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Occorre a questo punto precisare che il quadro normativo in tema di Organismi Geneticamente Modificati si muove su due piani differenti. Da un lato, il piano di tipo orizzontale, appena analizzato; dall’altro lato quello verticale, o per prodotti. Appartengono al secondo gruppo, a titolo esemplificativo, le Direttive in

81 D.D

I BENEDETTO,La disciplina degli organismi geneticamente modificati tra precauzione e responsabilità, Napoli, 2011, 111 ss.

materia di medicinali82, di prodotti fitosanitari83, di additivi nei prodotti alimentari destinati al consumo umano84, di aromi85 e solventi86.

Per meglio comprendere l’impatto degli Organismi Geneticamente Modificati nel settore agricolo e nel campo alimentare, occorre sottolineare che la maggior parte delle piante transgeniche che si trovano sul mercato sono riconducibili a due tipi: da un lato, le piante che sintetizzano i propri insetticidi, dall’altro lato quelle resistenti agli erbicidi.

Per quanto concerne le prime, esse nascono per la necessità di contrastare gli insetti erbivori, da sempre presenti in agricoltura. Se all’inizio furono impiegati gli insetticidi, ben presto si avvertì l’esigenza di andare oltre, dal momento che essi oltre ad uccidere le piante infestanti, distruggono anche le specie di insetti utili all’ecosistema, oltre a poter risultare tossici per l’uomo. Alcuni batteri hanno risolto il problema delle specie infestanti, in quanto producono proteine in grado di uccidere le larve degli insetti che si cibano di batteri87.

82 Direttiva del Consiglio 93/41/CEE del 14 giugno 1993, per il riavvicinamento delle disposizioni

nazionali concernenti l’immissione in commercio dei medicinali di alta tecnologia, in particolare quelli derivanti dalla biotecnologia.

83 Direttiva del Consiglio n. 91/414/CEE del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in circolazione

di prodotti fitosanitari.

84 Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 93/34/CE del 30 giugno 1994, per il

riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli additivi autorizzati nei prodotti alimentari destinati al consumo umano.

85 Direttiva della Commissione n. 91/71/CEE del 16 gennaio 1991, che completa la Direttiva n.

88/388 del Consiglio, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nel settore degli aromi destinati ad essere impiegati nei prodotti alimentari e nei materiali di base per la loro preparazione.

86 Direttiva del Consiglio n. 92/115/CEE del 17 dicembre 1992, che modifica per la prima volta la

direttiva 88/344/CEE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti.

87 A titolo esemplificativo, si pensi ai vari ceppi di Bacillus thuringiensis (Bt), ognuno dei quali

produce una proteina tossica per le larve degli insetti che si cibano di questi batteri tossici. Quando la larva mangia uno di questi batteri, la tossina si attiva, legandosi all’intestino della larva stessa e producendo dei fori che impediscono all’insetto di cibarsi, ne provoca la morte.

Gli insetti erbivori non rappresentano tuttavia certamente l’unica minaccia per l’agricoltura. Nei campi, infatti, fin da tempi remoti, crescono varie piante erbacee, che competono con le piante desiderate per l’acqua e i nutrienti nel suolo. Per far fronte a questo problema si sono create le piante da raccolto resistenti agli erbicidi. Per lungo tempo si è ricorsi al glifosfato, un erbicida molto efficace, in quanto in grado di uccidere settantasei delle settantotto piante infestanti comunemente presenti nei campi. Purtroppo, però, quest’erbicida provoca la morte anche delle piante coltivate; il suo utilizzo dovrebbe quindi essere precedente alla semina, con la conseguenza che però nel momento in cui le piante seminate iniziano a crescere, riappariranno anche quelle infestanti.

Così nel corso degli anni alcuni batteri del terreno sono mutati, e ciò ha permesso loro di esprimere un enzima che catalizza la demolizione del glifosfato. Di conseguenza si è provveduto all’isolamento e clonazione del gene di quest’enzima, gene che è stato poi inserito nelle piante del cotone e della soia, che si sono così rivelate resistenti al glifosfato.

