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Cronache Economiche. N.044, 10 Ottobre 1948

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(1)

CRONACHE

B'IIH

DINO

CINALE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO

SPEDIZ. IN ABBONAMENTO POSTALE (Il GRUPPO)

INI u m e r o s p e c i a l e per la

Vili mostra nazionale

deli» tecnica e delia meccanica

(2)
(3)

. . ... . .

(4)
(5)
(6)

L A M U L T I S U M M A 14

E F I N A L M E N T E L ' A T T E S A A D D I Z I O N A T R I C E E M O L T I P L I C A T R I C E V E L O C E E L E T T R I C A S C R I V E N T E C H E P E R -M E T T E DI L E G G E R E N O N S O L O I L R I S U L T A T O M A A N -C H E I D U E F A T T O R I D E L L A O P E R A Z I O N E , Q U E S T A M A C -, „ „ „ . _ _ -, „ _ C H I N A S F R U T T A N D O I L

TUTTI I CALCOLI IN UN ATTIMO

C A M P O D E I N U M E R I N E G A

(7)

J l ' a l t a a l a l i e i l e i p i o t i t r i t i

RABOTTI

è s t a t a c o n f e r m a t a d a l X X X I S a l o n e d e l l ' A u t o

Banchi p r o v a ed a t t r e z z a t u r e per il c o n t r o l l o degli apparecchi e l e t -t r i c ! di accensione, a v v i a m e n -t o e l u c e p e r a u t o v e i c o l i • f&tirthmtilt rl i t a t i tv • QùtweiSLtile B a n c h i p r o v a ed a t t r e z z a t u r e p e r il c o n t r o l l o e la t a r a t u r a d e l l e p o m p e d ' i n i e z i o n e e d e g l i i n i e t t o r i p e r m o t o r i a c i c l o D i e s e l v e l o c i • Originale • (/hilonmlit'i) • CPltciSv

soc. PER AZ. FRANCESCO RABOTTI - TORINO

(8)

SACAT

SOCIETÀ ANONIMA COSTRUZIONE ACCESSORI AUTO AVIO APPLICAZIONI TECNICHE

I O K I IV O

U . 1». I. C . T O R I ¡V « 1 « 3 2 1 3

V I A I t O I I ti O \ E 3 4 - T E E E F O SI O V O 1 1 O

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(9)

\ m . il non i inno 1,1

SOCIETÀ PER

AZIONI-SEDE IN TORINO

C O R S O V I T T O R I O E M A N U E L Li N. « <>

(10)
(11)

o

DI PROGRESSO NEL CAMPO DELLA TERMOTECNICA

DAL CALORIFERO Al MODERNI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO A RADIAZIONE E CONDIZIONAMENTO DI ARIA CON POMPE DI CALORE

ING. CARLO FERRARI

s.„.A.

I M P I A N T I T E R M I C I I D R A U L I C I S A N I T A R I

D I R E Z I O N E E O F F I C I N A ;

T O R I N O - VIA S. S E C O N D O , 62 - TELEFONI 4 5 . 4 3 0 4 5 . 4 3 5

M A G A Z Z I N I G E N E R A L I : V I A C R E M O N A N . 1 7 a a n g o l o C O R S O P A L E R M O - T E L E F O N O 2 1 . 9 7 6

R O M A - VIA CAPO D'AFRICA, 15 G E N O V A - VIA MARAGLIANO, 10 T E L E F O N O 7 1 . 4 2 6 T E L E F O N O 5 1 . 0 1 7 B A R I • U D I N E - B R E S C I A - N O V A R A

M I L A N O - VIA LANCETTI, 23 P A R M A . VIA NINO BIXIO, 77 T E L E F O N O 6 9 1 . 2 9 4 T E L E F O N O 5 7 . 0 4

(12)

La SAVIGLIANO ricostruisce

e costruisce in tutta Italia

mmmrn

SOCIETÀ NAZ. DELLE OFFICINE DI SAVIGLIANO

(13)

N . 44 IO O t t o b r e 1948

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C O N S I G L I O DI R E D A Z I O N E d o t t . A U G U S T O B A R G O N I p r o f . d o t t . A R R I G O B O R D I N prof. avv. ANTONIO CALANDRA d o t t . G I A C O M O F RI S E T T I p r o f . d o t t . S I L V I O G O L Z I O p r o f . d o t t . F R A N C E S C O P A L A Z Z I - T R I V E L L I

prof. dott. LUCIANO GIRETTI D i r e t t o r e

dott. A U G U S T O B A R G O N I C o n d i r e t t o r e responsabile

QUINDICINALE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO

E C O N O M I A E T E C N I C A

Che economia e tecnica siano unite da legami strettissimi è noto sia ai teorici, sia ai pratici.

Quando in economia politica vengono studiati il problema del volume della produzione o delle dimen-sioni dell'impresa e il problema della combinazione dei fattori produttivi, si osserva che quest'ultimo è essenzialmente tecnico e viene in genere affidato all'ingegnere. Ma al centro di esso rimane pur sem-pre il problema economico, perchè f r a le infinite soluzioni dell'equazione detta della produttività, o ' della tecnica — collegante la variabile che misura il prodotto alle variabili che misurano i fattori i m -piegati — bisogna scegliere la soluzione economica, e cioè quella che indica la combinazione di fattori produttivi atta a consentire l'ottenimento di un determinato prodotto con il minimo costo.

Se ciò avviene, se economia e tecnica marciano di pari passo e sottobraccio, le singole aziende com-provano di essere bene amministrate. H che, natu-ralmente, non basta a dimostrarne la vitalità, per-che in un'economia di mercato si dimostreranno vitali soltanto quelle aziende il cui costo di pro-duzione sia inferiore o almeno uguale al prezzo del prodotto sul mercato stesso. Considerazione elemen-tare, questa, che ci aiuta, con un passo innanzi, a farci preludere in esame, non più soltanto il rela-tivamente ristretto mondo aziendale, ma quello assai più ampio delle varie economie nazionali.

E' qui che, purtroppo, rileviamo come da decenni economia e tecnica manchino praticamente delle tanto necessarie connessioni e marcino ognuna per conto suo. Qui, si tratti di paesi singolarmente considerati o di 'gruppi di essi o del mondo intero, lo squilibrio regna sovrano. ¡Non solo non viene più data la soluzione economica all'equazione della tec-nica; ma il costo recita la parte ingrata dell'eterno dimenticato. Si crede Idi poter cancellare con un tratto di penna l'economia, la si piglia in uggia e se ne proclama, chissà mai perchè, il superamento e il fallimento; mentre la tecnica, spesso degene-rata nel tecnicismo produttivistico dei piani e delle troppo comode extrapolazioni statistiche, afferma di potere e pretende di produrre garofani sul Monte Bianco e acciaio a Taormina. I n realtà lo può, ma unicamente ad un costo tale — sia esso contabil-mente valutabile in termini di moneta o lo si debba invece misurare nelle pene, mei dolori e nelle altre

privazioni dei « lavori obbligatori » e dei campi di concentramento cui fatalmente portano i vari « pia-ni » d'esperienza antica e recente — da f a r rim-piangere amaramente i tempi in cui economia e tecnica ancora non avevano f a t t o divorzio.

