II. Il sindaco degli anni violenti, 1958-1963
5. Molto rumore per nulla: dalle mancate ispezioni alla Segreteria DC
Per la necessità di accertare l’osservanza di leggi, regolamenti e il regolare andamento dei servizi pubblici da parte degli organi amministrativi, in particolare dei LL.PP., il 30 luglio il socialista Filippo Lentini, nuovo assessore agli Enti locali, disponeva una nuova ispezione presso il Comune affidando l’incarico a Giovanni Ambrosini.347 Mantenendo fede all’impegno assunto al momento dell’elezione, il governo si dimetteva il giorno dopo. Corallo ammetteva di aver pestato «molti calli» in un mese, e di averlo fatto perché le leggi dovevano essere valide per tutti e, soprattutto, per i governi. Rivendicando che il PSI non era ricorso ad assunzioni straordinarie, elargizioni o sostituzioni per immettere propri uomini nei posti di sottogoverno, sottolineava di essere intervenuto solo dove era necessario. Era stata approvata una legge molto importante come quella sugli appalti delle opere pubbliche, che, se si fosse portata avanti «la volontà politica di applicarla», avrebbe potuto 342 Il socialista on. Corallo eletto presidente della Regione Siciliana, in «Giornale di Sicilia»; DC
alla sbarra, in «L’Ora», 1° luglio 1961.
343 Sulla questione cfr. Vincenzo Schirripa, La costruzione narrativa del “caso Dolci” nei fascicoli
del Ministero dell’Interno, in «Educazione democratica», 2, 2011, pp. 149-159.
344 Un bagno di calda e schietta sicilianità il viaggio in USA del sindaco di Palermo, in «Giornale di
Sicilia», 1° luglio 1961.
345 ASMPa, DCC, Bilancio di previsione per il 1961, 20-21 luglio 1961.
346 Insabbiata la discussione sulle speculazioni edilizie, in «L’Ora», 24 luglio 1961.
347 ACS, MI Gab. 1944-1966, Amministrazioni comunali, b. 94, f. Palermo, Decreto n. 1575
93 estirpare «il cancro» e porre fine agli scandali permanenti in quel settore della vita siciliana. Chiarendo il senso delle proprie dimissioni, ribadiva che «se si fosse voluto andare oltre, si sarebbe posto il problema del compromesso». Il PSI dimostrava di «lasciare il segno», per dire ai siciliani che amministrare bene era possibile.348
Ancora diversi giorni dopo, tuttavia, ad Ambrosini non era stato possibile dare esecuzione al suo mandato. Non aveva potuto incontrare Nicoletti, capo dell’Ufficio tecnico; a Palazzo delle Aquile, il capo del personale si era rifiutato di metterlo a conoscenza dell’organico perché la notifica del decreto non era ancora pervenuta al Comune. Tornato una seconda volta, gli veniva opposto un altro rifiuto. La «strana coincidenza» era che, nella notte tra il sabato e la domenica precedente, c’era stato un furto alla V sezione dell’assessorato ai LL.PP.: ignoti erano andati a rovistare proprio tra le carte dell’Ufficio PRG dopo che la notizia dell’inchiesta aveva preso a circolare. La circostanza gettava ulteriori e profonde ombre su Ciancimino.349
Uscita la notizia, Lima precisava che, sino a quel momento, non gli era pervenuta alcuna comunicazione in merito, né alcun funzionario si era presentato a lui o al vicesindaco.350 Veniva però smentito dallo stesso Lentini, che ribatteva che il Comune non aveva consentito lo svolgimento del compito ispettivo al funzionario e precisava, tra l’altro, che non esisteva alcun obbligo, da parte della Regione, di preavvisare l’ente sottoposto a ispezione o di provvedere alla notifica. Laddove altre proteste o remore si sarebbero frapposte, aggiungeva, l’assessorato agli EE.LL. avrebbe adottato tutti i provvedimenti necessari adendo eventualmente ai competenti organi giurisdizionali.351
