C) Associazione tra anormalità molecolari e citogetiche per sottotipo di MDS Con il colore blu e verde sono rappresentati i geni e patologia associati insieme che hanno una frequenza maggiore di quanto
3.5.8 Mutazioni DNMT
L’inizio di un cancro e la sua progressione è causata da alterazioni genetiche ed epigenetiche del DNA. I genomi delle cellule neoplastiche sono caratterizzate da una globale ipometilazione del DNA con una concomitante ipermetilazione della zona promoter dei geni. La distorsione della metilazione della citosina può contribuire allo sviluppo del tumore, a causa della diminuzione del espressione dei geni oncosopressiori chiave, i quali sono ipermetilati nelle neoplasie. Ad oggi comunque i meccanismi di metilazione che alterino il DNA nel cancro sono oscuri. Sia la AML che le MDS esprimono il paradigma di metilazione del DNA sopra descritto. Alterazioni genetiche specifiche contribuiscono allo sviluppo di queste patologie. Evidenze indirette supportano l’ipotesi che i cambiamenti della metilazione del DNA siano importanti nella patogenesi delle MDS, come dimostrano i risultati clinici ottenuti grazie ai farmaci analoghi alla citosina (5-azacitidina). L’inibizione
delle DNA metiltranferasi (DNMTs), che sono responsabili per il legame covalente dei gruppi metilici al dinucleotide CpG è solo un potenziale meccanismo della funzione della 5-azacitidina (5-AZA).
Le DNMTs sono critiche per stabilire e mantenere la metilazione di CpG. Le DNMTS umane con maggior attività sono le DNMT1, DNMT3A e DNMT3B. Le DNMT3A e B sono le metiltrasferasi i coinvolte nella metilazione de novo e funzionalmente indipendenti dalla replicazione, mentre la DNMT1 agisce principalmente durante la replicazione per mantenere emimetilato il DNA. Il legame tra le DNMTs e neoplasie proviene dall’osservazione che l’elevato livello di proteine DNMT ricorrono in molti tipi di cancro e la iper-espressione di DNMT1 promuove la trasformazione neoplastica delle cellule normali.
Nei pazienti con MDS de novo le mutazioni finora trovate sul gene DNMT3A sono 13. Le mutazioni sono tutte eterozigoti e sono predette tramite metodi computazionali. I pazienti con MDS che mostrino una mutazione su DNMT3A sembrano avere una peggiore sopravvivenza e una progressione più rapida in AML, suggerendo che la mutazione ha una valore prognostico.
Non si conosce se le mutazioni portino ad una perdita o guadagno di funzione o abbiano una conseguenza solamente negativa. Le mutazioni missenso coinvolgono domini altamente conservarti all’interno della DNMT3A indicando che possano non essere semplici perdite di funzioni, ma che possano conferire nuove funzioni alla proteina. Al contrario le mutazioni “frameshift e “non-sense” ricorrono a monte del dominio transferasico e portano a vere e proprie perdite di funzione.
I dati dei sequenziamenti del DNA rivelano che l’allele mutato di DNMT3A è presente ed è espresso in quasi tutte le cellule dei campioni MDS, al livello dei mieloblasti. Ciò permette di asserire che le mutazioni su DNMT3A compaiono precocemente nel processo patologico e che conferiscano un vantaggio clonale.
La crescente lista delle mutazioni somatiche nelle MDS che riguardano le proteine modificanti istoni e le pubblicazioni sul gene della DNMT3A sottolineano l’portanza dei meccanismi epigenetici e il loro riassetto tramite inibitori delle metiltransferasi. Il responso degli agenti ipometilanti permetterà di esplorare in uno studio più ampio e retrospettivo i futuri trial clinici.
Il potenziale uso delle mutazioni di DNMT3A per la prognosi nelle MDS de
novo è piuttosto convincente, ma bisogna che vengano validati ancora un
maggior numero di studi.
In futuro lo stato mutazionale di DNMT3A potrà aiutare i clinici a stratificare il rischio dei pazienti con MDS de novo per effettuare precocemente trattamenti più aggressivi nel corso della patologia e avviarli al il trapianto allogenico se possibile[155].
