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La natura giuridica dei partiti

Le Costituzioni presuppongono una nozione di partito politico attinta dalle esperienze storico-costituzionali maturate prima dell’avvento delle Carte costituzionali45

. Tuttavia tale nozione è profondamente mutata nel tempo, tenendo soprattutto conto del fatto che «le trasformazioni in atto nei sistemi partitici aprono sempre più frequentemente lo spazio a gruppi e movimenti che diventano partiti e partiti che perdono la loro capacità di proposta generale»46. Uno dei temi maggiormente studiati dagli scienziati della politica muove dunque dalla domanda sempre attuale di che cosa sia il partito politico e quali siano gli elementi che lo differenziano dai gruppi di interesse47.

Alcuni ordinamenti hanno imbrigliato la nozione di partito in una definizione normativa assai stringente stabilendo quali finalità, quali modalità organizzative e procedurali devono connotare il partito «nella

44 E. R

OSSI, op. cit., pp. 28-29. Vedi Cap. III, par. 1. 45 A. R

UGGERI, Note minime in tema di democrazia interna dei partiti politici, in Rivista AIC, n. 1/2010, p. 2, con riferimento all’art. 49. Cost. italiana, ma il ragionamento può essere esteso anche alle altre Carte costituzionali.

Che l’art. 49 Cost. muovesse da una specifica idea di partito, ossia il partito di massa, è sottolineato anche da E. BETTINELLI, Partiti politici senza sistema dei partiti e da G. U. RESCIGNO, Nuovi e vecchi partiti e art 49 della Costituzione, in Lo Stato

delle istituzioni italiane. Problemi e prospettive, Giuffrè, Milano, 1994,

rispettivamente pp. 157 e178. 46 O. M

ASSARI, I partiti politici nelle democrazie contemporanee, Laterza, Bari, 2004, p. 27.

47

Per un panorama delle diversi tesi vedi O. MASSARI, I partiti politici nelle

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preoccupazione di circondare il suo funzionamento di garanzie che rispondano al ruolo concreto che esso gioca»48. Inoltre, in alcuni casi sono state le stesse norme costituzionali sui partiti a svolgere un ruolo determinante nello spingere i legislatori a regolare i partiti, costruendo un diritto dei partiti come diritto privilegiato49.

In altri ordinamenti invece, di fronte a disposizioni costituzionali nate in contesti più inclini a rispettare la natura associativa del partito, che si limitavano a riconoscere la sua esistenza e le sue funzioni e che lasciavano ampia libertà di adattamento della sua nozione rispetto alla molteplicità delle formule organizzative, il processo di regolazione dello stesso è stato più complesso.

Inizialmente si è cercato di dare una definizione di partito diversa da quella delle associazioni politiche muovendo solo dalla norma costituzionale. La tesi più convincente (almeno nella dottrina italiana) pare quella di chi ha definito “partito” «ogni associazione, che in fatto, indipendentemente dalle dichiarazioni esplicite dei partecipanti o dalle intitolazioni, per l’attività esplicata, per i mezzi o per il metodo attraverso cui cerca di realizzare i propri fini di inserirsi nella vita politica, voglia influire o influisca “in principio”, “in generale”, sulle decisioni politiche della comunità statuale»: ciò che qualificherebbe il partito sarebbe cioè l’aspirazione ad incidere in modo stabile e con un’organizzazione permanente sulla politica generale. Al contrario, «ogni associazione che si proponga invece il raggiungimento di singole, determinate o puntuali decisioni od orientamenti su problemi particolari, è (…) una mera associazione politica»50. In questa

48 P. A

VRIL, Saggio sui partiti (1985), traduzione italiana, Giappichelli, Torino, 1990, p. 142.

49

È il caso dell’ordinamento tedesco, ma anche di quello spagnolo e di quello portoghese, dove le norme costituzionali sui partiti sono assai più dettagliate e vi è un rinvio espresso del legislatore. C. PINELLI, Il punto su disciplina e finanziamento dei

partiti, in Diritto pubblico, 2000, pp. 156-157, il quale afferma che «le leggi più

impegnative sull’ordinamento interno dei partiti sono passate in coincidenza con l’approvazione di Costituzioni democratiche (Spagna e Portogallo) o in epoche di massiccio consenso fra pochi grandi partiti (Germania, all’epoca della Grosse

Koalition)».