Per quanto riguarda, più in particolare, l’ambito degli alimenti geneticamente modificati, per lungo tempo la normativa di riferimento è stata rappresentata dal Regolamento n. 258/97/CE, concernente la disciplina per l’immissione sul mercato comunitario dei nuovi prodotti e dei nuovi ingredienti alimentari, i cd. novel foods: la scelta di adottare un Regolamento, invece di una Direttiva, è sintomatica della volontà del legislatore europeo di evitare un’applicazione differente nei vari Stati membri, tenuto conto della particolarità della materia88.

Anche in questo caso l’ambito oggettivo di applicazione della normativa viene fornito sia in positivo che in negativo. Da un lato infatti, si specifica che il campo di applicazione della disciplina comunitaria comprende i «nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari». Dall’altro lato vengono esclusi gli additivi

88 Regolamento CE n. 258/97 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 gennaio 1997 sui nuovi

prodotti e i nuovi ingredienti alimentari. Si veda al riguardo anche L.COSTATO,Diritto nazionale, cit., 1272, secondo cui: «È di rilievo il fatto che si sia passati dall’uso della direttiva a quello del regolamento, direttamente e immediatamente applicabile, quasi a voler stroncare alcuni atteggiamenti nel frattempo affiorati negli Stati membri».

alimentari, gli aromi e i solventi da estrazione, in quanto oggetto di apposita disciplina.

Il Regolamento dispone che anche per l’immissione in commercio di prodotti o ingredienti contenuti o costituiti da Organismi Geneticamente Modificati, il responsabile dell’immissione stessa deve presentare un’apposita domanda all’autorità competente dello Statto membro sul cui territorio il prodotto verrà messo in commercio, contemporaneamente provvedendo a trasmettere copia della domanda alla Commissione89. La domanda deve contenere sia tutte le informazioni utili a fornire la prova che il prodotto o ingrediente soddisfa i requisiti stabiliti dal Regolamento in esame sia una proposta relativa alla presentazione ed etichettatura del prodotto o dell’ingrediente da commercializzare90.

89 L’articolo 1 del Regolamento recita che: «1. Il presente regolamento ha per oggetto l’immissione

sul mercato comunitario di nuovi prodotti e di nuovi ingredienti alimentari. 2. Il presente regolamento si applica all’immissione sul mercato della Comunità di prodotti e ingredienti alimentari non ancora utilizzati in misura significativa per il consumo umano nella Comunità e che rientrano in una delle seguenti categorie: a) prodotti e ingredienti alimentari contenenti o costituiti da organismi geneticamente modificati ai sensi della direttiva 90/220/CEE; b) prodotti e ingredienti alimentari prodotti a partire da organismi geneticamente modificati, ma che non li contengono; c) prodotti e ingredienti alimentari con una struttura molecolare primaria nuova o volutamente modificata; d) prodotti e ingredienti alimentari costituiti o isolati a partire da microorganismi, funghi o alghe; e) prodotti e ingredienti alimentari costituiti da vegetali o isolati a partire da vegetali e ingredienti alimentari isolati a partire da animali, esclusi i prodotti e gli ingredienti alimentari ottenuti mediante pratiche tradizionali di moltiplicazione o di riproduzione che vantano un uso alimentare sicuro storicamente comprovato; f) prodotti e ingredienti alimentari sottoposti a un processo di produzione non generalmente utilizzato, per i quali tale processo comporti nella composizione o nella struttura dei prodotti o degli ingredienti alimentari cambiamenti significativi del valore nutritivo, del loro metabolismo o del tenore di sostanze indesiderabili. 3. Se del caso si può decidere, secondo la procedura prevista all’articolo 13, se un tipo di prodotto o ingrediente alimentare rientra nel campo di applicazione del paragrafo 2 del presente articolo».

90 L’articolo 3, paragrafo 1, del Regolamento prevede infatti che i prodotti o ingredienti alimentari

non devono presentare rischi per il consumatore, non devono indurre in errore quest’ultimo, né devono differire da altri prodotti o ingredienti alimentari alla cui sostituzione essi sono destinati, tanto che il loro consumo non deve presentare svantaggi, per il consumatore, sotto il profilo

Lo Stato membro deve procedere ad una valutazione iniziale di conformità della domanda presentata, a norma dell’articolo 6 del Regolamento in esame, e stabilisce se la stessa debba o meno formare oggetto di una valutazione complementare91. In entrambi i casi l’autorità nazionale competente è tenuta ad inviare la relazione della valutazione effettuata alla Commissione, la quale a sua volta provvede alla trasmissione della suddetta relazione agli Stati membri. Essi hanno sessanta giorni di tempo per pronunciarsi, formulando osservazioni o sollevando obiezioni motivate.

