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La svolta lirica e intertestuale

«I’m past violence – I’m really sick of it. It’s become like Trainspotting with film – so marketable and boring and I don’t want to deal with it anymore» (Sarah Kane a Nils Tabert; Saunders 2002: 135).

Quella di Kane è senz’altro stata una carriera travagliata. E ciò è dovuto in gran parte al polverone sollevato dalla sua prima opera. Se Blasted ha sconvolto il mondo del teatro inglese come una meteora inattesa, per l’autrice Phaedra’s Love diviene un’occasione per tenersi lontana dal terreno ancora radioattivo del Royal Court. Ma il segno lasciato da Blasted è ormai indelebile e il lavoro di Kane pare irrimediabilmente contrassegnato dal marchio in-yer-face o sotto l’etichetta New Brutalism. Come ha osservato Mary Luckhurst, la fama negativa dell’autrice non è stata costruita solo dalle parole – le recensioni della critica e l’uso della pubblicità da parte del Court - ma anche attraverso l’immagine di copertina del volume Methuen contenente le prime due opere. L’edizione di Blasted e Phaedra’s Love (pubblicato nel 1996) presenta infatti in primo piano la testa di Ian, il sangue che cola dagli occhi, «the blurb on the back emphasising the play’s “sheer unadulterated brutalism”» (Luckhurst 2005: 117). Nemmeno l’approccio metaforico con cui viene rappresentata la violenza in Cleansed riesce “purificare” l’immagine di Kane: quella sera di gennaio del 1995 offusca ancora la sua immagine, il suo nome e il suo teatro.

Dopo Cleansed, tuttavia, il teatro di Sarah Kane entra in una nuova dimensione e la cosiddetta ‘svolta lirica’ delle ultime opere, Crave e 4.48 Psychosis, contribuisce ulteriormente all’affermazione dell’autrice anche nel Regno Unito. Il progetto di Crave matura in America e l’esperienza oltre oceano risulta significativa: «it did change my writing because I was losing my cultural articulacy. The number of words I was using was getting smaller and smaller, and my writing became stranger and stranger» (Saunders 2002: 101). Così, Kane abbandona il tema della violenza e decide di mettere alla prova «how a good poet [she] could be while still writing something dramatic» (ibid.), modificando radicalmente lo stile della sua scrittura. Per sua stessa ammissione, Crave nasce come «deliberately an experiment with form, and language and rhythm and music» (ibid.). Nonostante la sua natura sperimentale, con il definitivo abbandono del realismo e della presenza del personaggio

59 tradizionale48, l’opera viene definita da Billington «by far her most achieved work». I vecchi oppositori di Kane parlano di una rinascita dell’artista, ora acclamata come «a commanding talent» (ivi, 102).

Il motivo del successo di Crave è dovuto anche alla sua spiccata componente intertestuale: nella storia raccontata dalle quattro voci, si incontrano citazioni tratte dalla letteratura, dalla religione e dalla cultura popolare (Saunders 2009: 32). Il testo riecheggia i capolavori di Shakespeare, T.S. Eliot, Beckett, Pinter e Virginia Woolf (Luckhurst 2005: 117). Attingendo le sue allusioni da un vasto canone letterario, il teatro di Kane rimodula la sua impostazione e rompe con il passato: come spiega Vicky Featherstone, regista di Crave, Kane vuole prima di tutto cancellare gli effetti negativi di Blasted scrivendo un’opera che possa essere giudicata per come è, e non perché è scritta da Sarah Kane49 (Saunders 2002: 102). Vi riesce: come afferma Billington, ammirando la fuga dell’autrice dai

pregiudizi soffocanti della critica, l’opera le concede finalmente di «essere libera» (ibid.).