Chè se iquesto divorzio viene, com'è di moda ormai, giustificato con considerazioni di carattere « sociale » (mentre sino a ieri ci si appellava a mo-tivi di nazionalismo esasperato) occorre osservare che alla fin fine, separando l'economia dalla tec-nica, dimenticando il costo e producendo per pro-durre, non si f a altro che realizzare Vantisocialità del privilegio di pochi sfruttatori di un sistema assurdo e la diminuzione! immancabile del dividendo annuo nazionale, ch'è la base indispensabile per la costruzione della socialità del benessere comune.

Come dallo squilibrio tra qualità e quantità e dal sovvertimento delle poche regole eterne della vita morale dei singoli e delle comunità trae origine la crisi della civiltà di cui tanto si parla, così dallo squilibrio tra gli eterni principi dell'economia e la vita autonoma della tecnica traggono origine le crisi economiche. Si parla allora, contemporanea-mente e assurdacontemporanea-mente, di superproduzione e di sot-toconsumo, e si bruciano i raccolti mentre centi-naia di milioni di uomini soffrono di un tenore di vita insufficiente; si giunge a rispolverare dalle ra-gnatele il malthusianesimo, riproposto quale rimedio alla fame, come se proprio la tecnica nessun pro-gresso avesse fatto, come se l'economia da secoli ormai non avesse indicato — nella libertà degli scambi interni e internazionali — il rimedio e la situazione ideale cui gli uomini debbono tendere perchè le orisi siano limitate nel tempo e nello spazio 'e non si trasformino invece i n croniche manifestazioni di permanente malessere.

Di ciò, ovviamente, non hanno colpa nè economia, nè tecnica, tante volte così ingiustamente accusate. La colpa va cercata nel settore politico; cioè nella azione umana, nella pratica quotidiana, nel fare dei gruppi dirigenti. E' a questi ùltimi che oggi si rivolge l'appello dei governati, perchè, ricollegando l'economia alla tecnica, sappiano finalmente gua-rire il male ohe affligge il mondo, senza perder tem-po e sprecare fatiche nel f u r a r n e vanamente i soli sintomi.

*

Economia e tecnica pag. I I La circolazione monetaria (L.

Amo-roso) pag. 12 L'andamento della produzione

in-dustriale (S. Golzio) pag. 13 La limitazione delia proprietà

ter-riera (G. Cansacchi) pag. 15 Lineamenti fondamentali della V i l i

Mostra Nazionale della Tecnica e della Meccanica (G. Soffietti) . pag. 17 La riorganizzazione delle fonderie

in Italia (C. Chevallard - E. Pramag-giore) pag. 23 Le macchine agricole alla Mostra

(A. Carena) pag. 28 La resistenza a fatica degli organi

di macchine (G. Simonetti) . . . pag. 35

S O M M A R I O

L'energìa elettrica come comple-mento ai trattamenti delle leghe metalliche (E. P. Humbert) . . . pag. 41 La RIV alla Mostra (V. Casellato) . pag. 47 Storia della Mostra (V. Gargano) pag. 50 La FIAT alla Mostra pag. 53 L'organizzazione Olivetti Pag. 57 La «Savigliano» alla Mostra . . . pag. 62 Le applicazioni degli acciai.«Cogne»

per organi meccanici (G. M.) . . pag. 66 Un prodotto della «Giustina e C.»:

l'Elicoidal pag. 69

Le officine meccaniche - aeronauti-che «Cablati Mario» alla Mostra (G. Rovere) pag. 71 La production des Etablissements

Ingg. Audoli e Bertola pag. 77 Sviluppo e produzione della F.I.L.P. pag. 79 Mercati pag. 80 Rosa dei venti pag. 83 Notiziario estero pag. 85 Il mondo offre e chiede pag. 87 Borsa compensazioni pag. 90 Trattati e accordi commerciali . pag. 93 Disposizioni ufficiali per il

com-mercio con l'estero pag. 95 Breve rassegna della «Gazzetta

(14)

LA CIRCOLAZIONE MONETARIA

Quale è la massa

di moneta in circo-lazione occorrente ad

un Paese?

Così posto, il pro-blema risulta inde-terminato, in quan-to il participio' « oc-corrente » non pre-cisa la condizione cui deve soddisfare la massa monetaria. Si può tentare di preci-sarlo, domandando quale è la massa m o -netaria occorrente, perchè non ci sia

inflazione. M a la precisazione sarebbe illusoria, in quanto la difficoltà verrebbe a spostarsi nel problema di determinare quando si ha infla-zione. Il processo inflazionistico non potrebbe invece essere identificato sic et simplìciter con un aumento del volume della circolazione monetaria. Se l'attività commerciale è in fase di espansione, il volume della circolazione monetaria può cre-scere, senza che vi sia inflazione. E viceversa ima diminuzione del volume della circolazione mone-taria può non evitare la inflazione se la flessione è inferiore a quella che sarebbe richiesta dalla con-trazione della attività commerciale.

P e r tentare di orientarci in questo groviglio, ve-diamo come avviene il movimento della circola-zione monetaria quando la moneta è ancorata al-l'oro. Ancoraggio all'oro significa dhie la banca centrale cambia a vista i biglietti in oro al corso indicato dalla parità monetaria. In questa ipotesi i'1 volume della circolazione è determinato dal mer-cato, che riporta alla banca i biglietti esuberanti. E mercato determina cioè quale è la massa mone-taria cthe deve rimanere jn circolazione, perchè il corso dell'oro resti fisso. Se la legge libera la banca dall'obbligo della conversione, i biglietti esuberanti restano in circolazione, ed il corso dell'oro cresce. Queste considerazioni ci inducono ad assumere il corso dell'oro come pietra di paragone del pro-cesso inflazionistico. Si potrebbe obiettare ohe in questo corso sono riflesse le particolari vicissitu-dini dell'industria aurifera e pertanto la sua sta-bilità non esclude che la circolazione possa essere viziata nell'imo o nell'altro senso. M a sarebbe f a -cile ribattere Ohe in tempi di acrobazie monetarie, quali sono quelli che viviamo da oltre trenta anni, quell'eventuale vizio ohe rappresenta le variazioni del valore dell'oro rispetto alle merci è insignifi-cante rispetto^ al vizio principale, che ha la sua espressione nelle variazioni del valore della carta rispetto all'oro.

Le fluttuazioni dei prezzi in oro stanno a quelle dei prezzi in carta così come le increspature delle acque in un laghetto stanno alle onde che scon-volgono gli oceani.

Per esempio un quintale di grano costava nel 1912 circa 30 lire, cioè in cifra tonda circa 10 grammi d'oro. Lo stesso- quintale di grano costava nel 1947 circa 4000 lire all'ammasso e circa 16.000 nel libero mercato, cioè rispettivamente 4 e 16 grammi d'oro. Assumendo come prezzo effettivo un prezzo intermedio f r a i due non ci scostiamo troppo dai 10 grammi del 1942. Analogamente: un litro d'olio costava nel 1912 grammi d'oro 0,50 e nel 1947 grammi 0,60;

un pacchetto di 10 sigarette Macedonia costava nel 1912 circa 10 centigrammi d'oro e nel 1947 cen-tigrammi 8,50;

un quintale d'i canapa costava nel 1912 circa 40 grammi d'oro e nel 1947 circa 25;

un quintale di ferro comune costava nel 1912 circa 9 grammi d'oro e nel 1947 circa 8;

un quintale di cemento a lenta presa costava

di LUIGI AMOROSO

Fedele alla missione del dotto, consistente — tra l'altro — nei rendere facili e chiari problemi appa-rentemente astrusi e oscuri, il nostro insigne colla-boratore Prof. Luigi Amoroso, dell'Università di Ro-ma, riprende magistralmente in esame una questione già trattata agli albori della scienza economica e tor-nata oggi più attuale che mai. Dopo un'analisi della situazione monetaria italiana nell'ultimo biennio, il Prof. Amoroso conclude essere ormai stati esauriti i margini ohe hanno finora consentito di fronteggiare le spese pubbliche con aumenti della circolazione e afferma la necessità di conseguire al più presto il

pareggio del bilancio dello Stato.

nel 1912 grammi di oro 1,35 e nel 1947 grammi 1,50; e così via.

