Ricorre quest'anno il trentesimo anniversario di collaborazione fra la Pininfarina e la Peu-geot. Si tratta probabilmente del più lungo la-voro svolto in comune da due Case automo-bilistiche.
Ufficiosamente i rapporti fra Peugeot e Pinin-farina incominciano nel 1951 e si schiudono al mondo nel '55 con la nascita della «403». È il momento in cui la Carrozzeria torinese compie un quarto di secolo e il suo fondato-re, Pinin, si è già reso famoso con l'Aprilia Aerodinamica, l'Aprilia Bilux, il coupé Cisi-talia, l'Aurelia B20, il cabriolet Ferrari 212 In-ter, il coupé Fiat 1100 TV, la Lancia D24 da corsa, la Giulietta Spider, la Florida. Pinin ha ormai spiccato il salto da stilista a industriale: la sua azienda occupa 12 mila me-tri quadrati di superficie, ha 561 dipendenti e produce circa 500 automobili all'anno. Dal '55 la Peugeot si affida totalmente a Pi-ninfarina per l'impostazione stilistica di tutti i suoi modelli.
Il primo frutto di questo connubio — che por-terà in trent'anni alla produzione di dodici mi-lioni di autovetture — è dunque la berlina 403 (1468 di cilindrata), realizzata in oltre 1.200 mila esemplari.
Il modello 403 è certamente uno dei primi esempi di collaborazione tra un'industria della carrozzeria ed una grande fabbrica di auto-mobili.
Ed è anche, in tempi che sembrano ora tanto
lontani, una delle prime collaborazioni tra in-dustrie di Paesi europei agli albori della Co-munità economica del nostro continente. Nel 1960 ecco apparire la 404, cilindrata di 1618 cc, e l'anno successivo il relativo cabrio-let, che la Pininfarina non si limita a disegna-re: lo produce direttamente nel suo stabilimen-to di Grugliasco (10.500 esemplari), cosa che avviene, a partire dal '62, anche per il coupé (quasi 7 mila).
Nel '65 nasce la 204, e tre anni dopo la 504 (berlina di 1800 di cilindrata) che ottiene un largo successo: è il modello più prestigioso rea-lizzato dalla Casa francese, e subito viene pro-clamato «vettura dell'anno».
Nel '69 vedono la luce il cabriolet ed il coupé della 504, ed anche in questo caso i francesi ne assegnano la produzione alla Pininfarina, che ne sforna rispettivamente 8 mila e 26 mila. Fra berlina, cabriolet e coupé, la 504 ha dato grandi soddisfazioni alle due marche: la sua vita commerciale è durata circa quindici an-ni; è stata «tirata» in oltre tre milioni di co-pie; per parecchio tempo è stata la 1500 più prodotta in Europa, e viene tuttora costruita in alcuni Paesi in via di sviluppo. È stato re-centemente firmato un accordo Francia-Cina, sotto forma di «joint venture», che prevede uno stabilimento presso Canton, in grado di produrre 15 mila veicoli all'anno: la scelta dei cinesi è caduta sulle versioni Station Wagon e Pick-Up, della 504.
Successivamente il lavoro in comune fra Pi-ninfarina e Peugeot porta alla realizzazione della 304 (nel 1969), della 104 (1972), della 604
(1975), della 305 (1978), della 505 (1979), per sfociare, nell'83, in un altro modello di gran-de successo, che vediamo ogni giorno sulle strade: la 205.
Questa macchina è stata, e continua ad esse-re, l'unica vera e valida concorrente della Uno: quando la Fiat lanciò a Cape Canaveral la sua nuova favolosa berlinetta, lasciò spiazzati qua-si tutti i concorrenti.
L'unica risposta tempestiva venne data, po-chi mesi dopo, proprio dalla 205 Peugeot-Pininfarina, una vetturetta dalla linea piace-vole, dai contenuti tecnici consistenti e dalle prestazioni brillanti.
