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Mother Clap’s Molly House (2001): un mosaico epico

L’opera con cui Mark Ravenhill inaugura il nuovo millennio costa all’autore un anno intero di studi. L’obiettivo iniziale: ricercare le origini dell’omosessualità intesa come fenomeno sociale. L’indagine, tuttavia, non dà i risultati sperati97: Mother Clap’s Molly House98 non è un’opera storica,

ma solo una «fantasia on historical themes» che, non proprio a sorpresa, «asks fresh questions about sexuality and the market place» (Ravenhill 2008: x).

Mother Clap presenta una Londra hogarthiana di inizio Settecento messa a confronto con l’età contemporanea in un’ottica di continuità, e sviluppa ulteriormente i temi introdotti con Shopping and Fucking servendosi di una tecnica narrativa già utilizzata in precedenza99. L’opera, un progetto ancora più ambizioso dei precedenti con il suo cast di quattordici attori e una colonna sonora realizzata da una piccola orchestra, segna un momento cruciale nella carriera dell’autore. In soli cinque anni, infatti, il teatro di Ravenhill lascia l’Upstairs e raggiunge uno dei palchi principali del National Theatre del quale, un anno dopo, l’autore diverrà membro: una transizione, come asserisce Saunders, da enfant terrible degli anni Novanta ai ranghi più alti del panorama teatrale inglese (Saunders 2012: 178).

Lo schema narrativo di Mother Clap, inoltre, volto a creare un parallelismo tra le due cornici temporali, posiziona l’opera di Ravenhill a fianco della tradizione storico-epica degli anni Ottanta alla quale appartengono, ad esempio, The Romans in Britain di Howard Brenton100 e Maydays di

97«Mother Clap’s Molly House comes closest to a researched play […]. I made a huge list of books I needed

to study – a year’s worth of reading – and looked at the piece of paper glumly for several months without inspiration. Finally deciding this was never going to work – and after reading one brief introduction to everyday life in London in 1700 – I wrote the play» (Ravenhill 2008: ix-x).

98L’opera debutta al Lyttelton del Royal National Theatre il 24 agosto 2001; regia di Nicholas Hytner e musica

di Matthew Scott.

99 In Handbag, Ravenhill mette a confronto in rapporto di continuità due storie: una ambientata nella

contemporaneità, in cui due coppie omosessuali decidono di avere un figlio con l’inseminazione artificiale; l’altra, una sorta di prequel di L’importanza di chiamarsi Ernesto, cronologicamente situata vent’anni prima dell’inizio della storia raccontata da Wilde.

100Venti anni prima del debutto di Mother Clap’s Molly House al National Theatre, Mary Whitehouse sporse

denuncia contro il regista di The Romans in Britain, Michael Bogdanov, a causa della rappresentazione sul palco dello stupro di un druido da parte dei soldati romani. Riferendosi contemporaneamente ai contenuti dell’opera di Ravenhill, dove il sesso anale è rappresentato in tutte le sue sfumature e senza restrizioni, e alla controversa storia dell’opera di Brenton, Charles Spencer ha esclamato: «my, how times change» (Daily

92 David Edgar. In modo particolare, però, Mother Clap si ispira a Restoration di Edward Bond, alla quale l’opera di Ravenhill deve molte delle sue peculiarità formali. Tra queste, il tentativo di riprodurre il linguaggio parlato nell’epoca storica presa in esame, l’inserimento di brani musicali e, in special modo, una narrazione costruita su una serie di argomentazioni dialettiche che entrambi gli autori riprendono dal teatro brechtiano (ivi, 178-9). Malgrado la natura epica della sua composizione, però, Mother Clap è saldamente situabile nell’ambito postmoderno della politica sessuale metropolitana (Billingham 2007: 141), vista la sua struttura costruita mediante l’alternarsi e il giustapporsi delle due cornici temporali. In Mother Clap, inoltre, Ravenhill apporta innovazioni al suo teatro: canzoni che, simili a un coro, commentano con tono satirico lo sviluppo della storia e dei personaggi, e danze che accompagnano i momenti musicali.