Poniamo allora per definizione che vi è inflazione tutte le volte che il movimen-to del volume della circolazione moneta-ria è accompagnata da un aumento del corso dell'oro;

defla-zione, quando è inve-ce accompagnato da una diminuzione.

Al .lume di questi criteri esaminiamo i f a t t i quali si sono svolti nel-l'ultimo biennio e che sono riassunti nella seguente

tabella i cui dati sono tratti dall'ultimo bollettino della Bea. i« Studi economici » della Banca d'Italia

(fascicolo di maggio-giUgnoi 1948, tav. V I e X I I I ) .

Circolazione in milioni di lire correnti

Corso dell'oro in l i r e correnti (quota Roma)

Equivalente della cir-colaz. inoro (tonn.oro

( 1 ) m ( 3 ) 3 1 - 1 2 - 3 8 2 2 . 4 9 5 2 1 . 3 1 0 5 9 3 1 - 1 2 - 4 4 3 1 9 . 2 3 4 6 1 5 5 1 9 3 1 - 1 2 - 4 5 3 8 9 . 8 1 0 8 2 3 4 7 3 3 1 - 1 - 4 6 3 8 2 . 6 2 8 7 7 4 4 9 5 2 8 - 2 - 4 6 3 8 0 . 2 3 4 6 3 4 6 0 0 3 1 - 3 - 4 6 3 9 1 . 9 6 4 5 6 4 6 9 5 3 0 - 4 - 4 6 3 9 0 . 9 4 1 5 2 5 7 4 3 3 1 - 5 - 4 6 3 9 3 . 3 3 4 6 5 0 6 0 5 3 0 - 6 - 4 6 4 0 2 . 4 6 2 6 5 3 6 1 6 3 1 - 7 - 4 6 4 1 5 . 1 5 8 7 1 0 5 8 5 3 1 - 8 - 4 6 4 2 5 . 3 7 0 8 4 7 5 0 1 3 0 - 9 - 4 6 4 3 9 . 6 1 9 9 5 1 4 6 2 3 1 - 1 0 - 4 6 4 5 3 . 1 7 9 9 3 6 4 8 4 3 0 - 1 1 - 4 6 4 6 5 . 5 8 9 1 0 1 7 4 5 8 3 1 - 1 2 - 4 6 5 1 2 . 7 1 1 1 0 7 8 4 7 5 3 1 - 1 - 4 7 5 0 3 . 6 0 2 9 0 4 5 5 7 2 8 - 2 - 4 7 5 1 2 . 0 1 0 8 4 7 6 0 5 3 1 - 3 - 4 7 5 3 1 . 6 2 3 9 1 7 5 7 9 3 0 - 4 - 4 7 5 4 9 . 0 7 9 1 0 7 6 5 1 0 3 1 - 5 - 4 7 5 6 4 . 7 5 0 1 1 3 4 4 9 8 3 0 - 6 - 4 7 5 8 4 . 5 2 1 1 0 0 4 5 8 8 3 1 - 7 - 4 7 6 1 9 . 3 2 1 9 4 1 6 5 8 3 1 - 8 - 4 7 6 4 6 . 3 7 2 9 4 3 6 8 5 3 0 - 9 - 4 7 6 7 4 . 5 4 3 1 1 0 4 4 5 8 8 3 1 - 1 0 - 4 7 6 8 7 . 0 0 8 9 5 3 7 2 1 3 0 - 1 1 - 4 7 7 0 9 . 2 5 0 8 5 2 8 3 3 3 1 - 1 2 - 4 7 7 9 4 . 9 9 0 8 2 4 9 6 4 3 1 - 1 - 4 8 7 9 0 . 0 0 3 ; 8 4 3 9 3 7 2 9 - 2 - 4 8 7 8 3 . 5 9 5 9 3 1 8 4 2 3 1 - 3 - 4 8 8 0 4 . 8 3 9 9 7 6 8 2 4 3 0 - 4 - 4 8 8 2 8 . 3 4 9 8 8 7 9 3 1

(15)

565 a 795 miliardi: ma Yionostante l'accrescimento il periodo è un periodo- di deflazione, il che si-gnifica che l'incremento è minore di quello che sarebbe richiesto dalle esigenze del commercio. Il contrario avviene nei primi quattro mesi dell'anno corrente, in cui pure attraverso le incertezze, che rivelano le cifre relative, pare si delinei una lieve ripresa del processo inflazionistico.

Nel complesso, non tenendo conto dei movimenti verificatisi nei primi mesi dell'anno corrente, pos-siamo concludere che nel biennio 1946-47 i suc-cessivi processi di deflazione e di inflazione si sono a vicenda compensati, come fanno f e d e le cifre che rappresentano il corso dell'oro citile è 823 al 31-12-45 e 824 al 31-12-47. Nel frattempo la circolazione è più che raddoppiata, passando da 390 a 795 mi-liardi: ma l'aumento non ha avuto carattere in-flazionistico.

La fiducia che ispirano queste considerazioni è confermata dalle cifre della colonna (3) che si ottengono dividendo quelle di (1) per le corrispon-denti di (2) e rappresentano il valore della cir-colazione in tonnellate di oro. E' noto che in pe-riodo di inflazione questo valore va flettendo tanto più rapidamente quànto maggiore è la velocità con cui procede il processo inflazionistico. Cresce vertiginosamente il volume dei segni monetari, ma l'incremento del volume porta una diminuzione del valore non solo nei confronti della unità moneta-ria, ma anche nei confronti della massa mone-taria nel suo complesso. Le cifre della colonna (3) ne sono una riprova. Nei sei anni che vanno dal 31 dicembre 1938 al 31 dicembre 1944 la massa monetaria sale da 22 miliardi e mezzo a 319 m i -liardi, il che significa ohe il suo volume diventa 14 volte maggiore. Contemporaneamente il suo va-lore si riduce a meno della metà : da 1059 tonnel-late di oro a 519. La flessione continua nel 1945 in cui la massa monetaria al 31 dicembre scende al valore di 473 tonnellate di oro, nonostante che nel frattempo la somma dei biglietti salga da 319 a 390 miliardi. Col 1946 si inizia la ripresa, che attraverso alterne vicende, che si possono seguire attraverso le cifre della colonna (3), portano il valore della massa monetaria al 31-12-47 a 964 tonnellate, livello inferiore per meno di un decimo a quello di fine 1938. E' vero che nel f r a t -tempo la popolazione è aumentata: è vero che i primi quattro mesi del 1948 sembrano rivelare una tendenza leggermente meno favorevole, ma non per questo il miglioramento rispetto al 1945 è meno evidente. In complesso le cifre consentono di formulare le conclusioni seguenti:

