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3. La responsabilità del medico sperimentatore

3.2. La natura della responsabilità

La dialettica intercorsa tra il legislatore e la giurisprudenza circa la natura della responsabilità del professionista sanitario non è mai stata lineare408.

407 Allegato I, punto E del Regolamento n. 536 del 2014.

408 Per una ricostruzione dell’evoluzione della responsabilità del medico, nel suo divenire responsabilità sanitaria, passando per la responsabilità medica imputabile all’intera equipe, cfr. DE MATTEIS R., La responsabilità medica, Cedam, Padova, 1995; BELVEDERE A. e RIONDATO S. (a cura di), La responsabilità in medicina, in Trattato di

biodiritto, diretto da RODOTÀ S. e ZATTI P., Giuffré, Milano, 2011; CATALDI R., MATRICARDI C., ROMANELLI F., VAGNONI S. e ZATTI P., La responsabilità

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Come noto, le Corti l’hanno variamente ricondotta alla responsabilità contrattuale409 ovvero a quella extra-contrattuale410. Il legislatore è intervenuto a dirimere la querelle con la cd. legge Balduzzi del 2012411, con la quale ha suggerito di valutare la responsabilità medica ai sensi dell’art. 2043 c.c..

Eppure, la giurisprudenza non si è affatto attenuta alle indicazioni normative, in quanto ha continuato a seguire l’orientamento maggioritario412

, che aveva optato per l’istituto della responsabilità contrattuale, ex art. 1218 c.c., o meglio per i canoni della stessa413, anche in assenza di un esplicito contratto

professionale del medico, Maggioli editore, Rimini, 2005; NOCCO, L., Dalla perdita di

chance alla responsabilità proporzionale: ovvero come ripartire i rischi in sanità from loss of chance to proportional liability: how to share risks in the healtchare sector, in Riv. it. med. leg., 2014, 4, pp. 1209 ss.; DI PENTIMA M. G., L’onere della prova nella

responsabilità medica, Giuffrè, Milano, 2013; CHINDEMI D., Responsabilità

contrattuale o aquiliana del medico alla luce della c.d. legge Balduzzi?, in Resp. Civ. Prev., 2015, 3, pp. 1018 ss.; FRATI P.,BUSARDÒ F.P.,DE DOMINICIS E.,FINESCHI V.,

La riforma legislativa della responsabilità sanitaria: ovvero le convergenze parallele del dualismo interpretazione versus applicazione, in Resp. Civ. Prev., 2015, 1, pp. 340

ss.; COMANDÈ G., La responsabilità sanitaria, Cedam, Padova, 2004; GORGONI M.,

Dalla matrice contrattuale della responsabilità nosocomiale e professionale al superamento della distinzione tra obbligazioni di mezzo/risultato, in Resp. Civ. Prev.,

2008, pp. 323 ss.; RONCHI M., Responsabilità medica e non imputabilità: la Cassazione

ne delinea i limiti in relazione alle infezioni nosocomiali, nota a Cass. civ., sez. III, 07 giugno 2011, n.12274, in Resp. civ. prev., 2012, 2, pp. 540 ss.; RUFFOLO U., La

responsabilità medica: le responsabilità contrattuali ed extracontruattuali, per colpa ed oggettive, del medico e degli enti sanitari (privati e pubblici), Giuffrè, Milano, 2004;

NORELLI A., Sul divenire della responsabilità in ambito sanitario, note medico legali, in

Riv. It. Med. Leg., 1985, p. 4:782; FINESCHI V., res ipsa loquitur: un principio in

divenire nella definizione della responsabilità medica, in Riv. It. Med. Legale, 1989, 3,

pp. 419 ss.. 409

Il leading case che ha ridimensionato l’onere probatorio del paziente, basandosi sul criterio della vicinanza all’onere della prova ed ipotizzando l’esistenza di una presunzione dell’inadempimento del medico in presenza di un risultato peggiorativo a seguito di un intervento di facile esecuzione è Cass. 21 dicembre 1978, n. 6141. Tuttavia si comincia a parlare di responsabilità contrattuale da “contatto sociale” solo con Cass. civ., 22 gennaio 1999, n. 589, in Foro it., 1999, I, in Danno e resp., 1999, p. 294.

