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Le opzioni sul tappeto per la PAC post

In sostanza, guardando alla distribuzione del suo impiego e in base a quanto emerge dalle opinioni delle organizzazioni professionali, il voucher, almeno in agricoltura, si è rivelato uno strumento

7%Vegetali incluse le patate

3.1 La politica europea comunitaria

3.1.3 Le opzioni sul tappeto per la PAC post

Nel corso del 2010 si è intensificato il dibattito sulla forma che dovrà assumere la Politica agricola comunitaria dopo il 2013. Nel giugno del 2010 è stato aperta dalla Commissione europea la consultazione pubblica, anche con un forum on-line, finalizzato a raccogliere contributi, idee e pareri da parte di istituzioni, stakeholder e cittadini, ed entro il 2010 è prevista la comunicazione della Commissione.

La discussione si incentra su tre aspetti fondamentali: gli obiettivi che la politica dovrà porsi, alla luce di un quadro economico profondamente mutato negli ultimi cinque anni, le risorse finanziarie su cui potrà contare, in un’ottica di revisione complessiva del bilancio comunitario, i meccanismi di funzionamento che dovrà adottare, coerenti con il nuovo scenario di riferimento.

In questo paragrafo cerchiamo di delineare gli aspetti salienti della discussione, tralasciando le ipotesi di budget, in quanto queste ultime saranno frutto di un ripensamento più complessivo delle politiche europee29. Inoltre, laddove più opportuno ci riferiremo alla situazione italiana, con il confronto di indicatori esemplificativi.

Partendo dagli obiettivi di carattere più generale, la nuova PAC dovrà essere coerente con quanto previsto dalla “Strategia 2020” approvata dal Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2010, e formalmente adottata il 17 giugno 2010, che stabilisce tre priorità di intervento:

a) crescita intelligente: sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione;

b) crescita sostenibile: promuovere un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva;

c) crescita inclusiva: promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale.

La PAC, a prima vista, è poco “citata” nella Strategia 2020; tuttavia, è necessario incorporare ed esplicitare gli obiettivi della PAC in un’ottica di sviluppo sostenibile ed evidenziare il possibile contributo dell’agricoltura europea al conseguimento stesso degli obiettivi della Strategia. Tra i temi tipici della PAC che maggiormente confluiscono nella Strategia 2020 si ritrovano: il sostegno alle tecnologie “verdi” e innovative; gli investimenti in competenze, formazione e imprenditorialità; la gestione sostenibile delle risorse naturali; la produzione di energie rinnovabili; la creazione di beni pubblici di natura ambientale; lo sviluppo di un’economia rurale a basse emissioni di carbonio. Va ricordato, inoltre, che la PAC incide

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Si evidenzia come la Commissione Agricoltura alla Camera abbia iniziato a fine maggio l’esame della proposta di un DDL “Programma Nazionale di Sviluppo Rurale”.

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60 profondamente sulle prospettive di sviluppo regionale in quanto investe il 47% della superficie europea e coinvolge oltre 18 milioni di occupati, con una distribuzione territoriale non omogenea. In questo contesto, la PAC riveste un ruolo fondamentale per contribuire allo sviluppo di comunità rurali redditizie e dinamiche, garantendo, allo stesso tempo, uno sviluppo socio-economico sostenibile ed equilibrato del territorio europeo.

Sulla base dei discorsi ufficiali del Commissario europeo e della documentazione di carattere “istituzionale”, la nuova PAC dovrà essere pensata per rispondere alle diverse agricolture che contraddistinguono il territorio allargato dell’Unione e dovrà conseguire gli obiettivi legati alla sicurezza alimentare, il cambiamento climatico, la protezione dei suoli e delle risorse naturali, la crescita economica delle aree rurali (Cioloş, 2010)30. Gli strumenti a disposizione della PAC dovranno, pertanto, essere rivisti.