I l punto critico dell'inflazione può considerarsi superato. Il timore del collasso della moneta, che ancora nel 1945 ispirava universalmente trepida-zione, può dirsi se non del tutto scongiurato (e non potrà esserlo, se non quando la unità mo-netaria tornerà ad essere ancorata all'oro) per lo meno indefinitamente allontanato. H merito va al popolo italiano, alla virtù di tanta e tanta brava gente, che non fa chiasso, non si lamenta, non f a politica, ma lavora e soffre e non si lascia ab-bacinare dalla illusione monetaria. M a queste forze sarebbero state insufficienti, se non fossero state sorrette dalla saggia politica monetaria, propugnata ed instaurata da Einaudi, realizzata da Del Vec-chio, preparata da Corbino all'atto, in cui in tempi burrascosi validamente si opponeva alla follia del cambio della moneta. I n conseguenza di questa politica il valore della circolazione monetaria aveva raggi-unto al 31-12-47 e sostanzialmente mantiene tuttora una quota che può essere considerata quasi normale.

M a -appunto -perchè la situazione è arrivata quasi alla normalità, stanno per venir meno i margini c|he finora hanno consentito di f a r fronte alla pubblica spesa con un aumento della circolazione. La seconda conclusione è quindi che se vogliamo evitare -di ricadere nel marasma monetario degli anni 1944 e 1945 di infausta memoria debbono es-sere accelerati i tempi del processo di riduzione delle spese, nell'intento di conseguire al più pre-sto il pareggio del bilancio dello Stato.

L'ANDAMENTO DELLA

PRODUZIONE INDUSTRIALE

A mezzo di un lucido esame statistico della produzione industriale italiana e discernendo con curve interpclatrici fluttuazioni stagionali da movimento ciclico, il Prof. Silvio Golzio, dell'Università di Torino, giunge alla conclu-sione che l'attuale depresconclu-sione della nostra eco-nomia è una crisi vera e propria. Preveden-done purtroppo l'acuirsi, ne identifica la causa nello squilibrio dei costi interni rispetto al mer-cato internazionale e pone contemporanea-mente in guardia contro il ricorso ad effimeri stimoli monetari o alle ormai consuete forme

-di interventismo statale.

E' fuori dubbio che l'attività economica italiana nel primo semestre d i quest'anno ha avuto una sensibile flessione rispetto al ritmo di aumento ve-rificatosi nel 1947.

(Poiché i dati relativi alla produzione industriale presentano sensibili fluttuazioni stagionali, e sono altresì soggetti ad un movimento tendenziale, do-vuto alla naturale spinta che in questi anni tende a riportarli al livello pre-bellico, assume un certo interesse discernere, nelle variazioni più recenti, quanto -è dovuto a ragioni puramente stagionali da quanto è dovuto al movimento tendenziale o ciclico, ed in -definitva valutare l'entità della crisi che attraversiamo.

Ci proponiamo in questa breve nota di analiz-zare questi fatti ricorrendo ad una semplice ela-borazione statistica cfae è sintetizzata dal grafico qui pubblicato.

In esso abbiamo rappresentato l'andamento de-gli indici della produzione industriale, calcolato dalla Confederazione dell'Industria, insieme a due linee interpolatici, l'una in base a medie mobili di 12 mesi, l'altra espressa da ima curva logistica. La prima interpolatrice, essendo una semplice perequazione meccanica dei dati osservati, ha sol-tanto il risultato di depurare i dati stessi dalle fluttuazioni stagionali. La seconda invece risponde all'ipotesi che la produzione industriale italiana, partendo dalla profonda depressione dell'imme-diato dopoguerra, raggiunga nel 1952, lo stesso li-vello del 1938. Avendo adottato come equazione interpolatrice quella che corrisponde alla cosid-etta curva logistica, noi supponiamo che questa ripresa avvenga con incrementi crescenti nel primo qua-driennio e decrescenti nel secondo, e cioè nel 1949-52. L'ipotesi ci sembra attendibile perchè è naturale un più rapido aumento della produzione nel periodo nel quale si ri-mettono in attività gli impianti -ed è urgente la necessità di provvedere ai bisogni immediati della ricostruzione. Comun-que si voglia giudicare Comun-questa ipotesi, essa non è certo otti-mistica e ci sembra possa esprimere assai bene il movimento tendenziale al di fuori delle oscillazioni sia cicliche che stagionali.

Abbiamo scelto come base di riferimento il primo bimestre del 1947, perchè al nostro esame non in-teressa il raffronto -con il 1938, e perchè i dati della Confederazione dell'Industria non ci sem-brano sufficientemente rappresentativi per questo particolare confronto, mentre sono utilissimi per

esprimere l'andamento attuale.

Osservando il diagramma siamo subito colpiti -dai forti scostamenti dei dati osservati rispetto a quelli interpolati; tali scostamenti sono positivi -durante il 1947, indicano cioè un'attività

(16)

dovrebbero cioè essere negativi nei mesi invernali e positivi negli altri, secondo il noto periodigramma degli indici della produzione industriale. Tale ca-ratteristico andamento nón si verifica affatto' nel periodo considerato. L'anomalia d i comportamento degli indici f a legittimamente ' pensare ad altre forze ohe, stimolando eccézionalmente la ripresa nel primo semestre 1947, hanno cessato di agire nei meSi successivi. I l diagramma metterebbe quindi in rilievo una fluttuazione ciclica, la cui fase ascendente si esaurisce nell'estate del 1947, per dar luogo ad una fase di depressione sino ad oggi.

(E' impossibile dare una misura esatta dell'en-tità della flessione perchè ci manca un sicuro pe-riodigramma adatto a depurare i dati dal

movi-150

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mento stagionale (tra l'altro l'attività produttiva nell'inverno 1946-47 è stata eccezionalmente ri-dotta per la g r a v e carenza di energia elettrica, e quindi anche per questa ragione il periodi-gramma prebellico mal si presterebbe alla nostra elaborazione) ; la flessione è però di tale entità, di fronte al rapido aumento degli indici nel primo semestre del 1947, che non può essere determinata se non da una vera fase di crisi.

L'attento esame del diagramma toglie ogni dub-bio' in proposito. Infatti, non solo' i dati osservati non seguono nel 1948 l'andamento della curva in-terpolatrice; ma se ne discostano notevolmente in meno, ed in forte misura. Ciò sarebbe naturale nel primo trimestre per ragioni stagionali; ma nei jnesi successivi, proprio per queste ragioni, la spez-zata statistica avrebbe dovuto superare nettamente le curve interpolatrici. Se questa interpolazione è corretta, gli scostamenti fra le due curve cresce-ranno ulteriormente nei prossimi mesi, quando si cumulerà alla flessione congiunturale quella sta-gionale.

In base ai dati utilizzati per la costruzione del diagramma, e tenendo conto delle considerazioni sopra esposte, si può valutare ad un venticinque per cento la flessione dell'attività produttiva, nel giugno decorso, rispetto al livello che essa avrebbe dovuto aivere se l o sviluppo della produzione avesse mantenuto il ritmo necessario per raggiungere nel

1952 il livello prebellico, secondo l'ipotesi espressa dalla curva interpolatrice da noi adottata.