410

Cfr. Cass. 8 marzo 1979, n. 1716, in Giur. It., 1981, I, 1, pp. 297 ss.; Cass. 21 dicembre 1978, n. 6141, mass. red. 2005; Cass. civ. 1990, n 2428, in Giur. it., 1991, I, 1, c. 600; Cass. 13 marzo 1998, n. 2750, in Resp. Civ. e Prev., 1999, pp. 272 ss.. 411 Il riferimento è al d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni in legge dalla l. 8 novembre 2012, n. 189.

412

Da ultimo cfr. Cass. civ., sez. III, 09 giugno 2016, n. 11789, in Ced Cass., 2016; Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2015, n. 5590, in Ced Cass., 2015; Cass. civ., sez. III, 09 giugno 2011, n. 12686, in Ced Cass., 2011; Cass. civ. Sez. III, 24/05/2006, n. 12362, in

Mass. giur. it., 2006.

413

Con quest’espressione si allude al fatto che la giurisprudenza, pur non optando sempre ed esplicitamente per il riconoscimento, in capo al medico, di una responsabilità contrattuale, valuta gli elementi dell’onere della prova e della prescrizione secondo i criteri da questa implicati, prescindendo dalla fonte del rapporto stesso (spesso ricondotta al cd. contatto sociale). Per giungere ad un simile risultato le più recenti

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tra medico e paziente. La stessa Corte di legittimità ha infatti ribadito che «il

paziente che agisca in giudizio deducendo l'inesatto adempimento deve provare il contratto e allegare l'inadempimento del professionista, restando a carico dell'obbligato l'onere di provare l'esatto adempimento, rispetto al quale non rileva la valutazione in merito alla difficoltà della prestazione, la quale assurge a mero parametro di valutazione della diligenza nell'adempimento»414.

La giurisprudenza, dunque, non solo non ha tradito la pluriennale classificazione del rapporto medico-paziente come rapporto derivante da “contatto sociale”415

, al quale è applicabile la disciplina della responsabilità contrattuale, ma ha anche liquidato l’inciso dell’art. 3 della legge Balduzzi come una disposizione la cui rilevanza sia da circoscrivere alla necessità, avvertita dal legislatore, di ribadire la sussistenza della responsabilità civile del medico anche nei casi di sola colpa lieve dello stesso, stante l’introduzione di un’esimente in tal senso in sede penale416. Per dirlo con le parole dell’Alta Corte, il legislatore non intendeva mutare la rotta giurisprudenziale verso «la

configurazione della responsabilità civile del sanitario come responsabilità necessariamente extracontrattuale, ma intende[va] solo escludere l'irrilevanza della colpa lieve» in ambito civile417.

In un contesto in cui l’onere probatorio ed il termine prescrizionale risultano chiaramente sbilanciati a favore del paziente/danneggiato, vanno annoverate alcune, seppur minoritarie, pronunce di merito che si sono invece allineate a quanto previsto dal legislatore del 2012, distinguendo tuttavia tra

decisioni si sono avvalse di meccanismi presuntivi, scaturenti dal principio generale della vi

cinanza della prova, secondo cui l’onere probatorio deve gravare su chi ha la possibilità di assolverlo meglio. Cfr. Cass. Civ. Sez. III, 26 gennaio 2010, n. 1538, in, Resp. Civ., 2010, 10, 665, con nota di GORGONI M.; Cass. civ., sez. III, 21 luglio 2011, n. 15991, in

Danno e resp., 2012, 149, con nota di NOCCO L., Rilevanza delle concause naturali e

responsabilità proporzionale: un discutibile revirement della Cassazione,.

