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La regola generale della non necessaria estinzione o sospensione

CAPITOLO 5: I LAVORI DELLA COMMISSIONE DEL

5. La regola generale della non necessaria estinzione o sospensione

L’art. 3 del progetto di articoli sugli effetti dei conflitti armati sui trattati dispone quanto segue:

“The outbreak of an armed conflict does not ipso facto terminate or suspend the operation of treaties:

a)! as between States parties to the conflict;

b)! as between a State party to the conflict and a State that is not”.

Già da una prima lettura del testo dell’articolo in questione, è facile intuire che i relatori non hanno voluto scostarsi dalla prassi che ha

""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""" infatti, ha ritenuto che il fatto di subire un’occupazione del genere può incidere negativamente sulla possibilità dello Stato occupato di adempiere le obbligazioni derivanti dal diritto convenzionale. Sul punto, si veda International Law Commission, Fifty-eighth session, Second report on the effects of armed conflict on

treaties, 2006, A/CN.4/570, par. 11.

427 Così N. BURKE, A Change in Perspective: Looking at Occupation through the

Lens of the Law of Treaties, in International Law and Politics, 2008, p. 104. Si

rimanda a tale articolo anche per ulteriori approfondimenti sia sul tema dell’occupazione, sia bibliografici.

428 International Law Commission, Draft articles on the effects of armed conflicts on treaties with commentaries, cit., par. 29.

contraddistinto la materia per ormai più di due secoli429. Quest’ultima, infatti, ha dimostrato come sul tema non vi sia mai stata – e non vi sia tutt’oggi – una visione univoca: anzi, sono sempre state affermate teorie e punti di vista che hanno subito innumerevoli critiche.

Quindi, nella bozza di articoli i relatori hanno evitato di prendere posizione in merito e, anzi, hanno sottolineato proprio l’assenza di una regola a riguardo. E ciò, comunque, è stato accettato – senza alcuna obiezione – da parte di tutti gli Stati430. Del resto, è proprio l’assenza di una regola a riguardo che ha spinto gli Stati ad essere propensi per una formulazione in negativo della norma, anche se la Repubblica islamica dell’Iran, durante i lavori, aveva suggerito alla Commissione di fornire una nozione positiva, magari tendente ad affermare il principio che i trattati continuano ad essere in vigore nonostante l’esistenza di un conflitto armato431. Proprio a causa dell’assenza di una regola certa, la Commissione ha preferito porre per iscritto l’unico dato certo che risulta dalla dottrina e dalla giurisprudenza: cioè che la guerra non necessariamente estingue ogni singolo trattato432.

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429 Cfr. infatti Cap. 3, parr. 2, 3 e 4.

430 Sul punto si veda International Law Commission, Sixty-second session, First report on the effects of armed conflicts on treaties (by Prof. L. Caflisch), cit., par.

33.

431 Una proposta del genere è stata prontamente bocciata da parte dei relatori in

quanto – allo stato di evoluzione attuale del diritto internazionale in materia di effetti dei conflitti armati sui trattati – non sembra possibile andare così oltre. Abbiamo visto, infatti, che in una materia sensibile come questa, né la dottrina, né la giurisprudenza sono state in grado di fissare basi solide e condivise. Dunque, una formulazione della norma in negativo sembra essere, almeno per il momento, la soluzione che rispecchia il sentimento comune della comunità internazionale. Si veda, infatti, International Law Commission, Sixty-second session, First report on

the effects of armed conflicts on treaties (by Prof. L. Caflisch), cit., par. 34.

432 L. OPPENHEIM scriveva che “the opinion is pretty general that war by no

means annuls every treaty”: così L. OPPENHEIM, International Law. A Treatise, (ed. H. LAUTERPACHT), cit., p. 302. Ancora, “it is thus clear that war does not per se put an end to pre-war treaty obligations in existence between opposing belligerents”: così A.D. McNAIR, The Law of Treaties, cit., p. 697. Per quanto riguarda la giurisprudenza, invece, si veda ad esempio la già citata causa Karnuth

La disposizione in esame, tra l’altro, assume un ruolo fondamentale all’interno della materia in questione: essa, infatti, “is the point of departure of the whole set of draft articles”433, e “estabilishes the general principle of legal stability and continuity”434.

