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Nascita ed azioni del Comitato Alluvionati di Favaro Veneto.

5. L’ALLUVIONE DI FAVARO VENETO NEL 2006.

5.3. Nascita ed azioni del Comitato Alluvionati di Favaro Veneto.

Per avere un punto di riferimento per le persone colpite dall’alluvione, è stato creato il Comitato Allagati di Favaro Veneto, con referente il sig. Fabrizio Zabeo, anche lui colpito dall’evento e che in seguito si è impegnato in prima persona per capire come sia potuto succedere un disastro come quello di Settembre 2006. La prima azione che il Comitato ha intrapreso – in concomitanza con gli altri comitati nati nelle zone limitrofe colpite dall’alluvione – è stata quella di chiedere il risarcimento dei danni all’ente comunale. In seguito, si è chiesta chiarezza su come siano potuti accadere allagamenti su zone così ampie; la risposta è arrivata il mese seguente, quando l’Assessore Sandro Simionato ha convocato Favaro assieme a Mestre e Marghera, presentando una situazione idrogeologica poco rassicurante. Il sistema fognario, iniziato nel 1994, era ancora incompleto e gli enti di gestione delle acque di superficie non si coordinavano tra di loro; a questo si doveva aggiungere la mancanza di fondi, cui seguivano la scarsa manutenzione e la sfavorevole conformazione dell’entroterra, che a tutt’oggi si presenta come un bacino di raccolta delle acque che provengono da monte e scaricano in laguna28. I comitati chiesero che questa situazione venisse quanto prima condotta a normalità, ma non si limitarono a questo; iniziarono ad organizzare incontri pubblici per far conoscere il territorio e sensibilizzare la popolazione sulla situazione idrogeologica e la necessità che tutti fossero partecipi anche nel segnalare eventuali pericoli sugli argini, o rifiuti in prossimità delle chiuse dei canali, che avrebbero ostruito il passaggio delle acque29.

Fabrizio Zabeo iniziò a monitorare il territorio e continua a farlo anche a distanza di 12 anni girando in biciletta e controllando che i canali siano liberi da impedimenti; nel caso in cui riscontri qualcosa lo segnale prontamente alle autorità municipali preposte30.

28 I comitati degli allagati 2006-2007, Le prime richieste dei comitati (http://www.ilfiumemarzenego.it/i-

comitati-degli-allagati-2006-2007/ consultato il 15/08/2018). Il 27 ottobre 2006, più di un mese dopo la

grande pioggia, l’assessore Sandro Simionato, presente il capo-gabinetto del Sindaco Maurizio Calligaro, convoca i tre principali comitati (Mestre, Marghera e Favaro) e presenta una situazione idrogeologica preoccupante:il sistema fognario iniziato nel 1994 non è ancora stato completato e risulta già inadeguato; gli enti interessati alla gestione delle acque di superficie non sono coordinati tra loro; i finanziamenti sono insufficienti; la manutenzione carente; la posizione geografica sfavorevole in quanto la terraferma veneziana è bacino di raccolta delle acque provenienti a monte della laguna. Ciò non lascia presagire niente di buono per il futuro.

29 Compito simile a quello del Comitato Intercomunale Brenta Sicuro (Cap. 3, par. 2).

30 Appendice 3, pag. X. “Dobbiamo stare attenti, mi raccomando, se vedete qualcosa… i fossi devono

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Proprio durante una delle ispezioni fu compilato il dossier che il Comitato Allagati di Favaro presentò al Comune nel Febbraio 2007 e che testimoniava come il deflusso delle acque fosse, in più di un canale, limitato da strozzature che ne riducevano significativamente la portata31 (Fig. 35).

In quel caso era stata la Fossa della Pagana ad essere sottoposta ad indagine: si tratta di un piccolo canale di 3,5 km che convoglia le acque piovane all’idrovora di Campalto, per poi scaricarle nel Marzenego-Osellino.

Si trova testimonianza della Fossa in una mappa del 1595 disegnata da Gioan Alvise Galesi, quando serviva per convogliare le acque del Brenton (canale di Tessera) nell’Osellino (Fig. 36).

[Zabeo] questo è quello che fa… lui è vigile, vigile su ‘ste robe, se vede qualcosa di strano, di segnalarlo

dice, se si vede che ci sono immondizie.

31 La Nuova di Venezia e Mestre, Un dossier denuncia gli allagamenti, del 04/02/2007, pag. 19.

Figura 35. Una delle strozzature rilevate dal Comitato Allagati di Favaro. (Dettaglio tratto da foto

presente nel dossier presentato al Comune e disponibile anche online http://www.ilfiumemarzenego.it/gallery-degli-allagati/).

