IL PROJECT FINANCING NEL REGNO UNITO
2. NEW PUBLIC MANAGEMENT, ORIGINI ED EVOLUZIONE
Il percorso di modernizzazione amministrativa intrapreso dalla pubblica amministrazione inglese negli anni ’80 è considerato una delle prime e più significative esperienze di riqualificazione gestionale basate sull’introduzione di principi e logiche di management, essenzialmente importati e adattati dal privato.
Essa è altresì ritenuta l’esperienza che ha aperto la strada alla diffusione, nel continente europeo, delle riforme ispirate al paradigma del New Public Management, alla base delle quali sta la convinzione legata al ruolo chiave e alla centralità riconosciute alle logiche manageriali: si ritiene infatti che agendo su di esse, ridefinendole, sia possibile affrontare e, almeno in parte, risolvere i problemi e le inefficienze principali che in svariati casi caratterizzano l’operato degli enti pubblici.
Il NPM propone un concetto di stato in cui quest’ultimo non ha risorse sempre disponibili, deve calcolare se ha disponibilità di spesa e spendere solo se ne ha133. Si può affermare dunque che la genesi del modello del NPM è di
tipo deduttivo, dal momento che non si tratta di un insieme di concetti contenuti in un corpo teorico formale ed unitario ma rappresenta piuttosto il risultato dei molteplici processi di osservazione delle trasformazioni in atto nelle diverse realtà mondiali, ad opera delle università, dei centri di ricerca, delle stesse amministrazioni pubbliche (governi centrali e locali, ministeri, agenzie ed organizzazioni per la riforma). Ciò tuttavia non significa che il contenuto del NPM sia puramente descrittivo poiché esso si presenta, infatti, nelle diverse formulazioni che nel tempo sono state elaborate, come un insieme di principi, regole e comportamenti che orientano i governi nei processi di riforma
133 S. FLOGAITIS, “Partenariato pubblico privato, new public management e corruzione: il caso della
Grecia”, in A. FIORITTO (a cura di), Nuove forme e nuove discipline del partenariato
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gestionale (in un’accezione di tipo prescrittivo134, dunque). Allo stesso tempo,
non si intende affermare l’ammissibilità di un modello unico applicabile in modo indistinto a sistemi politici e culturali differenti ma si propone piuttosto l’individuazione dei tratti distintivi del NPM, ovvero i principi cardinei che contraddistinguono il nuovo paradigma e gli conferiscono un carattere di (relativa) adattabilità a Paesi e contesti anche altamente disomogenei.
Il primo passo che va fatto nell’affrontare il tema del NPM è una previa disamina di quali sono state le ragioni principali che hanno spinto diversi Paesi a ripensare e riqualificare il ruolo e le modalità di funzionamento degli apparati pubblici secondo i principi del nuovo paradigma.
Tentando una classificazione delle fattispecie più diffuse, possiamo tracciare il seguente elenco di fattori determinanti:
a) problemi finanziari (nei Paesi OECD la spesa pubblica pro capite è quasi raddoppiata tra il 1980 e il 1990); una delle componenti principali delle riforme è dunque sempre stata collegata alla volontà di ridurre costi e spese; b) inadeguatezza delle prestazioni (inefficienza nell’uso delle risorse, bassa
efficacia operativa, bassa qualità) e dei servizi erogati a fronte di richieste ed esigenze manifestate dagli utenti in netta crescita e trasformazione. Si capisce bene come ciò rischia di generare una perdita di legittimazione e consenso da parte dei cittadini nei confronti del soggetto pubblico;
c) basse performance macroeconomiche: andamenti critici di variabili quali la crescita del PIL pro capite, l’inflazione, il tasso di disoccupazione, che hanno indebolito le capacità di reggere gli standard di concorrenza internazionali (si pensi invece a Giappone, Svizzera e Germania che, in virtù delle loro soddisfacenti performance economiche, non hanno mai attribuito particolare rilievo al modello di NPM);
d) internazionalizzazione di problematiche precedentemente di competenza esclusivamente nazionale135.