Per quanto riguarda la trama, Ravenhill riscrive la storia riportata da Rictor Norton nell’omonimo studio Mother Clap’s Molly House: un quadro illuminante rispetto all’identità omosessuale, le cui origini risalgono agli inizi del XVIII secolo. Un’ampia sezione della ricerca di Norton si concentra proprio sulle vicende della molly house diretta da Mother Clap in Field Lane a Holborn. Attorno alle molly houses, spiega lo studioso americano, verso il 1720 fiorisce una subcultura omosessuale: in quel periodo esistono dei club101 dove i ‘sodomiti’ si possono riunire spensieratamente. Le molly houses sono a tutti gli effetti case del piacere dove si noleggiano costumi, si consumano alcolici, si organizzano cerimonie come, ad esempio, battesimi e matrimoni; persino vengono inscenati dei parti. Occasionalmente, infine, ci si traveste. Sono in sostanza dei luoghi dove la cultura gay può sperimentare se stessa liberamente, benché l’omosessualità sia ancora illegale (Soncini 2021: 134). Come riportato da Norton,

it was not until about 1700 that gay men began to gather together within a structured social organisation which we can properly call a subculture. […] 250 years ago there was a thriving gay subculture in England, and […] there were actually more gay clubs and pubs in the heart of London in the early 1720s than there were in the 1950s when Parliament began to debate the consequences of reforming the laws against homosexuality. (cit. in ibid.)

Diversamente dalle opere precedenti, quindi, in cui si accenna con rimpianto a una mitica età dell’oro, ora questa possiede contorni storici e spaziali ben definiti, permettendo all’autore di confrontarsi con il presente. Tuttavia, tale momento edenico in cui l’omosessualità è ancora libera dai codici di comportamento imposti dall’essere ‘gay’ ha vita breve: il capitalismo incombe e la logica di mercato pervade anche la molly house.

Telegraph, 6.09.01). Come dargli torto? Per un resoconto della storia giudiziale riguardante la prima di The Romans in Britain: https://www.theguardian.com/world/2015/mar/19/romans-in-britain-play-mary- whitehouse-trial-archive-1982, ultimo accesso: 13/08/2020.

101Diversamente dai bordelli gestiti da maschi nell’età vittoriana, nelle molly houses (almeno inizialmente) il

93 Nel primo atto si assiste alla trasformazione di Mrs Tull in Mother Clap. Inizialmente proprietaria, insieme al marito, di un negozio dove si ricamano e vendono vestiti alle prostitute di Londra, la signora Tull eredita l’intera attività dopo la morte per sifilide del marito. Prima di diventare Mother Clap, Mrs Tull è una donna di mezza età rigidamente ancorata agli ideali puritani del suo tempo, una persona all work and no play oppressa dai limiti sociali imposti dal sesso. Ciò è dimostrato, per esempio, dalle sue ragioni nel respingere la richiesta d’impiego da parte di Princess Seraphina, «a large man in dress» (7): «[…] see – good Lord made two natures. Him [indicando Mr Tull]. Thass man. And then – bit of his rib – woman. Thass me. There in’t no room for third sex. You’re against Nature» (9)102. Ben presto, però, Mrs Tull mette da parte le sue obiezioni morali trasformandosi in

una donna emancipata e nell’imprenditrice accorta di un fiorente business sessuale (Soncini 2021: 134): «[…] I’m moving out of whores. Whores are finished and I’m moving into mollies» (54). A poco servono gli avvertimenti di Princess Seraphina riguardo al rischio di mettersi in affari con i ‘sodomiti’ poiché, come afferma Mother Clap, «[…] that is the beauty of business. It judges no one. […] And if your sodomite is a good customer, then that is where I shall do my business» (ibid.).

Il racconto di Ravenhill si discosta dalla ricostruzione storica di Norton sotto diversi aspetti. Innanzitutto, la storia di Mother Clap riscritta dal drammaturgo non si conclude con la condanna alla reclusione della proprietaria della molly house né con l’impiccagione dei tre ‘sodomiti’ riportata dallo storico: Ravenhill non ha alcun interesse a ritrarre le oppressioni subite dagli omosessuali nel Settecento103, quanto piuttosto a individuare nel presente le conseguenze delle lotte sociali dei mollies (Soncini 2021: 134.). Inoltre, come spiega Soncini, l’opera teatrale non punta tanto a fotografare la manifestazione storica di una specifica subcultura omosessuale, quanto «a fragile utopia where everybody – man or woman, gay or straight – is free to experiment with a whole range of subject positions» (ibid.). L’autore propone inoltre una rivisitazione del personaggio storico di Princess Seraphina, omosessuale secondo il resoconto di Norton, convertendolo in un travestito eterosessuale.

