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Nascita ed evoluzione storica del concetto di «diritti umani»

2. I diritti umani

2.1. Nascita ed evoluzione storica del concetto di «diritti umani»

Il carattere dell’universalità è insito nello stesso concetto di «diritti umani», che – almeno nel modo in cui noi europei siamo abituati a concepirlo – è storicamente un prodotto della civiltà occidentale, ed in particolare del giusnaturalismo, che, con alti e bassi, ha profondamente influenzato la cultura giuridica occidentale (e non solo) degli ultimi quattro secoli543; alla base del concetto vi è l’idea che tutti

gli esseri umani siano titolari di alcuni diritti innati. Una concezione che ha trovato le prime concretizzazioni a fine Settecento (con la Dichiarazione di indipendenza americana del 1776 e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789),

543 Come affermato dall’ambasciatore Laura Mirachian, «[i]l “sistema-Diritti Umani” […] è una

conquista dell’umanità», ma «rimane pur sempre il prodotto di una supremazia occidentale, che dalle origini ne ha dettato l’interpretazione giuridica e orientato le modalità di applicazione» (LAURA MIRACHIAN, Diritti Umani e Responsabilità di proteggere: ancora di attualità?, in Quaderni di

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A partire dalla fine del Settecento e dalla prima metà dell’Ottocento si assistette al progressivo ampliamento del novero di diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati occidentali: mentre in una prima fase furono riconosciuti prevalentemente diritti di libertà (intesa in senso negativo come non interferenza dei poteri pubblici nell’azione dei singoli individui: cd. diritti di «prima generazione»), in seguito – specialmente con l’avvento delle democrazie di massa – si assistette al graduale riconoscimento anche diritti di partecipazione politica e diritti sociali (ossia diritti ad ottenere dall’autorità pubblica un certo comportamento od una certa prestazione: cd. diritti di «seconda generazione»)544. Nella seconda metà del

Novecento sarebbero state poste tutele anche per i cd. diritti di «terza generazione», come il diritto alla pace e allo sviluppo545.

Una piena affermazione del concetto di «diritti dell’uomo» si ebbe, comunque, solo all’indomani della Seconda guerra mondiale, con l’inizio di quella che molti definiscono l’«internazionalizzazione» dei diritti umani546, ossia la fase in cui

norme giuridiche a tutela dei diritti fondamentali hanno iniziato ad essere poste anche nel diritto internazionale547.

In primo luogo, l’accordo di Londra – che istituiva il Tribunale Militare Internazionale di Norimberga e ne conteneva lo Statuto – codificò per la prima volta le nozioni di «crimini contro l’umanità» (elaborata dall’illustre giurista Hersch Lauterpacht548), «crimini di guerra» e «crimini contro la pace» (pur

ricomprendendovi violazioni di obblighi sanciti da norme internazionali preesistenti), e – notevole innovazione – considerò gli atti ricompresi in essi come punibili indipendentemente dalla loro liceità o meno negli ordinamenti interni549.

544 FOCARELLI, Lezioni di diritto internazionale, cit., p. 342.

545 CONDINANZI eCRESPI REGHIZZI, L’uso della forza, in CARBONE,LUZZATTO,SANTA MARIA (a cura

di), Istituzioni di diritto internazionale, cit.., p. 374.

546 GREGORIO PECES BARBA, Teoria dei diritti fondamentali, Milano, 1993. 547 CASSESE, Diritto internazionale, cit., p. 73.

548 Giudice della Corte Internazionale di Giustizia dal 1955 al 1960, anno della sua morte (a

riguardo cfr., ex multis, MARTTI KOSKENNIEMI, Hersch Lauterpacht and the Development of

International Criminal Law, in Journal of International Criminal Justice, 2004, p. 810 ss.).

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Ancor più rilevante fu l’adozione della Carta delle Nazioni Unite, che indica tra i suoi fini la promozione del «rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti» (art. 1, par. 3550: supra, capitolo I, § 2.1.1). Ad essa sarebbe

poi seguita la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 10 dicembre 1948 (documento che, pur non essendo giuridicamente vincolante, segnò la definitiva affermazione del concetto di «diritti umani»). Con questi due documenti, i diritti umani entravano a pieno titolo nell’ordinamento internazionale.

Da questo momento, il grado di tutela e di riconoscimento dei diritti umani da parte dell’ordinamento internazionale sarebbe costantemente aumentata, con enormi ricadute (specie di lungo periodo). Per effetto di questo processo, l’obbligo di rispettare i diritti umani veniva a configurarsi, nella seconda metà del Novecento, come norma internazionale consuetudinaria (al di là delle specifiche norme pattizie stabilite negli anni con riferimento a specifici diritti e specifiche ipotesi di violazione).