Riguardo agli strumenti di applicazione, in primo luogo vi sono alcune considerazioni di carattere generale che riguardano la semplificazione della PAC, la sicurezza alimentare e il riconoscimento di un valore di esistenza dell’agricoltura in economie fortemente sviluppate come quelle europee. Il peso amministrativo e la complessità di regole costituiscono un ostacolo all’utilizzo efficiente delle risorse disponibili. Per il caso italiano basti pensare quanto detto in precedenza sull’avanzamento della politica di sviluppo rurale. La possibilità di poter disporre di un quadro finanziario nazionale all’interno del quale collocare i programmi regionali potrebbe senza dubbio rappresentare una soluzione che permetterebbe di utilizzare al massimo le risorse assegnate al nostro Paese. Il valore della sicurezza alimentare attiene sia la quantità di risorse disponibili per un paese che la qualità di tali risorse. Oggi più che mai la sicurezza alimentare si associa ai concetti di salubrità alimentare e di qualità dei prodotti agricoli, ma la crescente volatilità dei prezzi ha rimesso al centro dell’attenzione politica anche il problema del fabbisogno alimentare e, di conseguenza, di strumenti che in qualche modo possano garantire stabilità alle produzioni di alimenti.

Collegato a questo aspetto è quello del valore di esistenza del settore primario in contesti sviluppati dove il declino proprio dell’agricoltura, associato alla età avanzata degli agricoltori e la forte competizione della terra verso altre attività rischia di far scomparire l’agricoltura e con sé la tradizione produttiva, sociale e culturale propria dei contesti agricoli e rurali.

Entrando nel merito dei singoli strumenti, si possono considerare gli aspetti legati agli aiuti diretti, alle misure di mercato anche per favorire la stabilità dei redditi e allo sviluppo rurale. Di seguito ciascun elemento viene esaminato riportando i principali aspetti oggetto di discussione e qualche riflessione per il nostro Paese.

Per quanto concerne gli aiuti diretti, dalla discussione generale, l’orientamento è quello di proseguire sulla strada degli aiuti disaccoppiati, anche se sarà necessario rivedere i parametri con i quali gli aiuti vengono assegnati. Il modello storico utilizzato dall’Italia, che di fatto mantiene inalterato lo status quo della

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Cioloş D., Quale agricoltura per l’Europa di domani? Invito a un dibattito pubblico, Discorso dinanzi alla Commissione agricoltura del Parlamento europeo, Bruxelles, 12 aprile 2010.

61 distribuzione degli aiuti, non potrà essere mantenuto, soprattutto nel momento in cui si assegnano obiettivi specifici ai premi, come la remunerazione della produzione di beni pubblici. Su questo argomento le posizioni sono molto differenti. In termini molto generali, il tema vede discussione incentrarsi su un livello di aiuti base, il flat rate, calcolato su base regionalizzata tra tutti gli Stati membri, a cui possono essere associati aiuti integrativi in relazione a:

la localizzazione aziendale (come nel caso di aree svantaggiate o con svantaggi specifici31); la situazione economica generale del Paese (si pensi alle disparità di potere di acquisito esistenti); gli impegni specifici, perlopiù di carattere ambientale, che l’azienda si assume;

la remunerazione legata alla produzione di esternalità positive e beni pubblici “europei” (cioè non altrettanto producibili a livello locale).

Quest’ultimo aspetto si collega ai temi della produzione di beni pubblici legati alla conduzione dell’attività agricola. Il sostegno, in questa logica, è dettato dalla necessità di assicurare e mantenere le esternalità positive che l’agricoltura genera: paesaggio, gestione delle risorse naturali, implicazioni di carattere ambientale e lotta al cambiamento climatico, biodiversità, occupazione e vitalità delle aree rurali, salubrità degli alimenti, tipicità e riconoscibilità geografica dei prodotti, ecc.