Per sbloccare lo stallo, le settimane successive il comitato regionale del PSI dava mandato a Lauricella di sviluppare le trattative con gli organi democristiani. Un’analoga decisione veniva presa dal direttivo democristiano. Poiché, da tempo, la formazione della giunta non avveniva sulla base di accordi previamente raggiunti e senza colpi di scena, era impossibile negare che quanto si preparava a Sala d’Ercole assumeva un rilievo politico eccezionale. Il recupero dei socialisti all’area democratica, infatti, avrebbe portato alla rottura tra PSI e PCI. Eletto presidente, con l’ingresso in giunta dei socialisti, il 9 settembre 1961, D’Angelo formava il primo centrosinistra alla Regione.352 Era il preludio di quanto sarebbe avvenuto a Roma poco dopo, quando, nel febbraio 1962, Fanfani avrebbe formato il suo quarto governo con l’appoggio esterno del PSI.353 Anche se la nascita del centrosinistra, in Sicilia, non veniva
348 Comizio politico di Corallo a Palermo, in «Giornale di Sicilia», 2 agosto 1961. 349 Ostacolata l’inchiesta sui lavori pubblici, in «L’Ora», 12 agosto 1961.
350 ACS, MI Gab. 1944-1966, Amministrazioni comunali, b. 94, f. Palermo, Nota prefettizia, 15
agosto 1961.
351 Ivi, Nota dell’assessorato regionale per gli EE.LL. al sindaco di Palermo, al presidente
della CPC, al prefetto e all’Avvocatura distrettuale dello Stato, 16 agosto 1961.
352 ARS, Leg. IV, Resoconti parlamentari, 7-9 settembre 1961, pp. 971-977.
353 Sulle tensioni che portarono al centrosinistra e sul «riformismo perduto» cfr. G. Crainz,
94 accompagnata da un dibattito paragonabile a quello che si svolgeva a livello nazionale – secondo lo stesso Pumilia, la DC siciliana non aveva lo spessore culturale adeguato per partecipare ai fermenti che animavano il partito nelle altre regioni – dopo anni di forte contrapposizione ideologica la formazione del governo siciliano aveva forti riflessi in tutto il Paese.354
L’11 settembre Lima esprimeva soddisfazione per il varo del centrosinistra, aggiungendo delle riserve solamente per il peso dell’ala dorotea. Ancora tre settimane dopo, però, la sua giunta restava ancorata alla formula centrista. La situazione si era praticamente capovolta. A Palazzo d’Orleans sedeva un vicepresidente socialista, mentre a Palazzo delle Aquile la DC sembrava «un po’ strabica»: da un lato, accusava il governo regionale di essere troppo poco a sinistra, dall’altro non lasciava scorgere alcuna volontà di rinnovare la sua giunta centrista. Non era chiaro come Lima potesse considerare la situazione «intonata» col suo discorso precedente, e come lo stesso Gioia potesse accontentarsi di una soluzione che, in sede regionale, era ormai superata. Preoccupati dalla prova che stavano affrontando sul piano regionale, i socialisti perdevano così di vista la situazione al Comune. Il primo risultato del centrosinistra, in concreto, era infatti la revoca dell’ispezione affidata ad Ambrosini. Il nuovo assessore agli EE.LL., il democristiano Francesco Coniglio, con un «colpo di spugna» faceva calare per la seconda volta il sipario sui casi spinosi dell’amministrazione palermitana. Era un fatto molto grave, perché un caso analogo era avvenuto due anni prima quando l’inchiesta disposta dall’assessore De Grazia era rientrata dopo la caduta di Milazzo. Veniva riapplicata, in sostanza, una strategia già vista: non appena qualcuno cercava di individuare e colpire i responsabili di una parte della classe dirigente democristiana, l’impunità scattava sia a Palazzo delle Aquile che negli uffici dell’assessorato comunale ai LL.PP. Grave era lo stesso atteggiamento del PSI, perché due mesi prima era stato proprio Lentini ad incaricare Ambrosini. Ora che i socialisti entravano a far parte della giunta regionale, non era logico che l’assessore ai LL.PP. non fosse informato di un provvedimento che smentiva il suo operato precedente.355
Con l’approssimarsi del congresso provinciale, negli ambienti DC iniziava poi a circolare la voce che gli organi nazionali avessero deciso di tenere a Palermo il Congresso nazionale. Dopo l’apertura a sinistra, la scelta aveva un valore psicologico. Dato il riacutizzarsi della lotta con i fanfaniani, i dorotei cercavano infatti di risolvere la contesa non uscendo dal perimetro del partito. Il prefetto Pietro Rizzo comunicava peraltro che era in corso un inaspettato dissenso tra Gioia e Lima, perché il segretario,