Tra i numerosi echi letterari, in Crave emerge soprattutto una pietra miliare della poesia Novecentesca. L’opera è costruita secondo il principio compositivo di The Waste Land di Eliot, in cui le voci stesse trasmettono il messaggio del poemetto; una tecnica che, come spiega Saunders, preannuncia la svolta successiva di Eliot verso il dramma in versi. Nella visione del poeta il teatro è il medium ideale di trasmissione del messaggio poetico perché il palcoscenico può stimolare «the more musically sensitive [with] the rhythm, [while] for auditors of greater sensitiveness and understanding a meaning [will] reveal itself gradually» (ivi, 103). In Crave si riconoscono diverse citazioni da The Waste Land. Inoltre Kane, come Eliot, introduce frasi in lingua straniera ma, talvolta, riporta alla loro lingua originale i versi tradotti dal poeta. Tuttavia, se Eliot offre al lettore un gran numero di note esplicative, Kane non fornisce spiegazioni né tanto meno traduzioni delle battute pronunciate in tedesco, serbo-croato o spagnolo50. In Crave prevalgono il ritmo e le immagini evocati dal linguaggio: è da questi elementi che scaturisce il significato. Infatti, come afferma Featherstone, «even if we don’t understand where something has come from we understand the language which is used, so we can express that with meaning» (ivi, 130). Ma è il metodo intertestuale la comune caratteristica delle due opere. Così come avviene in The Waste Land, anche in Crave tutti i frammenti letterari si adattano l’un l’altro come note di un componimento musicale. La tecnica dei due autori

48Le quattro voci di Crave sono semplicemente indicate con le lettere A, B, C e M. Non sono personaggi con

una psiche complessa, ma sono piuttosto voci interiori di un Io frammentato che raccontano la propria storia senza seguire il principio di linearità. Nella seconda produzione inglese diretta da Vicky Featherstone i loro movimenti sono ridotti al minimo, seduti su quattro sedie mentre si rivolgono direttamente al pubblico (Saunders 2002: 133).

49Kane ha persino presentato l’opera servendosi di uno pseudonimo: Marie Kelvedon. 50Per lo meno non al pubblico.

60 produce un effetto particolare sul pubblico. Ne ha parlato Ingrid Craigie, attrice nel ruolo di M in entrambe le produzioni inglesi:

Sarah had lots of quotations and references in the play … but you have to forget those and turn them into a piece of work. So you can clearly see this might be a line from The Waste Land, or this is a quotation from a song. Sarah is transforming them to create a completely new piece of art. So, the references and quotations add layers and a texture to the play that is extraordinary and thrilling. So, you can find them throughout from the Bible, Camus, Prazac Nation, Buddhism, Chekov, Shakespeare, Herman Hesse, Aleister Crowley, David Edgar. (ivi, 103)

Nell’opera teatrale e nel poemetto, l’immagine evocata ritrae la desolazione dell’individuo sperduto nella folla delle grandi città.

La svolta poetica e il dialogo con la tradizione letteraria proseguono in 4.48 Psychosis. L’opera, da molti considerata il testamento dell’autrice, approfondisce la sperimentazione formale del testo e le tematiche già affrontate in Crave. Le due opere rievocano la composizione dei «diciassette scenari per il teatro» (Crimp 1997: 3) di Martin Crimp in Attempts to Her Life, dove immagini e ritmo sono evocati esclusivamente dall’uso del linguaggio. Per quanto riguarda la forma, l’opera di Crimp è più vicina a 4.48 Psychosis. Entrambe rinunciano del tutto alla categoria tradizionale di personaggio: anonimi trattini indicano l’alternarsi delle battute; non ci sono didascalie; non si specifica il numero di attori necessari alla performance; non è dato sapere chi stia parlando in un dato momento (Saunders 2002: 111). In 4.48 Psychosis, dove «[the] mind is the subject of these bewildered fragments» (210), la struttura non lineare si basa su una serie di discorsi per esprimere solo attraverso il linguaggio «the boundaries between reality, fantasy and different mental states» (ivi, 112). Gli enunciati assumono diverse forme: «monologues; doctor–patient conversations; the language of medical questionnaires and clinical case histories; material taken from popular ‘self-help’ psychology books; apocalyptic visions derived and inspired by the Book of Revelations, as well as disembodied text and numbers that the characters do not speak» (ibid.). Nelle battute è inoltre possibile scorgere l’ordito intertestuale delle varie fonti utilizzate da Kane. Oltre ai riferimenti biblici alla Apocalisse51, 4.48 Psychosis presenta motivi riconducibili a Die Leiden des jungen Werthers di Goethe, The Silver Chair52 di C.S. Lewis, Il mito di Sisifo di Camus, The Bell Jar di Sylvia Plath e il trattato di Edwin Schneidman intitolato The Suicidal Mind53 (ivi, 174 e 178). Kane, che nell’opera si autodefinisce «last in a long line of literary kleptomaniacs» (213), attinge persino al suo stesso repertorio. Il tema dell’amore sofferto attraversa tutte le sue opere e giunge fino a Crave e 4.48 Psychosis dove ogni speranza nell’amore è estinta: in Crave, il commento di C, «you’ve fallen in love for someone that doesn’t

51La sezione che inizia con «we are anathema / the pariahs of reason» (228-9).

