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CAPITOLO 5: I LAVORI DELLA COMMISSIONE DEL

3. La nozione di trattato

Con il termine “trattato” si può intendere l’accordo con cui si stabilisce un determinato regolamento oppure proprio il regolamento posto con l’accordo.

A seconda di quale accezione si voglia accogliere, si prospettano conseguenze diverse. Tali differenze, infatti, non sono rappresentate dal lessico adoperato, ma sono sostanziali398.

Qualora si voglia intendere tale termine come l’accordo, cioè come la fonte del diritto attraverso la quale si stabilisce un regolamento di interessi, gli effetti di un conflitto armato sullo stesso – sempre che ve ne siano – sarebbero in grado di ripercuotersi su tutto il regolamento. In questo modo, la fonte subirebbe gli effetti della guerra: se si volesse utilizzare una metafora, gli effetti si ripercuoterebbero sul contenitore e – indirettamente – anche sul contenuto. Ma, credere che i trattati in quanto fonte possano essere soggetti ad estinzione o sospensione significa prevedere una loro causa di invalidità.

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397 L’art. 74 par. 1 della Convenzione di Vienna del 1986 in esame dispone infatti

che “the provisions of the present Convention shall not prejudge any question that may arise in regard to a treaty between one or more States and one or more international organizations from a succession of States or from the international responsibility of a State or from the outbreak of hostilities between States”.

Nel caso in cui, invece, si voglia intendere il termine “trattato” come quel determinato regolamento posto in essere dall’accordo inteso come fonte del diritto, gli effetti del conflitto armato potrebbero avere una sorte differenziata: la conseguenza, infatti, potrebbe essere l’estinzione oppure la sospensione. In questo caso, infatti, si intenderebbe il termine “trattato” come il diritto posto in essere dalla fonte.

La Commissione del diritto internazionale, a seguito dei lavori che hanno portato all’adozione in seconda lettura della bozza di articoli inerente gli effetti dei conflitti armati sui trattati399, ha accolto la nozione di «trattato» già considerata dalla Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati tra gli Stati. Tale articolo, infatti, nella sua lettera a) dispone che “l'espressione "trattato" significa un accordo internazionale concluso in forma scritta fra Stati e disciplinato dal diritto internazionale, contenuto sia in un unico strumento sia in due o più strumenti connessi, e quale che sia la sua particolare denominazione”. Allo stesso modo, anche l’art. 2 lett. a) del progetto di articoli dispone che

“treaty means an international agreement concluded between States in written form and governed by international law, whether embodied in a single instrument or in two or more related instruments and whatever its particular designation”400.

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399 Per maggiori approfondimenti sui lavori della Commissione del diritto

internazionale si veda Cap. 5, par. 1.

400 Per un’analisi generale dell’art. 2 della Convenzione di Vienna si veda K.

SCHMALENBACH, Art. 2, in O. DÖRR, K. SCHMALENBACH, Vienna

Convention on the Law of Treaties: A Commentary, cit., p. 27 ss; nonché P.

GAUTIER, Convention de Vienne de 1969 – Art. 2, in O. CORTEN, P. KLEIN (sous la direction de), Les Conventions de Vienne sur le droit des traités –

Risulta chiaro, pertanto, che un trattato è un accordo, nonché il risultato di un percorso – spesso complicato – di negoziazione ad opera delle parti. La Convenzione di Vienna, infatti, ha voluto attribuire una fondamentale importanza alla volontà delle parti stesse401, a prescindere dalla terminologia adoperata per distinguere tali accordi.

Tale trattato, inoltre, deve essere concluso per iscritto, anche se la stessa Convenzione di Vienna non fornisce una definizione di “forma scritta”402. Del resto, il modo più chiaro attraverso il quale uno Stato si possa obbligare a livello internazionale è la forma scritta. In passato, a livello di diritto internazionale non era possibile rinvenire alcuna norma che esigesse che i trattati, per poter essere considerati validi, dovessero essere conclusi in forma scritta. Anche in questo caso, dunque, la Convenzione di Vienna ha fatto chiarezza su un punto controverso. Ammettere, infatti, che mere dichiarazioni verbali possano integrare gli estremi di un trattato internazionale, vorrebbe dire esporre le parti a rischi di incertezza e contestazione403.

È necessario, inoltre, che il trattato sia stato stipulato tra Stati. La Convenzione di Vienna del 1969, del resto, disciplina soltanto quei trattati conclusi tra Stati404. Invero, in un primo momento la Commissione del diritto internazionale aveva avuto l’intenzione (poi abbandonata) di proporre una nozione più ampia di trattato, al fine di estendere il proprio campo di applicazione anche ai trattati non solo

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401 Cfr. P. CAHIER, Changements et continuité du droit international: Cours général de droit international public, in Recueil des Cours de l’Académie de Droit International, 1985, p. 165.

402 Cfr. K. SCHMALENBACH, Art. 2, cit., p. 34.

403 Cfr. P. CAHIER, Changements et continuité du droit international: Cours général de droit international public, cit., p. 166.

stipulati tra Stati, ma anche tra altri soggetti di diritto internazionale405.

Comunque, come già anticipato nel paragrafo precedente, la questione più dibattuta in merito alla nozione in esame è stata quella che ha riguardato la possibilità di includere nello scopo del progetto di articoli i trattati conclusi tra Stati e organizzazioni internazionali. Del resto, anche le organizzazioni internazionali, così come altri soggetti di diritto internazionale (ad es. i movimenti di liberazione nazionale ecc.), hanno la capacità di concludere accordi internazionali406. Il relatore Caflisch, a tal proposito, ha ritenuto che sarebbe stato preferibile non estendere il campo di applicazione del progetto di cui sopra anche a quei trattati le cui parti sono organizzazioni internazionali407, anche perché – come già osservato408 – le relazioni convenzionali di queste ultime sono escluse dallo scopo del presente progetto di articoli409.

L’accordo, poi, deve essere regolato dal diritto internazionale (tale aspetto distingue i trattati dai contratti stipulati dagli Stati, i quali rinvengono la propria disciplina nel diritto interno) e deve creare obbligazioni a carico almeno di una parte. Quest’ultimo aspetto, però, non è stato espressamente menzionato nel testo dell’art. 2 della Convenzione di Vienna. Il mancato riferimento alla creazione di obbligazioni, comunque, non significa che lo stesso sia superfluo, ma

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405 Si veda P. GAUTIER, Convention de Vienne de 1969 – Art. 2, cit., p. 49. L’A.

evidenzia che durante i lavori preparatori, a tal proposito, si parlava di “accords conclus entre deux or plusieurs Etats ou autres sujets du droit international”. Cfr., inoltre, Annuaire de la Commission du Droit International, 1959, vol. II, p. 97.

406 Si veda J. BARBERIS, Le concept de traité international et ses limites, in Annuaire français de droit international, 1984, p. 248.

407 International Law Commission, Sixty-second session, First report on the effects of armed conflicts on treaties (by Prof. L. Caflisch), 2010, par. 14.

408 V. supra, par. 2.

409 Cfr. International Law Commission, Draft Articles on the Effects of Armed conflicts on treaties with commentaries, cit., p. 3.

evidenzia la difficoltà della Commissione di trovare un’espressione generale appropriata410.

4. La nozione di conflitto armato e le problematiche ad essa