354 C. Pumilia, La Sicilia al tempo della Democrazia cristiana, cit., pp. 44-48.
355 La sinistra DC apre le ostilità contro il governo D’Angelo; Lima critica D’Angelo ma preferisce Di
Benedetto; L’ispezione al Comune non si farà: Coniglio ha sconfessato Lentini, in «L’Ora», 12 settembre-3 ottobre-11 novembre 1961.
95 che voleva formare una giunta di centrosinistra, tentava di provocare la crisi al Comune, mentre Lima tentava spregiudicatamente di acquisire la Segreteria riprendendo a suo favore la norma statutaria della DC che stabiliva l’incompatibilità tra l’incarico di segretario e il seggio in Parlamento.356 Anche i dorotei incalzavano Gioia per lo stesso motivo. Per la ripartizione delle tessere, inoltre, erano decisi a portare a Roma le prove delle loro denunce. Per capire come stavano realmente le cose, Moro inviava a Palermo il foggiano Vincenzo Russo, responsabile dell’Ufficio dirigenti. Dopo aver convocato più di cento persone in sede regionale, dove aveva interrogato segretari di sezione, sindaci e amministratori comunali della provincia, questo ripartiva alla volta della capitale lasciando Gioia e Lima nel timore che si procedesse al commissariamento: tra i materiali raccolti, infatti, non vi erano solamente fatti inerenti al partito, ma anche numerosi aspetti della loro cattiva amministrazione. Prima di prendere una decisione, il segretario scriveva a Gioia: la DC era alla vigilia di uno dei congressi più decisivi non solo della sua storia, ma del Paese; era auspicabile, dunque, che a Palermo si provvedesse alla formazione di un esecutivo unitario. I casi contestati e le irregolarità denunciate avrebbero dovuto essere risolti subito, perché, se non fosse giunto un chiarimento, sarebbe stato necessario rinviare il congresso. Se fosse intervenuto «tempestivamente», al contrario, si sarebbe confermata sia la convocazione del precongresso provinciale che, ben più importante, del congresso nazionale. Invitando Gioia a realizzare l’incontro «con calda preghiera», Moro sperava in questa maniera di normalizzare l’atmosfera della DC palermitana.357 Pur rimanendo profondamente turbato, non era il caso di andare fino in fondo: la Segreteria palermitana rappresentava una delle poche roccaforti rimaste a Fanfani, perciò, apprestandosi il varo del centrosinistra a livello nazionale, il segretario non voleva metterlo in difficoltà. Provvidenziale, a mettere la pace, arrivava a Palermo la visita della commissione parlamentare LL.PP., giunta per prendere visione degli aspetti miserevoli di alcune zone della città. Era la premessa all’approvazione delle leggi sul risanamento dei vecchi quartieri. Davanti a 400 delegati, il 20 gennaio 1962, Lima poteva così inaugurare il congresso provinciale esponendosi a favore del centrosinistra e sostenendo che l’apertura ai socialisti si inseriva nel processo di sviluppo storico del PSI. Nonostante le differenze ideologiche, l’adeguamento delle strutture dello Stato imponeva alla DC una piattaforma d’intesa. Alla Regione, d’altra parte, D’Angelo e Lauricella avevano già determinato la formula.358 Al termine del congresso veniva eletto segretario provinciale. La sua nomina, riferiva il prefetto, avrebbe dovuto
356 ACS, MI Gab. 1944-1966, Partiti politici, b. 54 bis, DC, f. Palermo, Nota prefettizia, 5
novembre 1961.
