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Capitolo 3 La pianificazione e la programmazione strategica nella pubblica

3.4 Evoluzione della pianificazione e della programmazione

3.4.2 Dal NPM alla public governance

La public governace è una altro paradigma manageriale che si è sviluppato a partire dalla metà degli anni ’90 (Hinna, Meneguzzo, Mussari, Decastro, 2006); esso è alternativo al NPM e se ne discosta in modo significativo, essendo anche molto critico nei suoi confronti, perché lo vede come eccessivamente vicino al mondo delle imprese private e quindi incapace di adattarsi alle peculiarità del settore pubblico.

Questo cambiamento di prospettiva è riconducibile a fattori quali (Valotti, 2005: 25-26):  L’impossibilità da parte della PA di fronteggiare in modo diretto tutte le

problematiche cui deve dare risposta;

 La ridefinizione delle relazioni pubblico-privato e la ricerca di forme innovative di integrazione;

 Il ridisegno delle relazioni all’interno del settore pubblico e delle gerarchie esistenti tra le diverse organizzazioni pubbliche che operano sugli stessi territori. Quanto appena descritto rappresenta sinteticamente il riassetto che la PA è chiamata a compiere al proprio interno e nei rapporti che questa intrattiene con i soggetti terzi in seguito all’affermazione nell’ordinamento giuridico del principio di sussidiarietà, verticale ed orizzontale, che comporta un cambiamento di approccio da parte della PA stessa nell’analisi e nella risoluzione dei problemi, sia interni che riguardanti un determinato territorio.

In particolare il principio di sussidiarietà orizzontale, indicato all’art. 118 c. 4 della Costituzione, afferma che “Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni

attività di interesse generale”. Tramite questo principio l’organizzazione pubblica

decide di tutelare i diritti ed i bisogni della collettività, favorendo innanzitutto l’iniziativa dei cittadini stessi ed intervenendo soltanto nel caso in cui questi non riescano a tutelare, tramite la loro azione, tali diritti.

Ciò comporta un diverso approccio da parte della PA al processo di decision-making (Valotti, 2005: 67), che si basa ora sulla partecipazione diretta ed attiva degli stakeholders al governo dell’organizzazione pubblica; tale partecipazione dovrebbe così migliorare la capacità decisionale dell’istituzione pubblica, implicando il raggiungimento di un maggiore beneficio sociale.

L’affermazione del principio di sussidiarietà richiede lo sviluppo da parte della PA delle proprie capacità di governance. A tal proposito il paradigma public governance prevede che il concetto stesso di governance assuma il ruolo di “principio ispiratore” nell’azione della PA (Valotti, 2005: 26), affermando inoltre che è prerogativa di quest’ultima perseguire lo sviluppo di tali capacità (Hinna, Meneguzzo, Mussari, Decastro, 2006: 23). In particolare si assiste ad una sensibile evoluzione del ruolo degli enti territoriali che, passando da una concezione di service provider ad una di community developer (Bovaird, Loffer, Parrado, Diéz, 2001), vedono ridefinire i confini della realtà territoriale cui fanno capo sulla base delle interrelazioni con gli altri attori del territorio più che su una base di rigide competenze istituzionali (Valotti, 2005: 27).

Lo sviluppo delle capacità di governance negli enti territoriali, in particolare, ha il pregio di promuovere nuove opportunità per il territorio, attraendo nuove risorse ritenute scarse e strategiche, quali nuovi investimenti, know how, nuove imprese. In questo caso, quindi, si pone attenzione a come le diverse organizzazioni interagiscono reciprocamente al fine di raggiungere dei livelli desiderati di risultati in termini di outcome (Bovaird, Loffler, 2003/2009), ossia di impatti sociali e non in termini di output, così come accadeva nel NPM.

Il paradigma public governance pone inoltre una netta distinzione tra i concetti di governance e government: la prima è vista come “la struttura che assume un sistema

sociale e politico a seguito dello sforzo e degli interventi effettuati dai diversi attori in esso presenti; in questa configurazione nessun attore svolge un ruolo di primo piano ma vi sono numerose interazioni fra una pluralità di attori” (Hinna, Meneguzzo, Mussari,

“nell’attivare e soprattutto coordinare i diversi attori del sistema socioeconomico in modo tale che gli interventi pubblici e non pubblici siano in grado di far fronte alle esigenze di complessità, differenziazione e dinamicità” (Hinna, Meneguzzo, Mussari,

Decastro, 2006: 26). Questa distinzione può essere messa in evidenza efficacemente dalla figura sottostante.

Fig. 6 – Dal government alla governance

Fonte: Hinna, Meneguzzo, Mussari, Decastri (2006), pag. 25.