Questa interpretazione dell'attuale fase della congiuntura economica italiana concorda singo-larmente oon le risultanze dello studio dell'anda-mento dei prezzi. Per essi, come è noto, il set-tembre 1947 segna l'inizio di una fase di flessione che ne ha abbassato il livello del 13 % circa in nove mesi, dopo la rapidissima ascesa del periodo precedente.

La fase di espansione produttiva e quella di successiva depressione si svolgono parallelamente alle oscillazioni degli indici dei prezzi, così che è legittimo ritenere che la nuova situazione del mer-cato ha agito come un brusco freno alla produ-zione, allo stesso modo che, nel periodo prece-dente, il troppo rapido aumento dei prezzi l'aveva elevata assai più di quanto comportasse la dispo-nibilità di capitali e di materiali.

Non intendiamo dire con questo che l'unica ra-gione dell'attuale depressione debba essere indivi-duata nella dinamica dei prezzi interni; ma piut-tosto rilevarne tutto il peso e sottolineare l'in-stabilità delle forze che avevano alimentato il progresso nel primo semestre del 1947.

Si suggerisce quindi molta cautela nell'atten-dere una rapida ripresa, nel caso che il periodo di flessione dei prezzi fosse già concluso. Le ra-gioni della crisi sono indubbiamente più profonde, e 'devono essere individuate particolarmente in uno squilibrio sensibile di costi nei riguardi del

mer-cato internazionale, perchè ima gran parte delle nostre attività produttive trova il suo tono:

nor-male soltanto attraverso un'adeguata esportazione. Per questo sarebbe pericoloso' sperare un miglio-ramento permanente della nostra situazione in-dustriale, tanto da un effimero stimolo monetario, quanto dal semplice intervento dello Stato a f a

-vore di determinati settori più depressi. Il vantaggio che se ne ritrarrebbe sarebbe pu-ramente temporaneo, e ci troveremmo a breve sca-denza di fronte allo stesso problema di fondo, che è il problema dei costi; in queste condizioni l'ec-cessivo espandersi della spesa pubblica sottrae ri-sparmio alle private iniziative e ne deprime l'at-tività, mentre la manovra monetaria, con la tu-multuosa espansione che può provocare, prepara, come è accaduto negli ultimi mesi, una reazione negativa molto pericolosa.

Superate le più gravi difficoltà del dopoguerra ed in particolare quelle derivanti dalla carenza di materie prime, la rinascita del nostro paese è subordinata ad una impostazione economica delle attività produttive.

La relativa stabilità dei prezzi e dei salari ne-gli ultimi mesi dovrebbe essere sfruttata, per la indispensabile revisione degli oneri che gravano sulla produzione e che impediscono la riduzione dei costi. E ' l'unica via per sfuggire al succè-dersi di brusche oscillazioni dell'attività produt-tiva e riportarla, forse anche prima del previsto, e certo prima della prudente ipotesi adottata nella costruzione della curva interpolatrice scelta per. il nostro diagramma, ai livelli del 1938.

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LA LIMITAZIONE DELLA PROPRIETÀ TERRIERA

E' stato annuncia-to ohe il Governo, auspice il Ministro dell'Agricoltura, ha intenzione di presen-tare al Parlamento un progetto* di legge diretto alla limita-zione della proprietà

terriera privata, la quale non potrebbe superare, relativa-mente ad ogni per-sona — o addirittura ad ogni nucleo

fami-gliare — i cento ettari o misura di poco superiore. Si aggiunge che tale riforma legislativa rappresenta l'esecuzione di un impegno formale contenuto nell'art. 44 della Costituzione. Sui danni conse-guenti all'adozione di un tale limite aprioristico si sono già avute trattazioni di indole tecnica,

dif-fuse da giornali e riviste, ed anche ampiamente di-scusse in congressi agrari, f r a i quali ricorderò il più recente tenutosi nei primi giorni di settembre a Firenze presso l'Accademia dei Georgoflli.

Tralascio, perciò, di discutere il problema dal punto di vista economico per limitarmi a quello giuridico e più propriamente all'esegesi dell'art. 44 della Costituzione, da cui muovono fautori ed op-positori della riforma.

Trascrivo, per agevolare la comprensione del let-tore, il testo dei succitato articolo : « Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone ob-blighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo1 le regioni e le

zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostru-zione delle unità produttive, aiuta la piccola e media proprietà; la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane».

La Costituzione non ha voluto imporre al P a r -lamento di statuire un'aprioristica limitazione della proprietà terriera, avulsa da qualsiasi considera-zione produttiva e giustificata soltanto d a una ideologia politica anticapitalistica, ma ha, invece, inteso conseguire un preciso risultato economico e sociale e cioè il potenziamento della produzione agraria nel quadro di una maggiore eguaglianza sociale f r a proprietari e coltivatori. L'art. 44 dopo avere espresso la finalità cui il legislatore deve tendere, elenca vari mezzi, non certo tassativi, ma semplicemente esemplificativi, per raggiungerla: f r a questi "mezzi è menzionata l'eventuale limitazione della proprietà terriera privata. N e consegue che questa limitazione, al pari della bonifica delle terre, della trasformazione del latifondo, della ricostru-zione delle unità produttive, è soltanto uno dei tanti metodi affidati alla discrezione del legislatore e del tecnico, non lo scopo esclusivo e assoluto della ri-forma agraria.

Tale interpretazione è avvalorata dallo stesso ri-chiamo, contenuto nell'art. 44, « alle regioni e alle zone a g r a r i e » . Se, infatti, l'estensione della pro-prietà terriera deve variare secondo le zone agrarie, ciò significa che il criterio discriminatore della riforma non è il limite astratto del possesso ter-riero, bensì la situazione agricola di ciascuna re-gione, in funzione del tipo delle colture e del loro migliore rendimento.

D'altra parte, se dovesse essere statuito un cri-terio di limitazione aprioristico, la sua fissazione urterebbe contro un altro articolo della Costitu-zione, l'art. 42, il quale ammette l'esproprio della proprietà privata soltanto ove esso sia giustificato da motivi di interesse generale, cioè da un utile

r

A quali criteri sarà informato il progretto di legge diretto alla limitazione della proprietà terriera pri-vata? In uno scritto in cui considerazioni giuridiche completano esaurientemente e brillantemente consi-derazioni economiche, il Prof. Giorgio Cansacchi, del-l'Università di Torino, ricorda che lai Costituzione con-templa la fissazione di vincoli alla proprietà terriera privata soltanto in base a considerazioni produttive, e cioè quale mezzo — e non scopo — di riforma agraria. Avverte poi il pericolo di eventuaJli legislazioni regio-nali al riguardo ed esorta ad evitare riforme avven-tate, tecnicamente non giustificate ed economicamente

nocive.

della collettività con-cretamente accertato. I l limite aprioristico, non avendo a suo fondamento una giu-stificazione di uti-lità generale, ma uni-camente la soddisfa-zione di un'ideologia politica ostile alla proprietà privata, ver-rebbe a porsi in pie-no contrasto col prin-cipio costituzionale testé menzionato. Possiamo perciò concludere: ove il patrio legi-slatore ponesse limiti arbitrari all'estensione della proprietà terriera privata, senza tener conto nella statuizione di questi limiti di realizzare un effettivo, più razionale sfruttamento del suolo connesso ad un miglioramento delle condizioni sociali dei conta-dini, la legislazione che così venisse emanata sa-rebbe incostituzionale e palesemente in contrasto con la lettera e lo spirito di quell'art. 44, che essa formalmente vorrebbe tradurre in atto.