414 Cass. Civ., sez. III, 18 settembre 2015, n. 18307, in Foro it., 2016, 1, 1, pp. 175 ss.. Cfr. anche Cass. Civ. 30 settembre 2014 n. 20547, in Danno e resp., 2015, I, pp. 84 ss.; Cass. Civ. 12 dicembre 2013, n. 27855, in Ced Cass. 2013; Cass. Civ. 12 settembre 2013, n. 20904, in Ragiusan 2014, 357-358, 230

415 Da ultimo, cfr. Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188, in Giur. It., 2016, 12, pp. 2565 ss., con nota di DI MAJO; Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2015, n. 5590, in Ragiusan, 2016, fasc. 387-388-389, pp. 128 ss.; Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2014, n. 20547, in

Ragiusan, 2015, fasc. 371-372-373, pp. 171 ss..

416 Tra le pronunce di merito più recenti: Trib. Reggio Emilia, sez. II, 18 maggio 2015. Tra le pronunce di legittimità, esplicita in tal senso è Cass Civ., sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4030.

417

151

responsabilità del medico (che non abbia concluso alcun contratto con il paziente) e responsabilità della struttura sanitaria, attribuendo alla prima carattere extracontrattuale e alla seconda carattere contrattuale418. È stato sostenuto, infatti, che «il tenore letterale dell’art. 3, comma 1, e l’intenzione del

legislatore conducono a ritenere che la responsabilità del medico per condotte che non costituiscono inadempimento di un contratto d’opera venga ricondotta dal legislatore del 2012 alla responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c.»419, mentre, «in presenza di contratto di spedalità, la responsabilità della struttura

ha natura contrattuale, sia in relazione a propri fatti d'inadempimento, sia per quanto concerne il comportamento dei medici dipendenti, a norma dell’art. 1228 c.c., secondo cui il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi, ancorché non alle sue dipendenze, risponde anche dei fatti dolosi o colposi dei medesimi. A questi fini è sufficiente che la struttura sanitaria comunque si avvalga dell'opera di un medico»420.

Con la recente legge n. 24/2017, più volte citata, sembra che il legislatore abbia avanzato un nuovo tentativo di ricondurre nell’alveo dell’illecito aquiliano la responsabilità del professionista sanitario. In particolare, l’art. 7 della cd. legge Gelli recita «l’esercente la professione

sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente», precisando che la

disposizione costituisce norma imperativa ai sensi del codice civile421.

418

Trib. Milano 30 ottobre 2014, n. 1430; Trib. Milano 17 luglio 2014, n. 9683; Trib. Torino, 26 febbraio 2013, in Danno e resp., 2013, 4, pp. 373 ss., con nota di CARBONE; Trib. Varese, 26 novembre 2012; Trib. Enna, 18 maggio 2013, n. 252, in Danno e resp., 2014, 1, 74 nota di ZORZIT; Trib. Milano, sez. I, 31 gennaio 2015; Trib. Milano, sez. I, 26 febbraio 2015; Trib. Milano, 5 giugno 2015.

419 Trib. Milano 17 luglio 2014, n. 9683, cit..

420 Trib. Enna, 18 maggio 2013, n. 252, cit.. La sentenza richiama una risalente giurisprudenza di legittimità che si era orientata in tal senso: Cass. Civ., 24 marzo 1979 n. 1716, in Foro It., 1980, I, pp. 115 ss.; altresì in Riv. It. Med. Leg., 1981, 3, pp. 880 ss.. La responsabilità contrattuale dell’ente ospedaliero era già stata riconosciuta da Cass. Civ., sez. Un., 9 marzo 1965, n. 375, in Foro it., 1965, I, pp. 1046 ss.

421 Almeno prima facie, dunque, la disposizione appare più chiara, o quantomeno più decisa, rispetto alla legge Balduzzi, nel richiamare l’art. 2043 c.c. «identificando con

precisione il regime di responsabilità applicabile». In tal senso cfr. NOCCO L., La

responsabilità civile “canalizzata” verso le aziende e i nuovi filtri per la proponibilità della domanda risarcitoria, in NOCCO L.,LOVO M., La nuova responsabilità sanitaria, Il Sole 24 Ore, Milano, p. 34.