Si è presentata, la 205, soprattutto come una macchina nuova, mentre non ha saputo fare altrettanto la Renault: la sua Supercinque è stata una risposta non soltanto tardiva, ma neppure tanto innovatrice, poiché è in sostan-za il rifacimento di una vettura già esistente, sulla falsariga di una linea che ebbe, sì, un suc-cesso a suo tempo, ma che rischia alla lunga di annoiare.
Attualmente la 205 è prodotta, negli stabili-menti alsaziani della Peugeot, al ritmo di ol-tre 2 mila unità al giorno (la Fiat Uno, dal can-to suo, continua a fare scintille, soprattutcan-to dopo il lancio della «bomba» turbo, e regi-stra una produzione giornaliera di circa 2.500 pezzi).
Con l'ultima nata della gamma 205, la spor-tiveggiante «Lacoste», le versioni della vet-turetta disegnata da Pininfarina sono salite a tredici.
La Pininfarina si prepara a montare il cabrio-let: rimpiazzerà la produzione del cabriolet Samba, che ha raggiunto i 13 mila esemplari. I legami che si sono stabiliti in questi trent'an-ni fra Pitrent'an-ninfarina e Peugeot, insomma, sono più solidi che mai, e continuano a fruttificare. Le due Case hanno avuto il merito di promuo-vere una collaborazione fra industrie europee in momenti ancora dominati da isolamento e da forme più o meno scoperte di protezioni-smo, così da poter vantare di aver saputo co-raggiosamente precorrere i tempi.
Alla Pininfarina va anche il merito di aver compreso e realizzato la filosofia della Peu-geot, per uno stile sobrio e definito, mante-nendolo però adeguato via via al mutare dei tempi. Il successo della 205 ne è un esempio. Nel rapporto con Peugeot, la Pininfarina ha esplicato tutte le funzioni che sono proprie del carrozziere, e tra queste anche quella di rea-lizzare dei prototipi speciali per stimolare la curiosità, interessi ed indicazioni per il futuro. In questo spirito, e proprio per celebrare il
Fig. 2. La "205" ultima nata dallo sposalizio fra Pinin-farina e Peugeot.
trentennio di collaborazione con la Casa fran-cese, la Carrozzeria di Grugliasco (150.000 m2 di superficie, 1623 dipendenti, 23.500 vet-ture all'anno) ha curato lo studio per un cou-pé degli anni '90, volto a continuare la gran-de tradizione gran-dei coupé Peugeot-Pininfarina, iniziata, come si è detto, nel 1962 con il mo-dello 404. È un modo per riproporre la filo-sofia della vettura coupé, che dopo il boom
Fig. 4 e 5. Il Centro Studi e Ricerche della Pininfarina. Sorge a Cambiano e vi lavorano 150 fra progettisti e disegnatori.
fatto registrare negli anni '60-'70, è stata ab-bandonata da molti costruttori europei. La «Griffe 4» (questo il nome del prototipo) potrebbe collocarsi nella fascia medio-alta del-la gamma Peugeot e rappresentare il seme di una nuova generazione di vetture.
Le sue dimensioni esterne sono contenute (lun-ghezza 4,41, lar(lun-ghezza 1,76, passo 2,68), ma all'interno vi è spazio per dare comoda
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Fig. 3. La Peugeot 403 berlina, il prodotto più significa-tivo della collaborazione fra Pininfarina e la Casa francese.
bilità a quattro persone.
Il padiglione, in materiale trasparente fumé, si raccorda bene con i cristalli laterali e, na-scondendo i montanti molto sottili sia ante-riori sia posteante-riori, dà l'impressione ottica di una «cupola» trasparente appoggiata sulla li-nea di cintura. Questa soluzione permette una grande visibilità, e la insolita trasparenza del tetto offre la sensazione di vivere in un modo nuovo l'automobile.
È importante sottolineare come la Peugeot sia stata, fra le Case francesi quella che ha fatto maggiormente ricorso allo stile italiano. Ma, a parte l'apporto stilistico e tecnico, l'ac-cordo con Peugeot è stato molto significati-vo per Pininfarina, per due ragioni. Anzitutto ha dato un'idea precisa della dimen-sione del rapporto azienda-cliente. I clienti di Pininfarina non sono mai stati saltuari, al con-trario le sono rimasti fedeli a lungo. Con Peu-geot il dialogo si è espresso al massimo; con Ferrari non accenna certo ad affievolirsi. Ma si è protratto parecchio anche con la BMC (al-meno finché essa è durata), mentre con la Honda c'è un « filo rosso » che dura ormai da sei anni.