• • •

Un secondo punto degno di chiarimento riflette la questione se l'eventuale limitazione della pro-prietà terriera debba riferirsi all'unità produttiva o alla persona del proprietario. Per meglio illustrare le diverse conseguenze derivanti dall'adozione del-l'uno o dell'altro criterio mi riferisco a due esempi.

Si supponga che Tizio sia proprietario di nume-rose tenute agricole, site in una stessa o in diffe-renti regioni d'Italia, le quali nel loro complesso territoriale superino il limite di estensione fissato dal Parlamento. Se si adotta il criterio delia unità produttiva, Tizio potrà evitare l'esproprio, giacché ogni sua tenuta, singolarmente considerata, rientra nel limite della unità aziendale consentita per quel tipo di azienda agricola.

Se, invece, si adotta il criterio della capacità di possedere riferita al singolo, Tizio verrebbe espro-priato di una parte delle sue terre, ancorché tale esproprio risultasse nocivo alla produzione n a -zionale.

Facciamo un secondo esempio, contrapposto al precedente: un latifondo è in proprietà indivisa di più persone le quali si disinteressano dal. predi-sporne un razionale appoderamento. Se si adotta il criterio dell'unità produttiva, questo latifondo potrà essere ridotto nella sua estensione, indipen-dentemente dal f a t t o che appartenga a più pro-prietari; se, invece, dovesse prevalere unicamente il criterio della capacità a possedere, il latifondo rimarrebbe integro, ancorché in contrasto con le finalità dell'art. 44, giacché ogni condomino, con-siderato a sé stante, non raggiungerebbe il limite di proprietà terriera consentito dalla legge.

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possegga il proprietario dei terreni che si intendono frazionare o riunire.

• •

Un terzo puntò concerne la proposta, che peraltro ha trovato scarso seguito, di affidare, ad ogni re-gione italiana il compito di approvare con legge regionale un appropriato limite alla proprietà terriera.

Ritengo che questo sistema frustrerebbe total-mente gli scopi cui allude l'art. 44 della Costituzione.

L a possibilità per ogni Consiglio regionale di fis-sare con propria legge un limite alla proprietà terriera, potrebbe portare alla conseguenza che nelle attuali diciannove regioni italiane venissero approvati ben diciannove limiti diversi all'esten-sione di tale proprietà. Questi limiti non sarebbero per lo più fissati in base a considerazioni tecniche, ma piuttosto secondo l'ideologia politica perseguita dalla maggioranza consigliare; è facile prevedere che nelle regioni i cui consigli avessero una maggio-ranza social-comunista il limite sarebbe fissato in misura assai più bassa di quanto non avverrebbe nelle regioni con maggioranza consigliare di colore politico opposto; il limite suddetto potrebbe anche divenire facilmente un richiamo per la concorrenza elettorale fra i partiti. Le diverse legislazioni re-gionali genererebbero inevitabilmtente forti dif-ferenze nel mercato dei terreni e nel movimento1 dei

capitali investiti nell'agricoltura da una regione all'altra, favorendo anche una pericolosa instabi-lità di mercato e losche speculazioni, posto che ogni Consiglio regionale potrebbe modificare con facilità la sua legislazione in materia favorendo o danneg-giando innumerevoli interessi privati. L e differenti

legislazioni regionali in ordine al limite della pro-prietà terriera non potrebbero mancare, dando luogo

a conflitti sempre deprecabili e di difficile appia-namento.

Metodo assai appropriato e più consono alle finalità dell'art. 44 sarebbe, semmai, questo:

esclu-dere limiti aprioristici, sia nazionali che regionali, ed affidare, Invece, la determinazione dei limiti massimi di estensione per ogni tipo di azienda agraria ad una commissione centrale di tecnici, la quale, almeno, avrebbe il vantaggio di agire con unità di indirizzo e di prestare più ascolto a criteri di miglioramento agrario che non a velleità dema-gogiche.

e

• •

Ometto, per brevità, di esaminare altri punti, cui l'art. 44 darebbe occasione; credo però opportuno — a conclusione di questo scritto — rivolgere una esortazione al legislatore. I problemi agricoli sono assai delicati, una gran parte del territorio italiano è composto di terre povere, di scarso reddito; i capitali investiti nell'agricoltura non offrono alte r i m u n e r a z i o n i ; : p e r contro le forme di conduzione che attraverso i secoli si sono evolute nell'ambito della nostra economia agricola hanno consentito, sia pur lentamente, un'indubbia elevazione sociale ed economica delle classi rurali; tenuto conto di questi fattori e di molti altri che si potrebbero addurre, è lecito chiedere al Governo e al

Parla-mento di evitare riforme avventate, a carattere rivoluzionario, non giustificate dal lato tecnico e magari nocive nel campo economico. La legge è un'arma pericolosa e va usata con discrezione ed è essenziale compito del legislatore di saper valutare in precedenza la reazione che le sue norme pro-durranno nell'ambiente sociale ed economico in cui

verranno applicate.

GIORGIO CANSACCHI

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Presidente fondatore della

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LINEAMENTI FONDAMENTALI DELLA

Vili MOSTRA NAZIONALE DELLA TECNICA E DELLA MECCANICA

E' nota la distinzione che comunemente si f a tra mostra e fiera, esposizione e rassegna. E non c'è dubbio che detti termini si differenziano spiccata-mente f r a loro non solo in senso etimologico, ma anche applicati alla pratica a seconda del campo d'attività a cui si riferiscono. Una fiera campio-naria si stacca nei suoi caratteri estrinseci ed in-trinseci da una mostra d'arte, una esposizione di macchine è tutt'altra cosa anche a prima vista, che ima rassegna di brevetti. M a nel significato strettamente economico, ossia nell'applicazione con-creta che si possa f a r e d'essi nel settore produttivo, la differenza risulta in ultima analisi di valore pu-ramente astratto. La presentazione organica di pro-dotti industriali al pubblico in forma d'esposizione o di fiera è vòlta in ogni caso, in via diretta o indi-retta, a conseguire un solo scopo, a realizzare un risultato unico: a piazzare cioè una determinata produzione o un prodotto singolo, o quanto meno ad attrarre l'attenzione dei visitatori su un certo processo produttivo, a combinare, comunque, per usare un linguaggio più confacentc alla realtà ed alla logica dei fatti, degli affari.

C O N V E G N O DI P R O D U T T O R I , C O M M E R C I A N T I , A C Q U I R E N T I L'organizzazione di manifestazioni del genere do-vrebbe puntare soprattutto su questo risultato d'es-senziale importanza : predisporre ed attuare un con-vegno di produttori e di commercianti, nel luogo e nel tempo più adatti, alla presenza del pubblico nella sua più generica espressione, per l'esame di procedimenti industriali nuovi o perfezionati, di nuovi prodotti o di nuovi tipi o nuove serie, e farne oggetto d'affari.

Ora avviene che, per causa dell'ingerenza di cri-teri e d'elementi estranei a tale semplice legittimo giuoco d'interessi economici, nel maggior numero dei casi siffatto risultato vada, se non tutto, in gran parte perduto.