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Secondo i primi commentatori422, simile intervento non ha invero alcuna intenzione di cancellare la responsabilità contrattuale del medico, in quanto se davvero il legislatore avesse avuto un intento analogo a quello del 2012, avrebbe potuto affermare che il medico, nei confronti del paziente, risponde sempre e soltanto ai sensi dell’art. 2043 c.c.

Al contrario, la novella rappresenterebbe «la piena consacrazione della

tanto combattuta - da alcune pronunce di merito - responsabilità da contatto sociale, peraltro sempre difesa a spada tratta dalla suprema corte ed avversata, per ragioni di interesse, dalle compagnie di assicurazione»423.

Il risultato sarebbe dunque quello di far venir meno l'automatico riconoscimento del titolo contrattuale, imponendone al paziente l’onere di allegazione relativo alle ragioni in base alle quali si sia perfezionato, come avviene nella stragrande maggioranza dei casi, anche un rapporto contrattuale.

Alla luce di una lettura complessiva delle nuove disposizioni, l’intento del legislatore pare tuttavia meritevole di una diversa lettura, in un certo senso contraria a quella appena esposta. La legge n. 24 del 2017 mira infatti a canalizzare il peso del danno sulla struttura sanitaria ed a circoscrivere l’ambito di responsabilità del professionista operante all’interno della stessa424

. In questa direzione vanno sia le previsioni che estendono la responsabilità della struttura a tutti i danni cagionati dai professionisti di cui questa si avvale «anche se scelti

dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa», sia quelle che

limitano l’operatività dell’azione di rivalsa, sia, infine, quelle dedicate alla copertura assicurativa425.

Secondo il presumibile piano del legislatore, al di fuori del tutelante regime aquiliano dovrebbero allora ricadere, a contrario, i danni cagionati da quei soggetti che operino al di fuori della struttura sanitaria, in regime di libera

422 T

ODESCHINI N., Approvata la nuova legge sulla responsabilità medica: cosa cambia

rispetto alla “Balduzzi”, in Quotidiano giuridico, 01 marzo 2017. Non sono rinvenibili

molti commenti relativi alla prima versione del cd. disegno di legge Gelli, in quanto il testo è stato così modificato dal Senato, per poi essere approvato dalla Camera, solo l’11 gennaio 2017. L’originaria formulazione dell’art. 7, comma 3, non faceva invece alcun riferimento ad ipotetici rapporti contrattuali. Recitava infatti: «L’esercente la

professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile».

423

TODESCHINI N., Approvata la nuova legge sulla responsabilità medica: cosa cambia

rispetto alla “Balduzzi”, cit.

424 Sul tema cfr. C

OMANDÈ G., La riforma della responsabilità sanitaria al bivio tra

conferma, sovversione, confusione e … no-blame giurisprudenziale, cit..

425

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professione ovvero che si avvalgano della stessa «nell’adempimento della

propria obbligazione contrattuale assunta con il paziente ai sensi dell’articolo 7, comma 3». Invero, il regime contrattuale potrebbe estendersi anche alle

prestazioni rese in regime di libera professione intramuraria, delle quali la struttura può comunque essere chiamata a rispondere, ma che devono risultare coperte da un’autonoma polizza stipulata personalmente dal medico ai sensi dell’art. 10, comma 2426

.

Si tratterebbe allora di una previsione dedicata a tutti quei casi in cui, in considerazione della scelta del paziente di rivolgersi ad un determinato medico e non genericamente alla struttura sanitaria, la responsabilità contrattuale non possa essere negata427.

La clausola di riserva inserita nella nuova e definitiva formulazione dell’art. 7, comma 3, non sarebbe dunque una consacrazione della teoria del contatto sociale, ma piuttosto un tentativo di circoscriverne espressamente l’operatività, nella consapevolezza che un generico richiamo all’art. 2043 c.c., in virtù dell’orientamento giurisprudenziale consolidato in senso opposto, avrebbe dato ai giudici un pretesto per disattendere, ancora una volta, il dettame legislativo428.