Di contatti la Pininfarina ne ha sempre avuti anche con gli americani: nel '59 fece la Cadil-lac « Brougham » (in un anno duecento esem-plari), ed ora è avviato sèmpre con General Motors un rapporto importante, che porterà la Pininfarina a produrre 50 mila Cadillac « Allanté» (trenta al giorno per sei anni), nel-lo stabilimento che sta nascendo a San Gior-gio Canavese, di oltre cento mila metri qua-drati di superficie.
La fabbrica comincerà a funzionare verso la fine di quest'anno e sfornerà le prime Cadil-lac nella primavera dell'86. Un Jumbo farà la spola giornaliera Torino-Detroit per traspor-tarle. È la prima volta che il colosso america-no, il cliente più grande del mondo, si affida all'esterno per lo stile, la progettazione e la produzione di una sua vettura. Nel gruppo Ge-neral Motors la Cadillac è la marca di presti-gio, e l'Allanté sarà il suo fiore all'occhiello. È un contratto che vale mille miliardi, il più grosso affare stipulato dalla Pininfarina nel-la sua storia.
Ma, abbiamo detto, i motivi che hanno fatto importante il rapporto fra lo stilista torinese e il Costruttore francese sono stati due. Per spiegare il secondo occorre considerare che negli anni '50, quando l'accordo con Peugeot
venne stipulato, la Pininfarina si era già da-ta, sì, una struttura industriale, ma che tutta-via era ancora legata a metodi di lavoro arti-gianale. L'accordo ha costituito il colpo di ac-celeratore per progredire. Entrando in un rap-porto così stretto di collaborazione, non solo stilistico ma produttivo, l'azienda di Pinin ha assunto la mentalità della grande industria: ha sentito, e soddisfatto, la necessità di aggior-narsi, di ingrandirsi.
Oggi le accade la stessa cosa con l'arrivo del «ciclone» General Motors. E così è costretta un'altra volta a ristrutturarsi: Grugliasco (che ha una potenzialità di 150 vetture al giorno sia pure in differenti modelli e con un alto gra-do di flessibilità operativa) non basta più; ed ecco nascere l'insediamento di San Giorgio. Il lavoro con Peugeot cambiò la Pininfarina. Fra sei anni, a conclusione del lavoro con Ca-dillac, sarà ancora un'altra Pininfarina. Come l'«affaire» Peugeot fu il grosso colpo di Pinin, vecchio piemontese con mente aperta verso l'Europa, il business Cadillac è il capo-lavoro della seconda generazione, quella di Sergio, tecnocrate europeo con orizzonti mon-diali.
E se consideriamo che la terza generazione (i due figli di Sergio) già si affaccia al mondo del lavoro, possiamo avere una certezza in più: la preminenza dello stile italiano nell'automo-bile caratterizzerà anche il ventunesimo secolo.
In questo Centro la caratteristica principale delle attività è l'aspetto creativo, per il quale tutti gli operatori partecipano criticamente nel-l'ambito della propria professionalità allo svi-luppo e all'affinamento del lavoro. Manca in tutte le fasi di lavorazione qualun-que tipo di ripetitività e deve essere presente a tutti i livelli una continua «tensione» che porta a sorvegliare costantemente il risultato dei propri sforzi. Questa componente psico-logica si deve accoppiare a una capacità tec-nica specifica di alto livello che accompagni e aiuti il progresso del lavoro. Per questi mo-tivi le attrezzature, pur se aggiornate nei ma-teriali e negli strumenti di controllo, sono quel-le della tradizione artigiana, che richiede al-l'uomo di operare direttamente, delegando alle macchine solo una parte del processo produt-tivo.
Una tradizione, questa, che ha fatto grande la Carrozzeria torinese: un marchio che da de-cenni contribuisce a tenere alto il prestigio del-l'industria italiana in campo internazionale.