Se la Commissione e gli altri Stati membri non sollevano obiezioni od osservazioni e non è necessaria una valutazione complementare, lo Stato membro provvede a comunicare al richiedente che può procedere all’immissione sul mercato del nuovo prodotto o ingrediente alimentare92. La decisione di autorizzazione deve contenere indicazioni concernenti la denominazione, le specifiche ed i requisiti in materia di etichettatura del prodotto alimentare o dell’ingrediente, e più in particolare la composizione, il valore nutritivo, l’utilizzazione alla quale è

nutrizionale. Come osservaL.COSTATO,Diritto nazionale, cit., 1272, risulta evidente che scopo fondamentale del Regolamento è quello di proteggere il consumatore.

91 L’articolo 6, paragrafo 2, del Regolamento, recita infatti che: «Quando riceve la domanda lo Stato

membro di cui all’articolo 4, paragrafo 1assicura che sia effettuata una valutazione iniziale. A questo fine esso notifica alla Commissione il nome dell’autorità competente per la valutazione dei prodotti alimentari incaricata di elaborare la relazione di valutazione iniziale, oppure chiede alla Commissione di accordarsi con altro Stato membro affinchè una delle autorità competenti per la valutazione dei prodotti alimentari, di cui all’articolo 4, paragrafo 3, prepari tale relazione. La Commissione trasmette senza indugio agli Stati membri copia del sommario del fascicolo fornito dal richiedente ed il nome dell’autorità competente incaricata di effettuare la valutazione iniziale».

92 L’articolo 4, paragrafo 2 del Regolamento recita così: «Si procede alla valutazione iniziale

prevista dall’articolo 6. Al termine della procedura di cui all’articolo 6, paragrafo 4, lo Stato membro di cui al paragrafo 1 informa senza indugio il richiedente: – che può procedere all’immissione del prodotto o dell’ingrediente alimentare sul mercato, quando non sia richiesta la valutazione complementare di cui all’articolo 6, paragrafo 3 e non sia stata formulata alcuna obiezione motivata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, oppure – che è necessaria una decisione di autorizzazione conformemente all'articolo 7».

destinato, la presenza di eventuali sostanze che possano avere un effetto nocivo sulla salute dei soggetti, la presenza di sostanze che possono dare luogo a riserve di carattere etico e la presenza al suo interno di un Organismo Geneticamente Modificato.

Nel caso contrario, invece, la Commissione deve adottare una decisione di autorizzazione con l’assistenza del Comitato permanente per i prodotti alimentari; quest’ultimo è un organo preposto ad una funzione di controllo93.

Questa appena esaminata è la procedura cd. ordinaria o standard.

La normativa in esame prevede anche una procedura semplificata, da applicarsi per il caso in cui i prodotti o gli ingredienti alimentari siano considerati dall’autorità competente dello Stato richiedente sostanzialmente equivalenti a prodotti o ingredienti alimentari già esistenti in commercio94. A tal fine è necessario

93 L’articolo 13 del presente Regolamento prevede infatti che: «1. In caso di applicazione della

procedura definita nel presente articolo, la Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari, in appresso denominato ‘comitato’. 2. Il comitato è convocato dal suo presidente, per iniziativa di quest’ultimo o a richiesta del rappresentante di uno Stato membro. 3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall’articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l’adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all’articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione. 4. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte».

94 L’articolo 3, paragrafo 4, del Regolamento in esame recita che: «In deroga al paragrafo 2, la

procedura di cui all’articolo 5 si applica ai prodotti o agli ingredienti alimentari di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettere b), d) ed e) che, sulla base dei dati scientifici disponibili e universalmente riconosciuti o di un parere emesso da una delle autorità competenti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, sono sostanzialmente equivalenti a prodotti o ingredienti alimentari esistenti per quanto riguarda la composizione, il valore nutritivo, il metabolismo, l’uso cui sono destinati e il tenore di sostanze

che siano disponibili dati scientifici «universalmente riconosciuti» o un parere emesso dall’autorità nazionale.