357 AILS, FDC, Segreteria Moro, sc. 137, f. 2, Moro a Gioia, 21 dicembre 1961.
358La Democrazia cristiana porrà le proprie condizioni conservando e rinsaldando il ruolo di partito-
96 preludere al suo ritiro dalla carica di sindaco per consentire, negli sviluppi dell’azione portata avanti da Gioia, il centrosinistra anche al Comune.359
Al teatro San Carlo di Napoli, nel corso dell’VIII Congresso nazionale della DC, il 27-31 gennaio 1962, Moro teneva il suo famoso discorso durato sette ore, quando riusciva contemporaneamente a rassicurare oppositori e sostenitori del centrosinistra. Riceveva la benedizione dallo stesso Andreotti, che, evocando il titolo di una nota enciclica di Pio XI sul «matrimonio», a proposito dell’accordo tra democristiani e socialisti lo ribattezzava un discorso su I Cauti connubi. Per un partito che tre anni prima, a Firenze, era sembrato sull’orlo di una spaccatura, l’abbraccio tra Moro e Fanfani sanciva, oltre che l’apertura a sinistra, un gesto di forte unità.360 Lima rafforzava da quel momento a Palermo il proprio potere: da segretario, infatti, avrebbe controllato il sindaco, cioè se stesso. In attuazione della legge Gioia, il Consiglio comunale istituiva l’IRSET, cui affidava l’attuazione dei piani. Per una durata prevista fino al 31 dicembre 1980, ne entravano a far parte Comune, IACP, UNRRA-Casas, ESCAL, BdS e Sicilcassa. Una seconda delibera, il 27 febbraio, attribuiva poi il valore di Piano alle varianti approvate nel luglio 1960.361 In contrasto con la legge regionale 28 dicembre 1961, n. 29, che rendeva obbligatoria sino al 30 giugno 1962 la salvaguardia del piano adottato e pubblicato nella prima versione, Ciancimino veniva autorizzato a rilasciare licenze edilizie senza che fossero prima approvate dal presidente della Regione. Gli onorevoli Cipolla (PCI), Gustavo Genovese, Serafino Calderaro e Corallo (PSI) presentavano così all’ARS un’interrogazione e un’interpellanza per chiedere quali provvedimenti intendesse adottare la giunta regionale per impedire che tale delibera avesse corso. Nella sua risposta, il 12 marzo, l’assessore agli Affari economici e all’Urbanistica, Bino Napoli, comunicava che il Consiglio aveva attribuito erroneamente il valore di Piano alle deduzioni approvate nel luglio 1960: tutte le licenze rilasciate nel frattempo, perciò, erano da considerarsi illegittime.362 Mentre Colajanni reiterava quindi la richiesta di un’inchiesta sui LL.PP., Lima indirizzava una lettera di protesta al Giornale di Sicilia: secondo il sindaco l’assessore si era spostato dal piano parlamentare a quello dei rapporti ordinari tra i pubblici poteri per farne «oggetto di pura propaganda scandalistica». L’amministrazione era convinta di operare nella legalità, perciò, se lo avesse ritenuto
359 ACS, MI Gab. 1944-1966, Partiti politici, b. 54 bis, DC, f. Palermo, Note prefettizie, 25-26
gennaio 1962.
360 Cfr. A. Moro, La Democrazia cristiana per il governo del paese e lo sviluppo democratico nella
società italiana, Cinque Lune, Roma 1962. Sulla vittoria congressuale e la nascita del governo Fanfani cfr. G. Formigoni, Aldo Moro, cit., pp. 147-156.
