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DEGLI ORGANI DI MACCHINE

P R E M E S S A

Con l'evoluzione della macchina i costruttori meccanici hanno cercato sempre più di svilup-pare il campo sperimentale e lo studio delle pro-prietà meccaniche dei materiali metallici

In un primo tempo si trattò più che altro del-l'effetto delle sollecitazioni statiche ma in seguito diventando le condizioni di esercizio delle macchine più gravose a causa di sempre più alte velocità e più alte potenze, si presentò un nuovo problema della massima importanza, quello della capacità di resistenza degli organi sottoposti a rapide

varia-che intervengono durante il funzionamento, e la frequenza dei valori massimi.

A questo primo gruppo f a parte tutta la gamma degli estensimetri dinamici da quelli elettromagne-tici a quelli più recenti a variazione di resistenza, nonché gli apparecchi registratori di fenomeni

ra-pidamente variabili (oscillografi).

2) Esecuzione di misure statiche il cui scopo è quello di accertare lo stato tensionale degli organi meccanici, in modo da poter eliminare le zone di sovratensioni mediante opportune variazioni di forma.

I metodi più usati .per queste determinazioni sono i seguenti: metodo fotoelastico; metodo di mi-sura con estensimetri del tipo meccanico, ottico

od elettrico; metodo mediante esame di modelli in gomma; metodo delle tensoverni-ci.

3) Esecuzione di prove di fatica sugli organi meccanici in grandezza naturale. Sono queste le prove che possono dire in anticipo quale sarà il comportamento dell'organo di macchina in fun-zionamento.

L'esecuzione di tali prove si f a mediante mac-chine che sviluppano carichi alternati ed anche con macchine che eseguono un dato programma di sollecitazioni in base alle curve di frequenza dei carichi, allo scopo di stabilire quale ciclo di solle-citazioni può essere sopportato ¡per un dato nu-mero di ore di moto senza rottura del pezzo. Si deve però dire che l'esecuzione delle prove su pezzi in grandezza naturale è facilmente realizzabile sia dal punto di vista tecnico sia dal lato economico se i pezzi sono di piccole dimensioni, nel caso invece di pezzi di grandi dimensioni le applica-zioni sono più difficoltose in quanto è necessario disporre di grandi macchine di prova. Nella fig. 1 è rappresentata appunto una di queste macchine adatta per prove di trazione e compressione al-terna con un carico variabile da i 100 tonn.

R O T T U R E DI F A T I C A ^ L O R O C A U S E Prima di passare all'esame delle rotture di f a -tica è opportuno definire che cosa s'intenda per limite di fatica. Si definisce come limite di fatica quel valore massimo della sollecitazione che appli-cato un numero infinito di volte non provoca

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Fig. I - Pulsatore da 100 Tonn,

zioni di carico sia del tipo alterno sia sotto forma di urto. Si può dire, senza timore di esagerare, che oggi, quando si voglia raggiungere un certo grado di perfezionamento nel progetto di organi di mac-china particolarmente sollecitati, solo un limitato numero di problemi è risolvibile col calcolo; questo vuol dire qhe per poter sfruttare razionalmente i materiali bisognerebbe eseguire estesi lavori di m i -sura in modo da dare al pezzo compatibilmente con la sicurezza di esercizio la forma più adatta ed equiresistente.

Il campo delle misure di resistenza, reso possi-bile dagli sviluppi conseguiti in questi ultimi tempi dei mezzi di ricerca, si può suddividere in tre gruppi che si completano a vicenda:

1) Esecuzione di misure delle sollecitazioni di-namiche allo scopo di rilevare l'entità degli sforzi

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Area di sicurezza

trattamenti termici male eseguiti; particolari con-dizioni di funzionamento come: giuochi eccessivi, vibrazioni critiche, sollecitazioni istantanee molto elevate.

Le rotture di fatica possono essere facilitate an-che da particolari condizioni di ambiente per pre-senza di umidità o gas corrosivi (industrie chi-miche) i quali alterano superficialmente il mate-riale facilitando un abbassamento della resistenza a fatica del pezzo in funzionamento.

Varie ipotesi sono state formulate sul significato fisico del fenomeno di fatica, ma ancora oggi non si è giunti a dare una spiegazione esauriente ac-cettata da tutti gli studiosi.