Di fondamentale rilevanza furono la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio551 del 1948 (che all’art. 1552 sembra stabilire

un vero e proprio obbligo per gli Stati di prevenire e punire il genocidio, le cui implicazioni sono state discusse anche con riguardo all’uso della forza per finalità umanitarie: v. infra, capitolo VI, § 2.4), la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU, atto del

550 Inoltre, nel Preambolo si trova l’affermazione della «fede nei diritti fondamentali dell’uomo»

e «nella dignità e nel valore della persona umana»

551 Con tale convenzione venne recepito definitivamente all’interno del diritto internazionale un

altro concetto nuovo, quello di «genocidio», neologismo coniato da RAPHAEL LEMKIN (Axis Rule

in Occupied Europe, 1944), ma non incluso tra i capi di imputazione di Norimberga.

Secondo la definizione offerta dalla Convenzione all’art. 2, per «genocidio» devono intendersi i seguenti atti, se commessi «con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale»: «a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo all’altro».

552 «Le Parti contraenti confermano che il genocidio, sia che venga commesso in tempo di pace sia

che venga commesso in tempo di guerra, è un crimine di diritto internazionale che esse si impegnano a prevenire ed a punire».

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Consiglio d’Europa, firmata nel 1950 ed entrata in vigore nel 1953, per l’Italia nel 1955)553, il cd. Patto internazionale sui diritti civili e politici e il cd. Patto

internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (entrambi approvati dall’Assemblea Generale nel 1966554 ed entrati in vigore dieci anni più tardi; in

tal modo si riaffermarono, questa volta in modo vincolante, i diritti già riconosciuti nella Dichiarazione del 1948)555.

L’importanza della Dichiarazione universale dei diritti umani e del Patto internazionale sui diritti civili e politici, sotto il profilo dell’influenza e del numero di ratifiche, è stata tale da indurre pressoché tutti gli Stati – compresi quelli che ancora violano frequentemente i diritti umani – a riconoscere almeno formalmente l’esigenza del rispetto dei diritti umani, dando luogo ad un principio di diritto internazionale consuetudinario consistente nel divieto di violazioni gravi e massicce dei diritti umani e delle libertà fondamentali, l’inosservanza del quale comporta una responsabilità internazionale dello Stato trasgressore verso l’intera Comunità internazionale556.

Oggi i diritti umani sono garantiti da norme interne di molti ordinamenti nazionali, e – a livello più generale – da diverse norme di diritto internazionale pattizie.

Sul piano internazionale, la tutela dei diritti umani è rafforzata oggi dall’esistenza della Corte Penale Internazionale (CPI), organo giurisdizionale internazionale con sede a L’Aja, competente a giudicare gli individui per «crimini

553 La peculiarità di tale convenzione è che il suo rispetto è assicurato dalla previsione di un

organo giurisdizionale sovranazionale ad hoc – la Corte europea dei diritti dell’uomo, cd. Corte di Strasburgo – dotata del potere di condannare gli Stati inadempienti.

554 UNGA Res. 2200A (XXI), 16 December 1966.

555 Attualmente, il rispetto del cd. Patto internazionale sui diritti civili e politici è monitorato dal

Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

556 CASSESE, Diritto internazionale, cit., p. 73.

Il fatto che tutt’oggi diversi Stati violino spesso i diritti umani non impedisce di considerare l’obbligo di rispettarli come una norma consuetudinaria, dal momento che (come chiarito dalla CIG: Military and Paramiliary Activities in and Against Nicaragua (Nicaragua v. United States of

America), Merits, Judgment, cit., par. 186) per la nascita di una consuetudine non occorre che tutti

gli Stati si siano sempre perfettamente conformati alla regola in questione: non a caso, «no state,

not even a state that tortures, believes that the international law prohibition is undesiderable and that it is not bound by the prohibition» (HIGGINS, Problems, p. 22, cit. in TANZI, Introduzione al diritto

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internazionali» (crimina iuris gentium), ossia per «genocidio»557, «crimini contro

l’umanità»558 e «crimini di guerra»559 e «crimine di aggressione», a condizione

che tali crimini siano stati commessi sul territorio di uno Stato Parte o da cittadini di uno Stato parte o – in alternativa – in presenza di un deferimento del Consiglio di Sicurezza (che dunque può sottoporre alla Corte anche casi che altrimenti non rientrerebbero nella sua giurisdizione560). Istituita con la firma del cd. Statuto di