Dal tenore di questa disposizione, comunque, si evince che la Commissione ha inteso riprendere quanto stabilito dall’art. 2 della risoluzione adottata dall’Istituto di diritto internazionale nel 1985435, il quale stabiliva che “the outbreak of an armed conflict does not ipso

facto terminate or suspend the operation of treaties in force between

the parties to the armed conflict”. Il Prof. Briggs, infatti, riconosceva che “our first – and most important – rule is that the mere outbreak of armed conflict (whether declared war or not) does not ipso facto terminate or suspend treaties in force between parties to the conflict. This is established international law”436.

Quest’ultimo articolo, però, risultava avere un campo di applicazione decisamente più ristretto rispetto a quello stabilito dall’art. 3 del progetto di articoli.

L’art. 2 della sopra richiamata risoluzione IDI, infatti, si riferiva solamente a quei trattati in vigore tra parti di un conflitto armato. Il progetto di articoli della Commissione, invece, pone in essere un’estensione del campo di applicazione in quanto si riferisce sia a quei trattati le cui parti siano coinvolte anche in un conflitto armato, che a quelli di cui uno Stato parte è in conflitto con uno Stato terzo.

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433 Così, International Law Commission, Fifty-eighth session, Second report on the effects of armed conflict on treaties (by Prof. I. Brownlie), cit., par. 14. Si veda,

inoltre, A/C.6/60/SR.18 par. 27.

434 Così, International Law Commission, Draft Articles on the Effects of Armed conflicts on treaties with commentaries, cit., p. 5.

435 In merito alla risoluzione dell’Istituto di diritto internazionale del 1985 si veda

Cap. 5, par. 1.

436 Così H. W. BRIGGS, The Law of Nations, Londra, 1953, p. 938. Cfr. anche

International Law Commission, Fifty-seventh session, First report on the effects of

Pertanto, tale campo di applicazione dell’art. 3 è vasto: esso, infatti, riguarda l’operatività sia dei trattati tra Stati parti che sono anche parti di un conflitto armato (lett. a), che quelli in cui uno Stato è parte del trattato e del conflitto armato ed uno Stato terzo (lett. b), intendendosi con quest’ultima locuzione quegli Stati che non sono parti del conflitto armato, o del trattato, o di entrambi437.

Anche il titolo dell’articolo in questione è stato oggetto di ampio dibattito da parte degli Stati. Nella versione definitiva della bozza di articoli esso risulta essere semplicemente “general principle”. Nella precedente bozza di articoli, invece, esso era “absence of ipso facto termination or suspension”. Invero, nonostante sia stato proposto di sostituire tale titolo con “presumption of continuity”, il relatore – riconoscendo che in effetti il titolo definitivamente adottato può non essere del tutto chiaro – ha preferito non ricorrere alla formula “presumpion of continuity”438. Infatti, le sorti di un trattato – come verrà analizzato nel paragrafo successivo439 – dipendono da una serie di fattori indicati negli articoli 4 e seguenti della bozza.

Un altro punto problematico della norma in questione ha riguardato l’utilizzo dell’espressione latina “ipso facto”. Era stato suggerito, infatti, di sostituire l’espressione sopra detta con i termini “automatically” o “necessarily”; il relatore, però, ritenendo queste ultime due espressioni ambigue e poco chiare, ha ritenuto che l’espressione ipso facto riflettesse in modo decisamente più accurato le intenzioni che l’Istituto di diritto internazionale, prima, e la Commissione, poi, hanno perseguito nei propri lavori440. Del resto, egli non ha condiviso l’intenzione di alcuni Stati di evitare termini

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437 Cfr. International Law Commission, Sixty-second session, First report on the effects of armed conflicts on treaties (by Prof. L. Caflisch), cit., par. 37.

438 Cfr. infatti International Law Commission, Sixty-second session, First report on the effects of armed conflicts on treaties (by Prof. L. Caflisch), cit., par. 38.

439 Si veda, infra, par. 6.

latini in quanto la lingua latina rimane comunque spesso utilizzata nel diritto internazionale441.

