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Molto di recente la normativa quadro in tema di OGM è stata modificata, ad opera della Direttiva n. 2015/412 del Parlamento europeo e del Consiglio, adottata l’11 marzo del 2015, a conclusione di un’intensa fase di negoziazione svoltasi durante il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’UE115.

Due sono state le principali tappe attraverso cui l’Unione Europea ha avviato una revisione del sistema decisionale in tema di concessione delle autorizzazioni all’immissione sul mercato di OGM. Da un lato, un primo ‘pacchetto OGM’, di cui facevano parte una comunicazione al Parlamento europeo e al

115 Direttiva (UE) n. 2015/412 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 marzo 2015, che

modifica la Direttiva n. 2001/18/CE per quando concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio. Si veda E.SIRSI,Su OGM e agricoltura. Una lettura alla luce della prospettiva di riforma della disciplina della coltivazione degli OGM nell’UE e dello sviluppo di tecniche alternative di modificazione genetica, in Agric., Istituz., Mercati, 2013, 84 ss. Per un approfondimento sulla nuova Direttiva si rimanda inoltre a G. RAGONE, La disciplina degli OGM tra Unione Europea e Stati nazionali: a chi spetta il diritto all’ultima parola su questioni scientifiche controverse?, in Biolaw Journal, n. 1/2015, 125 ss.; M. DE BENEDETTO, Note intorno a virtù e limiti nella ricerca scientifica, in A.IANNUZZI, La ricerca scientifica tra possibilità e limiti, Napoli, 2015, 146 ss.

Consiglio sulla libertà degli Stati membri di decidere in merito alla coltivazione di OGM, una Raccomandazione in tema di coesistenza – si vedrà in seguito – ed infine una Proposta di regolamento finalizzata a modificare la Direttiva del 2001. Quest’ultima, dopo anni di lavori, ha dato vita alla Direttiva n. 2015/412. Dall’altro lato, un secondo ‘pacchetto OGM’, contenente una nuova Comunicazione sulla revisione del processo decisionale in tema di OGM ed una Proposta di regolamento tesa a modificare il Regolamento CE n. 1829/2003, introducendo la possibilità per gli Stati membri di vietare o limitare, all’interno del loro territorio, la commercializzazione di alimenti o mangimi contenenti OGM.

La recente Direttiva del 2015 si pone come obiettivo quello di ‘impattare in maniera sostanziale’ sulla disciplina legale degli Organismi Geneticamente Modificati, lasciando tuttavia inalterata la parte della Direttiva del 2001 riguardante il regime delle autorizzazioni a livello europeo.

Tutto aveva inizio con la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2010, finalizzata a fornire una base giuridica per permettere che gli Stati membri possano vietare o limitare la coltivazione di OGM già autorizzati a livello europeo116. Occorre evidenziare che gli eventuali divieti o limitazioni sulla coltivazione di OGM devono essere basati su ragioni diverse da quelle già contemplate nella valutazione del rischio ambientale e sanitario: infatti, il sistema di autorizzazioni disegnato dalla normativa comunitaria rimane invariato117.

La parola chiave del nuovo approccio europeo è ‘flessibilità’, che deve essere riconosciuta in misura maggiore ai singoli Stati membri. Si è infatti messo in luce che il quadro legislativo al momento vigente in tema di OGM non soddisfa

116 Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la Direttiva n.

2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio, Bruxelles, 13 luglio 2010, COM (2010) 375.

117 Per una disamina della Proposta di Regolamento si veda V. R

ANALDI, Il confronto tra Stati membri ed Unione europea in materia di OGM nella giurisprudenza nazionale e comunitaria, in Dir. del comm. internaz., 2014, 1011 ss.

in toto l’esigenza di fornire una maggiore libertà agli Stati membri in materia di coltivazione di OGM. Essi devono disporre di un più ampio margine di valutazione sul tema in oggetto, tenendo anche in considerazione le specificità di ogni singolo Stato118. La Proposta sottolinea infatti che l’assenza di margini di manovra e valutazione in capo ad ogni Stato ha condotto, in alcuni casi, all’adozione di votazioni prive di adeguate basi scientifiche, in altri casi ad invocare le clausole di salvaguardia, in altri ancora all’uso delle procedure speciali di notifica a norma del trattato nell’ambito del mercato interno: il tutto con l’univoca finalità di vietare la coltivazione di OGM a livello nazionale. Si vuole quindi con la presente Proposta ridurre il ricorso da parte degli Stati membri alle misure di salvaguardia e contemporaneamente alleggerire gli oneri istituzionali gravanti sia sulla Commissione sia sull’Efsa119.

