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NORME DI RIFERIMENTO

Nel documento MARCOLINI, STEFANO (pagine 31-34)

NORME DI RIFERIMENTO

ART. 11(D.P.R. N. 380/2001) – Caratteristiche del permesso di costruire

ART. 14 (D.P.R. N. 380/2001) – Permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici

ART. 15 (D.P.R. N. 380/2001)– Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire

ART. 16 (D.P.R. N. 380/2001) Contributo per il rilascio del permesso di costruire

ART. 36 (D.P.R. N. 380/2001) – Accertamento di conformità

ART. 37 (D.P.R. N. 380/2001)– Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia d’inizio attività e accertamento di conformità

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La segnalazione certificata d’inizio attività (SCIA) non sostituisce la DIA che continua a operare per gli interventi per i quali è ammesso il ricorso alternativo al permesso di costruire (SuperDIA)

DIA (SUPERDIA) E SCIA

Gli artt. 22 e 23 T.U. dettano la disciplina sostanziale e procedimentale relativa agli interventi assoggettati a DIA. Entrambe le disposizioni recepiscono la disciplina dettata dall'art. 4, commi 7 s.s. legge n. 493/1993 – come sostituito dall'art. 2, comma 60 legge n. 662/1996 – che ha applicato alla denuncia di inizio attività i principi sanciti in termini generali dall'art. 19, legge n. 241/1990, come sostituito dall'art. 2, legge n. 537/1993. Recita l'art. 19, legge n. 241/1990: “In tutti i casi in cui l'esercizio di un'attività privata sia subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla-osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato, a esclusione delle concessioni edilizie e delle autorizzazioni rilasciate ai sensi delle leggi n. 1089/1939, n. 1497/1939 e D.L. n. 312/1985 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 431/1985, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi, l'atto di consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio di attività da parte dell'interessato alla pubblica amministrazione competente, attestante l'esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, eventualmente accompagnata dall'autocertificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. In tali casi, spetta all'amministrazione competente, entro e non oltre 60 giorni dalla denuncia, verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all'interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività e i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa”.

A differenza dell'art. 23 T.U. – che è ridotto a norma regolamentare – l'art. 22 T.U. costituisce norma legislativa primaria e principio fondamentale, anche se la sua portata è limitata dalla facoltà attribuita alle Regioni – a norma dell'art. 10, comma 3 T.U. – di ampliare l'ambito degli interventi soggetti a permesso di costruire, rispetto a quelli definiti dall'art. 10, comma 1, lett. a), b) e c), comprimendo così l'ambito di operatività della DIA.

Deve in ogni caso ritenersi norma di principio la disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 22 T.U., secondo cui “è comunque salva la facoltà dell'interessato di chiedere rilascio di permesso di costruire per la realizzazione degli interventi di cui ai commi 1 e 2, senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione di cui all'art. 16, salvo quanto previsto dal secondo periodo del comma 5. In questo caso la violazione della disciplina urbanistico-edilizia non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 44 ed è soggetta all'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 37”. Sempreché gli interventi non siano quelli di cui alle lett. a), b) e c) del comma 1 dell'art. 10 (interventi di nuova costruzione, interventi di ristrutturazione urbanistica, interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento delle unità immobiliari e modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti e delle superfici ovvero che limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A) comportino mutamenti della destinazione d'uso). In questo senso, l'art. 22, comma 5 T.U. stabilisce il principio inderogabile per il quale, indipendentemente dalle difformi scelte regionali in ordine all'effettiva delimitazione del campo di operatività della DIA, agli interventi edilizi assoggettati a DIA non sono applicabili le sanzioni penali.

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Tassatività della vecchia DIA e residualità della nuova DIA

A norma dell'art. 22, comma 1 T.U. “sono realizzabili, mediante denuncia di inizio attività, gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'art. 10 e all'art. 6 T.U., che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

La disposizione è innovativa nella parte in cui dispone che l'applicazione della DIA non è più circoscritta a tassative tipologie d’intervento, peculiari di un istituto eccezionale, ma è definita residualmente, nel senso che con la DIA sono realizzabili tutti gli interventi non espressamente ricompresi tra quelli per i quali è prescritto il permesso di costruire e cioè: quelli che non sono né interventi di nuova costruzione, né interventi di ristrutturazione urbanistica, né interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche dei volumi, della sagoma, dei prospetti, della superficie ovvero che – limitatamente a immobili compresi nelle zone omogenee A) – comportino mutamento della destinazione d'uso.

In termini teorici, il principio enunciato dall'art. 22, comma 1 T.U. sembra essere sufficientemente chiaro, ma nella prassi non sarà così facile discriminare l'area di applicazione dell'art. 10 da quella di cui all'art. 22, comma 1 T.U. Si pensi alla fattispecie della ristrutturazione e successiva ricostruzione: per effetto della formulazione dell'art. 10, comma 1, lett. c), dovrebbe rientrare nell'ambito della DIA anche la ristrutturazione edilizia che non comporti “aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti e delle superfici ovvero che limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A) comportino mutamenti della destinazione d'uso”. Si tenga tra l'altro presente che l'art. 4, legge n. 493/1993 è stato espressamente abrogato dall'art. 136 del T.U., sicché gli interventi ivi previsti come assoggettati a DIA rientrano ora nella categoria residuale degli interventi che non costituiscono né nuove costruzioni, né attività edilizie libere, a norma dell'art. 22, comma 1 T.U., ove non superino la soglia della rilevante trasformazione urbanistico-edilizia, oltre la quale rientrerebbero nell'ambito delle nuove costruzioni, assoggettate a permesso di costruire.

