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1. I riferimenti normativi della sperimentazione terapeutica

1.5. Il profilo assicurativo

Prima di procedere all’inquadramento delle responsabilità dei singoli agenti nel contesto della sperimentazione clinica, pare opportuno analizzare il profilo assicurativo dell’attività di sperimentazione, il cui carattere obbligatorio, ribadito dal Regolamento del 2014 all’art. 76, era già previsto nel nostro ordinamento da più di vent’anni.

Il primo riferimento all'obbligatorietà dello strumento assicurativo nel contesto di riferimento si rinviene nell’art. 1 dell’allegato 1 del d.m. del 27 aprile del 1992, il quale onera lo sponsor e lo sperimentatore di richiedere al comitato etico competente un giudizio di adeguatezza del protocollo anche circa «le condizioni per il risarcimento/trattamento nel caso di danni o morte di un

soggetto attribuibili alla sperimentazione e qualsiasi forma di assicurazione o indennità per coprire la responsabilità dello sperimentatore e dello sponsor».

A tale previsione, dalla portata tendenzialmente onnicomprensiva in riferimento all’oggetto della copertura, si accompagna, nello stesso testo, anche la prescrizione di individuare, prima dell'inizio della sperimentazione, l'effettivo ruolo svolto da ogni agente ai fini della delimitazione dei rispettivi ambiti di responsabilità, probabilmente al fine di consentire all'assicuratore di pervenire ad un’effettiva rappresentazione del rischio ed alla conseguente predisposizione di una copertura «soddisfaciente contro ogni danno provocato dallo studio»127.

Il successivo decreto ministeriale in materia, emanato il 15 luglio 1997, ha proceduto a limitare l’ambito di applicazione dell’obbligo assicurativo, chiarendo che quest’ultimo dovesse essere assolto dallo sponsor, il quale, ex art. 5.81. dell'allegato 1 del decreto, «deve, se stabilito dalle disposizioni normative

applicabili, provvedere ad assicurare o a garantire (mediante copertura legale e finanziaria) lo sperimentatore/istituzione contro richieste di indennizzo derivanti dalla conduzione della sperimentazione, con

126 EMA/240810/2013, European Medicines Agency policy on publication of clinical data for medicinal products for human use, cit., punto 4.1. “Objectives of the policy”. 127

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l'esclusione di quei reclami imputabili a imperizia, imprudenza e/o negligenza».

La disposizione ha allora onerato lo sponsor, nei casi previsti dalla legge, di provvedere alla copertura assicurativa dei danni cagionati dallo sperimentatore, optando per il modello dell’assicurazione per conto altrui disciplinata all’art. 1891 c.c.. L’interesse assicurato non sembra infatti essere quello dello sponsor, quanto piuttosto quello dello sperimentatore ad essere tenuto indenne dalle conseguenze patrimoniali derivanti dalla condanna di un risarcimento del danno. Peraltro, nella disposizione immediatamente precedente, il decreto precisa che «prima di dare inizio ad uno studio, lo

sponsor deve definire, stabilire e ripartire tutti gli obblighi e le funzioni relativi alla sperimentazione stessa».

D’altro lato, l'esplicita esclusione dalla garanzia dei danni provocati dallo sperimentatore per imperizia, imprudenza e negligenza, sta a significare che nell'esecuzione della sperimentazione lo sperimentatore ed il personale di cui si avvale non possono venir meno alle regole dell'arte medica che devono caratterizzare tutte le prestazioni medico-sanitarie, anche qualora svolte nel quadro di una attività particolare come quella di sperimentazione. Pertanto, qualora nel corso di una controversia emerga un profilo di colpevolezza della struttura sanitaria o dei singoli professionisti coinvolti, questi ne risponderanno direttamente, senza poter beneficiare dell'ombrello assicurativo predisposto dallo sponsor128. L’ambito operativo dell’obbligo assicurativo nel 1997 è allora visibilmente ridotto, sia dal riferimento ai soli danni cagionati dallo sperimentatore, sia dalla quasi contraddittoria esclusione di quelli che quest’ultimo abbia cagionato violando le legis artis.