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Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la Fossa della Pagana divenne un collettore fognario e fu cementificata per buona parte del suo corso, fino al 1991, quando, con un nuovo piano di gestione per le fognature, fu costruito un impianto di depurazione a Campalto e la Fossa tornò ad essere un collettore per le acque piovane32. Tra il 2002 e il 2004 la Fossa della Pagana venne nuovamente naturalizzata, abbattendo una parte cementificata pari a 1,5 km, ampliandone l’alveo, riducendo la pendenza delle sponde e realizzando stagni e zone umide di profondità variabile in corrispondenza dei principali collettori33. Venne anche proposto di farne una zona naturalistica protetta34.

I rilevamenti fatti dal Comitato Allagati di Favaro riportarono che i lavori erano stati svolti in maniera approssimativa, dal momento che nel realizzare la riqualificazione

32 Lazzarin M. G., La Fossa Pagana, una lunga storia (http://www.ilfiumemarzenego.it/la-fossa-pagana-

una-lunga-storia/#_edn3 consultato il 15/08/2018). Tra i diversi lavori si procede anche all’escavo della

fossa Pagana che diventa collettore e va a confluire nel bacino dell’idrovora, per essere poi versato a scolo meccanico nella sua storica destinazione. […] Nel 1960, su progetto dell’ing. Aldo Rinaldi, la fossa Pagana viene definitivamente cementificata, per ricevere le acque depurate di fognatura provenienti dagli impianti di depurazione del bacino di Favaro Veneto da poco costruiti.

33 Ibidem. Il consorzio di bonifica Dese Sile viene così spinto a ripensare i suoi corsi d’acqua e a cercare

soluzioni tecniche attente alla valenza naturalistica e paesaggistica per contrastare il rischio idraulico e migliorare la qualità dell’acqua. Tra il 2002 e il 2004 la fossa Pagana viene rinaturalizzata: la canaletta di rivestimento in calcestruzzo viene demolita completamente per 1,5 Km. e parzialmente in prossimità delle abitazioni, viene ridotta la pendenza delle sponde, vengono ampliate e diversificate le sezioni; in corrispondenza dei punti di immissione dei principali collettori affluenti, vengono realizzati stagni e zone umide a profondità variabile.

34 La Nuova di Venezia e Mestre, Fossa Pagana oasi di uccelli, del 13/06/2006, Pag. 27.

Figura 36. Fossa della Pagana quando scaricava le acque nell’Osellino. Mappa del 1595 disegnata da

Gioan Alvise Galesi, viceprotto dell’officio sopra le acque. (Gioan Alvise Galesi, viceprotto dell’officio sopra le acque, 24 aprile 1595, Archivio di Stato di Venezia, coll.arc.: S.E.A, Laguna, 31).

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tra il 2002 e il 2004 non era stato considerato l’aumento della mole d’acqua che la Fossa avrebbe dovuto convogliare come collettore di acque piovane. L’alveo, infatti, ha una larghezza di 3 m. per 2 m. di profondità e si trova sbarrato da tubature – come quella in Fig. 35 – che hanno un diametro di 100 cm, che si riduce alla metà per via dei lavori per l’invaso di fitodepurazione. In caso di forti e prolungate piogge come quelle del settembre 2006, era solo questione di tempo prima che la Fossa esondasse.

La sig. Antonietta mi ha detto che parte della colpa è stata anche del ritardo con cui sono state aperte le chiuse – probabilmente quelle che dalla Fossa della Pagana riversano nell’Osellino – e che una di queste fosse fuori uso35. Il fatto non è, però, menzionato nella

relazione presentata dal Comitato al Comune di Venezia, né in nessun altro documento. Negli anni seguenti all’alluvione sono stati eseguiti lavori di manutenzione che hanno aumentato la portata dei raccordi in cemento36 ed è stata anche intensificata la pulizia dei tombini di scolo presenti sulla strada37.

Il disastroso evento che ha colpito Favaro Veneto è stato all’epoca definito come “straordinario”. Se si guarda alle precipitazioni degli ultimi decenni, però, si noterà come questo carattere stia cambiando e accadano più spesso fenomeni piovosi che riversano quantitativi di acqua che, normalmente, si registrerebbero nell’arco di più mesi. Se a ciò si somma il prolungarsi dei periodi senza piogge, che rendono il terreno arido meno permeabile all’acqua, gli allagamenti saranno sempre più frequenti. Ma anche la cementificazione dà il suo apporto negativo. Dopo quanto successo a Favaro nel 2006, l’allora Presidente della Provincia di Venezia, Davide Zoggia, sostenne la necessità di bloccare l’urbanizzazione selvaggia che rende impermeabile il terreno e conduce a eventi pericolosi; l’Assessore Provinciale dell’Ambiente, Ezio de Villa, rimproverava, invece, quelle amministrazioni comunali poco sensibili al problema del rischio idraulico,

35 Appendice 3, pag. III. […] l’acqua, dicevano che dovevano aprire le chiuse che non hanno aperto… poi

ci sono state un sacco di polemiche su ‘sta roba qua, perché in effetti, dicevano che dovevano andare là alle 8 ad aprire non so cosa… poi una non funzionava, l’ultimo momento si sono accorti, quando hanno messo in moto questi meccanismi, che uno non funzionava […]