Esempio caratteristico di rottura a fatica è quello della fig. 3 il cui andamento ondulato rap-presenta il successivo propagarsi della rottura durante il moto, mentre il nucleo è dovuto allo strappo finale. L a forma della rottura assume aspetti particolari a seconda del tipo di sollecita-zione che ha generato la rottura, tanto da poter stabilire con buona approssimazione quale tipo di sollecitazione ha affaticato il materiale. Cosi la fig. 3 rappresenta una rottura per fatica a fles-sione rotante, mentre la fig. 4 rappresenta una rottura per fatica di un'asta stantuffo di un m a -glio a vapore ( 0 asta 110 mm.). La rottura è av-venuta per flessione in più piani (le lettera A „ D.., D3 stanno ad indicare i centri di propagazione della rottura) a causa di un forte giuoco tra guida ed asta. La' lettera G indica la zona di strappo finale.

L I M I T E DI F A T I C A D! A L C U N I M A T E R I A L I Nella pratica di laboratorio il limite di fatica va riferito a superficie liscia od a superficie acci-dentata. Nel caso di superficie liscia e su provini dell'ordine di 10 mm. di diametro indicando con Lf il limite di fatica in Kg/mmq. per flessione ro-tante, per l'acciaio al carbonio e legato al cromo-nichel o cromo-manganese allo stato di norma-lizzazione è Lf = 0,5 0,55 Kg/mmq. Citiamo qual-che esempio: per un acciaio bonificato al Cr-Ni con 110 Kg/mmq. di carico di rottura il limite di fatica è pari a circa 60 Kg/mmq., per un acciaio al Cr-Mn bonificato con 80 Kg/mmq. di carico di rottura il limite di fatica è di carica 48 Kg/mmq. Per una ghisa ©on 25 Kg/mmq. di carico di rottura il limite di fatica a flessione rotante è di circa 12 Kg/mmq. L'effetto intaglio per gli acciai è molto sentito, esso può f a r scendere i valori del limite di fatica nei confronti del provino liscio di oltre il 50 %.

A titolo di esempio, un acciaio al carbonio con 48 Kg/mmq. ha un limite di fatica a flessione ro-tante, di soli 14 Kg/mmq. sotto l'influenza di un intaglio acuto e di una certa profondità.

Nel caso dei materiali non ferrosi il limite di fatica è meno ben definito che per gli acciai in quanto è necessario in certi casi salire ad un nu-mero elevatissimo di oscillazioni; così per esempio il duralluminio con un carico di rottura alla tra-zione di circa 40 Kg/mmq. ha un limite di fatica per flessione rotante di ± 1 4 Kg/mmq. dopo 10' alternanze, di ± 12 Kg/mmq. dopo 10s alternanze e di ± 10 Kg/mmq. dopo 10" alternanze.

Una lega Cu-Ni tipo 70/30 sembra non ammetta un limite di fatica anche per un numero elevatis-simo di oscillazioni.

Sempre per flessione rotante, l'ottone (60/40) ha un limite di fatica di ± 16 Kg/mmq., il bronzo al berillio con circa 80 Kg/mmq. di carico di rottura ha un limite di fatica di circa ± 15 Kg/mmq., una lega al magnesio con un carico di rottura di 25 Kg/mmq. ha un limite di fatica di i 10 Kg/mmq. V A R I E L E M E N T I A L T E R A N T I IL L I M I T E DI F A T I C A

I N F L U E N Z A DEL T I P O ' D I S O L L E C I T A Z I O N E ' Per uno stesso materiale v i è un limite di f a -tica diverso f r a la sollecitazione a flessione a tra-zione-compressione e torsione; ogni tipo di solle-citazione ha un particolare limite di fatica, questi Fig. 3 - Rottura di fatica per fless. rotante

tura. Per ragioni pratiche però si assume come limite di fatica quella sollecitazione che non pro-voca rottura dopo un certo numero di oscillazioni: per esempio per l'acciaio si considera il limite di fatica per 10' oscillazioni. Quando si hanno delle sollecitazioni asimmetriche allora si usa adottare il diagramma di Goodmann come nella fig. 2, il quale racchiude la cosi detta « area di sicurezza » . In questo diagramma compare l'influenza di un eventuale carico statico iniziale, il quale provoca uno spostamento del carico massimo raggiungi-bile a fatica. Tutti i cicli compresi nell'area non provocano rottura con 10' alternanze, mentre i cicli situati all'esterno provocano rottura con meno di 10' alternanze.