426

Cfr. NOCCO L., La responsabilità civile “canalizzata” verso le aziende e i nuovi filtri

per la proponibilità della domanda risarcitoria, cit., p. 35, secondo l’Autore, il regime

contrattuale dovrebbe potersi applicare a «le operazioni effettuate in regime di libera professione extramuraria e intramuraria: in entrambi i casi, infatti, esiste un contratto di cura concluso tra l'esercente la professione sanitaria ed il paziente che si va ad affiancare – e ad integrare - con quello di spedalità tra struttura sanitaria e paziente». 427 Cfr. N

OCCO L., op. ult. cit., p. 36, il quale afferma che, in virtù di una lettura estensiva dell’art. 7 della legge n. 24 del 2017, si potrebbe ritenere che la prestazione del medico sia riconducibile ad un’obbligazione contrattuale ogni qual volta «il rapporto tra il medico di medicina generale ed il paziente è reiterato nel tempo» in

quanto, la scelta di rivolgersi sempre allo stesso medico, anche utilizzando la struttura come canale di prenotazione, permetterebbe di far sorgere un vero e proprio rapporto contrattuale con il paziente. Lo stesso Autore riconosce, tuttavia, che in tal senso si rischierebbe di «restringere la sfera della responsabilità extracontrattuale di fatto alle

sole prestazioni rese in pronto soccorso ed al primo atto medico o sanitario compiuto, oltre che ai casi in cui il paziente si rechi in ambulatorio senza alcun affidamento sul professionista che erogherà la prestazione».

428

In tal senso, peraltro, si rinviene un recentissimo commento che recita «Il “sistema”

risulta orientato in modo piuttosto razionale, ponendo il (più gravoso) regime della responsabilità contrattuale in capo a chi quella responsabilità debba ontologicamente assumersela, vuoi perché legato al paziente da un vero e proprio rapporto negoziale, vuoi in forza della propria posizione di gestore dell’attività in forma di impresa e con assunzione del potere/dovere di governo del rischio clinico (in aderenza al principio ubi commoda ibi incommoda…). Ed è proprio in quest’ottica che la legge ricorda come la regola aquiliana non si applichi alla responsabilità del medico che, pur operando all’interno di una struttura, abbia agito in forza di un rapporto

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Peraltro, la “discriminazione” dei medici in regime di libera professione, operante sia sul piano probatorio che sul piano assicurativo, trova comunque sollievo nella previsione dell’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicurazione stipulata dai primi.

Da questa lettura dell’art. 7 sembra derivare un ritorno al passato. Secondo un risalente orientamento, infatti l'accettazione del paziente nell'ospedale, ai fini del ricovero oppure di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto d'opera professionale tra il paziente e l'ente ospedaliero, il quale assume, a proprio carico, nei confronti del malato, l'obbligazione di compiere l'attività diagnostica e la conseguente attività terapeutica in relazione alla specifica situazione patologica del paziente preso in cura. Dato che il medico dipendente, che provvede allo svolgimento dell'attività diagnostica o terapeutica, non è parte del rapporto contrattuale, la responsabilità del predetto sanitario verso il paziente per danno cagionato da un suo danno diagnostico o terapeutico sarebbe invece soltanto extracontrattuale, con la conseguenza che il diritto al risarcimento del danno spettante al paziente si prescrive in cinque anni.

Più recente dottrina, nel tentativo di attenersi, almeno in parte, al dettame della legge Balduzzi ha concordato che effettivamente la legge 833/1978 non consente di ravvisare un’obbligazione legale in capo al singolo medico “ospedaliero”, il quale si trova normalmente ad eseguire la sua prestazione in virtù del solo rapporto giuridico che lo lega alla struttura sanitaria nella quale è inserito «come sembra aver avuto ben presente il legislatore del

2012 nel momento in cui, in relazione alla responsabilità risarcitoria dell’esercente una professione sanitaria, ha ritenuto di far richiamo all’obbligo di cui all’art. 2043 c.c.»429

.

