte le seguenti assunzioni:

• per ciò che si propone di produrre, si suppone che il sistema debba essere installato nei pressi di un litorale marino o di un bacino di acqua salmastra in Nazioni affette da scarsità di acqua dolce (un esempio sono le regioni del MENA, Middle East - North Africa, nelle quali la maggior parte della superficie degli stati è desertica e si ha distribuzioni di centri urbani e industriali solo sui litorali);

• la sorgente primaria è ottenuta sfruttando calore di scarto proveniente da processi industriali (WHR). Analogamente a quanto fatto in analisi termodinamica, si suppone di poter recupe- rare calore in modo tale da avere il fluido termovettore alla temperatura di 170 °C, con la differenza che in questa analisi viene fissata la quantità di calore disponibile (25 MWth);

• nelle fasce climatiche in cui si ha la necessità di produrre acqua dissalata si ha spesso anche il bisogno di provvedere alla climatizzazione degli ambienti; in alternativa può essere ipotizzato la presenza di un processo industriale che necessita la refrigerazione di alcuni componenti e dispositivi.

Le voci di ricavo di questo genere di sistemi sono definite dalla vendita dei beni prodotti e dai mancati esborsi provenienti dall’inserimento di una certa quota di autoconsumo sfruttando ciò che

si produce.

Nel dettaglio si è ipotizzato che l’acqua dissalata venga venduta a livello locale (entro un raggio d’azione limitato così che sia sufficiente organizzare un trasporto con autocisterne per rifornire le utenze) e che figuri nel flussi di cassa come un effettivo ricavo. Invece l’energia elettrica e la refrigerazione vengono consumate in loco (al più l’energia elettrica può essere immessa in una rete nazionale), figurando così come mancato esborso (costo negativo); è facile ipotizzare la trasmissione dell’energia elettrica tramite una rete interna e un comodo riutilizzo di questo, mentre relativa- mente all’effetto di refrigerazione si può supporre che questa potenza frigorifera prodotta possa fornire l’input necessario a climatizzare gli ambienti di lavoro e gli uffici dell’industria in questione, garantendo un risparmio non indifferente di energia primaria. Convenzionalmente i cicli frigoriferi ricevono come necessario input energia elettrica, per cui la domanda di potenza frigorifera è legata ad un consumo di energia elettrica. Questo significa che è possibile esprimere il mancato esborso della refrigerazione in termini di kilowattora energia elettrica non prelevati dalla rete. Ecco che gli effetti utili dei due sottosistemi ORC e Chiller vengono valorizzati in modo analogo, riferendosi al mancato consumo di energia elettrica.

Una volta che si è definito il metodo di valorizzazione nei ricavi dei by-product del sistema di trige- nerazione è necessario definire il modo attraverso cui questi vengono calcolati all’interno dell’analisi di fattibilità. In generale ogni impianto viene caratterizzato dalle ore equivalenti di funzionamento, ovvero una stima del numero di ore annue in cui l’impianto è in funzione alle condizioni di progetto. Per quanto riguarda l’ORC e il MED è possibile stimare un funzionamento continuativo dei sistemi fissando pari a 8000 le ore equivalenti di esercizio dei sistemi, considerando i tempi convenzionali di fermata per le operazioni di manutenzione e revisione dei componenti. Invece relativamente al Chiller è più difficile identificare un numero congruo di ore equivalenti di funzionamento in quanto questo dipende dal tipo di utenza e dalla fascia climatica in cui è situato l’impianto.

Nei confronti della climatizzazione è possibile riferirsi ai gradi giorno "estivi" di una certa località o alle ore equivalenti solari sempre relativi ad una determinata località per avere una stima delle ore equivalenti per cui l’impianto è in condizioni di progetto. Questa procedura, oltre a comportare delle sottostime delle ore equivalenti (non tiene conto dell’inerzia termica degli edifici, la quale ha un ruolo molto importante sulla climatizzazione dei locali) è in conflitto con l’ipotesi di funzio- namento in condizioni stazionarie del sistema. Essendo i sottosistemi dell’impianto ampiamente integrati fra loro, una variazione delle condizioni di funzionamento di un unico sottosistema ha ri- percussioni sugli altri: subentrano condizioni di funzionamento "Off-Design", ovvero le condizioni operative in cui ci si allontana dal punto di progetto. È buona norma prevedere una valutazione