L’anno seguente il d.m. 18 marzo 1998 ha precisato l’onere in capo ai Comitati etici di verificare che lo sponsor o i fondi di ricerca «garantiscano

un'idonea copertura assicurativa dei soggetti in sperimentazione che li tuteli da

qualunque danno direttamente o indirettamente derivante dalla

sperimentazione, nonché la copertura assicurativa degli sperimentatori». Il

contenuto della copertura assicurativa si fa allora nuovamente ampio, anche se

128

BUGIOLACCHI L., L'assicurazione obbligatoria della r.c. da sperimentazione clinica

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attraverso una formulazione che è stata definita «non molto felice»129, in quanto, se da un lato sembra imporre l’operatività della polizza in presenza del solo requisito del nesso causale tra il danno e la partecipazione alla sperimentazione, dall’altro continua a non prevedere una copertura assicurativa della responsabilità dello sponsor, il quale si dovrebbe limitare a tutelare i pazienti dai danni e gli sperimentatori dalle richieste di risarcimento loro rivolte.

A riguardo, autorevole dottrina, nell’interrogarsi circa lo schema assicurativo di riferimento, ha avanzato l’ipotesi che si tratti di un’assicurazione per la responsabilità civile degli sperimentatori, cui si accompagni una sorta di assicurazione diretta del danno, in favore del danneggiato nei confronti dell'attività dello sponsor130. Invero, ci si deve forse interrogare sulla possibilità di parlare di un’assicurazione per conto di chi spetta che abbia a oggetto l’interesse del paziente ad essere tenuto indenne da tutte le diminuzioni patrimoniali (anche se definibili come tali a seguito della liquidazione del danno alla salute operata in sede giudiziale o stragiudiziale) che potrebbero derivargli dall’essersi sottoposto alla sperimentazione131

.

Seguire quest’ultima ricostruzione permetterebbe di riconoscere al danneggiato la possibilità di «agire senza mediazioni nei confronti della

compagnia, che si potrebbe a sua volta rivalere nei confronti del centro o del personale sanitario in tutti i casi in cui il danno fosse dovuto a comportamenti o omissioni addebitabili a questi ultimi» in relazione ai diversi titoli di

responsabilità132. Peraltro, la risoluzione di simile questione teorica dalle forti ripercussioni pratiche è ancora attuale in considerazione della disciplina introdotta dal d.m. 14 luglio 2009 e dal regolamento n. 536/2014, ma, prima di approfondirla, è necessario far cenno ad un’altra fonte legislativa, cronologicamente precedente.

Si tratta della direttiva 2001/20/CE e nel suo atto di recepimento nel nostro ordinamento, avvenuto con d.lgs. n. 211 del 24 giugno 2003. La direttiva contiene due disposizioni concernenti il profilo assicurativo. La prima è rappresentata dall’art. 3, comma 2, lettera f), il quale, tra le condizioni cui è

129 B

UGIOLACCHI L., L'assicurazione obbligatoria, cit.. 130

BUGIOLACCHI L., L'assicurazione obbligatoria, cit.. 131 L’ipotesi interpretativa è avanzata da M

ASSIMINO F., La responsabilità nelle

sperimentazioni cliniche, cit., pp. 953 ss., nonché da FARINA E., La sperimentazione

clinica, in Sanità pubblica, 2002, p. 528.

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subordinato l'inizio di una sperimentazione, prevede che «esistano disposizioni

in materia di assicurazione o indennità a copertura della responsabilità dello sperimentatore e dello sponsor». La seconda è l'art. 6, comma 3, il quale

ribadisce che, tra gli elementi dei quali il Comitato etico deve tenere conto nel formulare un parere favorevole alla sperimentazione clinica vi sono «le

assicurazioni o indennità a copertura della responsabilità della sperimentatore e dello sponsor». È allora nel 2001 che, su iniziativa comunitaria, si individua

nella figura dello sponsor non più (soltanto) il contraente della polizza, ma il soggetto che si affianca allo sperimentatore quale destinatario della copertura assicurativa, resa obbligatoria per tutte le sperimentazioni. Infatti, la direttiva non riporta il riferimento all’onere di stipula che incombeva fino a quel momento sullo sponsor, con la conseguenza che potrebbe ipotizzarsi che sia lo

sponsor che lo sperimentatore provvedano, ciascuno per proprio conto, alla

conclusione di una polizza che consenta loro di essere tenuti indenni dalle pretese risarcitorie provenienti dai terzi danneggiati133.