DIA nella legge n. 493/1993 e DIA secondo il T.U.

Da un raffronto comparativo tra le previsioni dell'art. 4, legge n. 493/1993 e le previsioni dell'art. 23 T.U., sembrano derivare le seguenti considerazioni in ordine alle diverse tipologie di interventi edilizi:

opere di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo. Anche nel nuovo regime, tali opere sono soggette a DIA, in virtù del combinato disposto degli artt. 22, comma 1 e 10, commi 2 e 3;

opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe e ascensori esterni. Tali opere sono tuttora soggette a DIA, per il combinato del disposto dell'art. 22 e dell'art. 6 T.U., che considera attività libere gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, che non comportino la realizzazione di rampe o ascensori esterni ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;

recinzioni, muri di cinta e cancellate. Tali opere rimangono assoggettate a DIA se non superano la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia. Occorre, invece, il permesso di costruire ove superino tale soglia, anche alla stregua della previgente giurisprudenza secondo cui, per esempio, la concessione edilizia era necessaria per la recinzione di un fondo rustico, se realizzata con opere edilizie permanenti; non lo era invece nel caso di semplice recinzione con paletti conficcati nel terreno o di ogni altro manufatto che avesse insita in sé la caratteristica della precaria installazione (Cons. Stato 15 giugno 2000, n. 3320). Allo stesso modo, l'installazione di un cancello, non

Novità normative

Applicabilità

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comportando trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, non richiedeva il rilascio della concessione edilizia, ma la semplice autorizzazione (Cons. Stato 12 maggio 1999, n. 720);

impianti sportivi senza creazione di volumetrie. Nella disciplina dell'art. 23 T.U., tali opere rimangono assoggettate a DIA, non rientrando né nelle nuove costruzioni, né nelle attività edilizie libere. Se la loro realizzazione comporta però una trasformazione del suolo inedificato, tali opere ricadono nella previsione dell'art. 3, lett. e3), con conseguente configurazione dell'intervento come nuova costruzione, assoggettata a permesso di costruire;

opere interne. Ove non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti, non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e non modifichino la destinazione d'uso – limitatamente agli immobili delle zone omogenee A) – tali opere continuano a essere assoggettate a DIA. Si tenga in proposito presente che, già nel regime precedente, la dottrina maggioritaria aveva condiviso la tesi dell’avvenuta abrogazione implicita dell'art. 26, legge n. 47/1985, per incompatibilità con la disciplina di cui all'art. 4, legge n. 493/1993 (in senso contrario, Acquarone, “La denuncia di inizio attività – profili teorici”, Milano 2000, 78-82). La questione è ora superata, atteso che l'art. 136, comma 1, lett. f) T.U. ha abrogato espressamente l'art. 26, legge n. 47/1985;

parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato, che a norma dell'art. 3, lett. e6) T.U. presentino una volumetria non superiore al 20% di quella dell'edificio principale e che non siano assoggettati a permesso di costruire dalle norme tecniche degli strumenti urbanistici. Tali parcheggi rimangono assoggettati a DIA, non rientrando né nelle pertinenze [qualificate come nuove costruzioni dall'art. 3, lett. e6) T.U.], né nelle attività edilizie/libere;

mutamenti di destinazione d'uso. Al di fuori dei mutamenti di destinazione d'uso realizzati nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, relativi a immobili situati nelle zone omogenee A), le altre tipologie di mutamento della destinazione d'uso – connesse o non con le trasformazioni fisiche degli edifici (art. 10, comma 2 T.U.) – sono ora assoggettate a DIA;

interventi già assoggettati ad autorizzazione edilizia. Come si ricorderà, erano assoggettati ad autorizzazione edilizia, ex art. 7, comma 2 legge n. 94/1982: “a) le opere costituenti pertinenze o impianti tecnologici a servizio di edifici già esistenti; b) le occupazioni di suolo mediante deposito di materiale o esposizioni di merci a cielo libero; c) le opere di demolizione, di reinterri e di scavi che non riguardino la coltivazione di cave o torbiere”. Nella disciplina del T.U., tutti tali interventi non sono assoggettati a permesso di costruire, sicché in via residuale devono ritenersi assoggettati al regime della DIA. Con la precisazione tuttavia che le opere pertinenziali – per le quali è sufficiente la DIA – sono solo quelle non assoggettate a permesso di costruire dall'art. 3, lett. e6), come si è già anticipato a proposito dei parcheggi di pertinenza.

Allo stesso modo, le demolizioni senza successiva ricostruzione o le demolizioni con ricostruzione dell'edificio – nel rispetto dei limiti di cui all'art. 3, comma 1, lett. d) T.U. – sono assoggettate a DIA e non a permesso di costruire. La DIA occorre, invece, per il reinterro o gli scavi, che non riguardino la coltivazione di cave o torbiere.

Le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizione di merci a cielo libero sono assoggettate a DIA, a condizione che non determinino la realizzazione di deposito di merci o materiali cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato perché, in tal caso, ricadrebbero nella previsione di cui all'art. 3, lett. e7) del T.U.

Nel documento MARCOLINI, STEFANO (pagine 31-34)