6. I criteri necessari per valutare la sorte del diritto convenzionale preesistente al conflitto armato.

Dopo aver affermato – nell’art. 3 del progetto – il principio della non necessaria estinzione o sospensione dei trattati a seguito dello scoppio di un conflitto armato, è importante prendere in considerazione i criteri in base ai quali si possa stabilire le sorti dei trattati in questione. A tal proposito, è necessario mettere subito in chiaro che la bozza finale di articoli del 2011 ha profondamente innovato rispetto ai precedenti progetti. Se in questi ultimi, infatti, al problema in questione veniva dedicato solamente l’art. 4, nel nuovo testo – anche in virtù del fatto che, essendo tale argomento il nodo centrale degli effetti dei conflitti armati sui trattati, il dibattito è stato articolato – è stata affrontata la questione tenendo conto delle posizioni emerse durante i lavori. Per questo, dunque, vista la delicatezza e la non univocità di vedute, si è preferito dedicare tre articoli, i quali, infatti, rappresentano tre diversi steps da prendere in considerazione al fine di giungere all’individuazione degli effetti dei conflitti armati sui trattati. A tal fine, si procederà in primo luogo all’applicazione di quanto disposto dall’art. 4 e, solo se non si riesca a pervenire alla soluzione, si procederà all’applicazione anche degli art. 5 e 6.

Nel primo di essi, l’art. 4, è stata prevista la soluzione più logica: cioè che qualora un trattato preveda espressamente442 le conseguenze di un conflitto armato su sé stesso, si debba rispettare quanto previsto443.

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441 Cfr. International Law Commission, Sixty-second session, Report on the work,

2010, cit., par. 217.

442 A dire il vero, la parola “expressly”, a seguito di un ampio dibattito, è stata

espunta – da parte della Commissione – dal testo del progetto di articoli, in quanto ritenuta non necessaria.

L’art. 4, infatti, intitolato “Provisions of the operation of treaties”, dispone che

“Where a treaty itself contains provisions on its operation in situation of armed conflict, those provisions shall apply”.

Tale articolo, pertanto, riconosce la possibilità che i trattati prevedano la possibilità di continuare a rimanere in vigore anche nel caso in cui sopravvenga alla loro conclusione un conflitto armato444, e questo non è raro nella prassi445.

Pertanto, la volontà dei contraenti – in questo caso – costituisce il fondamento della permanenza in vigore di singoli accordi446.

Anche Lord McNAIR, tra l’altro, era dell’idea che esistessero sufficienti prove da ritenere che i trattati che si prefiggevano di regolare le relazioni intercorrenti tra le parti contraenti durante un

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443 Cfr. International Law Commission, Fifty-seventh session, The effect of armed conflict on treaties: an examination of practice and doctrine, 2005, cit., par. 26:

“treaty provisions expressly confirming the applicability of the treaty during armed conflict or war will generally be honoured”.

444 A titolo esemplificativo, si pensi al Trattato di amicizia e commercio stipulato

tra la Prussia e gli Stati Uniti nel 1785, nel quale era stato espressamente previsto (art. 24) che un conflitto armato non potesse aver alcun effetto sulle clausole di diritto umanitario.

445 Ad esempio, la Convenzione del 1815 tra il Regno Unito e la Russia prevedeva

espressamente che l’obbligazione di restituire un prestito dovesse sopravvivere allo scoppio di una guerra. Per questo motivo, infatti, il governo britannico – proprio in virtù di tale clausola espressa – continuò ad eseguire la prestazione. Sir Moleswork, nel 1854, fece presente che in “consequence of our being at war with Russia I hold that we are more bound in honour to pay this debt than if we were at peace”. Sul punto v. A.D. McNAIR, The Law of Treaties, cit., p. 697.