52L’attimo di lucidità che nell’opera di Kane giunge alle 4 e 48 del mattino è ripreso dalla storia raccontata da

Lewis (cfr. conversazione con Daniel Evans in Saunders 2002: 178).

61 exist» (158), si ritrova nell’ultima opera quando una delle voci rivela di uscire «at six in the morning [to] start my search for you» (214). La stessa voce rievoca le immagini di Cleansed e Blasted affermando: «I would rather have lost my legs / pulled out my teeth / gouged out my eyes / than lost my love» (230). Come osserva Daniel Evans, «this incredible craving to find the beloved» (ivi, 173) è il nucleo centrale del lavoro di Kane. Tutti i suoi personaggi, consumati dal desiderio, sono disposti a morire per amore. E, come suggerisce Evans, il tema del sacrificio d’amore rievoca ancora una volta Shakespeare: nel teatro di Sarah Kane rivive la storia di Romeo and Juliet (ibid.).

La svolta lirica e la qualità letteraria assunta dal lavoro di Kane nell’ultima parte della sua carriera sono le premesse perché si modifichi la percezione di tutto il suo teatro. Sebbene Saunders abbia affermato che per il pubblico inglese le opere di Kane si riassumono in immagini gratuite di sesso e violenza (Saunders 2009: xxii-iii), e Luckhurst, in merito alla notorietà acquisita da Blasted, consideri con scetticismo il fatto che «her attempt to reinventation would eventually have outshone what came before» (Luckhurst 2005: 118), la critica, tuttavia, comincia a collocare l’autrice a fianco dei grandi maestri del teatro classico e moderno. Diventa così chiaro come il dialogo di Kane con la grande tradizione letteraria abbia inizio già con Blasted dove, come ha affermato David Greig, «the final images are not unlike those moments in Beckett where the human impulse to connect is found surviving in the most bleak and crushing places […] [and whose] roots were not in the bloodbaths of postmodern cinema but in the Shakespearean anatomies of reduced men: Lear on the heath and Timon in his cave» (Greig 2001, x).

È già Saunders, nella sua fondamentale monografia, a mettere in luce la presenza di Beckett e Shakespeare in Blasted. Lo stesso studioso dedica poi due studi approfonditi54 ai motivi beckettiani tratti specialmente da Waiting for Godot e Endgame, nonché alla forte influenza di King Lear sulla prima opera di Sarah Kane. L’autrice stessa ha rivelato la propria ammirazione per Beckett e la capacità «[of] his language [to adapt] incredibly to the expression of a particular emotion» (Saunders 2009: 45). Per quanto riguarda le somiglianze con King Lear, invece, Kane ha spiegato che Blasted «[is] a blatant [albeit unconscious] rewrite of Shakespeare» (ivi, 40). Gli studi di Saunders sull’intertestualità di Blasted sono importanti perché confutano l’appartenenza dell’opera e del teatro di Kane nel suo insieme a un genere esclusivamente esperienziale o catalogabile come puramente in- yer-face.

54Sarah Kane in Context, capitolo 5, “The Beckettian world of Sarah Kane” (pp. 68-79); ‘“Out Vile Jelly”:

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Blasted: oltre In-Yer-Face

Come accennato in precedenza, experiential è il termine utilizzato dall’autrice relativamente al tipo di teatro «[she] wanted to make» (ivi, 47). Ed è infatti l’influenza di Mad, l’opera realizzata da Jeremy Weller e messa in scena al festival teatrale di Edimburgo, a definire la natura esperienziale di Blasted. Questa e altre produzioni del Grassmarket Project annullano i confini tra realtà e messa in scena provocando un forte impatto emotivo sul pubblico, talmente coinvolto da intervenire a volte direttamente nel succedersi dei fatti sul palcoscenico. Come racconta Weller durante un’intervista con Saunders, uno spettatore grida agli attori di fermarsi mentre assiste a una scena di Mad dove

[o]ne of the women performers gets one of the male actors to play the part of her former boyfriend and enact out the violence she experienced at his hands. At first he feigns hitting her, and she says, “No, you’re not getting this right”. So she takes over and slaps him really hard. The scene ends with her kicking, punching and dragging him naked around the stage; and during that scene people in the audience actually cried out, “Stop this!” (ivi, 123).