Nell’individuare lo sponsor e lo sperimentatore quali destinatari della polizza, peraltro, la direttiva fa riferimento all’accertamento di una loro responsabilità alla base del danno subito dal paziente. Sembrano pertanto dissipati in senso negativo i dubbi circa la possibilità di svincolare l'oggetto del rischio garantito dalla sussistenza di una responsabilità in capo all'assicurato.

L’esplicito riferimento alla «copertura della responsabilità dello

sperimentatore e dello sponsor» sembra confermare che si tratti di un ordinario

contratto di assicurazione della responsabilità ai sensi dell'art. 1917 c.c., e non di un contratto a favore del paziente terzo o per conto di chi spetta, sebbene caratterizzato, per evidenti finalità di carattere sociale, dalla obbligatorietà.

Il decreto legislativo n. 221 del 2003 ha poi recepito la suddetta direttiva in materia di sperimentazione, discostandosene sotto alcuni profili attinenti proprio alla copertura assicurativa. In primo luogo, l'art. 3, comma 1, lett. f) ha chiarito che è il promotore, ossia lo sponsor, a dovervi provvedere, in ordine alla responsabilità civile sia dello sperimentatore sia dei promotori della sperimentazione. Quindi, sebbene l’oggetto della polizza sia rimasto invariato, la disposizione ha specificato che il destinatario dell’obbligo, ossia il contraente, debba essere il promotore. In tal senso, si potrebbe ritenere che

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questi sia onerato di porre in essere un’assicurazione della propria responsabilità civile, nonché un’assicurazione per conto altrui (ossia dello sperimentatore) ex art. 1891 c.c.. L'interesse assicurato coinciderebbe infatti, nel primo caso, con un interesse proprio del contraente-promotore, mentre nel secondo con quello dello sperimentatore.

A fronte di un silenzio della direttiva sul punto, il d.lgs. n. 221/2003 ha anche previsto, al comma 3 dell’art. 3, che con decreto del Ministro della salute, di concerto con quello delle attività produttive, fossero stabiliti i «requisiti

minimi per le polizze assicurative a tutela dei soggetti partecipanti alle sperimentazioni cliniche», così da venire anche in aiuto del comitato etico,

chiamato ad esprimere un parere in assenza di parametri prestabiliti, precisando peraltro che, nelle more dell’adozione del decreto, il promotore sia comunque tenuto a garantire la copertura assicurativa sopradescritta.

I requisiti minimi hanno visto finalmente la luce solo con il decreto del ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con quello dello sviluppo economico, il 14 luglio 2009, dedicato ai "Requisiti minimi per le

polizze assicurative a tutela dei soggetti partecipanti alle sperimentazioni cliniche dei medicinali", in vigore dal 14 aprile 2010.

L’art. 1, comma 2 del decreto recita «La polizza assicurativa deve

garantire specifica copertura al risarcimento dei danni cagionati ai soggetti dall’attività di sperimentazione, per l’intero periodo della stessa, a copertura della responsabilità civile dello sperimentatore e del promotore, senza esclusione dei danni involontariamente cagionati in conseguenza di un fatto accidentale e/o imputabili a negligenza, imprudenza o imperizia, purché si siano manifestati entro i periodi indicati al successivo comma 3».

La nuova disposizione, lungi dal chiarire l’inquadramento del contratto assicurativo che dovrebbe caratterizzare l’attività di sperimentazione, prescrive da un lato, che siano garantiti i «danni cagionati ai soggetti dall’attività di

sperimentazione» e dall’altro che la copertura sia rivolta alla «responsabilità civile dello sperimentatore e del promotore», non risultando chiaro, dunque, se

la copertura debba riguardare i soli danni riconducibili alla responsabilità del promotore o dello sperimentatore o se debba estendersi a tutti i danni causalmente riconducibili all’essersi il paziente sottoposto all’attività sperimentale.