361 ASMPa, DCC, Statuto Consorzio per il Risanamento e lo sviluppo urbanistico della città di
Palermo; Rilascio licenze edilizie in conformità delle precisioni del Piano regolatore generale e del Piano di risanamento, 27 febbraio 1962.
362 ARS, Leg. IV, Resoconti parlamentari, 1° marzo 1962, pp. 549-550; 12 marzo 1962, pp.
97 opportuno, Napoli avrebbe potuto ricorrere al CGA. Ad ogni modo, la CPC ribadiva poco dopo che l’ultima parola spettava per legge al presidente della Regione.363
Dato lo sviluppo impetuoso del centrosinistra in tutta Italia, in occasione della discussione sul bilancio Lima confermava poco dopo la sua intenzione di dimettersi al più presto. Non prima di rivendicare i meriti della sua amministrazione: nonostante il fallimento della Legge speciale, sosteneva a Sala delle Lapidi, lo sforzo suo e della DC avevano portato a vari interventi in favore della città. Alla spesa statale di 82 miliardi dovevano aggiungersi 16 miliardi chiesti alla Regione a integrazione della legge Gioia e 22 miliardi assegnati dal ministero dei LL.PP. per la costruzione dell’autostrada Palermo-Catania. Si trattava di un grande piano di opere, in parte già in corso di svolgimento, per una spesa complessiva superiore a 100 miliardi. Smontato pezzo per pezzo quel complesso congegno legislativo che era la Legge speciale, i parlamentari siciliani erano riusciti a conseguire buona parte di quello che avevano chiesto. Ovviamente, aggiungeva, senza il presupposto di un moderno PRG non si sarebbe potuto procedere ai progettati risanamenti. Approvato il bilancio, con 36 favorevoli, faceva quindi approvare una convenzione con il costruttore Vassallo. Benché avesse ricevuto diverse contravvenzioni per aver costruito un palazzo dove, sul Piano, era indicato un mercato, Vassallo s’impegnava a cedere gratuitamente al Comune le aree e gli spazi destinati all’esercizio commerciale. La proposta era per Colajanni inaccettabile, perché ancora una volta si violava il regolamento essendo avvenuta la costruzione palesemente senza regolare licenza.364
Uno dei massimi teorici del restauro conservativo, Cesare Brandi, il 10 maggio pubblicava peraltro sul Corriere della sera un appello per salvare il centro storico di Palermo. In nessuna città italiana i danni provocati dalle bombe della guerra erano ancora a nudo come nel capoluogo siciliano; di contro a queste falle aperte nel cuore di una città un tempo regale, una nuova città, enorme, «bianca e turrita di grattacieli», faceva apparire il vecchio centro storico come il parente povero. Accanto al fervore distruttivo della Conca d’oro stava l’abbandono della Palermo arabo-normanna, che, invece di rappresentare un titolo di onore e di attrazione, si stava letteralmente sbriciolando. Ciò che più di tutto era «insopportabile» era che l’amministrazione non disponesse il minimo intervento di recupero.365 Sordo a ogni appello, Lima concedeva al contrario la licenza di demolizione di Palazzo Serradifalco, malgrado anche questo fosse soggetto al vincolo monumentale perché parte di una cortina di fabbricati
363 Il sindaco di Palermo dott. Salvo Lima risponde con una decisa e dettagliata lettera, in «Giornale
di Sicilia»; La CPC insiste: il Comune non può concedere le licenze che vuole, in «L’Ora», 10-12 aprile 1962.
364 ASMPa, DCC, Bilancio di previsione per il 1962; Convenzione Vassallo per attuazione attrezzature
mercato via Empedocle Restivo, 27-28-30 aprile 1962.