Diverse sono le cause che possono facilitare la rottura per f a t i c a : la f o r m a poco razionale del pezzo per cui si manifestano in determinati punti forti concentrazioni di sforzi; la presenza di fori, intagli, filettaggi, cambiamenti di sezione, ecc.; una lavorazione poco accurata; presenza di strappi di utensile sulla parte superficiale del pezzo; raccordi male eseguiti; materiale difettoso, come per esem-pio: presenza dì soffiature od inclusioni ai bordi delle quali si hanno dei punti di sovratensione,

limiti di fatica si trovano con buona approssima-zione almeno entro un certo campo in un deter-minato rapporto f r a di loro.

In generale si può dire nel campo degli acciai che, nei confronti della flessione rotante la tra-zione alterna provoca una diminutra-zione della resi-stenza a fatica del 20 30 % e la torsione alterna del 40 ~ 50%. Così un acciaio che abbia 65 Kg/mmq. di carico di rottura a trazione ha un limite di f a -tica per flessione rotante di 30 Kg/mmq. per trazione alterna di ± 20 Kg/mmq. e per torsione alterna di ± 16 Kg/mmq. •

I N F L U E N Z A D E L L O S T A T O SUPERFICIALE Lo stato superficiale ha una grande importanza sul limite di fatica, così per una superficie sol-tanto sgrossata in caso di sollecitazione a flessione rotante si ha una diminuzione del 10 ~ 15 % nei confronti d i una superficie levigata per acciaio con carico di rottura R = 50 Kg/mmq. e del 35 ~ 40 % per un acciaio da molle con R = 170 Kg/mmq. Molto dannose, come si era accennato precedentemente, sono le incisioni profonde fatte con g r a f -fietti durante la tracciatura o comunque procurate con altri utensili, scalfitture con spigoli acuti, screpolature superficiali di rettifica su strati f o r t e

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mente induriti. Queste incisioni superficiali deb-bono essere opportunamente eliminate per acciai che hanno un carico di rottura al disopra di 80 K g / m m q . c o s ì per un acciaio con R = 140 Kg/mmq. a causa di ciò il limite di fatica può scendere del 50 %.

Una parte importante giuoca pure la corrosione sia dovuta ad acqua dolce che ad acqua di mare. Si può ritenere che la corrosione dovuta all'acqua dolce porti in generale gli acciai, esclusi quelli inossidabili, ad un limite di fatica intorno ai 10 Kg/mmq.

La corrosione con acqua di mare abbassa il li-mite di fatica a flessione rotante fino a 5 ~ 10 Kg/mmq.

Gli acciai inossidabili sono pure influenzati dalla corrosione dovuta all'acqua di mare, tanto da porta-re una diminuzione del limite di fatica del 40 ~ 60%.

I ricoprimenti galvanici per proteggere i pezzi dall'ossidazione sono agli effetti del limite di f a -tica dannosi poiché portano una diminuzione del medesimo di -4- il 20 % ; migliore la protezione fosfatica la quale riduce il limite di fatica soltanto del 3 %. Oggi sono avvalorate le protezioni con lac-che asfaltilac-che od a base di caucciù perchè non alterano la resistenza a fatica dei particolari. Per

quanto riguarda l'influenza dell'ossidazione che si forma durante le operazioni di trattamento ter-mico, anche in questo caso si ha un peggiora-mento del l i m i t i di fatica; così per un acciaio al cromo-vanadio per molle con R = 150 Kg/mmq. allo stato di bonifica, a causa dell'ossidazione su-perficiale i valori si riducono di un terzo di quelli che si otterrebbero con una asportazione di 0,5 mm. dopo il trattamento. Il diagramma di fig. 5 mette in evidenza la particolare influenza sul limite di fatica dello stato superficiale. I valori in % rife-riti alla superficie levigata sono messi in relazione al carico statico di rottura a trazione degli acciai.

I N F L U E N Z A D E L L A F O R M A

Una stessa qualità di materiale può avere alla fatica un comportamento diverso a seconda della forma del pezzo.