36 Lazzarin M. G., La Fossa Pagana, una lunga storia (http://www.ilfiumemarzenego.it/la-fossa-pagana-

una-lunga-storia/#_edn3 consultato il 15/08/2018). I veri lavori per sistemare la fossa Pagana cominciano

solo nel 2008. L’impresa Cignoni S.R.L realizza, per l’importo di € 225.000,00, una condotta di collegamento scatolare dimensioni 2 x 2 tra il ramo di monte e quello di valle della Fossa Pagana e uno sfioratore di troppo pieno della Fossa Pagana sul Collettore di Favaro in prossimità del nodo idraulico di Via Domenico Savio in Favaro Veneto.

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sottolineando come in passato fosse stato proposto un vincolo idrogeologico per le aree a rischio e come questo avesse determinato un’alzata di scudi da parte dei comuni che accusavano la Provincia di impedire l’espansione immobiliare38. Vedendo il rapporto sul consumo di suolo relativo all’anno 201739 sembra che non sia stato recepito nulla e che

si continui ad attribuire il carattere di straordinarietà ad eventi come quello che ha colpito Favaro Veneto nel 2006; questi eventi, invece, stanno diventando all’ordine del giorno per il fenomeno del cambiamento climatico.

Far fronte a fenomeni estremi – come potrebbe essere il tornado di cui si parlerà nel prossimo capitolo – in una zona in cui non si dovrebbero verificare, è difficile se non impossibile; ma in un territorio soggetto ad elevato rischio idrogeologico, dove le abbondanti piogge continueranno ad aumentare e a presentarsi in maniera improvvisa, causando allagamenti sempre più gravi, una soluzione possibile potrebbe essere il ripristino dei vecchi fossati ormai in stato di abbandono quando non sostituiti da tubature in cemento interrate. Questo, assieme ad una riscoperta del territorio in cui si vive, potrebbe portare ad una limitazione dei danni. A detta di ciò è significativo riportare l’esempio del sig. Marcello Meneghin, abitante nella zona di Gazzera – un quartiere ad ovest di Mestre – in prossimità di un rio che era stato tombinato – portato per l’appunto al di sotto della superficie stradale attraverso l’impiego di tubature di cemento – ma che quando pioveva non convogliava mai le acque che si formavano.

Il sig. Marcello ha allora recuperato i progetti del percorso fognario e si è reso conto che l’acqua doveva compiere un giro molto lungo prima di arrivare all’impianto di depurazione a Fusina; le tubature convogliavano verso nord in via Perlan, via Asseggiano e via Brendole, per poi unirsi alle condotte di via Calucci. le quali. a loro volta. passavano sotto al fiume Marzenego per poi arrivare a Zelarino, dove, unendosi con le acque reflue di quella zona, ritornavano verso sud lungo la tangenziale, prima di arrivare al depuratore. In caso di piogge consistenti le acque piovane non sarebbero riuscite ad arrivare alle

38 Bonato L. 2009, pag. 80.

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pompe di Zelarino, perché quest’ultimo si trova più rialzato rispetto al quartiere Gazzera40.

I fossati “a cielo aperto” hanno la doppia capacità di convogliare l’acqua piovana e filtrarne una parte nel sottosuolo, data la capacità permeabile della terra; il loro ripristino è una delle proposte avanzate dal Comitato Allagati di Favaro Veneto. Quando è stata costruita la via Vallenari bis, il Comitato ha richiesto che al suo fianco fosse realizzato un fossato di 2 m. di altezza per altrettanti di larghezza. Inoltre, durante una delle tante ispezioni condotte dai membri del Comitato, al fine di segnalare problemi nei corsi d’acqua, è stato rilevato che, presso la Fossa della Pagana era presente un fosso abbandonato che era stato ricoperto dalla terra. Il suo ripristino ha alleggerito del 33% il carico a cui era soggetta la Fossa.

Concludendo, va detto che uno degli strumenti con cui si possono limitare i danni del cambiamento climatico, a livello locale, è quello di imparare a conoscere e riconoscere il territorio in cui si abita anche girandolo ed osservandolo. È proprio da questo che deriva l’affermazione del sig. Fabrizio Zabeo: I fossi, se curati e rispettati, ci salveranno dagli allagamenti41.

40 Ringrazio il sig. Fabrizio Zabeo che mi ha riportato il fatto via mail per impossibilità nell’incontrarci di

persona. La relazione è disponibile integralmente anche in formato digitale (http://www.ilfiumemarzenego.it/wp-content/uploads/2017/10/relazione-MENEGHIN-1.pdf).

41 Lazzarin M. G., La Fossa Pagana, una lunga storia (http://www.ilfiumemarzenego.it/la-fossa-pagana-

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