365 C. Brandi, Risanare e non distruggere la vecchia e bella Palermo, in «Corriere della sera», 10
98 ottocenteschi, tra gli esempi più riusciti del neogotico palermitano. Per le ennesime manomissioni delle tutele previste dalla legge di salvaguardia, Italia Nostra chiedeva l’intervento delle autorità regionali. Soltanto il 28 giugno, a due giorni dalla scadenza, D’Angelo firmava il decreto con cui entrava in vigore il PRG. Si evitava che la città cadesse nel caos, perché qualunque costruttore avrebbe potuto costruire dove voleva. Poiché negli anni si era potuto saggiare il clima morale e politico cui si sarebbe andati incontro, Palermo scampava così «un pericolo di proporzioni incalcolabili».366 Il PCI pubblicava a questo punto un manifesto, il 4 luglio, dove Lima e Ciancimino venivano ribattezzati I divoratori di Palermo: nella più «sfacciata» violazione del Piano regolatore, dopo Villa Sperlinga e Villa Deliella, un altro palazzo era stato sacrificato. Per i comunisti, che continuavano a insistere perché venisse istituita una commissione d’inchiesta regionale per accertare le responsabilità degli amministratori, il centrosinistra stava reggendo il moccolo a Lima e ai suoi amici.367
Negli stessi giorni Ciancimino leggeva una lettera nella quale Cassina si dichiarava disposto a rinunciare a 1 miliardo e 38 milioni nei confronti del Comune, a condizione che gli venisse rinnovato l’appalto della manutenzione stradale, che sarebbe scaduto il 30 novembre, per altri nove anni. Per Ferretti era l’ennesima proposta scandalosa, perché l’offerta altro non era che un ricatto che l’amministrazione avrebbe dovuto respingere. Già la precedente proroga era stata concessa con l’accordo che un’apposita commissione avrebbe nel frattempo studiato l’opportunità di scegliere tra la gestione diretta o una nuova gara. A eccezione dei comunisti, gli unici a votare contro, e dei socialisti, astenuti, il rinnovo del contratto alla ditta veniva approvato da tutti i gruppi, compreso il MSI.368 La lunga storia del Piano regolatore non era comunque finita con il D.P.R.S. Accusato di abuso di potere, per aver preso in considerazione il piano del 1959 e non quello variato del 1960, il 22 luglio Lima chiedeva al Consiglio un pronunciamento sull’opportunità di impugnare il decreto. A conclusione di una seduta confusa, la maggioranza decideva quindi di ricorrere al CGA.369 Trattandosi di interessi comunali, per il sindaco il presidente della Regione non poteva introdurre alcuna variante in contrasto con il Comune, ma solamente formulare proposte e raccomandazioni cui spettava all’amministrazione decidere se adeguarsi. Avanzando l’impugnativa, legittimava le licenze concesse da Ciancimino e ignorava il voto contrario del PSDI, perché al momento del voto Gullo si allontanava dall’aula. La maggioranza centrista esisteva in pratica solo sulla carta, superata de facto dal formarsi 366 Deplorata la demolizione del Palazzo Serradifalco, in «Giornale di Sicilia»; Decreto firmato:
entra in vigore il Piano regolatore di Palermo, in «L’Ora», 16-29 giugno 1962.
367 ACS, MI Gab. 1961-1963, Attività dei partiti, b. 79, f. Palermo, Relazione prefettizia
sull’attività del PCI, 4 luglio 1962.
368 ASMPa, DCC, Proroga contratto appalto alla Impresa Cassina per Manutenzione strade e
fognature, 20 luglio 1962.
369 Ivi, DCC, Relazione del sindaco sul decreto del presidente della Regione che approva il Piano
99 di una nuova maggioranza che arrivava a destra fino al MSI. Pur essendo consigliere comunale da sedici anni e abituato a constatare gli abusi di potere delle varie maggioranze succedutesi dal 1946, secondo Ferretti lo strumento urbanistico era già stato «conformato e ispirato dalla grossa speculazione», ma adesso sembrava proprio che «al pari della lupa dantesca» questa avesse ancor più fame di prima.370 L’impegnativa costituiva solo l’ultimo tentativo di rendere sterile ogni azione pianificatrice e di far prevalere gli interessi privati su quelli della comunità. La