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Sanatoria “in via giurisprudenziale”

Nel documento MARCOLINI, STEFANO (pagine 78-81)

In taluni casi, la giurisprudenza ha ritenuto troppo rigido il requisito della doppia conformità. Segnatamente, si tratta dei casi in cui l’opera, illegittima al momento della sua costruzione, sia per successivi mutamenti normativi divenuta conforme alla disciplina urbanistica. In tali ipotesi, consumato comunque il reato, la “draconiana” applicazione della norma imporrebbe di ritenere inevitabili anche le conseguenze ripristinatorie, proprio per la mancanza del requisito della doppia conformità. Si è conseguentemente sviluppato un orientamento volto a concepire la possibilità di una “sanatoria in via giurisprudenziale”. Tale orientamento viene comunemente fatto risalire a Cons. Stato 13 febbraio 1995, n. 238, Sez. V (Foro amm. 1995, 349, con nota di Terracciano; Giust. civ. 1995, 1981, con nota di Bozza; Riv. giur. urb. 1995, 73, con nota di Vinti); per una successiva conferma di tale indirizzo

L’intervento edilizio deve essere conforme alla disciplina urbanistica vigente

sia in principio di esecuzione sia al momento della domanda

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cfr., T.A.R. Sardegna 17 marzo 2010, n. 314, Sez. II, Foro amm. TAR 2010, 1126; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 11 maggio 2007, n. 534, Foro amm. TAR 2007, 1739; T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, 18 settembre 2002, n. 1176, Giust. amm. 2002, 1098. Anche la giurisprudenza penale ha talora attribuito rilevanza alla sanatoria giurisprudenziale,

avendo sempre cura di precisare, però, che essa non ha effetti sulla configurabilità del reato, ma solo a evitare il danno del ripristino dello stato dei luoghi(Cass. pen. 9 gennaio 2004, n. 1806, Sez. III, Riv. giur. edil. 2004, 1117; Cass. pen. 9 gennaio 2004, n. 1815, Sez. III; Cass. pen. 18 marzo 2002, Sez. III; Cass. pen. 12 maggio 1997, Sez. III).

Va però detto che non meno cospicuo è l’orientamento opposto, anche di recente sostenuto, volto a negare diritto di cittadinanza nell’ordinamento alla sanatoria giurisprudenziale: «in sede di accertamento di conformità ex art. 13, legge n. 47/1985 (e ora art. 36, D.P.R. n. 380/2001), non può essere accolta l’istanza di sanatoria per dei manufatti che ancorché risultino conformi alla disciplina urbanistica vigente al momento in cui l’Amministrazione provvede sull'istanza di sanatoria , non siano conformi alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione e al momento della presentazione della domanda di sanatoria, in quanto, in nome di un preteso rispetto del principio del buon andamento della P.A. consistente nell'esigenza di evitare uno spreco di attività inutili, sia dell’Amministrazione (il successivo procedimento amministrativo preordinato alla demolizione dell’opera abusiva), sia del privato (la nuova edificazione), sia ancora dell'Amministrazione (il rilascio del titolo per lo nuova edificazione) non si può pervenire ad sostanziale ripudio dell'esigenza della doppia conformità, ad onta della sua esplicita previsione negli artt. 13 e 36 cit., sulla base di una insussistente antinomia tra i principi di legalità e di buon andamento della p.a., con assegnazione della prevalenza a quest'ultimo, in nome di una presunta logica “efficientista”» (T.A.R. Toscana 13 maggio 2011, n. 837, Sez. III, Foro amm. TAR 2011, 1563; conformi T.A.R. Campania, Napoli, 10 settembre 2010, n. 17398, Sez. VIII, Foro amm. TAR, 2010, 2926; T.A.R. Toscana 15 aprile 2002, n. 724, Sez. III, Foro amm. TAR 2002, 1271; T.A.R. Veneto, 23 dicembre 1996, n. 2200, Riv. amm. Veneto 1997, 289, con nota di Carlin; T.A.R. Lombardia 2 maggio 1989, n. 193, Sez. II, Riv. giur. edil. 1989, 705).

Non si può che prendere atto del contrasto. Anche nella materia in esame (sanatoria), l’interesse paesaggistico è funzionalmente differenziato da quello urbanistico. Ne discende che la concessione rilasciata a seguito di

accertamento della doppia conformità, ex art. 36 T.U., estingue ex art. 45, comma 3 T.U. i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non i reati paesaggistici, soggetti a una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa, rispetto a quella che riguarda l’assetto del territorio sotto il profilo edilizio (cfr. Cass. pen. 10 ottobre 2007, n. 37318, Sez. III; cfr. anche Corte Cost. 21 luglio 2000, n. 327, www.cortecostituzionale.it).

Avendo probabilmente giudicato come positiva l’ultradecennale esperienza maturata nell’ambito urbanistico, il legislatore ha di recente optato per l’introduzione dell’istituto della sanatoria anche in sede paesaggistica: a ciò appare orientato l’art. 181, commi 1-ter ed 1-quater Codice dei beni culturali e del paesaggio, già esaminato in precedenza (si rinvia pertanto all’analisi condotta supra), che prevede appunto l’istituto della cosiddetta valutazione di compatibilità paesaggistica, il cui effetto è di evitare l’applicazione della sanzione penale. L’esperimento è peraltro ancora qualificabile come “timido”, in quanto si applica alle tre ipotesi, assai circoscritte, descritte alle lett. a), b) e c) del citato comma 1-ter.

