Sino a questo momento sono state prese in considerazione la definizione comune di magia, una sua versione estesa e lo sviluppo dell’elemento magico nel pensiero del bambino e in quello dell’adulto, ovvero quello che la psicologia cognitiva definisce come pensiero magico. L’analisi di quest’ultimo ha poi posto in evidenza l’esistenza delle leggi magiche, un aspetto questo, che per ora ha svolto solo un ruolo marginale nell’intera rassegna qui riportata, ma che in realtà giocherà un ruolo molto importante nella costruzione dei modelli causali. Tali leggi costituiscono infatti la base sia per la comprensione, sia la produzione di contenuti dei vari modelli causali. D’altronde anche la magia, con tutto il suo bagaglio di eventi impossibili, imprevedibili e culturalmente codificati, possiede in realtà una struttura ben precisa e con essa una modalità univoca d’azione, regolata a sua volta da leggi. Quest’ultime sono la sorgente dalla quale il modello causale magico prende vita e da cui esso svolge il suo compito, senza queste leggi non esisterebbe alcuna logica causale e la magia non avrebbe alcun potere esplicativo. D’altro canto, e come si è già detto in precedenza, l’analisi della sola forma assunta dalla magia senza una codifica delle sue leggi risulterebbe futile, poiché senza struttura ogni entità magica farebbe storia a sé, mentre la presenza di una logica comune, che si cela al di sotto della superficie, può fornire la chiave interpretativa per comprendere la forza esplicativa dell’elemento magico. Come verrà argomentato in questa sede, ogni modello causale necessita di una sua struttura logica, di una serie di regole coerenti e intrecciabili che impartiscano in modo univoco i rapporti di causa-effetto tra le entità che descrivono, aiutando così l’essere umano a riconoscere la situazione nella quale si trova e poterne comprendere l’evoluzione, nonché la risposta più idonea da adottare. Si
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è visto ad esempio, come al bambino venga sin da subito insegnata l’esistenza della legge della priorità e di quella dell’esclusività, le quali gettano le basi per l’edificazione concettuale del modello causale scientifico. D’altronde senza l’idea che una causa preceda sempre un effetto, o che quest’ultimo possa essere prodotto da un rapporto causale univoco, verrebbero meno alcune delle basi del modello causale scientifico. La prima delle due leggi presuppone infatti una direzionalità degli eventi, una loro leggibilità, la stessa espressa nella concezione del tempo nella cultura occidentale, il quale si muove dal passato al futuro e non viceversa. Alla direzionalità di questa prima legge viene poi aggiunta la specificità della seconda e con essa l’idea che esista un accoppiamento prestabilito tra cause ed effetti, lo stesso che si usa in chimica per stabilire l’associazione tra elementi. Entrambe queste leggi, esattamente come quelle che verranno poi esposte in seguito, è portatrice di una sorta di peccato originale che può essere così espresso: l’universalità a esse attribuita è tutto sommato opinabile. In altre parole, esse funzionano nella maggioranza dei casi, ma si mostrano incapaci descrivere la totalità dei fenomeni che pretendono di regolare, possiedono quindi un cono d’ombra d’inefficacia. La concezione del tempo stessa, ad esempio, non è la stessa in ogni cultura della terra, così come dalla medesima causa si può giungere alla produzione di effetti differenti (Boniolo & Vidali 2011, 122). Ad esempio dalla stessa famiglia possono nascere figli con idee, personalità e connotati differenti, benché il nucleo famigliare sia il medesimo. Ed è su questa fragilità intrinseca ad ogni legge causale che si instaura la lotta tra i vari modelli causali, poiché senza di essa ogni logica sarebbe in grado di vincere il confronto con un’altra basandosi semplicemente sulla propria forza persuasiva e coerenza interna, in realtà invece non è così, tant’è che si può ancora oggi constatare la presenze di altre logiche, seppur minoritarie. Data questa pluralità è importante conoscere le leggi a partire dalle quali ogni modello causale costruisce sé stesso e la sua personale interpretazione della realtà, poiché è da lì che deriva anche la sua forza, nonché la sua debolezza.
La conoscenza delle leggi di funzionamento dei modelli causali inoltre, rende possibile comprendere un’altra definizione spesso considerata sovrapponibile a quella di magia, ed è soprannaturale.