102Da qui in avanti, le citazioni da Mother Clap’s Molly House, raccolta in Mark Ravenhill Plays 2, sono

riportate con numero di pagina tra parentesi tonde.

103 Questo aspetto è sottolineato anche da Alderson. Nel suo studio il critico riporta l’ostilità con cui Norton

ha accusato l’opera di Ravenhill sul Gay Times «for its negative images, suggesting it was “dominated by themes of perversion, abnormality, unnaturalness, shame and self-hatred”, deforming historical persons by deploying “homophobic stereotypes” ». Con ancora più veemenza, Norton ha criticato Ravenhill per l’analogia proposta dal drammaturgo alla fine dell’opera tra le impiccagioni di massa degli omosessuali nel ‘700 e l’impatto dell’AIDS sulla società contemporanea. Tuttavia, Alderson precisa che la risposta di Norton doveva riferirsi a una prima stesura dell’opera, e non alla versione pubblicata nella quale tale associazione non era invece presente. D’accordo con Soncini, Alderson spiega: «[p]erhaps Ravenhill wanted to avoid any suggested associations between AIDS and punishment, but it is an omission which also suggests he was ultimately not interested in providing a historical narrative of State repression or other forms of victimhood» (Alderson 2010: 874).

94 A questi si affianca, sempre come frutto dell’immaginazione di Ravenhill, la figura di Amy104:

inizialmente giunta a Londra per fare la prostituta, la ragazza viene assorbita dallo spirito edonistico e carnevalesco della molly house di Mother Clap vestendo i panni di Ned. Ecco, quindi, un ulteriore allontanamento dalla verità storica: se nello studio di Norton il travestitismo possiede una natura occasionale, nell’opera di Ravenhill costituisce invece un fenomeno generalizzato. Il drammaturgo, infatti, pur riconoscendo nel profitto il fine ultimo del «marriage / of purse and arse and heart» (56) celebrato da Mother Clap, accentua la libertà nello scambio di ruoli e la fluidità degli orientamenti sessuali (ibid.) presentando un mondo in cui, alla fine del primo atto, ogni residuo di normativa etero è rimpiazzato da uno stile di vita essenzialmente queer105.

Allo spirito edonistico della molly house si contrappone la dissolutezza di un gruppo di giovani londinesi segregati nel raffinato appartamento di una coppia omosessuale, dove è in corso una festa a base di droghe e sesso sfrenato. Essere ‘gay’ nel 2001, sembra dirci Ravenhill, significa godere di una libertà sessuale assoluta ma priva di gioia e di piacere: l’ingenuità dei giochi che caratterizza la molly house lascia spazio a rituali feticisti e la voglia di sperimentazione si trasforma in uno scenario dove gli omosessuali sono pienamente integrati nella logica capitalistica della società. Figli emancipati del loro tempo ma schiavi dell’omologazione, le mollies del 2001 vivono la loro sessualità come un’arida serie di comportamenti mediati dalla pornografia e dall’utilizzo di giochi erotici, nonché alienati dal consumo di droghe e dall’occhio onnipresente della telecamera.

In un confronto tra le due epoche, Ravenhill dichiara che

[…] the 18th century characters are sort of freer, as they have no label or box. They are much readier to role play, ready to put on a dress, give birth, have a gang-bang, and there’s this sense of naiveté and excitement that doesn’t occur with the 21st century characters. The modern types are locked into the world of gay. The world of Calvin Klein and the gym. But saying that, both

104Amy, come ha osservato Saunders, «is the clearest example in Ravenhill’s work of a character whose

selfhood is defined wholly in terms of being a marketable commodity» (Saunders 2012: 180). Per esempio, quando questa scopre il valore della propria verginità (venti ghinee), esclama: «[i]n’t it a marvel what a body’s worth?» (13) e benedice il giorno in cui « […] a girl finds her body in’t just eating and shitting, in’t it? Day when a girl discovers she’s a commodity» (14).

