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Tutela dei terzi

Nel documento MARCOLINI, STEFANO (pagine 48-52)

Ancor più complessa e delicata è la tutela dei terzi controinteressati nei confronti della DIA. I rimedi giurisdizionali di cui questi ultimi dispongono, per opporsi all'esecuzione dei lavori intrapresi in base alla DIA, fanno risaltare la singolarità dell’istituto della denuncia d’inizio attività, che mal si colloca all'interno del generale sistema di giustizia amministrativa, essenzialmente incentrato sul giudizio impugnatorio, tanto da sollevare serie questioni legate alla costituzionalità dello stesso.

Sul punto riteniamo di condividere la già richiamata sentenza del T.A.R. Liguria 22 gennaio 2003, n. 113, per il quale “la titolarità più indubbia di un interesse legittimo del terzo rispetto all'esito del controllo presenta invero tutti i limiti legati sia all'assenza di uno specifico provvedimento da impugnare in quanto lesivo di detto interesse, sia l'estinzione del potere inibitorio dell'amministrazione, decorso il termine perentorio di 20 (ora 30) giorni dalla presentazione della denuncia”. È per questa ragione che parte della dottrina ritiene che la tutela di tale soggetto debba svolgersi unicamente come tutela del suo diritto nella logica delle ordinarie vertenze tra privati.

Giurisprudenza

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In altri termini, nell'assenza di un provvedimento e con la consumazione del potere, verrebbe meno anche la possibilità di adire il giudice amministrativo, stante la sostanziale inutilità di una pronuncia che obblighi eventualmente l'amministrazione a riesercitare una funzione che non le appartiene più, in quanto ormai esaurita ... In materia edilizia pertanto il terzo potrebbe trovare un'effettiva possibilità di tutela solo se titolare di un diritto soggettivo antagonista nell'ambito dell'art. 872 c.c.

Le tesi esposte non possono essere condivise.

Per un verso, infatti, pur ritenendo che nella fattispecie manchi uno specifico provvedimento da impugnare, ciò nondimeno è sempre presente un comportamento dell'amministrazione che, se lesivo dell'interesse legittimo del terzo, può da quest'ultimo essere sottoposto al vaglio del giudice amministrativo con i mezzi di tutela che l'ordinamento offre a tal fine e che saranno di seguito analizzati. Per altro verso poi, se è vero che alla scadenza del termine legalmente prefissato il potere si estingue, è altrettanto vero che il suo esercizio (o non esercizio) entro detto termine può ledere l'interesse legittimo del terzo, il quale non viene certo contemporaneamente a estinguersi, ben potendo al contrario essere attivato indipendentemente dalla sorte del potere medesimo.

In altri termini, l'interesse legittimo non è subordinato a una contemporaneità con il potere con cui è in relazione e pertanto, una volta che ne sia leso, mantiene ferma la sua rilevanza, qualunque sia la sorte di quest'ultimo, non foss'altro ai meri fini risarcitori.

Il problema quindi – e questo è l'oggetto dell'odierna controversia – non sta nell'impossibilità di prefigurare un interesse legittimo in testa al terzo, ma nell’individuazione degli specifici mezzi di cui quest'ultimo dispone a tutela di detto interesse quando ne sia titolare e nella verifica dell'adeguatezza degli stessi in relazione ai principi costituzionali vigenti in materia.

In particolare, posto che la controversia non può esaurirsi nell'ambito privatistico, con conseguente competenza del giudice ordinario, atteso che dal modello della denuncia vigente in materia edilizia emerge inequivocabilmente che i possibili conflitti intersoggettivi tra denuncianti e terzi nascono necessariamente con l’intermediazione dei poteri della pubblica amministrazione, sia che essa li eserciti sia che ometta di esercitarli, ne deriva che nell'ipotesi in cui l'interesse che il terzo assuma leso dall'attività intrapresa si sostanzi in un diritto soggettivo, la relativa controversia rientrerà nell'ambito della competenza esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 34, D.Lgs. n. 80/1998, in quanto la dedotta lesione sarà dedotta in ogni caso con la necessaria presenza e intermediazione del potere amministrativo (cfr. T.A.R. Liguria n. 113/2003).

Qualora, invece, la posizione giuridica fatta valere dal terzo si sostanzi in un interesse legittimo, ferma restando la competenza del giudice amministrativo, occorre fare una distinzione in relazione alla circostanza che l'amministrazione adotti o meno un formale provvedimento inibitorio nel termine di 20 (ora 30) giorni prescritti dalla norma, prima che l'attività denunciata possa essere intrapresa dall'interessato.