Per questa ragione Saunders paragona il teatro di Weller agli «scenari […] del mondo oltre il teatro» (enfasi mia) in Attempts on Her Life di Martin Crimp dove «we need to feel / what we’re seeing is

real / It isn’t just acting / It’s far more exacting than acting» (Crimp 1997, cit. in Saunders 2003: 101). In Mad, l’immediatezza del linguaggio e la crudezza della recitazione sono ideati per stimolare nel pubblico lo stesso dolore vissuto sul palco. E questa stessa peculiarità è divenuta un luogo comune attribuito anche al lavoro di Kane, a causa del quale l’aspetto letterario delle sue opere è passato in secondo piano (ibid.).

Ci sono, comunque, differenze sostanziali tra il teatro di Kane e quello di Weller55. L’autrice, pur volendo abbattere il confine tra palcoscenico e mondo esteriore, tra performance e vita reale, si distingue tuttavia per il rigido controllo sulla forma. D’accordo con Saunders nel sottolineare questa diversità cruciale, Weller spiega che «for any given project, [he] write[s] a lot and give[s] it to both the non-actors and professional actors who are mixed in, but [he’s] also looking for that “life” – the emotion – the rawness to be present [a]nd [he] wouldn’t want to imprison [his] people in the text» (Saunders 2009: 120). Se, come afferma uno spettatore di Mad, l’andamento dell’opera è simile a un flusso di coscienza, Blasted e le altre opere di Kane sono le creazioni di un’autrice che, secondo un’osservazione di Claire Armistead, «knows the difference between a comma and a full stop and will stop at nothing to make sure others respect it» (Saunders 2003: 101).

55Ma anche tra la componente esperienziale del teatro di Weller e quella che caratterizza l’accecamento di

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Piuttosto, si può dire che, nel lavoro di Kane, i due aspetti – esperienziale e letterario – convivano e producano, spiega Saunders, «a fascinating tension […] whereby periods of “calm” or lyricism are often followed by eruptions of physical, emotional or verbal violence» (ibid.). Eppure, a livello di ricezione, l’anima esperienziale sembra prevalere su quella letteraria mentre, come afferma Greig, «to read [Kane’s] plays, for all their pain, as raw, is to overlook the complex artfulness of their construction» (Greig 2001; xv). Saunders e Greig si riferiscono naturalmente ai frequenti richiami a Beckett, Shakespeare, Eliot e a tutte le altre grandi influenze sul suo lavoro. Inoltre, malgrado i cliché nati intorno al teatro di Kane, le produzioni del Royal Court realizzate da Macdonald testimoniano, già con Cleansed, un’inversione di rotta rispetto alla rappresentazione della violenza, «unconver[ing] the ritual, imagery and symbolism that existed beneath its surface brutality» (Saunders 2003: 101): un approccio che, come si è visto, è stato adottato soprattutto nella ripresa di Blasted del 2001.

Al contempo Blasted, nonostante sia considerata da Sierz l’opera simbolo del fenomeno in-yer- face, si allontana dalle caratteristiche condivise da tale estetica e colloca il teatro di Kane in una posizione diversa da quella della generazione di scrittori inglesi degli anni Novanta. Questi autori si distinguono per l’abbandono delle ideologie, per l’adesione al tema che concerne la crisi della mascolinità, per il ripudio della logica di mercato, per il nichilismo generale e, in modo particolare, per la presenza costante di una violenza brutale e gratuita. Nel teatro di Kane, invece, le immagini estreme hanno lo scopo di guidarci verso le pulsioni oscure della specie umana. Rappresentare la violenza attraverso la mediazione teatrale può essere il primo passo verso la cura del male nella società. Secondo l’autrice,