Mutazioni genetiche
Modificazioni cromatina
Gene mutato Funzione Frequenza mutazionale Rilevanza prognostica
Addition of sex combs- like 1 (ASXL1) Polycomb repressive complex 2 (PRC2)- mediated trascriptional repression 14-29% - Shortened survival (Bejar et al., NEJM 2011,JCO 2012, Thol, et al., JCO 2011) Enhancer of zeste homolog 2 (EZH2) Catalytic subunit ofPRC2 involved in repressing gene expression throughmethylation of histone H3 on lysine 27 (H3K27) 6-8% - Shortened survival (Bejar et al., NEJM 2011)
Metilazione del DNA
Gene mutato Funzione Frequenza mutazionale Rilevanza prognostica
Ten-eleven traslocation 2 (TET2) Cytosine demethylation and chromatin modification 12-23% - No impact on survival (Smith et al., Blood 2010, Bejar , et al NEJM 2011, JCO 2012)
- Shortened survival
after transplant (Bejar et al JCO 2014)
DNA methyltransferase 3A (DNMT3A)
Catalyze addition af methyl group to the cytosine residue of CpG dinucleotides
13-18% - Shortened survival after transplant (Bejar et al JCO 2014) - Shortened survival (Walter et al., Leukemia 2011) Isocitrate dehydrogenase 2 (IDH2) Catalyze oxidative decarboxylation of isocitrate to alfa-KG in mitochondria 2-9% - No impact on survival (Patnaik et al., Leukemia 2012) - Shortned survival (Bejar et al., NEJM 2011) Isocitrate dehydrogenase 1 (IDH 1) Catalyze oxidative dicarboxylation of isocitrate to alfa-KG in the cytosol 2-4% - Shortned survival Patnaik et al., Leukemia 2012) - No impact on survival (Bejar et al., JCO 2014)
Splicing RNA
Gene mutato Funzione Frequenza mutazionale Rilevanza prognostica
Splicing factor 3B1 (SF3B1)
Involved in binding of spliceosomal U2 snRNP to the branch point close to the 3?splicing sites
9-75% - Longer survival (Papaemmanui et al., NEJM 2011)
- No impact on survival (Patnaik et al., Blood 20111, Bejar , et al., 2012) U2 snRNP auxiliary factor 1 (U2AF1/ U2AF35) Regulatory subunit of the U2AF splicing factor that binds the 3’ AG splice acceptor dinucleotide of pre- mRNA target intron, and forms a heterodimer with U2AF2, which binds the adjacent polypyrimidine tract 12-16% - No impact on survival (Bejar et al.,JCO 2012) - Shortned survival (Makahima et al., Blood 2012) Serine/arginine-rich splicing factor 2 (SRSF2) Involved in slice-site selection, spliceosome assenbly and boh costitutive and alternative splicing
12-15% - Shortned survival (Wu et al., Blood 2012, Thol et al., Blood 2012, Damm et al., Blood 2013)
- No impact on survival
(Bejar et al., JCO 2012)
U2 small nuclear ribonucleoprotein auxiliary factor 35 KDa subunit-related protein 2 (ZRSR2)
Involved in slice-site selection, spliceosome assenbly and boh costitutive and alternative splicing
3-11% No impact on survival (Thol et al., Blood 2012) Shortened survival in ZRSR2mut/
TET2mut(Damm et al.,
Blood 2013)
DNA repair
Tumor protein p53 (TP53)
Role in apoptosis, G1 arrest and DNA repair. p53funcions ad
transcription factor and upregulates a number of genes involved in these process
2-21% Shotened survival (Bejar et al., NEJM 2011, JCO 2012) after transpalnt (Bejar et al., JCO 2014)
Trascriptional regulation
Gene mutato Funzione Frequenza mutazionale Rilevanza prognostica
Runt-related
trascriptional factor 1 (RUNX1) also known as acute myeloid leukemia 1 protein (AML1)or core-binding factor subunit alpha-2 (CBFA2)BCL-6 corepressor, (BCoR) Runx1/CBF beta funcions as a transcriptional activator of target gene expression 9-16% Shortened survival (Bejar et al., NEJM 2011, JCO 2012)
BCL-6 corepressor (BCoR)
BCL-6 repression. Specific clas I and II hystone deacetylases (HDACs) interact in vivo with BCoR
4% Shortened survival (Damm et al., Blood 2013)
E-26 trasforming specific ETS variant 6 (ETV6)
Transcriptional repressor
1.3-3% Shortened survival (Bejar et al. NEJM 2011)
Signal trasduction