105È un termine controverso con più significati: indica allo stesso tempo l’attivismo politico della comunità

gay nato durante la crisi dell’AIDS negli anni Ottanta, come anche la rappresentazione codificata dell’omosessualità nel teatro e nelle pellicole angloamericane precedente l’attenuazione della censura negli ultimi anni Sessanta (Saunders 2012: 172). Per quanto riguarda Ravenhill, l’autore rifiuta categoricamente di essere definito come uno scrittore ‘gay’, termine a suo avviso integrato nella cultura dei consumi e che si oppone all’anima ribelle dell’essere ‘queer’ (Sierz 2001a: 151). Il suo teatro, infine, non è identificabile secondo l’etichetta gay drama; piuttosto, la critica contro il concetto post-moderno di omosessualità, definito da Ravenhill con l’etichetta ‘post-gay’ (ibid.) e la transizione verso il queer drama hanno inizio già con Shopping and Fucking. Come asserisce Saunders, nella prima opera dello scrittore si assiste sia ad «una visione polivalente della sessualità per la quale personaggi come Mark e Robbie […] oscillano inconsciamente e senza restrizioni tra rapporti omo- ed eterosessuali», che ad «una volontà di sottoporre a giudizio e a criticare lo stile di vita e i principi degli omosessuali» (Saunders 2012: 172). Tale critica è presente in Mother Clap’s Molly House.

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sets of characters are trying to explore and trying to cope with a world in which a whole new set

of possibilities is being offered. (cit. in Alderson 2010: 876-7)

In occasione del debutto teatrale, il diverso senso di libertà vissuto dalle due generazioni è accentuato attraverso la scelta dei costumi: ai colori variopinti dei vestiti del 1700 e all’identità multiforme di chi li indossa si contrappone la monotonia della biancheria intima maschile firmata della tribù omosessuale del 2001 (Soncini 2019: 5).

Uno dei personaggi chiave della trama contemporanea dell’opera è senza dubbio Tom. Dichiaratosi omosessuale e trasferitosi a Londra solo di recente, questi è letteralmente una figura a cavallo tra passato e presente106: tanto è vero che la prima sovrapposizione delle due cornici temporali, alla fine della sesta scena, vede Eros, personaggio corale insieme a God, prendere per mano Tom e trasportarlo nella molly house (66-7). Diversamente dagli altri invitati alla festa, Tom si distingue per la sua inibizione e la sua timidezza, probabilmente retaggio del rapporto con un padre conservatore e autoritario (85). Eppure il ragazzo risolve facilmente questo problema emotivo arrivando al party già sotto l’effetto dell’ecstasy, che lo rende particolarmente estroverso e logorroico. Nel fiume di discorsi con cui investe Phil, uno degli ospiti, Tom racconta l’esperienza del suo coming out come di un vero e proprio salto nel futuro:

[…] Because actually, you know, I only came out recently. You know, when I moved to London. Two months and I’ve like totally changed. Like: there’s Old Me and New Me. […] Old Me was living in the Olden Days. History and that. Really, really old-fashioned. All scared and no sex and no drugs. And now there’s New Me – and I’m like totally Today. I’m Now […] Time machine. Two months and I’ve travelled hundreds of years into the future. Only the future’s like now. I mean, look at me. Clubs. E. Shagging all sorts of blokes. It’s great […]. (64)

Le parole pronunciate da Tom fanno di lui un portavoce dell’ossessione e della dipendenza che, nel 2001, non solo governano l’identità da lui recentemente acquisita, ma anche quella degli altri personaggi della trama. I valori di autonomia e libertà osannati da Tom e dai suoi compagni, come sottolinea Alderson, in questo contesto diventano «[the] rhetoric by which joyless compulsion and dependency are justified» (Alderson 2010: 877).

L’autore, dunque, critica apertamente la fissità dei ruoli e delle identità che, nell’età contemporanea, regolano le scelte di vita degli omosessuali tra cui, soprattutto, l’egocentrismo ossessivo che condiziona negativamente gli stessi rapporti con il mondo femminile, invisibile ai loro occhi. In questo senso Tina eredita dalle figure femminili delle opere precedenti, in particolare Lulu e Nadia, il peso dell’essere donna in un tempo in cui gli uomini non sanno prendersi cura di loro. Tina partecipa alla festa unicamente come fidanzata dello spacciatore Charlie: non è certamente un’ospite

106Tanto è vero che la prima sovrapposizione delle due cornici temporali, alla fine della sesta scena, vede Eros,

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gradita né, tanto meno, sente di appartenere al microcosmo dell’appartamento. Porta su di sé i segni evidenti di un malessere, come testimonia la sua compulsione a mutilarsi con i piercing. Ironicamente soprannominata da Charlie The Iron Lady, Tina è l’esatto opposto della “Signora di ferro”, epiteto utilizzato per Margaret Thatcher: tutt’altro che donna autoritaria e di potere, Tina appartiene alla schiera degli ultimi della società descritti dal teatro di Ravenhill e, come Nadia in Some Explicit Polaroids107, stenta a trovare un senso alla propria esistenza: «[…] I can’t choose. I just wanna pierce myself. To pass the time. And it doesn’t mean anything. Nothing means anything, does it?» (100).