Si è evidenziato, inoltre, che la coltivazione degli OGM a livello dell’Unione europea è stata, fino ad un recente passato, molto limitata. Per questa ragione non risulta facile quantificare con precisione i possibili impatti economici, sociali ed ambientali che deriverebbero dalla libertà per gli Stati membri di decidere di vietare o limitare tale coltivazioni.

Ciononostante la Commissione ha ritenuto necessaria la modifica della normativa. L’obiettivo finale era quello di combinare il vigente sistema di

118 Come si legge anche nel considerando numero 6 della Direttiva del 2015, la coltivazione di

OGM ha «forte dimensione nazionale, regionale e locale, dato il suo legame con l’uso del suolo, le strutture agricole locali e la protezione o il mantenimento degli habitat, degli ecosistemi e dei paesaggi».

119 Ricorso alle misure di salvaguardia che, viene ricordato nella Proposta, devono basarsi

esclusivamente su prove scientifiche nuove o complementari, riguardanti la sicurezza ambientale e sanitaria degli OGM. Si legge poi che: «Si prevede inoltre che la modifica proposta garantirebbe certezza del diritto agli Stati membri che desiderino limitare o vietare la coltivazione degli OGM. Infine essa offrirebbe alle parti interessate (p. es. coltivatori di OGM, agricoltori biologici, agricoltori convenzionali, produttori/esportatori/importatori di sementi, allevatori, trasformatori di mangimi, consumatori e imprese biotecnologiche) maggiore chiarezza sulla coltivazione di OGM nell’UE e potrebbe rendere il processo decisionale più prevedibile».

autorizzazioni dell’Unione europea, fondato sulla valutazione scientifica dei rischi sanitari ed ambientali, con la libertà di ogni Stato membro di decidere se coltivare OGM sul suo territorio oppure no120.

È proprio al fine di fornire un rimedio che è stata adottata nel luglio del 2010 la Proposta in esame, assieme ad altri due documenti, facenti parte del cd. pacchetto OGM – come sopra accennato – : in primis, la comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni sulla libertà degli Stati membri di decidere in merito alla coltivazione di colture geneticamente modificate121; in secondo luogo la Raccomandazione recante orientamenti per l'elaborazione di misure nazionali in materia di coesistenza per evitare la presenza involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche, che abroga e sostituisce la Raccomandazione n. 2003/556 della Commissione del 23 luglio 2003122. Quest’ultima, in particolare, riconosce una certa discrezionalità agli Stati membri, dal momento che – come si vedrà meglio in seguito – rimette ad essi la scelta in merito all’adozione di misure finalizzate ad evitare la presenza involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche.

Importante evidenziare che la facoltà concessa, nella Proposta, agli Stati membri si riferisce solo ed esclusivamente alla coltivazione degli OGM, invariata

120 Nella Raccomandazione si legge infatti che: «Si prevede che tale approccio, pur mantenendo

inalterati il sistema di autorizzazioni degli OGM dell’UE e la libera circolazione e importazione di alimenti, mangimi e sementi GM, soddisferà le richieste di alcuni Stati membri e sarà sostenuto dall’opinione pubblica» e che: «Gli Stati membri potranno meglio svolgere proprie valutazioni d’impatto per giustificare le rispettive decisioni sulla coltivazione degli OGM sul loro territorio a livello nazionale/regionale/locale».

121 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico

e sociale e europeo e al Comitato delle Regioni del 13 luglio 2010, sulla libertà degli Stati membri di decidere in merito alla coltivazione di colture geneticamente modificate, documento COM (2010) 380.

122 Raccomandazione della Commissione del 13 luglio 2010, recante orientamenti per

l’elaborazione di misure nazionali in materia di coesistenza per evitare la presenza involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche.

rimanendo la disciplina per quanto concerne l’immissione in commercio e la loro importazione. Queste ultime continueranno liberamente nel quadro del mercato interno e degli obblighi internazionali dell’Unione europea, come risulta anche dalla lettura del considerando numero 5 della Proposta medesima123.