Roma (Statuto della CPI) nel 1998 e divenuta operativa dal 2002, essa ha rappresentato una svolta storica molto significativo, essendo il primo tribunale penale internazionale permanente e con competenza non limitata a situazioni temporalmente e geograficamente circoscritte (in precedenza si erano avuti solo organi giurisdizionali costituiti ad hoc per specifiche situazioni, e dopo che i crimini erano stati commessi). Poiché gran parte delle condotte oggetto della competenza della CPI costituiscono «gross violations» dei diritti umani561, è

evidente che la sua istituzione può costituire un importante contributo ad

557 Il genocidio è definito dall’art. 6 dello Statuto della Corte Penale Internazionale come un

insieme di atti commessi «nell’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». Tali atti sono: «uccidere membri del gruppo»; «sottoporre deliberatamente persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da comportare la distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo stesso»; «imporre misure volte ad impedire le nascite in seno al gruppo»; «trasferire con la forza bambini appartenenti al gruppo ad un gruppo diverso».

558 I crimini contro l’umanità vengono individuati dall’art. 7 dello Statuto della Corte Penale

Internazionale come un insieme di atti commessi «nell’ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell’attacco»; fra tali atti si possono menzionare l’omicidio, lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la deportazione o trasferimento forzato della popolazione, l’imprigionamento, la tortura, lo stupro, la gravidanza forzata, la «sparizione forzata delle persone», l’apartheid, la sterilizzazione forzata e le persecuzioni «contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità» ispirate da ragioni politiche, razziali, nazionali, etniche, culturali, religiose o di genere sessuale.

559 I crimini di guerra, come definiti dall’art. 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale,

ricomprendono atti già inclusi dal medesimo Statuto nella nozione di «crimini contro l’umanità» (ad esempio la tortura e gli altri trattamenti disumani) e – inoltre – altri specifici atti compiuti in tempo di guerra (l’elenco effettuato dalla disposizione è molto lungo: a titolo esemplificativo, si possono citare l’omicidio volontario di persone protette dalle Convenzioni di Ginevra del 1949, la «cattura di ostaggi», l’«attaccare o bombardare con qualsiasi mezzo città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi e che non costituiscano obiettivi militari»).

560 Art. 13, lett. b), dello Statuto di Roma.

561 CONFORTI, Diritto internazionale, cit., pp. 207-208; RONZITTI, Diritto internazionale dei conflitti

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un’effettiva tutela dei diritti fondamentali562. Tuttavia, la sua efficacia risulta oggi

indebolita dalla mancata adesione di una parte, numericamente minoritaria ma politicamente assai significativa, della Comunità internazionale (tra cui, ad esempio, Stati Uniti, Cina, India e diversi Paesi accusati di gravi violazioni dei diritti umani), e dalla crescente ostilità manifestata nei confronti di essa da molti Paesi africani, in conseguenza delle iniziative dell’organo contro figure politiche del continente (si può ricordare, a riguardo, il mandato di arresto verso l’attuale presidente del Sudan Omar al-Bashir, accusato di crimini contro l’umanità e crimini di guerra per i massacri nel Darfur – su cui si tornerà infra, capitolo V, § 10 - mandato che tutti i Paesi africani – eccetto il Malawi – si sono rifiutati di eseguire563).

Dal 2006, il rispetto dei diritti umani nel mondo è monitorato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC, «United Nations Human Rights Council»), formato da quarantasette Paesi eletti a maggioranza, con scrutinio segreto, dall’Assemblea Generale; tale organo ha sostituito la precedente Commissione per i diritti umani, che era stata istituita nel 1946. Ad esso si affianca l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCHR, «United Nations High Commissioner for Human Rights»), istituito nel 1993, che svolge la funzione di promuovere il rispetto dei diritti sanciti dalla Dichiarazione universale del 1948, ed è attualmente guidato da Michelle Bachelet, ex Presidente del Cile.

Tuttavia, in chiusura va osservato che l’effettività della tutela dei diritti fondamentali purtroppo presenta ancora oggi, in molte parti del mondo, gravissimi limiti, in parte a causa del diverso grado di condivisione politica e

562 Sul sistema della giustizia penale internazionale, cfr. ENRICO AMATI,MATTEO COSTI,EMANUELA

FRONZA, PAOLO LOBBA, ELENA MACULAN, ANTONIO VALLINI, Introduzione al diritto penale

contemporaneo, III ed., Torino, Giappichelli, 2016.