Come si può notare nella public governance la PA è un nodo tra i nodi della rete ed interagisce con gli altri attori presenti nel sistema mettendosi al loro stesso livello. Questo si pone in discontinuità con quanto accadeva precedentemente, in quanto si può facilmente osservare che nelle logiche NPM la PA era sovra ordinata agli altri attori della rete perché stava al centro della stessa e si poneva come garante di legittimità istituzionale del rapporto fiduciario esistente tra cittadini e PA stessa (Valotti, 2005: 69), che si esprime tramite il processo elettorale.

Nella public governance, al contrario, il rapporto tra PA e cittadini viene stravolto; questo si evolve passando da una relazione basata sul concetto di responsiveness, tipico della visione business-oriented propria del NPM, ad una relazione di collaborazione, basata sulla convergenza degli interessi comuni esistenti tra PA e cittadini (Gray, 1989). Prendendo le mosse da questa nuova visione nel rapporto PA-cittadini, si intuisce che il processo decisionale nell’organizzazione pubblica assume uno schema più elastico e

basato sulla partecipazione di diversi stakeholders che avranno il compito di portare in tale processo la propria visione, le proprie esperienze e le proprie conoscenze, in modo da poter collaborare attivamente con l’organizzazione pubblica, aiutando quest’ultima ad assumere la decisione migliore per la collettività.

Le logiche di public governance, infine, possono essere suddivise in 5 diversi filoni (Osborne, 2010: 6-7):

 Governance socio-politica, riguardante le relazioni istituzionali che una PA detiene con la società civile; a tal proposito si può affermare che le relazioni e le interazioni tra PA e società civile devono essere pienamente comprese in modo da riuscire a capire anche la creazione e l’implementazione delle politiche pubbliche (Kooiman, 1999);

 Governance delle politiche pubbliche, che cerca di capire come la politica e le reti di relazioni esistenti a livello politico governino il processo delle politiche pubbliche;

 Governance amministrativa, che riguarda l’effettiva applicazione nella PA delle logiche di governance, con il relativo riposizionamento e riassetto della stessa;  Governance contrattuale, concernente le relazioni contrattuali esistenti nella PA

nel campo dei servizi pubblici (logiche di contracting-in e di contracting-out);  Network governance, ossia la governance delle reti, riguardante le modalità

mediante le quali queste “auto-organizzano” (Kickert, 1993; Rhodes, 1997; Osborne 2010) le proprie funzioni per provvedere al perseguimento dei servizi pubblici offerti dalla PA.

Appare evidente che esistendo diverse sfumature del concetto di public governance, sussistono di conseguenza diversi modi di applicare tali concetti alla pratica; non a caso si parla di logiche di contacting-in, contacting-out, network relazionali, esternalizzazioni. Queste sono tutte modalità diverse per applicare alla PA il paradigma public governance, aventi tutte lo scopo di migliorare l’efficienza della PA stessa, cercando nel contempo di migliorare l’efficacia dell’azione svolta e la qualità dei servizi offerti alla collettività.

Nella pratica quotidiana, il paradigma public governance si concreta, ad esempio, in partnership coinvolgenti soggetti sia pubblici che privati, al fine di raggiungere obiettivi di pubblica utilità; a tal proposito, considerando l’esperienza italiana, vale la pena

ricordare che le logiche di public governance sono in forte sviluppo. In particolare, facendo riferimento ai comuni ed alle autonomie locali, si può affermare che queste stanno adottando tali logiche: esse si pongono, ad esempio, come nodi di coordinamento strategico tra i diversi attori di un territorio, sperimentando nuove formule gestionali talvolta basate su esternalizzazioni di funzioni e su logiche di contracting-in e contracting-out. In questo modo le organizzazioni pubbliche si pongono a capo di una pianificazione strategica basata sulla partecipazione degli stakeholders e sulla collaborazione con questi ultimi.

A conclusione di questo paragrafo inseriamo uno schema che rappresenta nel tempo l’evoluzione dei sistemi di pianificazione strategica nella PA italiana.

Fig. 7 – Evoluzione dei sistemi di pianificazione nella pubblica amministrazione italiana (1965-2005)

Fonte: Hinna, Meneguzzo, Mussari, Decastri (2006), pag. 71.

Nel prossimo paragrafo cercheremo di spiegare che cosa si intenda per pianificazione nei campi di assetto del territorio e di tutela della natura, considerando che tale tipologia di pianificazione, pur presentando delle differenze con la pianificazione strategica vista finora, mostra diversi punti di contatto con la stessa, specialmente per quanto riguarda il ruolo di coordinamento svolto dall’organizzazione pubblica nei processi pianificatori e la relativa partecipazione degli stakeholders a questi ultimi.