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Peraltro, non è espressamente prevista una copertura obbligatoria della responsabilità dei Comitati etici, quando invece in dottrina quest’ultima si è ritenuta “astrattamente ipotizzabile”, vista la loro rilevate funzione consultiva134.

L’operazione interpretativa è ulteriormente complicata dalla descrizione che la disposizione in esame rende con riferimento all’oggetto della copertura. In particolare, l’art. 2 afferma che «sono oggetto della copertura assicurativa la

morte, tutte le menomazioni permanenti e/o temporanee dello stato di salute, i danni patrimoniali correlati, che siano conseguenza diretta della sperimentazione e riconducibili alla responsabilità civile di tutti i soggetti che operano nella realizzazione della sperimentazione stessa», con apparente

esclusione dei danni che non siano invece direttamente riconducibili alla responsabilità di tali soggetti; al contrario, l’art. 1 impone di non escludere dalla copertura assicurativa nemmeno i danni «involontariamente cagionati in

conseguenza di un fatto accidentale e/o imputabili a negligenza, imprudenza o imperizia».

Si può innanzitutto constatare il definitivo abbandono dell’impostazione del decreto del 1997 che escludeva i danni riconducibili all’imperizia, imprudenza o negligenza dello sperimentatore dalla copertura assicurativa, in favore di una copertura tendenzialmente onnicomprensiva, più confacente ad un contesto normativo che, a partire dal d.l. n. 138 del 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, impone l’obbligo assicurativo in capo a tutti i professionisti, compresi dunque gli iscritti all’ordine dei medici, e che, con l’art. 27, comma 1-bis, del d.l. 90/2014, sceglie di canalizzare la responsabilità in capo alle strutture sanitarie, o meglio in capo alle loro assicurazioni per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso l’azienda, la struttura o l’ente, impostazione peraltro confermata dalla legge Gelli, recentemente entrata in vigore135.

Se non desta particolari problematiche il riferimento ai danni involontari, in quanto l’art. 1900 c.c. esclude l’indennizzabilità dei sinistri causati da dolo o colpa grave del contraente, dell’assicurato o del

134 In tal senso, P

ICCHIONI D. M., VENTURA F., MOLINELLI A., CELESTI R., La

copertura assicurativa nella sperimentazione clinica, in Riv. it. med. leg., 2007, 1, pp.

117 ss.; BUGIOLACCHI L., op. cit.. 135

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beneficiario136, è invece di grande ostacolo per l’interprete il riferimento alla risarcibilità dei danni cagionati da un “fatto accidentale” nel momento in cui tale categoria viene accostata ai fatti riconducibili alla colpa generica dell’assicurato. L’art. 1 risulta infatti quantomeno ambiguo alla luce dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale il requisito dell’accidentalità, qualora attribuito dalle polizze assicurative all’'evento assicurato, sia da interpretare come “dovuto a colpa” piuttosto che a dolo, mentre sarebbe da escludere che sia sinonimo di caso fortuito o forza maggiore137, in quanto, in tali casi, non sorge alcuna responsabilità a carico dell'assicurato, anzi viene meno la ragione dell'assicurazione stessa138.

Soltanto simile conclusione sarebbe compatibile con l’art. 1904 c.c., il quale sancisce la nullità del contratto di assicurazione contro i danni stipulato in carenza di un interesse, in capo all’assicurato, all’erogazione del risarcimento. Infatti, nel caso in cui si intendessero i “fatti accidentali” come fatti dovuti a caso fortuito o forza maggiore, questi esulerebbero dalla sfera di responsabilità del soggetto assicurato, ossia il promotore della sperimentazione, il quale non avrebbe alcun interesse all’erogazione del risarcimento. La dottrina si è espressa sul punto, rilevando che simile riferimento guarderebbe a quei «fatti che non sono dipendenti necessariamente dalla responsabilità di

qualcuno, ma che in qualche modo danneggiano la persona oggetto della sperimentazione» e sarebbe dunque indice di una volontà del legislatore di «