In tale ipotesi il soggetto richiedente è solamente tenuto a notificare alla Commissione l’avvenuta immissione nel mercato del prodotto e le sue caratteristiche organolettiche. A sua volta, la Commissione trasmette agli altri Stati membri, entro sessanta giorni, il contenuto della notifica per presa visione95.

Non c’è, quindi, in questo caso una preventiva decisione di autorizzazione, ma si accerta solo l’equivalenza, da un punto di vista sostanziale, del prodotto considerato con un altro già in commercio.

Proprio tale previsione è stata oggetto, fin da subito, di forti critiche e polemiche, sia in sede nazionale che in sede comunitaria.

In primo luogo si è sottolineato che il Regolamento in esame non fornisce alcun chiarimento in merito al grado di equivalenza da riscontrarsi in un alimento rispetto al corrispettivo prodotto convenzionale. Veniva, infatti, utilizzato un criterio sommario e generico, dal momento che si specificava che un nuovo ingrediente o alimento alimentare non deve considerarsi più equivalente quando una valutazione scientifica basata su un’analisi appropriata dei dati esistenti possa dimostrare che le caratteristiche valutate sono diverse rispetto ad un alimento o ingrediente alimentare convenzionale.

Si mette, inoltre, in evidenza che la normativa in esame permette di applicare la procedura semplificata anche agli ingredienti o alimenti che derivano da Organismi Geneticamente Modificati.

indesiderabili. Se del caso si può decidere, secondo la procedura prevista dall’articolo 13, se un tipo di prodotto o ingrediente alimentare rientra nel campo di applicazione del presente paragrafo».

95 L’articolo 5 del Regolamento recita così: «Nel caso dei prodotti o ingredienti alimentari di cui

all’articolo 3, paragrafo 4, il richiedente notifica l’immissione sul mercato alla Commissione. Tale notifica è corredata dalle informazioni pertinenti di cui all’articolo 3, paragrafo 4. La Commissione trasmette agli Stati membri copia di detta notifica entro un termine di sessanta giorni, nonché, a richiesta di uno Stato membro, copia di tali informazioni. Ogni anno la Commissione pubblica un riassunto di tali notifiche nella Gazzetta ufficiale della Comunità europea, serie C. Ai fini dell’etichettatura valgono le disposizioni dell’articolo 8».

Critiche si sono sollevate anche dal versante giurisprudenziale, nella causa intentata dalla Monsanto Agricoltura S.p.a. contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri96.

La non adeguatezza del criterio dell’equivalenza sostanziale, emersa nel caso Monsanto, è stata condivisa anche dal legislatore comunitario, che con l’adozione del Regolamento n. 1829/2003/CE (cd. Regolamento Food and Feed) ha perseguito il fine di offrire un contesto armonizzato per l’autorizzazione degli alimenti e degli ingredienti geneticamente modificati, secondo canoni di chiarezza e trasparenza97. Finalità, queste ultime, ribadite dall’articolo 1, che alla lettera a) prevede come obiettivi quello di «fornire la base per garantire un elevato livello di tutela della vita e della salute umana, della salute e del benessere degli animali, dell’ambiente e degli interessi dei consumatori […] garantendo nel contempo l’efficace funzionamento del mercato interno».

Si è infatti posto in luce in primis che la procedura prevista nel precedente Regolamento, in tema di alimenti geneticamente modificati, dovrebbe essere resa più snella e trasparente98; in secondo luogo si è evidenziato che il criterio

96 Sull’analisi della causa in oggetto si veda infra.

97 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1829/2003/CEE del 22 settembre 2003,

relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati. Il considerando numero 3 dispone infatti che: «Al fine di proteggere la salute umana e animale, gli alimenti e i mangimi che contengono organismi geneticamente modificati o sono costituiti o prodotti a partire da tali organismi (qui di seguito denominati ‘alimenti e mangimi geneticamente modificati’) dovrebbero essere sottoposti a una valutazione della sicurezza tramite una procedura comunitaria prima di essere immessi sul mercato comunitario». Come ricorda B. VAN DER MEULEN,Eu Food Law Handbook, Wageningen Academic Publishers, 2014, 276, il Regolamento n. 1829/2003 «regulates the placing on the market of food and feed products containing or consisting of GMOs and provides for the labelling of such products for the final consumer».