Fuori da questa eccezionale procedura di valutazione di compatibilità, con gli effetti inibitori della sanzione penale che essa comporta, vige il generale divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, sancito dall’art. 146, comma 4 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, lett. s), D.Lgs. n. 63/2008).

Contrasti giurisprudenziali

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Tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità in zone sismiche devono osservare le prescrizioni e cautele imposte dalle norme tecniche

DISCIPLINA ANTISISMICA

Gli artt. 83 ss. T.U. disciplinano le cautele nell’esercizio dell’attività di costruzione edilizia nelle zone dichiarate come sismiche dalle amministrazioni regionali.

In particolare, nessun tipo d’intervento o di lavoro in tali zone è possibile, senza il preavviso scritto e la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione (artt. 93 e 94 T.U. e

Cass. pen. 29 luglio 2011, n. 30224, Sez. III).

Si tratta quindi di contravvenzione volta a punire inosservanze formali, a presidio del controllo preventivo della P.A., per cui l’effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato (

Cass. pen. 17 giugno 2009, n. 25133, Sez. III, Riv. giur. edil. 2009, 2001). Si è anche correttamente precisato che depositare “in sanatoria” gli elaborati progettuali dopo aver iniziato i lavori non estingue la contravvenzione antisismica, che punisce l’omesso deposito preventivo di detti elaborati, in quanto l’effetto estintivo è limitato dall’art. 45, D.P.R. n. 380/2001 alle sole contravvenzioni urbanistiche (

Cass. pen. 24 marzo 2010, n. 11271, Sez. III).

Quanto alla natura del reato, la giurisprudenza è divisa tra pronunce che parlano di reato di natura istantanea (“in materia di normativa antisismica, il reato di esecuzione dei lavori in difformità dalle norme tecniche ha natura di reato permanente, che si perfeziona con la cessazione dei lavori stessi mentre i reati consistenti nell’omessa presentazione della denuncia dei lavori e dell’avviso d’inizio dei lavori hanno natura di reati istantanei”: Cass. pen. 8 ottobre 2008, n. 41858, Sez. III, Cass. pen. 2009, 3067, con nota di ulteriori richiami), e pronunce che optano per la

natura permanente(Cass. pen. 5 dicembre 2007, n. 3069, Sez. III, Cass. pen. 2008, 3427; sul contrasto cfr. Perdonò, Attività edilizia in zona sismica e carattere permanente o istantaneo dei reati connessi, ivi, 2009, 1165).

La sanzione per l’inosservanza del precetto è l’ammenda da euro 206 ad euro 10.329 (art. 95 T.U.): si tratta quindi di una contravvenzione per la quale è sempre ammessa l’oblazione.

La sanzione più grave, pertanto, è quella prevista al successivo art. 98, comma 3 T.U.: “con il decreto o la sentenza di condanna il giudice ordina la demolizione delle opere o delle parti di esse costruite in difformità … ovvero impartisce le prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi …”. Va peraltro osservato come l’ordine di demolizione non sia una conseguenza necessitata ma la misura residuale, ove la messa a norma della costruzione, secondo il necessario parere tecnico dei competenti organi regionali, non sia possibile.

Secondo la giurisprudenza, la norma in esame non si applica solo con il decreto o con la sentenza di condanna, ma anche in caso di patteggiamento (cfr., ex multis,

Cass. pen. 23 novembre 2009, n. 44948, Sez. III).

Si consideri che, anche in caso di estinzione del reato per qualsiasi causa (e una di queste potrebbe essere proprio l’oblazione), rimane fermo il potere della P.A. regionale di ordinare la demolizione delle opere o di prescriverne la messa a norma (art. 100 T.U.).

Natura giuridica

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Sono considerate opere in conglomerato cementizio armato

quelle composte da un complesso di strutture che assolvono a una funzione statica

Concorso degli ordini di demolizione

La giurisprudenza ha spesso preso in esame il problema del concorso degli ordini di demolizione: quello emesso in forza della normativa antisismica appena vista e quello emesso in forza della disciplina edilizia vista sopra. In via generale, l’uno non ha effetto ostativo sull’altro, trattandosi di legittimo esercizio di due distinti poteri, solo potenzialmente concorrenti (

Cass. pen. 13 ottobre 2011, n. 36995, Sez. III). Nel concreto, si è affermato che l’ordine di demolizione edilizio assorbe quello disposto per la violazione della normativa antisismica, in quanto la demolizione totale del fabbricato sottrae qualsiasi valutazione all’ufficio tecnico della Regione ed eventuali problemi di coordinamento possono porsi solo in caso di ordine di demolizione parziale del fabbricato (

Cass. pen. 11 maggio 2011, 18535, Sez. III); con la conseguenza che, nel caso di cumulo di ordini, spetta al P.M. presso il giudice dell’esecuzione promuovere la loro esecuzione (

Cass. pen. 31 marzo 2011, n. 13345, Sez. III; contra, però, Cass. pen. 13 febbraio 2002, n. 5674, Sez. III).

Nel documento MARCOLINI, STEFANO (pagine 78-81)