136 Sul tema cfr., R

OSSETTI M., Il diritto delle assicurazioni, vol. 1, Cedam, Padova, 2011, p. 772; ROSSETTI M., Commento all’art. 1900 c.c., in Le

assicurazioni: l'assicurazione nei codici, le assicurazioni obbligatorie, l'intermediazione assicurativa, LA TORRE A. (a cura di), Giuffrè, Milano, 2007, p. 141; CUGNO GARRANO V., Quando la condotta dolosa del medico nega la

copertura assicurativa, in Nuova giur. civ., 2010, I, pp. 704 ss.; SANNA P., Cassazione,

fondo di garanzia, dolo dell’assicurato: così è, se vi pare, in Resp. civ., 1999, pp. 1023

ss.; RICCIARDIELLO E., L’assicurazione del fatto doloso, in Resp. civ., 1998, pp. 1082 ss..

137 Per una completa panoramica dell'evoluzione storica del concetto di caso fortuito, nella giurisprudenza e nella letteratura civilistica, nonché per una disamina della situazione attuale, cfr. COMPORTI M., Il caso fortuito: dalla concezione soggettiva a

quella oggettiva, in Studi in onore di Giovanni Iudica, Milano, 2014, pp. 345 ss.

138 In tal senso, si rinviene recente giurisprudenza di merito: Trib. Monza, 17 settembre 2012, in Resp. civ. e prev., 2013, 1, pp. 288 ss.; Trib. Piacenza, 14 febbraio 2012, in

Resp. civ. e prev., 2012, 3, pp. 988 ss.: App. Firenze, 16 agosto 2010, in Resp. civ. e prev. 2011, 2, 448 ss.; ma anche alcune pronunce di legittimità: Cass. civ., sez. III, 26

febbraio 2013, n. 4799, in Imm. e propr., 2013, 5, pp. 325 ss.; Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 2008, n. 5273, in Assicurazioni, 2008, II, 2, pp. 331 ss.; Cass. civ., sez. III, 10 aprile 1995, n. 4118, in Resp. civ., 1995, pp. 528 ss..

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estendere la copertura assicurativa non solo ai fatti derivanti da una responsabilità dello sperimentatore, ma anche a fatti accidentali»139.

Al contrario, un orientamento ormai risalente considera la locuzione “fatti accidentali” uno strumento volto ad escludere dall’ambito di applicazione di una polizza quegli eventi riconducibili ad un atteggiamento «inconsapevolmente fraudolento o, comunque, caratterizzato da una minor

attenzione da parte dell'assicurato, dovuta anche alla consapevolezza della possibilità di far ricorso alla prestazione di sicurezza fornita dall'assicuratore mediante il contratto»140.

Quest’ultima ricostruzione evidenzia la fumosità dell’espressione in esame, la quale renderebbe di fatto impossibile determinare con certezza ed a

priori il rischio garantito e creerebbe invece un deficit di trasparenza nel

rapporto con l'assicurato, nonché un rischio elevato di abusività ai sensi della disciplina sui contratti dei consumatori141.

Il decreto del 2009, con il riferimento ai fatti accidentali, sembra allora compiere un passo indietro sul piano della certezza del diritto, tanto più che, se si intendono questi ultimi come fatti involontari dovuti ad una condotta colposa, in ossequio all’ormai consolidata giurisprudenza, l’accostamento ai fatti riconducibili a «negligenza, imprudenza o imperizia», rende l’art. 1, comma 2, quantomeno ridondante.

D’altro lato, anche a voler disattendere l’indicazione giurisprudenziale, interpretando la locuzione “fatti accidentali” come fatti dovuti a caso fortuito o forza maggiore, in modo da imporre l’assicurazione di qualsiasi danno causalmente riconducibile all’attività di sperimentazione 142 , non si comprenderebbe la limitazione operata dall’art. 2, comma 1, che prevede il

139

MASTROROBERTO L., Il risarcimento del danno alla persona da sperimentazione:

aspetti problematici, in Tagete - Archives of legal medicine and dentistry, 2012, 3, p.

473.