Ove, infatti, venga ordinato a quest'ultimo di non effettuare le previste trasformazioni, la posizione del terzo antagonista verrà a essere salvaguardata in via indiretta dal relativo provvedimento e potrà successivamente essere tutelata in sede giurisdizionale amministrativa, con i normali mezzi forniti dall'ordinamento, nell'ipotesi in cui il provvedimento stesso venga impugnato.

Ove, invece, l'amministrazione nel termine prescritto non adotti alcuna determinazione provvedimentale espressa, si pone il problema di chiarire quali siano i mezzi di tutela giurisdizionale di cui il terzo dispone per opporsi all'attività posta in essere dal denunciante, in quanto ritenuta lesiva di un suo legittimo interesse.

Dottrina

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In tale ipotesi, peraltro, il modulo legislativo non configura il formarsi di uno specifico provvedimento dell'amministrazione che assenta formalmente l'esecuzione dei lavori oggetto della denuncia e pertanto il terzo viene privato del suo principale e tipico mezzo di tutela e cioè l'impugnazione di tale atto dinnanzi al giudice amministrativo.

E, dunque, posto che al silenzio tenuto dall'amministrazione non può essere attribuito il valore né di un tacito atto di assenso, né di un implicito provvedimento impositivo di controllo, ne deriva che la tutela del terzo controinteressato debba essere necessariamente ricercata nell'ambito dei mezzi e delle azioni che l'ordinamento offre nei confronti del "comportamento" della pubblica amministrazione, in cui si sostanzia il silenzio eventualmente tenuto da quest'ultima nei 30 giorni successivi alla presentazione della DIA.

In quest'ottica, una volta escluso il ricorso contro il silenzio-inadempimento alla stregua del rito speciale di cui all'art. 21-bis, legge n. 1034/1971, posto che nel caso della DIA non si verifica un'inerzia in senso proprio e posto che alla stregua del modello legale non sussiste una richiesta del terzo all'amministrazione per ottenere l'emanazione di un provvedimento inibitorio, atteso che il rito speciale di cui all'art. 21-bis è preordinato a imporre all'amministrazione che rimanga inerte l'esercizio della potestà amministrativa di cui è titolare e non a soddisfare in via diretta la pretesa sostanziale del ricorrente, ne deriva che l'unica azione ammissibile, a tutela dei legittimi interessi del terzo, sia quella di accertamento, non potendo trovare applicazione né quella di inadempimento (mancando l'inerzia in senso tecnico dell'amministrazione), né tantomeno quella di annullamento (mancando il provvedimento di annullare).

E, dunque, l'unico rimedio esperibile è quello di cui all'art. 34, D.Lgs. n. 80/1998, che devolve espressamente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti dell'amministrazione pubblica e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia”(cfr. T.A.R. Liguria n. 113/2003cit.).

Sul punto si veda anche T.A.R. Abruzzo, Pescara, 23 gennaio 2003, n. 197, secondo cui “poiché nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 34, D.Lgs. n. 80/1998 sono espressamente ricompresi, oltre agli atti e al provvedimento, anche il comportamento delle pubbliche amministrazioni, in materia edilizia e urbanistica, il relativo giudizio ben può essere incardinato al fine dell'accertamento dell’illegittimità del comportamento della pubblica amministrazione che non abbia interdetto l'esecuzione di un'opera intrapresa su DIA e risultata non conforme alle disposizioni normative vigenti”.

In dottrina, si veda Del Giudice, “La tutela del terzo in ipotesi di DIA in materia edilizia: una proposta ricostruttiva”, Foro Amm., TAR 2003, 61 ss., con tutti i riferimenti giurisprudenziali e dottrinali ivi riportati.

Occorre anche tener conto delle modifiche introdotte dalla legge n. 80/2005 – di conversione del D.L. n. 35/2005 – con l'aggiunta del comma 5 al richiamato art. 2, legge n. 241/1990, entrato in vigore il 15 maggio 2005.

In base alla nuova disciplina, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3 del richiamato art. 2, il ricorso contro il silenzio, ai sensi dell'art. 21-bis, legge n. 1034/1971 e successive modificazioni, può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente, fin tanto che perduri l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai commi 2 o 3.

