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Una nuova interpretazione dei processi migratori in atto nella regione EU-MENA

MIGRAZIONI E SVILUPPO NELLA REGIONE EU-MENA

3. Una nuova interpretazione dei processi migratori in atto nella regione EU-MENA

La letteratura sulle comunità in diaspora propone un cambiamento radicale nell’interpretazione dei processi migratori rispetto ad una concezione tradizionale basata sull’accoglienza e sull’integrazione. Si apre, infatti, una nuova prospettiva sulla gestione delle economie territoriali nell’ambito dei processi di globalizzazione, in quanto in tali attività si deve oggi tener conto (come in molti casi si è sempre fatto) non solo della presenza di comunità locali, nazionali ed élite dotate di un qualche potere politico e/o economico, ma anche dell’esistenza di una società transnazionale, la cui consistenza (demografica, eco- nomica, politica, culturale) non può essere trascurata. La vera innovazione apportata dall’aumento dei flussi migratori verso l’UE, dunque, risiede nella necessità di affinare l’analisi di politica economica con particolare riferimento al ruolo della società transnazionale, al fine di individuare intersezioni concettua- li ed interazioni con gli altri gruppi sociali in grado di innescare relazioni reciprocamente vantaggiose, e di disinnescare il conflitto ideologico che il maggior peso demografico assunto da tale gruppo sociale potrebbe alimentare, in assenza del riconoscimento delle proprie peculiarità culturali e di un’adeguata rappresentanza politica ed economica.

Rispetto al quadro appena delineato, sembra utile proporre alcune riflessioni. In primo luogo, le dia- spore, così come tutti gli altri gruppi sociali presenti su un dato territorio, più che costituire entità im- manenti dotate di una soggettività unitaria, esprimono forme di ‚progettualità‛ alle quali le persone che

1944 ATTI DEL XXXIICONGRESSO GEOGRAFICO ITALIANO

vi aderiscono partecipano con diversi livelli di loyalty e di coinvolgimento (Brubaker, 2005). Inoltre, la contrapposizione tra comunità nazionale e transnazionale si inserisce in un più vasto insieme di anti- nomie che rispetto a tale tema assumono un carattere trasversale, quali ad esempio il dualismo tra co- munità ed élite, la dicotomia urbano/rurale, il conflitto tra sapere scientifico e la ‚saggezza delle folle‛ (Surowiecki, 2005) o i saperi locali (Agrawal, 2014).

Dunque, così come il nazionalismo, anche il transnazionalismo basato sul concetto di diaspora ha più una valenza normativa che positiva, nel senso che esprime ciò che dovrebbe essere piuttosto che ciò che è. Si tratta di capire quale dei due poli esprima pluralismo e democrazia e quale autoritarismo e dispoti- smo, o sotto quali condizioni i due poli si orientino più verso un estremo o verso l’altro. Sicuramente, in passato lo stato nazionale è stato spesso caratterizzato da processi di governance elitari ed orientati all’assimilazione, mentre le diaspore hanno significato pluralismo e democrazia, ma oggi i ruoli rischia- no di essere invertiti, proprio in virtù delle caratteristiche dei processi migratori in atto, della costruzio- ne democratica di molti stati nazionali e delle loro aggregazioni, e della tendenza della società transna- zionale a promuovere processi di de-territorializzazione a prescindere dalle esigenze espresse dai terri- tori (Moctezuma, Longoria, 2008).

In secondo luogo, la contrapposizione tra la società nazionale e transnazionale sembrerebbe configu- rarsi come un sintomo dell’obsolescenza della società moderna (Vallega, 2000, 2001, 2003; Moctezuma, 2008), e della vitalità di una logica della complessità che mal si relaziona con le dinamiche socio- economico-territoriali. In altre parole, anche le politiche di accoglienza e integrazione rischiano di essere strumentalizzate ed utilizzate a difesa di interessi particolari di élite disconnesse dal tessuto sociale e demografico che costituisce il sostrato dei territori. Non è un caso, ad esempio, che il concetto di trans- nazionalismo sia stato elaborato nel corso del XIX secolo con riferimento alle corporations che già gesti- vano operazioni finanziarie e avevano sedi organizzative ed amministrative in più paesi (Moctezuma, 2008).

