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Napoli], mercoledì 19 luglio 1893 Cartolina postale

V.Pica Lett., p.177.

[…] Con questa cartolina, ti perverrà una pagina di un albo femminile su cui tu e l’amico Verga se è ancora costi dovete scrivere qualcosa per poi rimandarmela subito: è una delle piccole noje della celebrità e bisogna sopportarla pazientemente. Non andrai quest’anno a Milano e non verrai neppure a Napoli?

Pica, Vittorio

De Roberto, Federico

Napoli, 6 agosto 1893

Cartolina postale

V.Pica Lett., p.179.

[…] Non ti ho scritto prima, caro Federigo, perché aspettavo che mi fosse restituito Au Soleil; ieri finalmente l’ho riavuto, ma vi ho cercato invano la pagina da te indicatami: essa deve trovarsi nella Vie

errante che io non posseggo. […] Per la pagina d’albo, non bisogna piegarla e puoi scrivere di lungo o di largo siccome meglio t’aggrada.

Pica, Vittorio

De Roberto, Federico

[Napoli,] mercoledì [13 agosto 1893]

Lettera

V.Pica Lett., pp.181-182.

[…] Una buona notizia: l’on. Casale, sapientemente officiato, ha scritto a favor tuo una relazione che conclude, secondo il tuo desiderio, a conservare l’antico imponibile senza nessun nuovo aumento, approvata senza veruna modifica dalla Commissione, che si riunirà nuovamente verso la metà di ottobre. […] Inutile dirti che il Carratura non si è presentato né dinanzi alla comm.e com.e né dinanzi

alla comm.e prov.e facendo per due volte giudicare il tuo reclamo in contumacia, e che, soltanto quando io gli ho scritto di non occuparsi più di tale faccenda della quale mi sarei interamente occupato io insieme con mio cugino l’avv.to De Sangro egli ho chiesto un certo avviso di convocazione, è corso

senza rispondermi né più farsi vivo con me dal Casale, che lo ha rimandato, facendogli una lavatina di capo.

De Roberto, Federico

Di Giorgi, Ferdinando

Catania, 23 agosto 1893

Lettera

FDG, 1974, pp.291-292.

[…] Dalla famosa primavera del 1892 a oggi non ho saputo più niente di te, fatta eccezione per le notizie che mi diede il vecchio Verga, cioè che fosti a Milano l’estate scorsa dopo che io avevo filato. Ma il venerando Verga suddetto non ti vide: ebbe soltanto un molto laconico e quasi direi diplomatico tuo biglietto di visita. […] Ma tu zitto come un pesce per un anno e mezzo, quasi. Non rispondesti neppure alla lettera anonima che ti scrissi cinque o sei mesi fa! Ora l’articolo sul foglio sicolo mi rivela che sei ancora tra i viventi e mi fa supporre, non so con quanta verosimiglianza, che forse sei ancora alla Noce. […] A proposito del tuo articolo, ti dirò che io mi sono comportato come l’ultimo degli uomini col signor Varvaro. […] In «progresso di tempo» sono stato così copiosamente seccato e vessato, che non ho potuto rispondere né a lui né ad altri. Questa è la prima lettera che scrivo da quasi tre mesi, ma non ti dico altro di me, se prima non «sciogli» il tuo silenzio.

Di Giorgi, Ferdinando

De Roberto, Federico

Palermo, 6 settembre [1893]

Lettera

FDG, 1985, pp.353-357.

[…] Ti confesserò! Tu non sei l’uomo più adatto per versargli nel gilet le proprie intime cose! Perché hai la debolezza di posare un po’ troppo a scettico, a blasé, ad un uomo che ha troppo vissuto per non avere il diritto di prendere in giro gli altri, e questo non è precisamente ciò che ci vuole per me che sono quasi felice in fondo d’aver sofferto tutto ciò che ho sofferto. […] Quando usciranno I Vicerè? Forse che invecchiando impoltrisci? Tu vedi, che io non tralascio alcuna occasione per proclamare ai volghi

sicoli la tua grandezza. Ho letto uno scemo e odioso articolo sull’Illusione nella “Scena” e ne ho fatta un’indigestione di bile! […] Vorrei sapere due cose. Se il vecchio è a Milano e in che epoca precisamente tu fosti a Napoli la scorsa primavera. Mi accontenterai?

De Roberto, Federico

Di Giorgi, Ferdinando

Catania, 10 settembre 1893

Lettera

FDG, 1974, pp.293-301.

[…] È vero che io poso, ma non a scettico, né a blasé; semplicemente: a filosofo. [..] In quest’inverno la Gazzetta del Popolo di Torino mi domandò il permesso, dietro pagamento, di riprodurre l’Illusione nelle sue appendici; allora io mi misi a fare questo lavoro di quasi traduzione; ma, per la fretta che ebbe il giornale, non lo potei compiere. […] Il filosofo, esaminando così i fatti e scoprendo le loro ragioni, non s’indigna, ma «in quello vece» ride. Ora, quel che ti ho detto circa i miei concetti linguistici, potrai comprendere un poco perché i Vicerè non sono ancora pubblicati. […] Lavoro, o per meglio dire ho lavorato da cane. In novembre scorso i Vicerè erano finiti di scrivere: da novembre a luglio, per otto mesi, non ho fatto altro che correggere. […] Lo sforzo materiale e mentale è stato tanto, che ho buscato una malattia nervosa per la quale ho dovuto consultare le «sommità» mediche con mediocre costrutto, perché tuttavia mi letifica. Ora da quasi due mesi il ms. si trova in mano di Carlino che però non ha fatto ancora nulla per risolvere quel complicato problema di ridurre qurl ms. che pare un vocabolario, a un volume che non spaventi il buon pubblico. Se io non vado a Milano, chi sa quando ne caveremo i piedi. […] L’itinerario del mio viaggio, l’anno scorso, fu il seguente: partii da Catania per Roma il 29 maggio, partii da Roma per Napoli il 22 giugno, da Napoli per Milano il 30 giugno; da Milano per Napoli il 14 agosto, da Napoli per Catania il 28. Fui dunque a Napoli due volte.

Chiesa, Carlo

Milano, 11 settembre 1893