“soprannaturale (meno com. sovrannaturale) agg. [comp. di sopra- (o sovra-) e naturale]. – Nel linguaggio com., che supera il corso ordinario della natura (sinon. in questo caso di preternaturale); o che trascende i limiti dell’esperienza e della conoscenza umana (equivalente quindi a trascendente): cose, fatti, fenomeni s.; forza s.; potenza s.; in usi fig. e iperb., fuori dall’ordinario, prodigioso: essere dotato di una forza s.; avere una bontà soprannaturale. Con valore più partic., divino, celeste (in contrapp. a umano, terreno): ordine s.; aiuto, intervento s.; il fine dell’uomo è la felicità s. (Segneri). Sostantivato con valore neutro, il s., tutto ciò che sta al disopra della natura, manifestandosi come non soggetto alle sue forze e alle sue leggi: credere, non credere al s., nel s.; negare l’esistenza del soprannaturale. In teologia, il soprannaturale (in cui rientrano anzitutto la grazia e la visione intuitiva di Dio, ma anche la rivelazione) si definisce variamente in relazione al modo di concepire la natura: per diversi secoli è prevalso, nella scolastica di connotazione
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aristotelica, un concetto di soprannaturale come ciò che sta al di là e al di sopra della natura intesa come «natura pura» cioè autonoma, in sé compiuta; in questa prospettiva il soprannaturale è ciò che si aggiunge dall’esterno, come dono gratuito di Dio. Nella teologia contemporanea, riprendendo i grandi temi della patristica, si è accentuata l’intima connessione tra soprannaturale e naturale nei destini dell’uomo e della sua storia, così da rifiutare l’idea di «natura pura», ponendo invece nella natura stessa dell’uomo, in quanto creatura di Dio, la radice della sua aspirazione al soprannaturale e quindi alla grazia, alla visione di Dio e, più ampiamente, alla partecipazione della vita di Dio. Di qui il rifiuto di considerare, dal punto di vista della concreta realtà esistenziale, una radicale dicotomia tra soprannaturale e naturale, e l’insistenza sul tema dell’incarnazione come assunzione e divinizzazione dell’umanità da parte di Cristo, momento centrale nell’economia della salvezza che afferma l’elevazione di ogni realtà nell’orizzonte del soprannaturale. ◆ Avv.
soprannaturalménte, non com., in modo soprannaturale” http://www.treccani.it/vocabolario/soprannaturale/
Il concetto di soprannaturale presuppone una prevaricazione, che può a volta essere definita come quella del dominio illogico, del controintuitivo e dell’irrazionale su tutto ciò che è invece regolato da leggi descritte dal modello causale scientifico. La definizione stessa di soprannaturale riporta poi l’attenzione sul concetto di agentività, quale motore guida dell’azione magica spesso incarnato da un’entità divina, mentre altre volte dall’eroe, così come dal mago, o persino dall’essere umano sprovvisto di particolari abilità, ma dotato pur sempre di un portafortuna o un altro simulacro magico che gli doni poteri soprannaturali. Il concetto di agentività qui espresso sottolinea come l’elemento magico non agisca mai senza un attore, visibile o meno, che ne diriga e determini le finalità. Ed è inoltre evidente come la magia, a prescindere da quale sia la sua espressione e campo d’azione, tenda sempre a produrre un effetto che si contrappone a quei principi della fisica radicati nella cultura Occidentale. L’elemento magico è tale perché viola la realtà, ed essa è un insieme di regole qui di seguito descritte. In sintesi, la comprensione dei modelli causali e delle loro leggi è fondamentale perché la definizione stessa di che cosa significhi magia pone in risalto tale contrasto.
Per ragioni di brevità del discorso, in questa sede verrà per tanto discusso, in maniera pressoché esclusiva, esclusivamente il contesto industrializzato occidentale e quando verranno creati dei confronti tra culture eterogenee essi saranno sempre contestualizzati sulla base delle regole a cui queste comunità afferiscono. In Occidente ad esempio, l’imprecisione di una regola è generalmente tollerata purché essa non superi quei confini che l’essere umano ha posto alla base della propria cultura e degli eventi del mondo naturale. Ad esempio è prassi stabilire degli intervalli di confidenza in ogni esperimento scientifico, i quali stabiliscono la misura nella quale è il caso a determinare il fenomeno che si sta osservando e quindi la validità dei propri dati ed ipotesi. Si può inoltre tollerare che un corpo freddo ceda la propria natura termica a uno più caldo, contravvenendo così i principi della termodinamica, purché questa occorrenza rappresenti un’eccezione ben circoscritta e non disturbi lo status quo della legge generale. Allo stesso modo saranno tollerate guarigioni miracolose, salvataggi impossibili e altre forme di irrealtà, purché esse restino confinate a un’occasione una
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tantum e non diventino a loro volta una regola e stabile e per questo prevedibile. D’altro canto se tali eventi diventassero comuni il modello causale che cerca di contenerli perderebbe la propria forza persuasiva esattamente come sarebbe se si analizzasse la magia sulla base della sua sola forma.
La principale fonte di potere attribuita al modello causale di tipo scientifico discende da sei leggi, di cui due sono già state descritte (priorità ed esclusività), mentre le altre sono le seguenti.
1. Permanenza: gli oggetti possiedono una forma specifica, una propria struttura, che non può