Gene mutato Funzione Frequenza mutazionale Rilevanza prognostica
Neuroblastoma RAS viral (v-
ras)oncogene(NRAS)
Enzyme with GTP/GDP binding and GTPase activty involved in the normale control of cell growth
3-4% Shortened survival (Bejar et al. NEJM 2011)
Janus Kinase 2 (JAK2) Association with cytokine receptors and involved signal
transduction by mediating tyrosine phosphorilation
3% No impact on survival (Bejar et al., NEJM 2011, JCO 2012)
Casitas B-lineage lymphoma (CBL)
E3 ubiquitin ligase that such functions as transduction pathways
2% Shortened survival (Bejar et al., NEJM 2011)
Cohesin complex
Gene mutato Funzione Frequenza mutazionale Rilevanza prognostica
Stroma antigen 2 Part of the coheion complex of sister chromatidsafter DNA replication
6-8% Shortened survival (Thota et al., Blood 2014)
4. LA PROGNOSI
Le sindromi mielodisplastiche (MDS) sono caratterizzate da una sopravvivenza variabile da poche settimane a diversi anni. E’ interessante notare come il concetto di “preleucemia”, inteso in passato, come sinonimo di MDS si sia gradualmente ridimensionato, alla luce del fatto che, la maggior parte dei pazienti affetti da MDS è principalmente predisposta alle complicanze dell’insufficienza midollare e alle citopenie periferiche, piuttosto che all’evoluzione in leucemia mieloide acuta. Negli ultimi anni sono sempre emerse più chiaramente le complessità clinico-biologiche delle MDS e dunque la necessità di identificarne le caratteristiche peculiari e comuni in grado di predirne l’evoluzione[156,157].
Il decorso clinico delle MDS non è statico, ma subisce significativi cambiamenti nel tempo nello stesso individuo e sebbene ci siano vari tentativi di suddividere i pazienti in sottogruppi omogenei per caratteristiche cliniche, morfologiche e citogenetiche rimane una notevole variabilità prognostica, anche tra pazienti mielodisplastici appartenenti alle stesse classi di rischio. Dal punto di vista del paziente la prognosi aiuta a definire la gravità della patologia e a valutare l’impatto psicologico, fisico e sociale. Le persone spesso vogliono sapere “quanto tempo gli rimane”. Per individuare come impatterà la patologia sul paziente bisogna valutare la gravità della patologia, le comorbilità, l’età e potenzialmente la condizione socio-economica dell’individuo.
Dal punto di vista del clinico invece, l’informazione prognostica è un punto fermo essenziale per “stadiare" la patologia in modo che si possa operare la terapia più adeguata. La prognosi in questo caso si focalizza principalmente sul rischio specifico della patologia ed in particolare sul rischio di morte e progressione neoplastica in assenza di terapia.
Sia per i pazienti che per i medici, la stima della prognosi è un processo continuo che non si blocca solo al tempo della diagnosi. La rivalutazione della prognosi può essere utilizzata quando un paziente mostra segni di progressione o dopo che si instauri una refrattarietà alla terapia.
I modelli prognostici che considerano le caratteristiche presenti prima di un intervento terapeutico sono molto preziosi, in particolare se identificano sottogruppi di pazienti la cui prognosi è migliorata da una particolare terapia. Nessun modello prognostico può soddisfare i bisogni dei pazienti o dei clinici in qualsiasi contesto, mantenendo sempre una elevata accuratezza. Diversi sistemi possono essere utilizzati in diversi scenari o sottogruppi di pazienti. Gli “score” prognostici usati per descrivere i soggetti nei trial clinici o incorporati nelle line guida pratiche, hanno grandissima importanza. Storicamente l’IPSS (International Prognostic Score System) è venuto in contro a queste esigenze. La sua revisione con l’IPSS-R (International Score
System Revised) implementa l’IPSS ed è diventato de facto lo standard per
suddividere i pazienti con MDS e dargli un’ “identità” prognostica[158].