Casi tipici sono quelli riferentesi agli alberi mo-tori per i quali la forma ha notevole importanza.

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Per sollecitazione a torsione alterna il migliora-mento può arrivare anche al 100%; infatti nella fig. 6 la manovella con f o r o cilindrico ha un limite di fatica per ¡torsione alterna pari a ± 8,5 Kg/mmq. mentre quella modificata raggiunge il valore di ± 16 Kg/mmq.

Nel complesso dell'albero a seconda di come sono disposte le singole manovelle si può avere una re-sistenza a fatica variabile come è chiaramente indicato nella fig. 7.

Altro caso comune nella pratica è quello riguardante i bulloni e i prigionieri. La resistenza a f a -tica dei bulloni è stata studiata molto estesamente sia per quanto riguarda la forma, sia per il tipo di sollecitazione, sia nei riguardi della qualità dei materiali. Per i prigionieri qualora non si chiu-dano a fondo, cioè con carico iniziale circa nullo, la resistenza a fatica nella zona filettata scende fortemente fino a raggiungere valori minimi del-l'ordine di 4 Kg/mmq.

Questo fa ritenere che per piccoli carichi ini-ziali si produca una continua oscillazione tra vite e madrevite provocando degli urti causa della rottura. In generale è buona pratica quella di ser-rare a fondo i prigionieri ed i bulloni, anche se si determinano sollecitazioni statiche iniziali piutto-sto forti.

Nel caso del bullone normale con dado si ha per effetto della concentrazione degli sforzi nei primi filetti tra dado e bullone, un peggioramento sul limite di fatica.

Un certo vantaggio lo si può ottenere, in quiei casi che si temono rotture di fatica, con l'adozione

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Fig. 8 - /iti prigioniere e

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del dado elastico il quale rispetto al dado normale porta un miglioramento sulla resistenza a fatica del 30 % circa. I bulloni, per esempio quelli dei cu-scinetti delle bielle dei motori a scoppio, possono essere soggetti a sollecitazioni ripetute con bru-sca applicazione del carico, questi urti affaticano notevolmente il materiale in prossimità del flot-taggio, là dove vi è una maggiore concentrazione di sforzi. Inoltre per questi bulloni possono entrare in campo sollecitazioni di flessione sia per la po-sizione che la biella assume durante il moto sia per un non perfetto parallelismo f r a le basi della testa e il dado.

Perciò è stato introdotto nella pratica costrut-tiva quello di eseguire il gambo elastico, cioè di as-sottigliare il gambo del bullone in modo da ren-derlo più elastico e più flessibile. Evidentemente il proporzionamento bisogna, sia f a t t o con un certo criterio, altrimenti la variazione di forma non ha nessuna efficacia. Nella fig. 8 sono indicati alcuni dati costruttivi in merito ai prigionieri ed ai bul-loni, e compare pure un esempio di gola di sca-rico per bulloneria in generale.

Legata alla forma è la grandezza, cioè le di-mensioni e lo spessore dei particolari. L'influenza

della grandezza secondo risultati relativamente re-centi è molto sentita quando si passa a spessori di oltre 50 mm. Risultati su questo punto sono stati rilevati da sperimentatori per mezzo di macchine che hanno permesso di eseguire prove su provini di diametri molto elevati. Si può ritenere in via di massima che un albero di 500 mm. di diametro abbia un limite di fatica nei confronti di un pro-vino di 10 mm. ridotto del 50 %. L'effetto intaglio nei pezzi di grandi dimensioni è ancora sentito pressapoeo nei rapporti valevoli per i piccoli spes-sori, dimodoché noi verremmo ad avere in questo caso valori di resistenza a fatica molto bassi. Solo così si spiegano nei pezzi di forte spessore tante rotture inaspettate anche con carichi nominali re-lativamente piccoli. A tale proposito basti pensare che un albero motore cijin circa 250 mm. di dia-metro dei perni può avere una resistenza a fatica per torsione alterna di soli ± 4 — 5 Kg/mmq.