134 L. METCALFE, “New Challenges in European Public Management”, Workshop Siena 1999, International Public Management Network.
135 La globalizzazione ha imposto una doppia pressione sullo Stato. Da una parte, ha costituito una notevole sfida: il ruolo dello Stato era quello di proteggere i cittadini, e questa protezione è stata messa a repentaglio, nonostante abbia continuato ad essere continuamente richiesta. Dall’altro lato, si è richiesto allo Stato di essere sempre meno costoso…” L.C. BRESSER PEREIRA, “Riforma dello Stato negli anni ’90: logica e meccanismi di controllo”, in Azienda Pubblica, 6/97.
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Un efficace approccio alla definizione della struttura del NPM è offerto da Strokes, che individua in tre aspetti fondamentali136 l’essenza del paradigma:
1) la focalizzazione sui risultati (outcomes) piuttosto che sugli inputs; 2) l’abbandono del centro come categoria concettuale di riferimento;
3) il rifiuto della visione secondo cui i confini tra “privato” e “pubblico” sono rilevanti.
In modo analogo, Dunleavy e Hood137 definiscono il NPM come un modo
di riorganizzare gli apparati pubblici che implica trasformazioni lungo due direzioni: quella di “down-group”, rendendo cioè il settore pubblico sempre meno distinto da quello privato (in termini, ad esempio, di strutture organizzative e di gestione del personale), e quella di “down-grid”, andando a ridurre gli ambiti nei quali il potere discrezionale e l’autonomia dei manager sono vincolati da sistemi di norme procedurali che ne limitano le potenzialità e l’espressione.
Fatta questa breve introduzione, va detto che all’origine del profondo processo di riforma inglese, vi fu la concorrenza di una serie di fattori dei quali, il principale risiedeva senza dubbio nella difficoltà a far fronte ai problemi fiscali derivanti da una spesa pubblica in costante incremento.
In aggiunta a tale aspetto si consideri che:
il livello medio delle prestazioni erogate era considerato inadeguato dagli utenti, le cui richieste ed esigenze si presentavano in rapida trasformazione; l’incremento demografico accentuava tali problemi, essendo la domanda di
servizi in netta crescita;
i progressi della tecnologia rendevano necessario un ripensamento radicale delle tradizionali modalità di erogazione dei servizi, al fine di rendere accessibili a tutti i vantaggi e i benefici generabili per effetto del ricorso ai nuovi sistemi.
Conseguentemente, il processo di riqualificazione gestionale è stato avviato seguendo alcune linee guida principali:
136 STOKES D., cit. in MATHIASEN D., “The New Public Management and its Critics”, International Public Management Journal, 2, 1999.
137 P. DUNLEAVY – C. HOOD, “From Old Public Administration to New Public Management”, Public Money and Management, July-Sept. 1994.
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1. focalizzazione sui risultati, piuttosto che sulle condizioni produttive utilizzate per la loro erogazione;
2. riconoscimento di una centralità assoluta alle esigenze degli utenti;
3. riduzione delle responsabilità e dei compiti dello Stato (che deve limitarsi alle funzioni essenziali, cioè quelle non efficacemente delegabili ad altri soggetti);
4. ricorso a forme di partnership con soggetti del settore privato, laddove possibile;
5. semplificazione di procedure interne che si traducano in riduzioni di tempi e costi a beneficio dell’utenza;
6. ammodernamento e riqualificazione delle politiche di gestione e sviluppo del personale pubblico, al fine di garantire più soddisfacenti livelli di prestazione;
7. più in generale, incremento degli standard di prestazione dei servizi pubblici.
