• Non ci sono risultati.

Raffronto comparativo

Nel documento MARCOLINI, STEFANO (pagine 56-59)

La diversità di disciplina tra i due titoli abilitativi deve accertarsi in base:

all’inizio dei lavori: mentre la DIA è presentata allo sportello unico 30 giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori (art. 23, comma 1 T.U.) – salvo che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale notifichi all’interessato l’ordine motivato di non effettuare l’intervento – l’attività edilizia soggetta a SCIA può essere iniziata dalla data stessa di presentazione della SCIA allo sportello unico, senza attendere alcun termine. Resta, però fermo che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale – in caso di carenza dei requisiti o dei presupposti – nel termine di 30 giorni dal ricevimento della SCIA, deve adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti abusivi di essa. Salvo che, ove possibile, l’interessato provveda a conformarsi alla normativa vigente, entro un termine fissato dall’amministrazione, non inferiore a 30 giorni. Fatta ovviamente salva la facoltà dell’Amministrazione Comunale di assumere provvedimenti in via di autotutela.

Si tenga presente che il termine di 30 giorni, concesso al Comune, è stato stabilito dal D.L. n. 70/2011 in deroga al termine di 60 giorni stabilito in via generale per la DIA ed è previsto dal comma 6-bis dell’art. 19, legge n. 241/1990, così come introdotto dal D.L. n. 70/2011, che recita: “nei casi di SCIA in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l'applicazione delle disposizioni di cui al comma

4.2012

57

4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 , e dalle leggi regionali”.

Decorso il termine di 30 giorni, per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione di eventuali effetti abusivi, all’Amministrazione è consentito solo intervenire in presenza del pericolo di danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento della impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente;

alla documentazione tecnica: nel T.U. edilizia, la DIA deve essere accompagnata da una relazione dettagliata a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali – nella relazione deve essere asseverata la conformità delle opere agli strumenti urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi vigenti – con l’indicazione dell’impresa a cui sono affidati i lavori e con facoltà, per il dirigente o il responsabile competente ufficio comunale, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, di informare l’Autorità Giudiziaria e il Consiglio dell’Ordine di appartenenza.

L’art. 19, legge n. 241/1990, nel suo nuovo testo, dispone invece che “La SCIA è corredata dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati” e “tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’Amministrazione”.

La disciplina dettata dal Testo Unico Edilizia in materia di DIA sembra dunque compatibile con la disciplina, dettata in via generale per la SCIA, dal nuovo testo dell’art. 19, legge n. 241/1990. Con la conseguenza che anche la SCIA edilizia deve essere accompagnata da una relazione dettagliata, a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali: nella relazione deve essere asseverata anche la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati o approvati, ai regolamenti edilizi vigenti, nonché al rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie, con l’indicazione dell’impresa cui sono affidati i lavori e con potere dell’Amministrazione Comunale di agire, nei confronti del responsabile, per false dichiarazioni ed attestazioni.

In sostanza, nulla prevedendo di specifico il nuovo testo dell’art. 19, comma 6 legge n. 241/1990, per la SCIA trova applicazione la disciplina dettata per la DIA dal Testo Unico Edilizia, che non appare incompatibile con la disposizione generale, di cui all’art. 19, legge n. 241/1990;

all’efficacia: anche in materia di efficacia, il T.U. edilizia non detta alcuna disposizione specifica in tema di SCIA, sicché la disciplina, dettata in via generale per la SCIA, può ritenersi compatibile con il nuovo testo dell’art. 19, legge n. 241/1990. E dunque:

– anche la SCIA presentata a fini edilizi ha efficacia limitata a tre anni, a far tempo dalla data della sua presentazione; – i lavori non ultimati nel triennio possono essere completati, previa presentazione di una nuova SCIA;

– l’interessato è tenuto a comunicare, allo sportello unico, la data di ultimazione dei lavori;

– ultimato l’intervento, il progettista o un tecnico abilitato deve rilasciare il certificato di collaudo finale, con il quale attesti la conformità dell’opera al progetto presentato con la SCIA. Tale certificato deve essere presentato allo sportello unico, unitamente alla ricevuta dell’avvenuta presentazione delle variazioni catastali conseguenti alle opere realizzate o alla dichiarazione che le stesse non hanno comportato modifica del classamento. Se l’intervento è andato a incidere sul classamento dell’immobile, occorre presentare denuncia di variazione catastale, con nuova planimetria (art. 19, D.L. n. 78/2010, convertito nella legge n. 122/2010);

– la mancanza del certificato di collaudo finale e dell’eventuale variazione catastale comporta, anche in caso di SCIA, l’applicazione della sanzione di euro 516,00;

– la sussistenza della SCIA è provata con la produzione di una copia della stessa, da cui risulti la data di ricevimento della documentazione, l’elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l’attestazione del professionista abilitato e gli atti di assenso eventualmente necessari;

4.2012

58

al vincolo ambientale, paesaggistico e culturale:in tema di vincolo ambientale, paesaggistico e culturale, la disciplina della SCIA sembra divergere da quella dettata per la DIA.