La nuova Direttiva aggiunge tre disposizioni nel testo della Direttiva del 2001: l’articolo 26-bis – sulle misure transfrontaliere, oggetto di specifica analisi nel terzo capitolo del presente elaborato – l’articolo 26-quater – che contiene misure transitorie specifiche per tutte le richieste di autorizzazioni o le autorizzazioni già concesse all’entrata in vigore della Direttiva – e infine l’articolo 26-ter – che concerne la possibilità, per ciascuno Stato membro, di vietare o limitare la coltivazione di OGM in tutto o in parte del suo territorio –.

Senza dubbio, la modifica che per innovatività ha attirato fin da subito l’attenzione della dottrina è quella contenuta nell’articolo 26-ter, per mezzo del quale ogni Stato membro dispone ora della possibilità di opporsi alla coltivazione di OGM sul suo territorio, anche se questi ultimi sono stati autorizzati a livello europeo.

La ratio della disposizione è da rinvenirsi nella volontà di attribuire agli Stati membri un più ampio margine di valutazione per quanto riguarda la coltivazione di OGM, tenendo a tal fine in considerazione le rispettive specificità: in tal modo si cerca di ridurre il ricorso alle misure di salvaguardia ed i correlati oneri amministrativi in capo alla Commissione e all’Efsa.

123 Si legge infatti che: «La libertà garantita agli Stati membri riguarderà esclusivamente la

coltivazione degli OGM, ma non l’immissione in commercio e l’importazione di GM autorizzate, che dovranno continuare liberamente nel quadro del mercato interno e dei relativi obblighi internazionali dell’Unione». Inoltre il considerando numero 5 specifica che: «L’esperienza ha dimostrato che la coltivazione di OGM è una questione trattata in modo più approfondito dagli Stati membri, a livello centrale o a livello regionale e locale. Contrariamente a quanto attiene alle questioni relative all’immissione in commercio e all’importazione di OGM, che devono continuare ad essere disciplinate a livello di UE al fine di conservare il mercato interno, è stato riconosciuto che la coltivazione è un tema con una forte connotazione locale/regionale. In conformità all’articolo 2, paragrafo 2, del TFUE, gli Stati membri devono dunque poter avere la possibilità di poter adottare norme relative alla coltivazione effettiva degli OGM sul loro territorio dopo che per l’OGM è stata rilasciata l’autorizzazione all’immissione in commercio dell’UE».

Più in particolare, si prevedono due differenti modalità con cui uno Stato membro può escludere in tutto o in parte la coltivazione di OGM dal suo territorio. In primis, la prima possibilità – disciplinata all’articolo 26-ter, paragrafo 1 – ha luogo nel corso della procedura di autorizzazione o di rinnovo dell’autorizzazione di un determinato OGM. Si prevede che ogni Stato membro può chiedere di modificare l’ambito geografico della propria autorizzazione, in modo da escludere l’intero suo territorio o parte di esso dalla coltivazione. Tale richiesta viene comunicata alla Commissione, la quale senza indugio presenta la richiesta dello Stato membro al notificante/richiedente e agli altri Stati membri. Entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta da parte della Commissione, il notificante/richiedente può adeguare o confermare l’ambito geografico della sua domanda iniziale. In mancanza di conferma, l’ambito geografico è adeguato di conseguenza nell’autorizzazione scritta rilasciata a norma della Direttiva del 2001. La seconda ipotesi, che trova la propria disciplina nel terzo paragrafo dell’articolo 26-ter, concerne, invece, l’ipotesi in cui il richiedente l’autorizzazione abbia esplicitamente confermato l’ambito geografico della propria domanda di autorizzazione, o quando lo Stato membro non abbia rispettato i termini per l’invio della richiesta di cui al primo paragrafo. In tale caso, lo Stato membro che voglia vietare la coltivazione di OGM all’interno del proprio territorio deve adottare una misura nazionale che rispetti quattro punti fondamentali.

