2.2 Le linee guida internazionali
2.2.5 Olanda: linee guida e protocollo di Groningen
La Società Olandese di Pediatria ha affrontato nel 2005 il problema riguardante le linee guida per il trattamento della prematurità estrema. Indipendentemente dall’età gestazionale, viene consigliata l’astensione dal trattamento intensivo per tutti i neonati al di sotto dei 500 grammi di peso. In generale, sotto le 24 settimane di età gestazionale vengono garantite esclusivamente le cure confortevoli, così come alle 240+6, anche se, in
alcuni casi, può essere preso in considerazione un intervento più aggressivo. Alle 250+6 settimane al neonato è applicato un approccio più
71M.S.PIGNOTTI, All’alba della vita, cit., p. 146.
72T. M. BERGER, “La cura dei bambini prematuri al limite della capacità di vita. Prospettiva svizzera” in Interventi al limite, op. cit., p. 127.
attivo, a meno che questo non sia ritenuto non indicato in base alle sue condizioni cliniche. Sopra le 26 settimane è indicato il trattamento intensivo73.
Già dal 1992 la Società Olandese di Pediatria ha elaborato le proprie linee guida per il trattamento terapeutico in neonatologia, stabilendo i criteri in base ai quali può risultare opportuno, in casi molto gravi, sospendere o non intraprendere il trattamento intensivo74. Nelle stesse linee
guida viene affrontato il problema relativo alla terminazione attiva della vita75 per i neonati non dipendenti da terapia intensiva che si trovino in
situazioni gravissime. Anche se in entrambi i casi siamo di fronte a decisioni di fine vita, dal punto di vista giuridico abbiamo due situazioni ben diverse: nel caso della sospensione e della non istituzione del trattamento la morte può essere ascritta a cause naturali; al contrario, nel caso dell’applicazione di procedure eutanasiche il medico deve riportare chiaramente in cartella clinica la causa della morte e deve autodenunciarsi all’autorità giudiziaria. Nel 1993 è stata approvata una legge che stabilisce
73M.S. PIGNOTTI, All’alba della vita, cit., pp. 155-156.
74 S. MORATTI, “Il protocollo di Groningen: conversazioni con Eduard Verhagen” in Bioetica rivista
interdisciplinare XVI:3, Vicolo del Pavone, Piacenza 2008 pp. 503- 517.
75 Ivi, p. 505. Nel diritto olandese non è possibile applicare il termine eutanasia alla morte neonatale procurata attivamente, in quanto l’eutanasia prevede necessariamente che il paziente competente esprima in prima persona la volontà di essere sottoposto a procedure eutanasiche. Pertanto nei documenti che si occupano di eutanasia infantile viene utilizzata l’espressione “terminazione della vita”, con il significato di eutanasia non volontaria, ovvero eutanasia applicata in assenza di consenso da parte del paziente.
l’iter procedurale al quale i medici si devono attenere per denunciare i casi di terminazione della vita in neonatologia.
Nel 2004 è stato elaborato il Protocollo di Groningen per permettere ai medici di rendere esplicite, nel loro rapporto all’autorità giudiziaria, tutte le informazioni necessarie al fine di favorire le procedure di controllo da parte dell’autorità preposta nei casi di eutanasia neonatale76. Oltre a una
dettagliata descrizione delle condizioni mediche del paziente dovrà essere presente anche l’analisi del processo decisionale che ha portato all’applicazione dell’eutanasia, la descrizione della procedura utilizzata e le modalità di supporto prestato ai genitori dopo la morte del figlio77. I neonati
per i quali può essere considerato opportuno intraprendere una decisione di fine vita sono suddivisi in tre categorie:
1. neonati che non hanno nessuna speranza di sopravvivenza, i quali
moriranno poco dopo la nascita nonostante le migliori cure possibili;
2. neonati dipendenti da terapia intensiva e con prognosi molto povera.
Questi pazienti potrebbero sopravvivere con una qualità di vita molto scarsa, è il caso dei bambini estremamente prematuri affetti da gravi danni cerebrali;
76 E. VERHAGEN, P.J.J. SAUER, “The Groningen protocol- euthanasia in severely ill newborns.” The
New England Journal of Medicine 352 (March 2005), pp. 959-962.
3. neonati non dipendenti dalla terapia intensiva con una prognosi che
non offre alcuna speranza di miglioramento e che sono costretti a subire sofferenze che medici e genitori ritengono insopportabili. Questo gruppo include anche i bambini che sono riusciti a sopravvivere grazie al trattamento intensivo, per i quali è però possibile prevedere una qualità di vita estremamente povera, senza possibilità di miglioramento.
Dal momento che non intraprendere oppure sospendere trattamenti di supporto vitale nei neonati che non hanno possibilità di sopravvivenza è generalmente considerata in Europa buona pratica medica, per i neonati appartenenti al secondo gruppo è possibile operare scelte di fine vita se i medici e i genitori ritengono che l’intervento terapeutico non persegua il migliore interesse del bambino.
Per quanto riguarda invece i neonati appartenenti al terzo gruppo, ogni sforzo deve essere fatto allo scopo di alleviare le sofferenze di questi pazienti, ma è da tenere presente che ci sono casi in cui tali sofferenze non possono essere alleviate e non è inoltre possibile ottenere miglioramenti nonostante l’applicazione delle migliori cure possibili. In questi casi, se entrambi i genitori e i medici sono convinti che la prognosi sarà
estremamente povera, è possibile giungere alla conclusione che la terminazione attiva della vita sia più umana del mantenimento in vita del paziente.
La terminazione attiva della vita neonatale può essere ritenuta ammissibile e accettabile solo se rispetta alcuni criteri ben precisi: si deve avere un alto livello di certezza sia della diagnosi che della prognosi e la sofferenza esperita deve essere considerata insopportabile e non alleviabile con le cure palliative. La terminazione della vita deve essere necessariamente praticata da un medico, con il pieno consenso di entrambi i genitori, previa consultazione di un medico indipendente non direttamente coinvolto nella cura del paziente e riferendo in cartella clinica che la morte non è sopraggiunta per cause naturali. Dopo la morte del bambino un organo legale esterno ha il compito di determinare se le decisioni prese sono giustificate e se sono state seguite tutte le procedure necessarie. Nel caso si siano verificati abusi, sarà doveroso procedere per vie legali. Seguire il protocollo non garantisce automaticamente ai medici l’assenza di qualsiasi azione legale nei loro confronti, dal momento che la decisione finale spetta comunque al Ministro della giustizia78.
78 Per una dettagliata descrizione delle procedure legali attuate nei casi di eutanasia neonatale confronta E. VERHAGEN, P.J.J. SAURER, “End-of-Life Decisions in Newborns: An Approach From the Netherlands”, Pediatrics, 116, 2005, p. 738.