446 Si veda A. CURTI GIALDINO, Gli effetti della guerra sui trattati, cit., p. 245.

L’A. spiega, infatti, che già a partire dall’800 vi erano stati alcuni esempi di tale tipo di previsioni: si pensi, ad esempio, oltre alla Convenzione del 1815 citata nella nota precedente, al Trattato di Parigi, stipulato tra Francia e Regno di Sardegna nel

conflitto armato rimanessero in vigore durante la guerra, senza che fosse necessario alcun atto di riattivazione al termine delle ostilità447. L’effetto di tutto questo, dunque, è che il primo passo per stabilire gli effetti dei conflitti armati su quel trattato sia proprio quello di verificare se il trattato stesso riporti al suo interno qualche clausola in merito448. Questo, molto semplicemente, è indicato dal fatto di aver collocato l’articolo in questione proprio dopo l’art. 3 che, va ripetuto, stabilisce il principio generale della non automatica estinzione o sospensione dei trattati a seguito dello scoppio delle ostilità. Benché alcuni Stati abbiano avanzato proposte nel senso dell’abolizione449, la collocazione dell’articolo in questione, infatti, ha rappresentato un aspetto dibattuto in sede di lavori della Commissione: in un primo momento, infatti, lo stesso testo costituiva l’art. 7 del vecchio progetto di articoli450, nel quale, comunque, il relatore Caflisch si dimostrava

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447 L’A., infatti, era dell’idea che vi fosse “abundant evidence that treaties which in

express terms purport to regulate the relations of the contracting parties during a war, including the actual conduct of warfare, remain in force during war and do not require revival after its termination”. Si veda A.D. McNAIR, The Law of Treaties, cit., p. 704. Lo stesso A. notava inoltre che “there were in existence at the outbreak of the First World War a number of treaties (to which one or more neutral States were parties) the object of which was to regulate the conduct of hostilities, e.g., the Declaration of Paris of 1856, and certain of the Hague Convention of 1899 and 1907. It was assumed that those were unaffected by the war and remained in force, and many decisions rendered by British and other prize courts turned upon them”. Anche il Third Restatement of the Law, tra l’altro, ha stabilito che “agreements governing the conduct of hostilities survived, since they were designed for application during war”. Così, American Law Institute, Third Restatement of the

Law, in Foreign Relation Law of the United States, 1987, par. 336. Si veda, inoltre,

International Law Commission, Fifty-seventh session, First report on the effects of

armed conflict on treaties (by Prof. I. Brownlie), 2005, cit., par. 66. Cfr. anche

M.M. WHITEMAN, Digest of International Law, Washington, 1970, p. 509.

448 Cfr. International Law Commission, Draft Articles on the Effects of Armed conflicts on treaties with commentaries, 2011, cit., p. 7.

449 Tali Stati sono il Cile (A/C.6/63/SR.22, par. 13) e la Polonia (A/CN.4/622). 450 In verità, in un primo momento, quanto disposto dall’art. 4 del progetto

definitivo veniva compreso nell’art. 5 della prima bozza stilata dal Prof. Brownlie, il quale non mancò di osservare come già il citato Harvard Research Draft, nel suo art. 35 a) stabiliva che “a treaty which espressly provides that the obligations stipulated are to be performed in time of war between two or more of the parties, or which by reason of its nature and purpose was manifestly intended by the parties to

propenso per una diversa collocazione451. In particolare, egli riteneva che fosse logicamente più corretto collocare l’articolo in questione subito dopo il sopra richiamato art. 3.

Dunque, benché l’art. 4 possa apparire una disposizione inutile e ridondante, in realtà esso gioca un ruolo fondamentale nella materia che stiamo esaminando in quanto costituisce un importante strumento di chiarezza, soprattutto per l’interprete.

Nel caso in cui, invece, il trattato nulla disponga in merito alle proprie sorti in caso di conflitto, ai fini dell’indagine è necessario procedere con il secondo step.

L’art. 5 del progetto, infatti, seguendo l’art. 4, rappresenta il secondo passo da compiere e prevede il compimento di una verifica interna del trattato, la quale potrebbe fornire un’indicazione della suscettibilità dello stesso all’estinzione, alla sospensione od al recesso. Tale articolo, inoltre, è stato formulato volutamente in modo generico proprio al fine di anticipare la possibilità di applicazione anche dei seguenti articoli 6 e 7 in modo da risalire all’esatta interpretazione dello stesso452.