140 Così, in dottrina P

ARTENZA I., L'assicurazione di responsabilità civile generale, Giuffrè, Milano, 2009, pp. 45 ss.; in giurisprudenza si vedano le isolate pronunce: Cass. civ., 4 febbraio 1992, n. 1214, in Dir. econ. ass., 1992, pp. 623 ss.; Cass. civ., 30 aprile 1981, n. 2652, in Riv. giur. circ. trasp., 1981, pp. 1043 ss..

141 Così B

UGIOLACCHI L., op. cit…

142 Simile interpretazione, seppure estrema, sembra peraltro avvallata dall’intitolazione del decreto ministeriale 14 luglio 2009 (“Requisiti minimi per le polizze assicurative a

tutela dei soggetti partecipanti alle sperimentazioni cliniche dei medicinali”), il quale

pone l’accento sulla tutela dei partecipanti, piuttosto che sulla responsabilità dei soggetti agenti. A tale enunciato non è tuttavia attribuibile alcun valore legale e non rappresenta di per sé un’indicazione sufficiente a far propendere per la ricostruzione in esame.

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risarcimento dei fatti «riconducibili alla responsabilità civile di tutti i soggetti

che operano nella realizzazione della sperimentazione stessa».

Eppure, alcuni Autori hanno scorto nell’ambiguo inciso la propensione del decreto ministeriale ad accogliere il suggerimento di alcuni comitati etici, secondo i quali ragioni etiche e giuridiche «impongono di ritenere che [la copertura assicurativa obbligatoria] si riferisca a tutte le ipotesi di danno

derivanti con sicuro nesso causale dalla sperimentazione, abbiano esse origine o meno nel comportamento colposo di uno dei soggetti che operano nella sperimentazione»143.

Tuttavia, lo stesso documento ha cura di precisare che è comunque opportuno procedere ad accertare le singole responsabilità, in quanto la lesione al diritto alla salute dovrà essere risarcita qualora sia riconducibile ad una responsabilità di uno degli agenti e, al contrario, indennizzata qualora «nonostante ogni cautela, il rischio abbia a verificarsi».

La possibilità di trovare una soluzione ragionevole, tenendo conto di tutte le norme del decreto, sembra allora ostacolata da più di un senso unico. Eppure, è forse individuabile una via d’uscita: si potrebbe cioè intendere la controversa locuzione come comprendente tutti quei fatti che siano riconducibili alla responsabilità civile del promotore, intesa come responsabilità del soggetto esercente un’attività pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 c.c.144

. In questo senso, il d.m. del 2009 dovrebbe riferirsi a tutte quelle ipotesi in cui il danneggiato non abbia provato la sussistenza della colpa generica in capo ad

143 Comitati etici della Regione Veneto, Rischio e sperimentazione clinica: proposte di linee guida, Allegato A) alla deliberazione della Giunta regionale n. 2855 del 07 ottobre 2008, p. 1. A riguardo cfr. ANTONUCCI A., MOLITERNI F., Rischio ed assicurazione

nell’attività sanitaria, in BELVEDERE A. - RIONDATO S. (a cura di), Le responsabilità in

medicina, in Trattato di biodiritto, RODOTÀ S. e ZATTI P. (diretto da), Giuffrè, Milano, 2011, pp. 3 ss.

144 La ricostruzione sembra avvallata da quella, non recente, dottrina che aveva individuato nel d.m. 18 marzo 1998 un indizio a favore della configurabilità dell’attività di sperimentazione come attività pericolosa e dunque meritevole di una disciplina derogatoria rispetto a quella della responsabilità del produttore contenuta nel d.p.r. n. 224 del 1998, in quanto proprio questa fonte sembra configurare in capo allo sponsor una responsabilità oggettiva, che gli impedirebbe di opporre le cause di esonero da responsabilità fondate sul cd. rischio da sviluppo. Il riferimento è a FARINA E., La

sperimentazione clinica, cit., p. 528 e MASSIMINO F., La responsabilità nelle

sperimentazioni cliniche, in Danno e resp., 2000, 2, p. 960. In tema di rischio da

sviluppo, cfr. CARNEVALI U., La responsabilità del produttore, Milano, 1979, pp. 215 ss.; TRIMARCHI P., La responsabilità del fabbricante nella direttiva comunitaria, in Riv.