Alla luce di tali modifiche, sembra consentito ritenere che l'intervento edilizio, oggetto della DIA, possa essere contestato mediante un'istanza, con la quale il controinteressato chieda all'amministrazione comunale di verificare la regolarità del

La tutela del terzo deve essere ricercata tra i mezzi e le azioni che l'ordinamento prevede contro i "comportamenti" P.A.

Novità normative

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progetto e delle opere e di esercitare i poteri sanzionatori che le competono. Ove l'amministrazione dovesse rispondere esplicitamente all'istanza, comunicando al reclamante di non aver rilevato le irregolarità segnalate, tale comunicazione – avendo natura di atto amministrativo – può essere impugnata avanti al giudice amministrativo.

Diversamente, in mancanza di una risposta esplicita da parte della P.A. o in caso di mancata adozione delle misure sanzionatorie, il giudice amministrativo può essere tenuto, su istanza del controinteressato, a pronunciarsi sul silenzio purché dalla presentazione del ricorso siano decorsi i 30 giorni previsti dal comma 3 dell'art. 2, legge n. 241/1990, ovvero il diverso termine eventualmente stabilito con regolamento. In tal caso, resta da stabilire fino a che punto possa spingersi il sindacato del giudice amministrativo e in particolare se l'apprezzamento circa l'eventuale illegittimità del silenzio serbato dall'amministrazione – sull'istanza del privato che sollecita l'esercizio dei poteri sanzionatori – consenta, almeno incidentalmente, un giudizio sulla irregolarità o meno della DIA. E ciò con riferimento all’innovazione introdotta dalla legge n. 80/2005 che, nella disposizione di cui all'art. 2, comma 5 legge n. 241/1990, prevede la possibilità per il giudice amministrativo di conoscere la fondatezza dell'istanza del privato rimasta priva di riscontro.

In tema, riteniamo condivisibile l'opinione di Mandarano (L'attività edilizia nel Testo Unico, a cura di Caringella, De Marzo, Milano 2006, 321), secondo cui la presa di posizione del legislatore del 2005 può essere colta in tutta la sua portata solo se contestualizzata nel dibattito che l'ha preceduta e che fa capo a due diversi indirizzi.

In base al primo, il giudice deve limitarsi ad accertare che l'istanza del terzo sia rimasta illegittimamente priva di riscontro e conseguentemente a condannare il Comune ad assumere una decisione sulla stessa e a provvedere di conseguenza.

Il secondo indirizzo tende invece ad attribuire al giudice amministrativo la possibilità di stabilire quale contenuto debba avere il provvedimento comunale e di adottare una decisione nel merito, in sostituzione del Comune, sul presupposto che il mancato intervento sanzionatorio dell'amministrazione si configura come silenzio-rifiuto legittimo, solo quando la DIA sia realmente regolare.

Sulla base di tali considerazioni, già prima della modifica legislativa del 2005, si ravvisava l'ammissibilità di un sindacato da parte del giudice, in ordine alla regolarità della DIA e delle relative opere edilizie, al fine di stabilire se il silenzio serbato dall'amministrazione fosse o meno legittimo. Con l'art. 3, comma 6-bis D.L. n. 35/2005, convertito in legge n. 80/2005 – che ha aggiunto il comma 5 all'art. 2, legge n. 241/1990 – è stato dunque rimesso in discussione il punto fermo fissato dal Consiglio di Stato, ad. plen., 9 gennaio 2002, n. 1, posto che “il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza”.

A fronte della nuova norma – che introduce la possibilità per il giudice amministrativo di affrontare il merito dell'istanza del controinteressato – occorre però stabilire i criteri e i limiti entro i quali tale facoltà debba essere esercitata. In ogni caso, una tutela piena del controinteressato, nei confronti della pubblica amministrazione, può realizzarsi solo a fronte degli abusi edilizi di maggiore gravità, per il quale il Testo Unico commina la sanzione ripristinatoria poiché solo attraverso il ripristino della situazione preesistente le ricadute dell'attività edificatoria nella sfera soggettiva del controinteressato vengono effettivamente eliminate. Lo stesso non accade, invece, quando a causa della minor gravità delle irregolarità accertate, l'attività edilizia del dichiarante sia sanzionata dalla legge sul solo piano pecuniario, poiché da tale tipologia di sanzioni non deriva al controinteressato alcun beneficio diretto. Fermo restando che il controinteressato può adire l'autorità giurisdizionale civile, ove la sua posizione assuma la connotazione di diritto soggettivo, ingiustamente leso dall'attività edilizia irregolare (Mandarano, cit., 323).

Dottrina

Criteri e limiti

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