Al contrario, la teoria del contatto sociale chiama a rispondere il medico a titolo di responsabilità contrattuale in virtù di tale «contatto» che sostituirebbe il contratto d’opera professionale eventualmente non stipulato. Secondo la

contrattuale fiduciario con il paziente. D’altro canto, il professionista convenzionato con il SSN, impegnerà la responsabilità del Servizio Sanitario medesimo (in linea con l’orientamento elaborato da Cass. 27 marzo 2015, n. 6243) senza rispondere a titolo contrattuale (questo, almeno, è quanto sembra potersi ricavare dall’art. 7 comma 3)».

Cfr. HAZAN M. e CENTONZE S, Responsabilità medica: al via la nuova legge sul rischio

clinico e la sicurezza delle cure, in Quotidiano giuridico online, 20 marzo 2017.

429

MATTINA L., “Legge Balduzzi”: diventa extracontrattuale la responsabilità del

155

giurisprudenza, infatti, «la categoria mette in luce una possibile dissociazione

tra la fonte - individuata secondo lo schema dell'art. 1173 - e l'obbligazione che ne scaturisce. Quest'ultima può essere sottoposta alle regole proprie dell'obbligazione contrattuale, pur se il fatto generatore non è il contratto». Nei

casi in cui sia comunque sorta in capo ad un soggetto un’obbligazione, «non

può esservi (solo) responsabilità aquiliana, poiché questa non nasce dalla violazione di obblighi ma dalla lesione di situazioni giuridiche soggettive altrui; quando ricorre la violazione di obblighi, la responsabilità è necessariamente contrattuale, poiché il soggetto non ha fatto (culpa in non faciendo) ciò a cui era tenuto in forza di un precedente vinculum iuris, secondo lo schema caratteristico della responsabilità contrattuale»

Il contenuto del rapporto instauratosi viene poi fatto coincidere con una prestazione che si modella su quella del contratto d’opera professionale e alla quale il medico è tenuto, in virtù dell’esercizio della propria attività nell’ambito dell’ente ospedaliero430

. Pertanto, una volta che il medico in qualche modo intervenga, l’esercizio della sua attività sanitaria (e quindi il rapporto giuridico con il paziente) non potrà essere differente, nei contenuti, da quello che abbia come fonte un vero e proprio contratto431.

Autorevole dottrina ha infatti affermato che la colpa professionale di cui all’art. 2236 c.c. «ha finito per identificare una serie di regole di riferimento la

cui applicazione prescinde dal titolo in base al quale la responsabilità del professionista è invocata». Ecco perché si afferma che la responsabilità del

medico dipendente ospedaliero deve qualificarsi come contrattuale al pari di quella dell’ente gestore del servizio sanitario «non già per l’esistenza di un

pregresso rapporto obbligatorio insorto tra le parti, bensì in virtù di un rapporto contrattuale originato dal cd. contatto sociale»432.

Con specifico riguardo al contesto sperimentale, si è sostenuto che la distinzione tra responsabilità contrattuale o extracontrattuale abbia uno scarso

430 Cfr. supra, nt. 318.

431

Peraltro Cass. civ., 22 gennaio 1999, n. 589, in Foro it., 1999, I, in Danno e resp., 1999, p. 294, con nota di CARBONE, pioniera nell’adozione della teoria del contatto

sociale, aveva concluso il suo ragionamento affermando che «il suindicato principio

può essere esteso a qualunque soggetto che eserciti una professione c.d. protetta (cioè una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato), specie, quando l’esercizio della stessa incida su beni costituzionalmente garantiti, come accade in relazione all’attività medica, che incide sul bene “salute” tutelato ex art. 32 Cost.».

432

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rilievo433. In primo luogo, la circostanza che dalla configurazione di un rapporto contrattuale discenderebbe, per il danneggiato, la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto o di rifiutare la prestazione non ha ivi alcun rilievo. Infatti, come detto in principio, la revocabilità del consenso in qualsiasi momento è condizione di liceità della sperimentazione stessa.

Non sarebbero nemmeno ammissibili clausole di limitazione della responsabilità contrattuale, in quanto, non solo gli interessi che vengono in