E’ opportuno allora richiamare l’elenco delle riforme più significative che si sono succedute in quegli anni, e che hanno contribuito all’affermazione e alla diffusione del paradigma di NPM in tutto il mondo:
Improving Management in Government: the Next Steps (1988); Competing for Quality (1991);
Citizen’s Charters Programme (1991);
Code of Practice on Access to Government Information (1994);
Civil Service White Papers: Continuity and Change (1994) and Taking Forward Continuity and Change (1995);
Delegation of Pay and Grading and other Terms and Conditions (1996); Senior Civil Service (1996);
Comprehensive Spending Review (1997); Modernizing Government White Paper (1999).
L’insieme delle innovazioni manageriali introdotte attraverso tali riforme può essere ricondotto ai seguenti tre filoni principali:
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Le principali trasformazioni attuate nel Regno Unito durante gli anni delle riforme riguardano:
decentramento organizzativo (organizational fragmentation); nuova distribuzione delle autonomie gestionali;
ridimensionamento (downsizing) degli apparati; privatizzazioni/esternalizzazioni.
La nuova logica manageriale, introdotta in particolare con il programma Next Steps, concepisce la gestione pubblica come qualcosa di troppo ingombrante per essere governato da un’unica istituzione, proponendo invece il ricorso a una rete di unità collegate tra loro, ma funzionalmente distinte. Il decentramento organizzativo fa riferimento allo smembramento delle grandi organizzazioni burocratiche in unità organizzative di più ridotte dimensioni (single-mission agency), cui riconoscere elevati gradi di discrezionalità e autonomia gestionale.
Per quanto riguarda poi l’intensità del processo e i risultati conseguibili con l’introduzione di logiche di decentramento organizzativo, la struttura organizzativa dell’apparato pubblico considerato nel suo insieme è stata sottoposta a pressioni e cambiamenti graduali, avvenuti nell’arco di più di un decennio (dal 1982 della Financial Management Initiative al 1990 del programma Next Steps); un approccio che Dunleavy annovera tra i casi di “lagged-effect incubated pattern”.
Per quanto concerne poi le privatizzazioni attuate nel Regno Unito, il fenomeno è stato abbastanza pronunciato. È utile, al riguardo, distinguere tra: “privatizzazioni sostanziali”, che prevedono l’affidamento all’esterno della
produzione di beni e servizi, della responsabilità e del controllo sulle stesse, non più facenti capo all’ente pubblico;
“privatizzazioni regolate”, che prevedono il mantenimento del controllo strategico esercitato dal soggetto pubblico sui servizi affidati a terzi;
nella terza ipotesi l’ente pubblico ha mantenuto pressoché piena responsabilità per la fornitura di servizi, la cui produzione ha affidato ad imprese private, o ad organizzazioni del terzo settore o alle organizzazioni pubbliche più efficienti e competitive.
100 2) Introduzione di nuove procedure;
Ci si riferisce, in quest’ambito, alle modalità operative e ai meccanismi di funzionamento previsti per le nuove unità decentrate. I tratti fondamentali sono:
decentramento politico (institutional decentralization); introduzione di meccanismi tipo mercato (MTM);
riforma dell’attività di semplificazione e deregolamentazione;
riorientamento di tutte le attività secondo un’ottica che ha al centro il cittadino- cliente;
attivazione di meccanismi di compartecipazione degli utenti.
Il principio alla base dell’“institutional decentralization” nel Regno Unito è che “the responsibility for addressing problems should lie with the lowest level of government possibile, unless there is an important reason to do otherwise”138.
Tale tipo di intervento, che prevede l’assegnazione (devolution) di funzioni dallo Stato ai governi locali sulla base del principio della sussidiarietà, consente di incrementare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni locali, la responsabilizzazione dei funzionari pubblici e la flessibilità delle politiche, plasmate sul contesto sociale e sulle richieste specifiche degli utenti.
I MTM sono “accordi e formule contrattuali nei quali almeno una caratteristica del mercato è presente (concorrenza, prezzo, incentivi monetari; ecc.)139”. La loro introduzione in Inghilterra risponde in generale alla logica di
avvicinare il settore pubblico a quello privato, sia “importando” strumenti caratteristici del secondo, sia riducendo le disparità esistenti tra i due in termini di vincoli legali (semplificando e deregolamentando).