563 GEORGE KLAY KIEH JR., The African Union, the Responsibility to Protect and Conflict in Sudan’s

Darfur Region, in Michigan State International Law Review, 2013, p. 43 ss. Il mancato arresto di al-

Bashir durante una visita in Sudafrica ha generato, in anni recenti, una controversia dinanzi alla Corte Suprema sudafricana (cfr. MANUEL J.VENTURA,Prosecutor v. Al-Bashir, ICC-02/05-01/09-302,

Decision Under Article 87(7) of the Rome Statute on the Non-compliance by South Africa with the Request by the Court for the Arrest and Surrender of Omar Al-Bashir, in American Journal of International Law,

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culturale dell’ideale dei diritti umani tra i diversi Paesi (negli anni vari Paesi hanno criticato la Dichiarazione universale dei diritti umani, ritenendola in contrasto con la propria tradizione culturale e religiosa564), in parte per effetto di

scelte di realpolitik che hanno condotto sovente ad una notevole ipocrisia e a situazioni paradossali (ad esempio l’inclusione, all’interno degli organismi ONU deputati a monitorare il rispetto dei diritti umani, di Paesi noti per le loro massicce violazioni dei diritti umani stessi565).

Lo sforzo globale in difesa dei diritti umani rischia inoltre di essere, oggi, indebolito dalla minor attenzione che, sotto l’amministrazione Trump, gli Stati Uniti sembrano dedicare al tema, tanto che molti osservatori hanno notato come

564 Nel 1977 il rappresentante dell’Arabia Saudita alle Nazioni Unite criticò la Dichiarazione del

1948 affermando che essa rappresentava «un approccio esclusivamente occidentale alle questioni relative ai diritti umani», e nel 1984 il rappresentante iraniano dichiarò che la Dichiarazione «non era in accordo con il sistema di valori riconosciuti dalla Repubblica Islamica dell’Iran», e che per questo l’Iran «non avrebbe esitato a violarne le prescrizioni» (cfr. ROLAND BURKE, Decolonization

and the Evolution of International Human Rights, University of Pennsylvania Press, 2011, pp. 138,

142).

565 Il Consiglio ONU per i diritti umani è stato istituito anche allo scopo di rimediare alle

inefficienze e ai difetti (ad esempio la forte politicizzazione) che avevano caratterizzato la precedente Commissione ONU per i diritti umani. Ma, nonostante i maggiori poteri conferiti al Consiglio rispetto alla Commissione, tale obiettivo non sembra essere stato raggiunto, visto che anche nei confronti del Consiglio sono state avanzate da più parti critiche analoghe a quelle precedentemente mosse verso la Commissione. Il problema di fondo è dato dal fatto che, in nome di logiche politiche e del principio di eguaglianza formale e pari dignità di tutti gli Stati, il Consiglio può comprendere – e comprende – sia Stati democratici sia Stati retti da regimi autoritari, che normalmente sono quelli responsabili delle maggiori violazioni dei diritti fondamentali. A riguardo, Tesón (che, come si dirà infra, è anche uno dei maggiori sostenitori dell’intervento umanitario) ha evidenziato che l’unico modo per rendere davvero efficace tale organo sarebbe stato prevedere un sistema che escludesse i «tiranni» dalla possibilità di far parte del Consiglio, cosa che non è avvenuta, e ha definito il Consiglio, nella sua attuazione configurazione, una «mascherata» contro la quale tuttavia hanno votato solo gli Stati Uniti e pochi altri Paesi (l’istituzione del Consiglio, con la risoluzione 60/251 dell’Assemblea Generale, ha ricevuto centosettanta voti favorevoli, tre astensioni – Bielorussia, Iran e Venezuela – e quattro contrari – Stati Uniti, Israele, Isole Marshall e Palau; cfr. TESÓN, The Vexing Problem of Authority in

Humanitarian Intervention, cit., p. 769). È opportuno ricordare che nel 2019, anno in cui viene

completato il presente lavoro, terminerà il mandato dell’Arabia Saudita (nota per le gravissime violazioni dei diritti umani) come membro del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (a mero titolo esemplificativo: Arabia Saudita, confermata la condanna: mille frustate in 20 settimane

al blogger dissidente, La Repubblica, 8 giugno 2015, https://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-

umani/2015/06/08/news/arabia_saudita-116359084). Nel 2003 la Libia guidata da Muhammar Gheddafi, ossia quello stesso Paese che nel 2011 sarebbe stato oggetto di un intervento armato internazionale con finalità umanitarie per impedire al regime di commettere atrocità di massa contro i civili (v. infra, capitolo V,§ 13), fu eletta con ampio margine a capo dell’allora Commissione ONU per i diritti umani (cfr. Libyan Takes Chair of UN Human Rights Commission,