Il nuovo testo dell’art. 19, comma 1 legge n. 241/1990 stabilisce, infatti, che “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla-osta comunque denominato … il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale … è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e culturali …”. Sembra dunque doversi escludere il ricorso alla SCIA per gli immobili soggetti a vincoli di tutela storico-artistica o paesaggistica e ambientale.

Sul punto, era già a suo tempo intervenuto il Ministero per la semplificazione normativa, con la più volte richiamata nota 16 settembre 2010, con la quale si era ritenuta l’applicabilità della SCIA alla materia edilizia. Tale nota aveva ritenuto che l’esclusione della SCIA per vincoli di tutela storico-artistica, paesaggistica e ambientale non riguardava tanto il titolo edilizio, quanto il parere dell’autorità preposta alla tutela dei vincoli. In particolare, nella nota del Ministero si era puntualizzato che “in caso d’intervento nell’edilizia in zona sottoposta a vincolo permane l’onere di acquisizione ed allegazione alla SCIA dello specifico atto di assenso dell’Ente preposto alla tutela del vincolo stesso; tale atto in virtù dell’espressa previsione dell’art. 19, comma 1 legge n. 241/1990 (con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali) non può essere sostituito dalla SCIA”. L’interpretazione richiamata è stata successivamente confermata dal D.L. n. 70/2011, laddove all’art. 5, comma 2, lett. g), ha stabilito che “nei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, la SCIA non sostituisce gli atti di autorizzazione o nulla-osta comunque denominati delle Amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale”.

E, dunque, alla stregua di tali argomentazioni dovrebbe potersi concludere che – poiché il parere dell’ente preposto alla tutela del vincolo non può essere sostituito dalla SCIA – deve potersi ammettere il ricorso alla SCIA anche per gli interventi assoggettati a vincoli di tutela storico-artistica, paesaggistica e ambientale, purché alla SCIA sia allegato il prescritto nulla-osta e/o parere favorevole dell’Autorità preposta al vincolo.

Si tenga presente che la disciplina specifica dettata – con riguardo alla DIA – dall’art. 23, commi 3 e 4 T.U. non può trovare applicazione in quanto incompatibile con la specifica disciplina dettata per la SCIA, in ordine al momento dal quale può darsi inizio ai lavori. Con la conseguenza che il parere favorevole dell’ente preposto alla tutela del vincolo deve essere rilasciato al momento in cui viene presentata la SCIA e deve essere allegato alla SCIA stessa, posto che solo da tale momento l’interessato può dare inizio ai lavori;

al contributo concessorio: nessuna disposizione specifica risulta dettata in materia di SCIA. Nella disciplina della SuperDIA, gli interventi di cui all’art. 22, comma 3 T.U. sono, invece, assoggettati al contributo concessorio, posto che per essi il ricorso alla SuperDIA è alternativo al permesso di costruire.

E, dunque, la disciplina della DIA – dettata dall’art. 19, legge n. 241/1990 – sembra compatibile con la disciplina del Testo Unico Edilizio, tenuto tuttavia conto della vigente legislazione regionale: spetta, infatti, alle Regioni individuare le tipologie di intervento soggetti a SCIA e assoggettate a contributo concessorio, che la definizione di criteri e parametri per la relativa determinazione (art. 22, comma 5 T.U.). In mancanza di specifica disposizione regionale, gli interventi soggetti a SCIA devono considerarsi gratuiti;

alla disciplina regionale: il più volte richiamato parere del Ministero della semplificazione normativa, di cui alla nota del 16 settembre 2010, aveva già ritenuto che “al riguardo e ad avviso dello scrivente ufficio, la disciplina della SCIA non si applichi alla DIA alternativa al permesso di costruire e che le leggi regionali previgenti, con la quale è stata esercitata la facoltà prevista dall’art. 22, comma 4 T.U., non siano state incise dall’entrata in vigore dell’art. 49, legge n. 122/2010”.

Si tenga presente che, per gli interventi ammessi a SuperDIA, possono essere previste discipline variabili da Regione a Regione, sia ai sensi dell’art. 22, comma 4 T.U. – in base al quale le Regioni possono ampliare o ridurre l’ambito

4.2012

59

applicativo delle disposizioni relative agli interventi soggetti a SuperDIA – sia ai sensi dell’art. 10, comma 3 T.U. – in base al quale le Regioni possono individuare, con apposita legge, ulteriori interventi oltre a quelli indicati dal medesimo art. 10 che, in relazione all’incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, siano sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire, riducendo l’ambito di applicazione della SuperDIA.

Nel documento MARCOLINI, STEFANO (pagine 56-59)