Il tema degli aiuti diretti è particolarmente sentito nel nostro Paese, in quanto da una comparazione con gli altri Stati membri emerge come in Italia il contributo dei pagamenti diretti alla formazione del reddito sia piuttosto modesto (fig. 3.4)

Fig. 3.4 – Peso dei pagamenti diretti e degli altri sussidi comunitari al reddito agricolo (media 2006-2008)

Fonte: European Commission, DG Agriculture and Rural Development, based on EAGGF/EAGF Financial reports (direct payments) and Eurostat data (agricultural factor income and subsidies).

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Va anche evidenziato che la revisione delle zone svantaggiate è un processo in corso a livello comunitario, destinato a generare grande impatto a livello socio economico.

62 Pertanto, sulla partita della definizione delle modalità con cui procedere al calcolo dell’aiuto per ettaro si gioca un’importante sfida per il nostro Paese, che ha tutto l’interesse a rendere l’aiuto effettivamente aderente alle specificità di un’agricoltura basata sulla differenziazione e sulla capacità di creare esternalità positive.

In riferimento alle misure di mercato da impostare per la PAC dopo il 2013, queste dovranno rispondere ad una serie di esigenze dell’agricoltura, prima tra tutte la stabilità dei redditi. L’elevata volatilità dei prezzi di questi ultimi due anni ha determinato forti scompensi nel settore, con una forte instabilità nei redditi agricoli e un sostanziale squilibrio nei rapporti tra gli attori della filiera agro-alimentare. Le misure di mercato, in questo contesto possono essere fortemente ripensate da un lato per disporre di adeguati strumenti di gestione del rischio e dall’altro per migliorare le relazioni lungo la filiera produttiva e una più equa ripartizione del valore aggiunto. Il dibattito su questo fronte è piuttosto aperto a partire dalle esperienze di progressiva revisione delle OCM. In particolare, si evidenziano i risultati del lavoro del “Gruppo di alto livello” costituito nell’Ottobre 2009 per fronteggiare la crisi che ha colpito il settore lattiero caseario, anche in previsione dello smantellamento del sistema delle quote latte (il 1° aprile 2015). Il gruppo ha concluso i suoi lavori il 15 giugno 2010 ed ha formulato sette raccomandazioni, che possono rappresentare un orientamento anche per gli altri comparti. In sostanza le raccomandazioni formulate sono:

a) il rafforzamento dei rapporti contrattuali tra produttori e trasformatori, promosso anche da linee guida con carattere vincolante;

b) il consolidamento di una contrattazione collettiva dei produttori, volta a negoziare collettivamente le condizioni contrattuali;

c) l’utilizzo di organizzazioni interprofessionali con lo scopo di garantire la concentrazione dell’offerta; d) la trasparenza nella filiera, con una sorveglianza sui prezzi dei prodotti alimentari;

e) l’esame di possibili strumenti “compatibili con la scatola verde” per ridurre la volatilità del reddito; f) la tutela delle norme di commercializzazione e dei marchi di origine;

g) l’innovazione e la ricerca, ricercando complementarità con le iniziative promosse nell’ambito dello sviluppo rurale e dei programmi quadro della ricerca.

Particolare attenzione dovrà essere dedicata alle questioni legate alle stabilità del reddito, non solo per la volatilità dei prezzi ma anche per le condizioni atmosferiche e generali di produzione. Su questo argomento il dibattito è particolarmente acceso e riguarda, principalmente, le modalità di assicurazione dell’esercizio dell’attività agricola. Anche su questo argomento, la riflessione dovrà partire sulle esperienze maturate sul tema, come nel caso dell’applicazione dell’art.68 e di alcune iniziative sperimentate a livello europeo, come schemi assicurativi pubblici sulle perdite di reddito o di profitto o attivazione del mercato dei future.