50

C. ESPOSITO, I partiti nella Costituzione italiana, in La Costituzione

italiana. Saggi, Padova, 1954, p. 220; P. BARILE, Diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali, Il Mulino, Bologna, 1984, pp. 406-407; C. ROSSANO, voce Partiti

politici, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XXII, Roma, 1990, Agg. 2002, p. 1-

2; G. BRUNELLI, Struttura e limiti del diritto di associazione politica, Giuffrè, Milano, 1991, pp. 176-177. Anche la Corte costituzionale, nella sentenza n. 203 del 1975, sembra aver accolto questa posizione, quando ha posto, a fianco dei partiti, i «gruppi politici occasionali (…) che sovente sorgono per le elezioni amministrative in dipendenza di situazioni ambientali»

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prospettiva la partecipazione alle elezioni costituirebbe dunque un elemento necessario, ma non sufficiente, per l’attribuzione ad un’organizzazione politica della qualifica di partito51.

Solo in seguito si è posto il problema della possibilità di dare una definizione normativa di partito e di introdurre una legislazione sui partiti52. Dare una definizione normativa di partito costituisce infatti il contenuto minimo dell’“attuazione” delle norme costituzionali sui partiti53.

Relativamente all’ordinamento italiano la dottrina ha quindi esternato un certo scontento definendo l’art. 49 Cost. una norma «per tanti aspetti elusiva ambigua e sfumata»54. Infatti, anche se non si può negare il merito di aver tentato di fare una sintesi delle due diverse ispirazioni (il rifiuto della dimensione istituzionale del partito e dunque la valorizzazione del momento associativo, insieme al riconoscimento della funzione fondamentale svolta dai partiti), il modo in cui l’art. 49 Cost. definisce il rapporto tra Stato e partito55 risente di una certa ambiguità. Molte delle disposizioni costituzionali sui partiti riconoscono infatti il ruolo “anfibio” dei partiti politici quale cerniera tra società e istituzioni, ma il modo in cui l’art. 49 Cost. definisce il rapporto tra Stato e partiti appare più complesso. Da una parte, rifiutando la concezione organicistica del partito politico, si valorizza il radicamento dei partiti politici nella società ponendo l’art. 49 Cost. tra i diritti fondamentali dei cittadini; dall’altra però si ammette il partito «a concorrere alla determinazione della politica nazionale» usando una formula che «abbozza così la loro incorporazione ai pubblici poteri» ponendo cioè «un principio di fondazione dello Stato

51 Nel senso che, invece, la partecipazione alle elezioni sarebbe il carattere distintivo dei partiti politici: V. CRISAFULLI, I partiti nella Costituzione, in Studi per

il ventesimo anniversario dell’Assemblea costituente, vol. II, Vallecchi, Firenze,

1969, p. 121, per il quale «Quello della partecipazione alle competizioni elettorali sembra, dunque, da considerare “requisito” dell’esserci partito e carattere differenziale dei partiti, come associazioni tipizzate al fine enunciato nell’art. 49».

52 P. A

VRIL, op. cit., pp. 141 ss. 53

Con riferimento alla dottrina italiana vedi V. CRISAFULLI, op. ult. cit., pp. 112-113, per il quale l’art. 49 Cost. ha una duplice natura, essendo norma immediatamente operante e contenendo norme ad efficacia differita, l’operatività delle quali è condizionata all’emissione delle necessarie norme di attuazione.

54

C.E. TRAVERSO, Partito politico e ordinamento costituzionale: contributo

alla determinazione della natura giuridica del partito politico, Giuffrè, Milano,

1983, p.46. 55

Che P. VIRGA ha definito «il sistema delle istituzionalità esterne», in Il

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“partitocratico”»56

.

Ciò impedisce di potersi limitare a ricondurre quello partitico al fenomeno associativo, ignorando la qualità “pubblica” delle funzioni svolte dai partiti politici e soprattutto la loro capacità di incidere sui processi di formazione della volontà dei cittadini57. D’altra parte però è proprio il radicamento dei partiti nella sfera della società civile che rende difficile il riconoscimento della specificità delle funzioni da essi svolte nel processo politico58.

Altro delicato aspetto che riguarda la posizione costituzionale dei partiti è anche quello del ruolo assegnato ai partiti rispetto alle altre forme organizzate di partecipazione politica che trovano fondamento nell’art. 18 Cost. È stato infatti posto il problema se il termine “concorso” di cui all’art. 49 Cost. debba intendersi come il concorso “tra partiti” o il concorso “tra i partiti e le altre associazioni politiche”. La prima lettura è implicitamente accolta dalla dottrina più risalente che, soprattutto per ragioni storiche, muoveva da una concezione monopolistica del rapporto tra i partiti e la determinazione della politica nazionale59; la seconda si è diffusa nella dottrina più recente, chiamata a confrontarsi con forme meno organizzate della partecipazione politica60.