O R I E N T A R E IL V I S I T A T O R E

Chi frequenta le fiere e l e mostre allestite perio-dicamente in Italia e all'estero sa che molto spesso l'apparato spettacolare dell'ambiente o dell'esibi-zione, o d'entrambi, soverchia, riduce al minimo l'importanza della presentazione in se stessa, quan-do non avvenga ch'esso serva soltanto a truccare

l'inopportuno ritorno d'oggetti privi d'ogni ¡più modesto interesse effettivo per il mercato.

Altra deplorevole usanza, che si palesa oltre i segni della tolleranza più lata, è quella d'espositori di scarsa sensibilità che considerano una mostra l'occasione più propizia per smaltire le giacenze di magazzino, con la complicità del camuffamento co-siddetto estetico.

Tutto ciò produce in realtà la deprecabile conse-guenza di deludere, di disorientare il visitatore, di alienare l'interesse del pubblico e di screditare, a lungo andare, le manifestazioni stesse nella loro portata tradizionale.

C O O R D I N A R E LA P R O D U Z I O N E PER R I A C Q U I S T A R E I M E R C A T I ESTERI La Commissione Ordinatrice si è proposta d'or-dinare una mostra genericamente non dissimile

dalle altre, la quale si caratterizzi tuttavia di qual-che aspetto nuovo, e non presenti, il qual-che preme di più, le tare più o meno lievi delle altre.

Gli organizzatori hanno cercato anzi di dare alla Mostra un'impronta di novità, mettendo a profitto l'altrui e la propria esperienza: restando il supe-riore fine di tutti i loro propositi e della loro atti-vità quello di rendere un servigio utile quanto pos-sibile al Paese, in una fase estremamente critica della sua riconversione industriale.

Non vuole essere dimostrato che il settore metal-meccanico è uno dei più importanti della nostra economia e che esso rappresenta, specie nell'Italia Settentrionale, la struttura più dinamica della pro-duzione industriale. La necessità di ritornare sui mercati esteri, di mantenere attive le correnti di esportazione, proteggendo nel campo stesso il mer-cato interno, impone a tutti gli industriali, così ai grandi come ai piccoli, il dovere di sottoporre a revisione l'organizzazione aziendale, il livellamento dei costi e dei prezzi con quelli internazionali, l'am-modernamento dei sistemi di produzione, con l'ap-plicazione della legge del minor dispendio in ogni fase della lavorazione, pur migliorando la qualità di questa.

T E C N I C A E M E C C A N I C A

N e risultano così abbinate tecnica e meccanica, chè solo dalla conoscenza profonda della tecnica si possono desumere le norme del perfezionamento

in-teso in senso progressivo con gradualità ©ostante, ih vista d'i risultati concreti, rapidi, decisivi, senza i quali è vano sperare in affermazioni sul terreno della concorrenza, sul mercato nazionale e su quello internazionale.

: L ' « V I I I Mostra Nazionale della Tecnica e della Meccanica )> vuole essere una spettacolosa vetrina di quanto di meglio produce l'industria meccanica italiana, con particolare esibizione dei mezzi e dei sistemi di produzione (attrezzature in azione, con-trolli, recuperi, economie, procedure tecniche e am-ministrative, ecc.): ma anche una scuola feconda d'insegnamenti per tutti. Non si tratta di mettere in piazza dei segreti di lavorazione, ma bensì di portare un contributo al progresso della nostra or-ganizzazione produttiva nell'interesse superiore del Paese.

T O R I N O , C E N T R O E M O T O R E DELLA V I T A T E C N I C A N A Z I O N A L E Torino non tende a vani primati.

Modesti servitori della sua alta causa di centro primigenio propulsore delle attività industriali ita-liane, gli organizzatori della Mostra d'ottobre hanno chiamato a raccolta, con l'animo di adempiere un imprescindibile dovere di comune interesse, le forze vive e operanti dell'industria metal-meccanica di tutte le regioni d'Italia, per promuovere, con l'ele-mento catalitico dell'emulazione, il miglioral'ele-mento e l'incremento della produzione nostra, per il be-nessere e la grandezza della Nazione.

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Li RIORGANIZZAZIONE DELLE FONDERIE IN ITALIA

Nell'ultimo trentennio abbiamo assistito nel cam-po dell'industria meccanica ad un rimodernamento completo dei mezzi e degli impianti; rimoderna-mento che è più esatto chiamare vero e proprio rivoluzionamento dei sistemi e della tecnica. Oggi nel campo dell'industria meccanica pura, troviamo che dall'artigiano alla grandissima industria i mezzi di produzione rispondono alle più perfette esigenze della tecnica moderna. Questo rivoluzionamento è avvenuto in due campi nettamente distinti:

1) Perfezionamento dei mezzi di produzione esi-stenti e creazione di nuovi mezzi più perfetti.

2) Organizzazione razionale e scientifica del la-voro e dei cicli di produzione.

La fonderia invece — sia essa di ghisa o di metalli non ferrosi — per un complesso di cause e circostanze che non è qui il caso di analizzare non ha seguito di pari passo l'evoluzione della mec-canica ad eccezione di pochi e grossi complessi orientati soprattutto alla lavorazione di serie. E' rimasta ancora — sotto molti aspetti — quell'in-dustria artigiana, ove l'abilità dell'operaio è elemento predominante del processo produttivo: una delle poche industrie in cui sopravvive qual-cosa delle vecchie «arti » e dei vecchi « mestieri » dei secoli scorsi.

La mancanza di grandi serie da un lato, il ti-more di affrontare fonti spese per il rinnovamento degli impianti e delle macchine — spese di cui non si prevede il rapido ammortamento —• dall'altro, hanno sempre agito come freno per i proprietari e dirigenti della maggior parte delle medie e piccole fonderie italiane. Queste difficoltà indubbiamente esistono; hanno avuto e hanno il loro peso non in-differente, specie in anni difficili come quelli del-l'ultimo decennio, anni in cui non è stato pratica-mente possibile far previsioni nè impostare pro-grammi a lunga scadenza; senza contare poi le dif-ficoltà di ogni genere che paralizzarono in questi ultimi anni la fonderia come ogni altra industria meccanica.

Il problema però del rinnovamento esiste e — anche se ricacciato indietro da altre più impellenti immediate necessità — esisterà sempre più in fu-turo, quando cioè — col progressivo normalizzarsi della vita economica italiana ed internazionale — le ferree leggi economiche della concorrenza e del perfezionamento degli impianti faranno sentire con sempre maggiore peso la loro importanza.

Ed è per questo che oggi si assistè ad un risve-glio di interesse da parte di molti tecnici di fon-deria di tutti questi problemi di riorganizzazione aziendali, interesse confortato dal fatto che spesso ad un più attento esame appare che il costo di questo rinnovamento è meno alto di quello che a prima vista possa apparire.

Difatti il rinnovamento degli impianti sìa nelle fonderie con produzioni non di serie, sia nelle fon-derie con produzione di serie (siano esse grandi o piccole) si può ottenere con una spesa relativa-mente modesta rispetto ai vantaggi economici e tecnici che ne derivano Ogni tipo di fonderia ri-chiede un rinnovamento degli impianti e una mec-canizzazione proporzionata alla sua potenzialità e al tipo di lavoro che deve eseguire.