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anche i tradizionali riferimenti ideali ai diritti umani – spesso conditi di ipocrisia, ma pur sempre indicativi di un impegno almeno formale – nelle dichiarazioni della diplomazia statunitense si siano sensibilmente ridotti dopo l’avvento dell’attuale amministrazione566 (anche in questo piuttosto atipica rispetto alla

tradizione della politica estera statunitense567), pur non essendo del tutto

scomparsi (venendo ad esempio evocati tra le pieghe dell’annuncio dell’attacco missilistico contro il regime siriano in reazione all’uso di armi chimiche: infra, capitolo V, § 16.5). Inoltre, il Presidente Trump ha più volte espresso un sostanziale appoggio a tecniche di interrogatorio considerabili come tortura, nei confronti di terroristi catturati568: metodi indicati con l’eufemistica etichetta di

«tecniche di interrogatorio avanzate», già posti in essere in passato, nell’ambito

566 Si veda HAROLD HONGJU KOH, The Trump Administration and International Law, in Washburn

Law Journal, 2017, p. 413 ss., spec. pp. 430-431.

Si può ricordare, ad esempio, che l’amministrazione Trump ha evitato di prendere le distanze in modo netto dall’Arabia Saudita, che reputa un suo alleato cruciale in chiave anti-iraniana, persino dopo che, su tutti i media mondiali, è emersa con chiarezza la responsabilità di tale Stato nell’assassinio del giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi, con tutta probabilità ucciso all’interno del consolato saudita di Istanbul il 2 ottobre 2018 (cfr. Un giornalista è sparito dopo essere

entrato nel consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul, Il Post, 5 ottobre 2018, disponibile all’indirizzo

https://www.ilpost.it/2018/10/05/jamal-khashoggi-sparito/, visitato il 7 ottobre 2018; MANU

RAJU,TED BARRETT and ELIZABETH LANDERS, Saudi Crown ‘ordered, monitored’ killing of Khashoggi,

Corker says, CNN.com, December 4, 2018, disponibile all’indirizzo https://edition.cnn.com/2018/12/04/politics/haspel-briefing-khashoggi/index.html,

consultato il 5 dicembre 2018). Un atteggiamento che, hanno osservato molti commentatori, rischia di inviare il messaggio che un regime possa compiere tutte le violazioni dei diritti umani che vuole, purché mantenga rapporti di amicizia – e soprattutto economici – con gli Stati Uniti (cfr. La dottrina Trump, Il Post, 21 novembre 2018, disponibile all’indirizzo https://www.ilpost.it/2018/11/21/dottrina-trump-khashoggi/ , consultato il 22 novembre 2018).

567 Con riguardo al caso Khashoggi, sul quale v. nota supra, la CNN ha accusato Trump di aver

rinunciato al cd. «eccezionalismo americano», in nome della traduzione in politica estera del suo noto slogan «America first» (STEPHEN COLLINSON, Trump’s Saudi support highlights brutality of

‘America First’ doctrine, CNN.com, November 21, 2018, disponibile all’indirizzo

https://edition.cnn.com/2018/11/20/politics/donald-trump-jamal-khashoggi-saudi- arabia/index.html, consultato il 22 novembre 2018).

568 In campagna elettorale Trump aveva dichiarato che, se fosse stato eletto, gli Stati Uniti

avrebbero usato «waterboarding and a hell of a lot worse than waterboarding» (cit. in JENNA

JOHNSON, Trump Says “Torture Works”, Backs Waterboarding and “Much Worse”, The Washington

Post, February 17, 2016, disponibile all’indirizzo https://www.washingtonpost.com/politics/trump-says-torture-works-backs-waterboarding- and-much-worse/2016/02/17/4c9277be-d59c-11e5-b195-

2e29a4e13425_story.html?noredirect=on&utm_term=.309994ac12be (consultato il 5 gennaio 2019).

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della «guerra al terrorismo» successiva all’11 settembre 2001569, ma che mai

avevano ricevuto un “endorsement” presidenziale così esplicito, e la cui illegalità è sancita dalle stesse leggi americane, oltre che da trattati ratificati da