In conclusione, la Costituzione delinea il rapporto tra Stato e partiti in modo ambiguo e per certi aspetti incompiuto. Questa incertezza si riverbera anche sulla legislazione ordinaria che tocca la natura giuridica e l’organizzazione interna dei partiti, non essendo

56

P. AVRIL, op. cit., p.123. 57 P. R

IDOLA, La legittimazione dei partiti politici nel conflitto di attribuzione

fra poteri dello Stato: organamento dei soggetti del pluralismo o razionalizzazione dei principi costituzionali del processo politico?, in Giurisprudenza Costituzionale,

2006, pp. 670 ss.

58 Emblematica di questa difficoltà è la sentenza della Corte costituzionale n. 79 del 2006 che, pur rilevando che «i partiti politici sono garantiti dalla Carta Costituzionale – nella prospettiva del diritto dei cittadini ad associarsi – quali strumenti di rappresentanza di interessi politicamente organizzati; diritto di associazione al quale si ricollega la garanzia del pluralismo», ha rifiutato al partito politico la qualità di potere dello Stato, nonostante il ricorrente cercasse di difendere l’uguaglianza delle chances nell’esercizio di una puntuale attribuzione ad esso demandata dalla legge del procedimento elettorale. P. RIDOLA, op. ult. cit., pp.668 ss. e F. GHERA, Partiti politici e conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, in

Giurisprudenza Costituzionale, 2006, p.1629.

59 C. E

SPOSITO, op. ult. cit., pp. 226-228; V. CRISAFULLI, I partiti nella

Costituzione, in Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea costituente, vol.

II, Vallecchi, Firenze, 1969, pp. 115 ss. 60 S. M

ERLINI, I partiti politici, il metodo democratico e la politica nazionale, in Partiti politici e società civile a sessant’anni dall’entrata in vigore della

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riuscito il legislatore a cogliere la sfida lanciata dall’art. 49 Cost., ossia l’individuazione di un equilibrio tra prospettive differenti ma non per questo divergenti61.

Da un punto di vista formale i partiti sono costituiti nella forma di “associazioni non riconosciute” e, in quanto tali, disciplinati dal codice civile. Ciò significa in sostanza che: il loro ordinamento interno è regolato dagli accordi tra gli associati; possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali è conferita la presidenza o la direzione; i contributi e i beni costituiscono il fondo comune dell’associazione; i terzi possono far valere i loro diritti nei confronti del fondo comune; delle obbligazioni rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.

Tale forma giuridica è stata ritenuta la più idonea dagli stessi partiti politici in quanto garantisce la più ampia libertà di azione, rendendoli non sottoponibili a forme di controllo esterno soprattutto da parte della magistratura. La stessa tuttavia non è in grado di spiegare la realtà delle cose e il ruolo attribuito ai partiti dalle norme e dalla prassi costituzionale del nostro Paese. Fin dai primi anni di esperienza repubblicana sono state avanzate teorie in grado di coniugare la natura privatistica alla sostanza della funzione “pubblica” assunta. Sono state perciò avanzate le ipotesi di considerare i partiti quali organi o poteri dello Stato-apparato62; quali organi predisposti alla creazioni di altri organi dello Stato; quali “enti ausiliari” di quest’ultimo (Santi Romano), in ragione delle funzioni da essi concretamente svolte; o quali soggetti privati esercenti funzioni pubbliche (Costantino Mortati).

Da tutto ciò emerge la difficoltà di delineare con precisione la natura di un soggetto che è “privato” ma non indifferente per l’organizzazione statale, in quanto è quello che ha maggiormente condizionato e condiziona lo stesso funzionamento degli organi costituzionali. Si pensi ad esempio che quasi tutte le crisi di governo che si sono avute in Italia (tranne quella del I governo Prodi) sono state causate non da un voto parlamentare, come richiederebbe la Costituzione, bensì da comportamenti e decisioni di partiti che componevano la maggioranza.

Nella difficoltà di far rientrare il partito in un “modello”

61 E. B

ETTINELLI, Alla ricerca del diritto dei partiti politici, in Rivista

trimestrale di diritto pubblico, 1985, p. 1061.

62

G. D. FERRI, Studi sui partiti politici, Roma, 1950; P. VIRGA, Il partito

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giuridico conosciuto occorre rilevarne l’intrinseca ambiguità data da un assetto istituzionale che sui partiti fonda la sua azione e che quegli stessi partiti configura e disciplina come una qualsiasi associazione privata63.