[…] the function of theatre is to allow experimentation through art in a way that we are not able to experiment effectively in real life. If we experiment in theatre, such as an act of extreme violence, then maybe we can repulse it as such, to prevent the act of extreme violence out on the street. I believe that people can change and that it is possible for us a species to change our future. It’s for this that I write what I write. […] Sometimes we have to descend into hell imaginatively in order to avoid going there in reality. If we can experience something through art, the we might be able to change our future, because experience engraves lessons on our heart through suffering, whereas speculation leaves us untouched. (Saunders 2009: 82 e 84-5)

Richiamandoci a Saunders, il teatro di Kane «ci sconvolge, ma solo per farci ritrovare la nostra umanità» (Saunders 2004: 76). Il critico ritiene infatti che l’opera dell’autrice sia più vicina alla tradizione di scrittori del dramma elisabettiano-giacobiano come Marlowe e Webster, i cui protagonisti sono destinati alla catastrofe, in questo simili ai personaggi di Kane. Se, come spiega Howard Barker in un saggio sul ritorno al testo classico, il dramma contemporaneo affronta argomenti domestici, ritraendo la violenza nelle sue sfaccettature (l’abuso di minori, la dipendenza da droghe ecc.), i temi esaminati da Kane, invece, riprendono i turbamenti dell’animo umano presenti nel teatro classico e moderno. Saunders crede che, nel contesto del teatro contemporaneo, le grandi tragedie del

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passato siano ormai relegate nell’ambito degli studi accademici, esemplari di una cultura le cui emozioni non sanno esprimere la condizione umana del presente (ivi, 76-7) ma, citando Barker, afferma anche che il genere della tragedia è un atto di ribellione contro l’ordine stabilito:

the illegitimate of all art forms, the most devastating to social orders and consequently, the most de-civilizing, the darkest, and yet simultaneously the most life-affirming, for precisely by standing so close to the rim of the abyss it delivers expression to the inexpressible, and stages emotions the so-called open society finds it impossible to contemplate. (ibid.)

In questo senso, il teatro degli estremi di Kane riporta in vita le emozioni di cui parla Barker. Come ha osservato Saunders, non solo i suoi personaggi si muovono costantemente ai “margini dell’abisso”, ma sono anche tragicamente destinati a cadervi. Se gli scrittori contemporanei prediligono le questioni del loro tempo – la fine della storia e delle ideologie, o la cosiddetta crisi della mascolinità – Kane si confronta con i temi universali dell’essere umano addentrandosi negli spazi più remoti della psiche. Per queste ragioni il suo teatro si discosta dalla tradizione contemporanea e si avvicina a quella classica.

Infine, la grande eredità di Kane risiede nell’essenza rivoluzionaria del suo fare teatro. Il debutto di Blasted, infatti, è l’emblema della rottura con il repertorio di opere socio-realistiche caratterizzanti il palco del Royal Court fin dai tempi di Osborne. Una tradizione descritta da Macdonald come «driven by a clear political agenda, kitted out with signposts indicating meaning, and generally featuring a hefty state-of-the-nation speech somewhere near the end» (Saunders 2003: 106), che la bomba di Blasted fa saltare letteralmente in aria. La sperimentazione volta a sovvertire la forma teatrale è un ulteriore elemento che allontana Kane dagli scrittori della new wave degli anni Novanta. Benché il contenuto delle loro opere sia originale, questi autori non hanno saputo portare avanti l’innovazione teatrale di Look Back in Anger: «superficially», commenta Edgar, «forty years after drama was dragged kicking and screaming from the drawing room into the kitchen, the new generation appears to be dragging it right on back again» (Edgar 1999: 29). Al contrario, ogni opera di Kane esplora forme sempre diverse.

Tuttavia, avverte Saunders, l’audacia con cui l’autrice ha sfidato le regole tradizionali della messa in scena, piazzando la sua bomba sotto le convenzioni socio-realistiche del teatro inglese, non sembra aver avuto un impatto significativo sugli altri drammaturghi della sua generazione: «the impact of the mortar bomb in Blasted was retrospectively more like a firework let off in a milk bottle – confined largely within the parameters of the play itself» (Saunders 2003: 109).

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‘Looks like there’s a war on’: l’estetica del terrore

In Blasted esiste un quarto personaggio che, pur non avendo un nome, agisce incontrastato