M E T O D I PER M I G L I O R A R E

IL L I M I T E DI F A T I C A A P A R I T À DI F O R M A Come si è visto i punti pericolosi degli organi delle macchine sono quelli dove si verificano par-ticolari concentrazioni di tensioni, cioè in pros-simità di fori, raccordi, ecc. Molte volte la forma è per ragioni costruttive od economiche obbligata, sorge così il problema di eliminare queste sovra-tensioni con particolari espedienti. Molti tentativi sono stati fatti in questo campo, però non sempre i metodi sono facilmente applicabili sia per diffi-coltà tecniche, sia per il costo elevato. In gene»" rale i metodi sinora usati si basano nel procurare uno strato superficiale alquanto indurito senza al-terare le caratteristiche di tenacità del nucleo. Si viene così a determinare uno strato pretensionale di compressione.

I principali metodi usati sinora sono i seguenti: indurimento superficiale mediante trattamenti termici;

indurimento superficiale mediani®" azione mec-canica.

I N D U R I M E N T O M E D I A N T E T R A T T A M E N T I T E R M I C I Al primo metodo appartiene l'indurimento me-diante fiamma ossi-acetilenica, il quale in qualche caso ha dato buoni risultati.

Può essere applicato solo per gli acciai che per-mettono un discreto indurimento di temperatura, così nel caso degli acciai al carbonio, acciai che abbiano almeno 0,3 % di carbonio. L'aumento del limite di fatica può arrivare anche al 100 %.

I trattamenti di cementazione e nitrurazione sono anche molto usati non però per organi soggetti ad urti troppo violenti data l'alta fragilità dei rispet-tivi strati induriti.

Dei due trattamenti la nitrurazione porta ad una più alta resistenza a fatica. Su provini di la-boratorio si è avuto per l'intaglio un aumento della resistenza a fatica anche del 170 %. In via di ipas-sima la nitrurazione su particolari molto acciden-tati può elevare il limite di fatica anche del doppio.

I N D U R I M E N T O M E D I A N T E A Z I O N E M E C C A N I C A E ' questo un sistema che si cerca di introdurre ora nella pratica, e consiste nel procurare me-diante azione meccanica di compressione un in-durimento superficiale del materiale.

Data la possibilità di generalizzare il sistema per tutti i tipi di acciai e Per la possibilità di lo-calizzare l'operazione di indurimento, il metodo ha destato grande interesse nel campo dello studio per il miglioramento del limite di fatica. Già da tempo erano stati fatti studi sui filettaggi con il fondo gola rullato ed i risultati sono stati tali da permet-tere un aumento della resistenza a fatica anche del 100 %.

Tale problema era stato affrontato particolar-mente nei laboratori della F I A T Grandi Motori allo scopo di migliorare il comportamento in esercizio delle aste stantuffo dei motori Diesel a doppio

ef-fetto di grande potenza I valori di fatica che si ottennero su provette riproducenti un fondo gola di filetto f u r o n o : per provetta non rullata 19 K g / m m q „ per provetta rullata (0,4 mm. sul dia-metro) 40 Kg/mmq., cioè un aumento dovuto alla rullatura di oltre il 100 %.

Si tenga inoltre presente che la rullatura ha anche altri vantaggi in quanto determina una m i -gliore condizione superficiale, cioè rende la super-ficie perfettamentg liscia, priva di scabrosità e strappi dovuti alla lavorazione d'utensile.

Un'altra applicazione .di indurimento mediante azione meccanica è quella usata specialmente ne-gli Stati Uniti nelle costruzioni automobilistiche e cioè la cosiddetta pallinatura.

I l principio consiste nel lanciare mediante aria compressa, o mediante centrifuga, dei pallini di acciaio sopra la superficie da trattare.

Il sistema si è molto diffuso nell'industria ame-ricana per la possibilità di applicarlo alla grande produzione di serie.

Il buon risultato dipende: dalle dimensioni dei pallini, dalla velocità d'urto, dalla direzione di lancio.

T a n t o per citare qualche applicazione, i parti-colari più comunemente trattati con la pallinatura sono: le molle per valvole, le foglie delle balestre dello chassis, le leve di comando delle valvole di aspirazione e scarico dei motori a scoppio.

Per tutti questi casi a detta dei costruttori si

sono avuti notevoli miglioramenti nel comporta-mento dei pezzi in funzionacomporta-mento. Un'applicazione importante della pallinatura è quella di sostituire la finitura dei pezzi in quelle parti in cui l'accu-ratezza della lavorazione ha solo scopo di impe-dire inviti a rotture. Questa applicazione oltre a