Il punto 3 del sopra menzionato articolo recita infatti che: «(…) uno Stato membro può adottare misure che limitino o vietino in tutto il suo territorio o in parte di esso la coltivazione di un OGM o di un gruppo di OGM definiti in base alla coltura o al tratto, una volta autorizzati a norme della Parte C della presente direttiva o del Regolamento (CE) n. 1829/2003, a condizione che tali misure siano conformi al diritto dell’Unione, motivate e rispettose dei principi di proporzionalità e di non discriminazione e, inoltre, che siano basate su fattori imperativi quali quelli connessi a:

a) obiettivi di politica ambientale; b) pianificazione urbana e territoriale; c) uso del suolo;

e) esigenza di evitare la presenza di OGM in altri prodotti, fatto salvo l’art. 26-bis; f) obiettivi di politica agricola;

g) ordine pubblico.

Tali motivazioni possono essere addotte individualmente o in combinazione, ad eccezione della motivazione prevista dalla lettera g) che non può essere utilizzata individualmente, a seconda delle circostanze particolari dello Stato membro, della regione o dell’area in cui si applicano dette misure, ma in ogni caso, non devono contrastare con la valutazione di rischio ambientale effettuata a norma della presente direttiva o del regolamento (CE) n. 1829/2003».

Dalla lettura dell’articolo si evince quindi che la possibilità riconosciuta agli Stati membri di vietare o limitare la coltivazione di OGM sul loro territorio deve essere basata su motivi diversi da quelli previsti nella valutazione del rischio ambientale nel quadro del sistema comunitario di autorizzazioni.

L’articolo 26-ter specifica poi al punto 4 la procedura da seguire da parte dello Stato membro dell’UE che intenda adottare le misure volte a limitare o vietare la coltivazione di OGM sul suo territorio. Egli deve in primis trasmettere in via preventiva alla Commissione un progetto delle suddette misure, corredato dall’indicazione delle motivazioni addotte124. Dalla data della comunicazione, e per un periodo successivo di settantacinque giorni, lo Stato interessato si astiene dall’adottare o attuare le misure, assicura che gli operatori si astengano dal piantare l’OGM o gli OGM interessati. È data facoltà alla Commissione di presentare le osservazioni che ritiene opportune.

Allo scadere del periodo di settantacinque giorni, lo Stato interessato «può, per tutta la durata dell’autorizzazione e a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’autorizzazione dell’Unione, adottare misure nella forma originariamente proposta o in una versione modificata, al fine di tenere conto delle osservazioni non vincolanti ricevute dalla Commissione. Tali misure sono comunicate senza indugio alla Commissione, agli altri Stati membri e al titolare dell’autorizzazione. Gli Stati

124 La normativa specifica che: «Tale comunicazione può avvenire prima del completamento della

procedura di autorizzazione di un OGM a norma della Parte C della presente direttiva o del Regolamento (CE) n. 1829/2003».

membri rendono pubblicamente disponibili tali misure a tutti gli operatori interessati, compresi i coltivatori».

La nuova normativa prevede, tuttavia, una serie di condizioni da rispettare e alle quali è subordinata l’adozione delle misure da parte degli Stati membri.

In primo luogo, esse devono essere motivate, più in particolare devono fondarsi, come sopra accennato, su motivazioni differenti da quelle che riguardano la valutazione degli effetti negativi sulla salute e sull’ambiente che potrebbero derivare dall’emissione deliberata o dall’immissione in commercio di OGM. Se da un lato, quindi, l’ordinamento europeo ha evitato di dare ‘carta bianca’ agli Stati membri, dall’altro lato «non ha fornito indicazioni adeguate ad una più precisa individuazione di tali motivi»125.

L’articolo 26-ter fornisce, tuttavia, un elenco di cd. ‘fattori imperativi’, quali obiettivi di politica ambientale, pianificazione urbana e territoriale, uso del suolo, impatti socio-economici, esigenza di evitare la presenza di OGM in altri prodotti, obiettivi di politica agricola, ordine pubblico. Si osserva che, tuttavia, tale ultimo motivo – ossia l’ordine pubblico – non può essere invocato individualmente, ma deve necessariamente essere richiamato in combinazione con uno degli altri fattori. In secondo luogo, le stesse devono essere conformi sia al TUE che al TFUE: dovranno in altri termini rispettare il principio di non discriminazione tra prodotti nazionali e non nazionali, nonché le disposizioni relative alle restrizioni quantitative agli scambi tra Stati membri (artt. 34 e 36 TFUE riguardanti la libera circolazione delle merci). Tali misure, inoltre, dovranno osservare gli obblighi internazionali dell’Unione, con specifico riferimento alle disposizioni dell’Organizzazione Mondiale del Commercio126.