Del resto, il tema della sovrapposizione tra interessi privati e bene comune è ampiamente discusso in ambito economico dalla scuola di pensiero istituzionalista, ad esempio in termini di corruzione nelle economie in via di sviluppo (Myrdal, 1974) o di impatto della struttura sociale sulle disuguaglianze (Hirschman, 1982) e neo istituzionalista, in termini di influenza del cambiamento istituzionale sulle per- formance economiche (North, 1992), ma trova una sua declinazione anche nell’ambito pensiero sullo sviluppo umano con particolare riferimento all’equità inter ed intragenerazionale (Anand, 2007). Quest’ultimo concetto riporta ad una delle più note formulazioni del concetto di sviluppo sostenibile (WCED ED, 1987), che in una prospettiva transcalare getta un ponte tra la dimensione locale, economi- ca, nazionale e transnazionale (globale). Il tema dell’integrazione, quindi, si trasferisce in ambito geogra- fico alla relazione tra scale di rappresentazione diverse ma complementari, tra le quali, tuttavia, possono comunque svilupparsi processi di peripheralization (Kühn, 2015), marginalizzazione ed esclusione come contropartita dello sviluppo di logiche di prossimità, di processi di agglomerazione e di acquisizione di rendite geoeconomiche e geopolitiche.

Questi aspetti caratterizzano ormai da anni il dibattito economico sorto intorno al paradigma dell’economia della conoscenza e l’impressione è che, nonostante la ‚distanza‛ concettuale tra il tema delle migrazioni e quello del progresso tecnologico, la chiave di lettura dei processi migratori in atto nel- la regione EU-MENA sia proprio da ricercare in questo binomio e nelle sue conseguenze sociali in ter- mini di relazioni tra i gruppi egemoni (i cosiddetti insider) e gli esclusi (i cosiddetti outsider)3. Del resto,

mentre l’UE già da vent’anni persegue una strategia di sviluppo basata sulla conoscenza e sull’innovazione come motore della competitività4, i paesi MENA restano caratterizzati, a parte alcune

3 I termini outsider ed insider sono mutuati dalla omonima teoria riguardante il funzionamento del mercato del lavo-

ro (si veda ad esempio Lindbeck, Snower, 2002).

L’EUROPA MERIDIONALE E LE SUE MIGRAZIONI 1945

eccezioni, da bassi livelli di sviluppo umano e di reddito pro capite, dunque i differenziali in termini di benessere (non solo economico) tra le due sponde del Mediterraneo sono elevati e persistenti, e giustifi- cano pienamente l’aumento dei flussi migratori dai paesi MENA verso l’UE. Resta sullo sfondo il tema del perché le migrazioni abbiano acquisito nel tempo un carattere di irregolarità, fino a comportare oggi un costo per i migranti difficile da sostenere senza l’aiuto di comunità in diaspora la cui integrazione nel tessuto sociale dei paesi ospitanti è tutt’altro che scontata. In questo processo in cui i diritti umani sono la vera risorsa scarsa, la società transazionale si rafforza in un gioco spesso a somma zero con la società nazionale, contribuendo ad attivare forme di deterritorializzazione in territori già allo stremo, a tutto vantaggio di élite spesso in aperto conflitto di interessi con le altre parti sociali. L’interpretazione del mercato che risulta da tale analisi non è dunque quella ‚civilizzante‛ formulata nel corso del XVIII seco- lo, ma quella ‚distruttiva‛ consolidatasi nel corso del XIX secolo (Hirschman, 1982). Del resto, il tema della distruzione creatrice (Schumpeter, 1942) ha ispirato buona parte della letteratura del XX secolo ri- guardante la crescita endogena, l’economia dell’innovazione e della conoscenza, gli effetti distorsivi del- la regolazione del mercato ed i processi di agglomerazione (Romer, 1990; Aghion, Howitt, 1990; Acemoglu, 1998; Aghion et al., 2005; Krugman, 1991, 1995, 2011).