di queste condizioni per provare la maturità di una tecnologia che prevede funzionamenti in con- dizioni di progetto inferiori alle 7000/8000 ore all’anno. Tuttavia questo tipo di analisi prevede l’esecuzione di un massiccio numero di simulazioni in transitorio (tramite software specifici quali AmeSim, Simulink e altri) e di prove sperimentali su impianti pilota e pertanto in questo lavoro non viene affrontato questo genere di studio ma verrà indicato come possibile sviluppo futuro. Si noti tuttavia che nelle nazioni del MENA, in parte dell’Australia, Capo Verde, Isole Cana- rie, Corno d’Africa e altre località si hanno climi desertici caldi caratterizzati da forti escursioni termiche, con temperature che possono toccare i 50 °C in pieno giorno e temperature notturne re- lativamente basse. Queste condizioni potrebbero creare i presupposti per stimare un basso numero di ore equivalenti, ma bisogna tenere conto che i centri urbani di queste nazioni sono a ridosso del litorale marino, per cui l’influenza del mare mitiga l’escursione (a differenza di quanto avviene nel deserto dell’entroterra) e la presenza di centri urbani e industriali mette in gioco l’inerzia termica dell’edificio che causa un innalzamento sensibile delle ore equivalenti di funzionamento degli im- pianti di raffrescamento degli ambienti. In virtù di quanto detto e al fine di evitare il subentro di condizioni Off-design si stima un funzionamento in condizioni di progetto del Chiller pari a ottomila ore all’anno analogamente a quanto fatto per i primi due sottosistemi, così da rimanere in accordo con un funzionamento in condizioni stazionarie di tutto l’impianto.

In questa sezione si è voluto spiegare quale sia stata la logica nascosta dietro al processo di definizione degli utili economici. In sintesi i tre effetti utili sono così conteggiati nel flusso di cassa:

• vendita di acqua dissalata: il volume di produzione orario viene moltiplicato per le ore equivalenti e per il fissato prezzo specifico del singolo metro cubo di acqua dissalata così da ottenere gli introiti annui legati alla vendita di acqua dissalata;

• produzione energia elettrica: di questa si stima un consumo in loco che comporta un mancato esborso. Si moltiplica la potenza elettrica netta per le ore equivalenti di funzionamento per ottenere i kilowattora elettrici prodotti e auto-consumati per poi moltiplicarli per il prezzo dell’energia elettrica che non viene acquistata dalla rete;

• refrigerazione: viene stimata come mancato esborso riferendosi ad un convenzionale ciclo frigorifero a compressione di vapore dotato di un coefficiente di prestazione COP pari a 2.8, il quale sottostima leggermente il mancato esborso (sottostima che viene pareggiata dall’assunzione del funzionamento allo stazionario). La potenza frigorifera viene moltiplicato per il numero di ore equivalenti, per poi essere divisa per il COP di riferimento per effettuare

la conversione in energia elettrica non consumata. Una volta fatta questa operazione è sufficiente moltiplicare l’energia elettrica non consumata per il suo prezzo.

I prezzi dell’acqua dissalata che sono stati imposti nei casi studio spaziano in un range da 0,8 $/m3

a 1,5 $/m3, mentre i prezzi dell’energia elettrica utilizzati spaziano in un range 0,06 $/kWh el- 0,15

$/kWhel. I prezzi dell’acqua dissalata sono stati selezionati in accordo con gli usuali prezzi fissati

nei casi reali e disponibili in letteratura; lo stesso si può dire per i prezzi dell’energia elettrica, sui quali è stata eseguita un’indagine per definire un range plausibile relativamente alle utenze industriali dei Paesi dell’area mediterranea e del MENA.

Una volta che sono state definite le voci che compongono il flusso di cassa è possibile calcolare i coefficienti tipici di un’analisi di fattibilità economica. In primo luogo è necessario dare una stima della vita utile dell’impianto e definire un tasso di attualizzazione.

Nell’analisi condotta si è stimata una vita utile di 20 anni (n) e si è imposto un tasso di attualiz- zazione i pari al 5%. In primo luogo è necessario calcolare l’NPV:

N P V = −C0+ n X j=1  Ejpj− Cj  (1 + i)j (9.6)

dove C0 è l’investimento complessivo del sistema, Ejpj sono gli introiti conteggiati nel flusso di

cassa e Cj sono le spese di esercizio e manutenzione del sistema. Successivamente si determina il

Profitability Index, PI, ovvero il moltiplicatore dell’investimento, un coefficiente adimensionale che determina la bontà dell’investimento in un determinato scenario.

P I = N P V + C0

C0 (9.7)

Infine viene stimato il PayBack Time (PBT), il quale indica il tempo di rientro dall’investimento, ovvero dopo quanto tempo si inizia ad avere un reale guadagno. Questa valutazione viene condotta non considerando alcun tipo di tasse, ma nemmeno alcuna forma di incentivazione legata alla produzione di energia a partire da calori di scarto (in quanto sia incentivi che tasse sono concepiti in maniera differente da una Nazione all’altra). Il costo della sorgente che alimenta l’intero sistema è da considerarsi nullo in quanto questa è ottenuto sfruttando calore di scarto proveniente da processi industriali che verrebbe altrimenti disperso nell’ambiente senza essere valorizzato.

9.3

Implementazione della componente economica sul soft-