La condizione subalterna della femminilità descritta da Ravenhill è drammaticamente rappresentata dal continuo sanguinamento dei genitali di Tina. Ed è proprio a causa del sangue108,

traccia inequivocabile di vita, che la ragazza si ribella dando voce alla critica di Ravenhill nei confronti del patinato mondo degli omosessuali. Infatti, quando il suo sangue minaccia di sporcare il prezioso divano di Will, questi a mala pena può arginare l’esplosione di rabbia – e di vita – della “ragazza di ferro”. E l’invettiva omofobica di Tina riecheggia quella di Lulu in Shopping and Fucking: «[y]ou fucking poof! I hate you. I hate you all. I hate your money. I hate your big houses. And I hate your fucking sofas. Fucking sticking your fists up each other. Fucking disgusting. / Fucking sick» (Ravenhill 2008: 65). Il sangue, infine, è un tema che attraversa le due epoche. Nel filone narrativo del Settecento, Amy sanguina a causa di un aborto che la giovane prostituta si procura in nome sia del guadagno che della libertà, rifiutando di essere madre. Così, secondo Alderson, Tina e Amy sono l’emblema di una femminilità che male si concilia con la maternità, poiché vittima di una sessualità maschile egoistica e «colonizzata dal mercato» (Alderson 2010: 878).

All’omologazione dell’identità gay odierna, l’autore contrappone la libertà della queerness caratterizzante il mondo della molly house. Essa non si riduce solo alla stravaganza della famiglia allargata di Mother Clap, ma si presenta come critica agli stereotipi di matrice eterosessuale che connotano l’omosessualità: il sentimento di vergogna109 e, soprattutto, le idee tradizionali di famiglia

e matrimonio. Lo scontro dialettico tra le realtà gay e queer è rappresentato da Ravenhill attraverso le figure dei due apprendisti, Martin e Orme: il primo è un omosessuale latente, il secondo colui che

107«Everything is terrible. Nothing means anything. There’s nobody out there. I’m alone in the universe» (292). 108 Sangue, trauma e ferite (inferte o autoinferte) sono un motivo ricorrente nelle opere di Ravenhill. In

Shopping and Fucking, per esempio, il sangue è un elemento che serve ai personaggi per ritrovare una connessione con la propria esistenza; per una trattazione sul tema del sangue nella prima opera dell’autore rimando a Carney (2013: 242); allo stesso modo, in Faust is Dead, Pete e Donny si procurano dei tagli preservandoli come opere d’arte, memento biologico di vita quando la Storia e l’Uomo sono dichiarati finiti.

109A tal riguardo, si veda il dialogo in cui Orme racconta a Martin delle sue visite furtive a Somodites Walk in

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lo introduce al piacere di una vita sessuale libera110. Per quanto riguarda la sua, Orme sembra non conoscere né regole né restrizioni; la sua queerness provoca in Martin attrazione e repulsione allo stesso tempo. Ravenhill si serve di Orme per sfidare ogni codice comportamentale prestabilito nelle relazioni affettive: per primo introduce un concetto alternativo di genitorialità, convinto che quando uno “spirito perduto” (vale a dire un omosessuale) è ripudiato dalla sua famiglia, è giusto che reinventi a suo piacimento le figure di padre e di madre (34). Durante la messa in scena del parto, inoltre, al termine del quale Martin/Susan porge il ‘neonato’ (una bambola di legno) a Orme/Kitty, questi rifiuta di proseguire con la pantomima dal momento che «there in’t no pleasure in that» (76). In questo modo, afferma Saunders, Orme respinge non solo la proposta implicita di Martin di formare una famiglia, ma anche le idee di monogamia e di famiglia tradizionale tipiche della norma eterosessuale (Saunders 2012: 184).

Concludendo, Mother Clap’s Molly House è un’opera che segna la fine di un’era e l’inizio di