125 E.S

IRSI,Su OGM e agricoltura, cit., 87 ss. 126 V.R

ANALDI,Novità sugli OGM: prosegue il confronto tra Stati membri ed Unione Europea, in Ordine internazionale e diritti umani, 2014, 648 ss., ove si legge che: «Sul punto, con specifico riferimento ai profili di sicurezza alimentare connessi all’immissione in commercio di OGM, sembra utile ricordare che l’Accordo sull’applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie (Accordo SPS), nel prevedere la possibilità per i membri dell’OMC – tra cui l’Unione europea – di adottare misure volte a proteggere la salute umana, animale e vegetale dai rischi derivanti dalla diffusione di malattie

La portata innovativa della Direttiva n. 2015/412 viene ridimensionata dalla previsione che fa salva la possibilità di importare e commercializzare prodotti contenenti o realizzati a partire da OGM. Il punto 8 dell’articolo 26-ter recita così: «Le misure adottate ai sensi del presente articolo non incidono sulla libera circolazione degli OGM autorizzati, come tali o contenuti in prodotti».

Le disposizioni sopra analizzate – in particolare l’articolo 26-ter della Direttiva del 2015 – valgono per le richieste di autorizzazioni concesse o per le domande presentate a far data dal 2 aprile 2015, cioè dopo l’entrata in vigore della Direttiva stessa.

Le fattispecie anteriori a tale data sono invece disciplinate dall’articolo 26- quater. In base a tale ultima disposizione, gli Stati membri hanno avuto tempo fino al 3 ottobre 2015 per inviare all’Unione Europea una richiesta di adeguamento dell’ambito geografico delle richieste inoltrate o delle autorizzazioni concesse alla data di entrata in vigore della direttiva.

In concreto, ben diciassette Stati e quattro Regioni hanno inoltrato la richiesta di opt-out.

Per completezza espositiva, si ricorda che in data 22 aprile 2015 la Commissione Europea ha presentato una Proposta di modifica del Regolamento n. 1829/2003, che attraverso l’inserimento nel corpo normativo dell’articolo 34-bis, prevede la possibilità per gli Stati membri di restringere o proibire l’uso di alimenti o sementi geneticamente modificati sul loro territorio.

Le motivazioni che hanno spinto la Commissione a proporre tale misura si evincono chiaramente dalla lettura della Comunicazione che accompagna la stessa proposta127. Punto di partenza è l’osservazione secondo cui nel processo decisionale

e dal consumo di alimenti, bevande e mangimi contenenti sostanze nocive e agenti patogeni, ne limita tuttavia l’applicazione alla condizione che dette misure siano basate su criteri scientifici e non siano mantenute in assenza di sufficienti prove scientifiche. Tali limiti rispondono alla logica di evitare che, dietro l’adozione di misure sanitarie e fitosanitarie, si celino restrizioni al commercio internazionale, tali da ridurre o pregiudicare gli scambi commerciali internazionale di determinati prodotti».

127 Comunicazione della Commissione “Revisione del processo decisionale in tema di organismi

che conduce all’autorizzazione degli OGM, gli Stati non sono mai stati in grado di ottenere una maggioranza qualificata favorevole o contraria a un progetto di decisione della Commissione, che perciò è stata sistematicamente messa nella condizione di adottare autonomamente le decisioni di autorizzazione. Di qui, l’opportunità di demandare al livello nazionale la considerazione di quei profili non strettamente inerenti alla valutazione dei rischi per la salute e per l’ambiente che non possono trovare spazio nel processo decisionale europeo. In tal modo si evita che gli Stati si oppongano politicamente in sede europea.

Tuttavia, tale Proposta ha incontrato aspre resistenze, soprattutto quelle del Parlamento europeo. Tale organo, infatti, ha votato per il suo respingimento, chiedendo alla Commissione di presentare un nuovo progetto di legge. Più in particolare si è ritenuto che, stante la stretta forte dipendenza dell’Unione Europea dall’approvvigionamento di proteine provenienti da fonti geneticamente modificate, l’atto sarebbe stato suscettibile di provocare un effetto negativo indiretto sulle importazioni: da un lato, con conseguente grave danno sia per la