Per l’Italia l’insieme degli strumenti da attivare all’interno del contenitore “misure di mercato” dovrebbero portare al riconoscimento del “modello agroalimentare europeo”, con lo scopo ultimo di rafforzare la competitività internazionale delle produzioni attraverso il riconoscimento della qualità e della diversificazione dei prodotti piuttosto che attraverso una mera competizione di prezzo. Il rispetto delle norme in materia di

63 sicurezza alimentare, qualità, ambiente, benessere degli animali si traduce, infatti, in uno svantaggio competitivo nei confronti di chi non è sottoposto alle stesse regole e ai costi che ne conseguono.

Per lo sviluppo rurale, dalle discussioni e prime proposte presentate dalla Commissione, gli obiettivi che la politica di sviluppo rurale post 2013 intende porsi ricalcano la struttura dell’attuale assetto, con una maggiore integrazione con la Strategia 2020 e riguardano:

I. sviluppare un settore agricolo competitivo, migliorando l’efficienza delle risorse: accanto alla modernizzazione e ristrutturazione uno speciale focus dovrebbe essere dedicato alle tecnologie verdi, all’adattamento ai cambiamenti climatici e allo sviluppo di energia rinnovabile. Gli strumenti da utilizzare fanno riferimento all’innovazione, trasferimento di tecnologie, acquisizione di competenze, investimenti “verdi”;

II. conservare le risorse naturali, che si declina nella mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile del territorio al fine di conservare gli ecosistemi, la gestione delle risorse naturali, biodiversità, acqua e suolo. I mezzi previsti per sostenere questo obiettivo sono pagamenti ai gestori del territorio per i beni pubblici forniti, formazione e servizi di consulenza;

III. sviluppare le aree rurali, con la valorizzazione del potenziale locale e l’inclusione sociale. In questo ambito trovano collocazione investimenti e mobilizzazione del capitale sociale (cooperazione, networking, strategie place-based) per diversificare l’economia rurale, sviluppare le infrastrutture locali, mobilitare e collegare gli attori locali, compreso il partenariato pubblico-privato.

La posizione italiana sullo sviluppo rurale è stata presentata il 13 aprile 2010. La politica di sviluppo rurale viene considerata il principale veicolo per il conseguimento di obiettivi legati alla competitività e all’occupazione, con un ruolo centrale dell’agricoltura nel produrre beni e servizi pubblici, anche di carattere sociale.

La posizione italiana affronta gli aspetti legati agli obiettivi da conseguire con la politica di sviluppo rurale, e suggerisce alcuni strumenti per la gestione.

Riguardo agli obiettivi, la competitività non deve essere affrontata in una sola visione aziendale, ma dovrà essere utilizzata una logica territoriale (intesa come l’insieme delle tecniche produttive, delle relazioni tra soggetti, dal paesaggio alla cultura), che permette alla qualità agroalimentare di affermarsi sui mercati. Il richiamo all’approccio territoriale permea la posizione italiana nel suo complesso, in quanto afferma che le diverse priorità tematiche dovranno essere meglio ancorate ai fabbisogni di ciascun territorio.

Mantenendo gli obiettivi degli attuali Assi III e IV alle competenze dello sviluppo rurale, il secondo pilastro dovrà avere una visione integrata e di supporto sia nelle aree rurali più remote, sia in quelle periurbane, dove maggiori sono i richiami e la competizione esercitata dai settori non agricoli. Infine, un’importanza rilevante viene assegnata al potenziamento della governance.

64 Sul fronte degli strumenti di gestione, la posizione italiana richiama la necessità di un quadro programmatorio di respiro nazionale, una maggiore flessibilità finanziaria e gestionale (compresa la disciplina degli aiuti di stato), e il rafforzamento e la semplificazione degli strumenti di monitoraggio e valutazione.

Infine, ciò che emerge con forza è la necessità di un maggiore coordinamento tra la politica di coesione e lo sviluppo rurale per rendere più efficaci i risultati da ottenere, mediante una più stretta integrazione tra programmazioni strategiche e una maggiore chiarezza nell’assetto delle competenze tra fondi.