L’art. 5, pertanto, intitolato “Application of rules on treaty interpretation”, dispone che

“The rules of international law on treaty interpretation shall be applied to establish whether a treaty is susceptible to termination, withdrawal or suspension in the event of an armed conflict”.

""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""" be operative in time of war between two or more of them, is not terminated or suspended by the beginning of a war between two or more of the parties”. Cfr. International Law Commission, Fifty-seventh session, First report on the effects of

armed conflict on treaties (by Prof. I. Brownlie), 2005, cit., par. 55.

451 Si veda, infatti, International Law Commission, Sixty-second session, First report on the effects of armed conflicts on treaties (by Prof. L. Caflisch), 2010, cit.,

par. 79.

Dalla lettera dell’articolo si evince, quindi, che lo stesso – in caso di assenza di esplicite clausole – richiede l’applicazione delle regole generali in materia di interpretazione dei trattati, le quali sono contenute negli articoli 31 e 32 della Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati tra gli Stati. Nonostante questo, comunque, la Commissione ha preferito fare riferimento ad un generico “rules of international law” piuttosto che citare direttamente la sopra richiamata convenzione: questo è dovuto sia al fatto che – benché gli articoli 31- 33 della Convenzione in esame corrispondano al diritto consuetudinario – non tutti gli Stati hanno aderito, e sono quindi parti, a tale strumento, che ad una scelta di politica generale della stessa Commissione, la quale è orientata nel senso di non includere nei propri strumenti espliciti riferimenti ad altre convenzioni453.

Inoltre, il progetto definitivo di articoli del 2011, differenziandosi da tutti i precedenti lavori della Commissione e dei relatori speciali succedutisi nel tempo, non fa alcun espresso riferimento all’intenzione delle parti.

Il ricorso al criterio soggettivo dell’intenzione delle parti, infatti, è stato il punto che – in sede di lavori – ha suscitato il maggior numero di opposizioni: un riferimento a tale criterio, pertanto, avrebbe potuto essere interpretato come una sorta di reintroduzione di un criterio soggettivo, nonostante la Convenzione di Vienna del 1969 abbia

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453 Invero, nei precedenti progetti di articoli era stato fatto un espresso richiamo alla

Convenzione di Vienna del 1969: il vecchio art. 4 lett. a), infatti, prevedeva che al fine di accertare se un trattato, in caso di conflitto armato, fosse suscettibile di estinzione, recesso o sospensione, si dovesse far ricorso “to the intention of the parties to the treaty as derived from the application of articles 31 and 32 of the Vienna Convention on the Law of Treaties”.

chiaramente optato, in prima istanza, per una serie di criteri oggettivi454.

Lo strumento in esame, infatti, ai fini dell’interpretazione di un trattato, accoglie innanzitutto – con l’art. 31 par. 1 – il criterio sistematico (quando fa riferimento al contesto del trattato) e quello teleologico (quando si riferisce all’oggetto ed allo scopo dello stesso). Solo allorché non sia possibile individuare l’esatta interpretazione del trattato mediante questi due criteri, allora sarà possibile il ricorso ad altri criteri, tra i quali è possibile rinvenire proprio quello dell’intenzione delle parti.

Dunque, il criterio dell’intenzione delle parti, da criterio principale è stato ridotto, nel progetto definitivo di articoli, come criterio sussidiario, condizionato al previo utilizzo dei criteri principali. Tale criterio, quindi, non è stato abolito, in quanto lo stesso “is implicit in the process of making the determinations set out in article 31 of the Vienna Convention”455.

A dire il vero, però, come è stato anticipato sopra, è in questa sede importante soffermarsi brevemente sul fatto che tutti i precedenti lavori della Commissione sono stati chiari nell’orientare le proprie linee guida nell’indirizzo dell’intenzione delle parti456. La Commissione, infatti, sino a pochi mesi prima dell’adozione del progetto definitivo di articoli del 2011, ha aderito a quelle tesi che risolvono il problema degli effetti dei conflitti armati sul diritto

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454 L’art. 31 par. 1 della Convenzione di Vienna, infatti, stabilisce che “un trattato

deve essere interpretato in buona fede in base al senso comune da attribuire ai