98 Il considerando numero 5 infatti spiega che: «Il regolamento (CE) n. 258/97 del Parlamento

europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 1997, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari stabilisce una procedura di autorizzazione, cui partecipano gli Stati membri e la Commissione, per gli alimenti geneticamente modificati. Detta procedura dovrebbe essere resa più snella e trasparente».

dell’equivalenza sostanziale non permette di fare una valutazione adeguata sulla sicurezza del prodotto99.

Conseguentemente, si è previsto che a far data dal 18 aprile 2004 la procedura semplificata non venisse più applicata nei confronti di alimenti o prodotti alimentati a partire da Organismi Geneticamente Modificati, anche se non contengono più residui transgenici.

Con particolare riferimento agli alimenti, il Regolamento del 2003 si può dire che abbia riscritto le regole dell’immissione in commercio e dell’etichettatura degli alimenti geneticamente modificati, introducendo altresì regole specifiche per quanto concerne i mangimi geneticamente modificati100.

Da un punto di vista oggettivo, il Regolamento in esame estende il suo campo di applicazione agli Organismi Geneticamente Modificati destinati all’alimentazione umana, agli alimenti che contengono o sono costituiti da Organismi Geneticamente Modificati e a quelli che sono prodotti a partire da o che contengono ingredienti prodotti a partire da Organismi Geneticamente Modificati.

Per Organismo Geneticamente Modificato destinato all’alimentazione umana si intende un OGM che può essere impiegato come alimento o come materiale di base per la produzione di alimenti101. La terza categoria ricomprende i

99 Il considerando numero 6 sottolinea infatti che: «Il regolamento (CE) n. 258/97 istituisce anche

una procedura di notifica per i nuovi prodotti alimentari sostanzialmente equivalenti a quelli che già esistono. Se l’equivalenza sostanziale rappresenta un elemento cardine del processo di valutazione della sicurezza di alimenti geneticamente modificati, essa non costituisce di per sé una valutazione delle sicurezza. Al fine di garantire chiarezza, trasparenza e un contesto armonizzato per l’autorizzazione degli alimenti geneticamente modificati, tale procedura di notifica dovrebbe essere abbandonata con riferimento agli alimenti geneticamente modificati».

100 E.SIRSI,L’impiego in agricoltura di organismi geneticamente modificati e la coesistenza con le coltivazioni non geneticamente modificate, in L.COSTATO,A.GERMANÓ,E.ROOK BASILE,Il diritto agroambientale, II, Milano, 2011, 277.

101 Cfr. l’articolo 2, punto 8. Il punto 9 precisa invece che cosa si intenda per organismo

geneticamente modificato destinato all’alimentazione umana, ossia un OGM che può essere utilizzato come mangime o come materiale di base per la produzione di mangimi.

prodotti derivati, in tutto o in parte, dagli Organismi Geneticamente Modificati, ma che non li contengono e non sono da essi costituiti102.

Cardine della normativa è l’articolo 4, il quale prevede alcuni principi fondamentali. Anche in questo caso, non è possibile immettere in commercio OGM senza che essi vengano previamente autorizzati e senza il rispetto delle condizioni previste nell’autorizzazione103.

Più in particolare, il Regolamento in esame prevede che la presentazione di una domanda di autorizzazione debba essere indirizzata, in ciascuno Stato membro, all’Autorità nazionale competente, la quale provvede – oltre ad inviare al richiedente una comunicazione scritta attestante la ricezione della domanda – ad informare senza ritardo l’Efsa, mettendo a sua disposizione sia i documenti contenuti nella domanda, sia altre eventuali informazioni comunicate dal soggetto richiedente104. L’Efsa, da un lato, informa senza indugio gli altri Stati membri e la Commissione, dall’altro lato, mette a conoscenza della richiesta anche il pubblico, fornendo una sintesi del relativo dossier. Entro i successivi sei mesi, l’Efsa esprime un parere sulla domanda di immissione in commercio105, che viene in seguito

102 Cfr. l’articolo 2, punto 10 del Regolamento in esame.

103 Con la locuzione ‘immissione in commercio’ si intendono sia la detenzione di OGM ai fini di