Ancora, il Regno Unito è stato precursore dell’affidamento della gestione di alcuni servizi ad organismi esterni con la formula del contracting out. Questo tipo di strategia è risultato efficace naturalmente solo in presenza di una situazione di concorrenza tra i diversi potenziali fornitori del servizio che si vuole affidare all’esterno. Esso è stato infatti applicato maggiormente alle
138 D. OSBORNE – T. GAEBLER, “Reinventing Government: How the Entrepreneurial Spirit is Transforming the Public Sector”, PLUME, Penguin Books, New York, 1993, p. 277. 139 OCSE, 1993.
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attività per le quali le componenti rilevanti dell’offerta (qualità, quantità, prezzo e tempi di consegna) potevano essere chiaramente specificate in regolari contratti rinnovabili. Meno utile è risultato invece laddove le condizioni di offerta erano difficili da specificare e da monitorare: i sunk cost (costi opportunità) sono in tal caso alti, così come le potenziali perdite legate a inadempienza delle condizioni contrattuali.
Nel contracting out si instaura, in sostanza, una relazione contrattuale tra amministrazione e contractor, in cui la prima è responsabile di un’erogazione soddisfacente (in quanto conserva l’autorità di far rispettare i termini del contratto) e il secondo di gestire l’erogazione secondo criteri di efficienza ed efficacia. In presenza, dunque, delle condizioni citate, il contracting out costituisce uno strumento efficace per la promozione di logiche competitive nel settore pubblico.
Il Competitive Tendering, al contrario, prevede che, in caso di decisione di esternalizzazione di una o più attività o servizi, le offerte provenienti dall’interno dell’ente pubblico entrino in diretta competizione con quelle di organizzazioni esterne. È il caso, ad esempio, del Comprehensive Spending Review, legge che ha imposto l’obbligo delle gare d’appalto agli enti locali per una serie di servizi pubblici e che ha ottenuto risultati più che soddisfacenti, contribuendo alla effettiva modernizzazione dei “centri gestori interni” che sono riusciti a raggiungere significativi livelli di efficienza e ad aggiudicarsi molte più gare d’appalto rispetto alle organizzazioni esterne.
3) Performance management: l’enfasi sui risultati.
Il NPM inglese ha insistito molto sulle riforme organizzative e sulla trasformazione delle procedure, non come interventi fine a se stessi, ma come strumenti per la realizzazione di un obiettivo prioritario: la fornitura ai cittadini di servizi adeguati alle loro esigenze ed efficienti dal punto di vista dei processi interni relativi alla loro produzione. Se ai manager è stato accordato un maggior potere di scelta in relazione a procedure e modalità operative, corrispondentemente essi, secondo le nuove logiche manageriali, devono accettare crescenti livelli di responsabilizzazione sui loro risultati.
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Ciò è stato conseguito attraverso un sistema di performance management, cioè uno stile di gestione che trova il suo fondamento nella focalizzazione sui risultati e sulla loro valutazione. Tale modello ha incentivato la diffusione, presso tutti i componenti l’organizzazione, di quelle capacità e competenze gestionali strategiche da sviluppare per raggiungere target definiti a priori, in termini di efficienza, efficacia e qualità del servizio. L’enfasi posta su output e outcome si è tradotta, prioritariamente:
nell’esplicitazione ex ante della direzione delle attività e di standard minimi di prestazione, il che consente di attivare percorsi di “feed forward” a scopi orientativi;
nella possibilità di apportare correzioni e ridefinizioni strategiche in caso si ottengano risultati diversi da quelli attesi (feed-back). Inoltre, l’attività di controlling, su cui è stata posta molta enfasi nel contesto inglese, ha permesso di monitorare i processi amministrativi, analizzarne i risultati, fornire alle funzioni manageriali il necessario supporto informativo e intervenire con correzioni sui cicli di pianificazione interni.