Il problema presenta pertanto due aspetti ben distinti :

1) Il rinnovamento dei mezzi di produzione esi-stenti (macchine e attrezzature) e la creazione ed installazione di nuovi mezzi (macchine e attrez-zature) rispondenti a concetti tecnici, razionali e moderni.

2) L'organizzazione razionale e scientifica del la-voro della fonderia.

Il primo punto è stato risolto dai costruttori ita-liani che nel campo specifico del macchinario e

del-l'attrezzatura di fonderia possono oggi ben definirsi all'avanguardia dei costruttori europei.

Infatti, oltre ad una gamma vastissima di mac-chine vere e proprie, tecnicamente perfette e di alto rendimento, i costruttori italiani mettono a disposizione una tecnica perfettissima nell'esecu-zione dell'attrezzatura di fonderia (che rappresenta oggi uno dei fattori più importanti per la produ-zione qualitativa).

Ci sia permesso qui un piccolo sfogo di orgo-glio campanilistico: l'industria torinese in parti-colar modo è in grado di far fronte alle più dif-ficili esigenze di fonderia potendo sia nella costru-zione di modelli, di casse anima in legno o in mé-tanlo, sia nell'esecuzione di stampi per fusioni sotto pressione, risolvere difficilissimi problemi metallur-gici. Negli ultimi anni della recente guerra sono state costruite conchiglie per fusioni di teste di cilindri di motori per l'aviazione che hanno sor-preso i tecnici amici e nemici di allora. Questo nostro orgoglio torinese è però più genericamente italiano se pensiamo ohe in questo recente dopo guerra spesso tecnici italiani sono stati chiamati all'estero — e in questo estero comprendiamo paesi tecnicamente evoluti come l'Inghilterra e la Sviz-zera — per risolvere problemi di modelli, di con-chiglie, di stampi.

Per quanto riguarda quindi il primo punto — il rinnovamento dei propri impianti — ogni fonditore non ha che da scegliere — con criterio — tra la produzione italiana chiamando a collaborare con lui i costruttori stessi dei mezzi di produzione.

Il secondo fattore che deve essere preso in esa-me è eleesa-mento variabilissimo in base ai diversi tipi di fonderie. In molte fonderie specialmente piccole o attrezzate per lavori non di serie il rinnovamento deve limitarsi all'organizzazione razionale e scien-tifica del lavoro e cioè all'esame accurato di tutti gli elementi che contribuiscono a determinare il costo di ogni kg. di metallo fuso. Infatti la pic-cola fonderia, se non provvede con urgenza ad or-ganizzare razionalmente i propri reparti, è desti-nata a languire e perciò poiché le esigenze del-l'industria meccanica aumentano di giorno in gior-no e la concorrenza si fa sempre più sentire met-tono le fonderie meglio organizzate in condizioni di vantaggio. Se si pensa che eliminando un mano-vale in una fonderia si può risparmiare 600-700 mila lire all'anno, balza evidente l'importanza del problema in una industria in cui si ha così tanta manovalanza. Occorre tener presente che per ogni tonnellata di getti finiti in una fonderia vengono maneggiate da 100-150 tonn. di materiale; quindi le operazioni inerenti rappresentano un vero e pro-prio problema dal punto di vista economico. L'in-dustria americana considera antieconomica la ge-stione di una fonderia di ghisa con una produ-zione giornaliera inferiore alle 5-10 tonn. Le così dette piccole fonderie quindi con una produzione giornaliera di 5-10 tonn. di getti non di serie ven-gono dai tecnici già razionalmente organizzate per ottenere la maggior economia nei costi di produ-zione.

In Italia non possiamo evidentemente ragionare Sulla stessa scala di grandezza: ma sia pure rag-guagliandoci alle più limitate possibilità produt-tive nostre il problema esiste sempre.

La collaborazione però del fonditore — cioè del pratico, di colui che è a contatto 'quotidiano col lavoro — col costruttore o progettista di impianti di fonderia —• cioè col teorico — permette la rea-lizzazione di queste riorganizzazioni.

In rapidissima sintesi ecco i principali vantaggi ottenibili :

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3) a u m e n t o della produzione;

4) maggior sicurezza e miglioramento delle con-dizioni generali di lavoro, quindi maggior rendi-mento individuale;

5) possibilità di avere mano d'opera tecnica-mente più elevata;

6) riduzione notevole dei costi di produzione. 1° - I l miglioramento della qualità è elemento indispensabile per garantirsi una clientela affe-zionata e quindi una continuità di lavoro.

2° - Ogni buon fonditore sa quanta incidenza sul costo di produzione ha lo,scarto; se questo av-viene nell'interno della fonderia i'1 danno è limi-tato alla parte economica; se invece lo scarto av-viene durante il corso della lavorazione presso il cliente, il danno è indiretto e molto superiore per-chè si traduce in definitiva nel rischio di perdere il cliente.

3° L'aumento 'della produzione è uno dei f a t -tori determinanti del costo di produzione; infatti senza aumentare il numero dei dipendenti una fonderia attrezzata con vecchio sistema di produ-zione, può ottenere a seconda dei casi degli au-menti di produzione che vanno dal 30 al 300 % .

4° e 5° - Il miglioramento delle condizioni gene-rali di lavoro è oggi elemento di grande impor-tanza, ciò permetterà di attirare verso le fonderie una mano d'opera più elevata. Tutti i fonditori sanno quale difficoltà si incontri nel trovare del personale che vaglia lavorare in fonderia. Nella meccanizzazione di tutti i servizi invece vengono decisamente migliorate le condizioni di lavoro e • IIIIHai!li!llllll!ll!lll!lllllll[!llia|inilllllll[!llll|ll!IIB l|;iiai[lllllllllllllll!|l[lllll!ll!iaiNIIIIBIIII!lll|[llllllllll<l!RI

sanitarie, eliminando in massima parte il lavoro affaticante e poco salubre ohe viene invece effet-tuato nelle vecchie fonderie. Gli stessi elementi tecnici e direttivi saranno più propensi ad orien-tarsi verso la fonderia se la medesima presenterà

delle condizioni di lavoro più sane e più umane. 6° _ La riduzione dei costi di produzione è una delle mète finali alle quali si deve tendere. La messa a disposizione delle nostre industrie meccaniche di getti fusi qualitativamente perfetti ad un prezzo economico internazionale sarà uno degli elementi base per permettere l'esportazione delle nostre co-struzioni. Ecco perchè il problema della riduzione

dei costi deve essere affrontato oggi con tutta ur-genza da ogni fonditore che desideri mantenere il proprio posto nella nostra organizzazione indu-striale.

I tecnici americani considerano di ammortizzare i capitali investiti nel meccanizzare un impianto di fonderia in periodi variabili da 2 a 5 anni; tali dati sono confortati anche da conteggi fatti dai tecnici italiani.

Questi rapidissimi cenni vogliono soltanto nel quadro della Mostra della Meccanica e della Tecni-ca dare alcuni orientamenti su uno dei settori più importanti dell'industria meccanica: la fonderia è la base, il fondamento su cui poggia gran parte dell'industria meccanica. Di qui l'importanza im-mensa di questa riorganizzazione, che abbiamo in queste brevi note adombrato.

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LE M A C C H I N E AGRICOLE

ALLA Vili MOSTRA DELLA TECNICA E DELLA MECCANICA

Molto opportunamente, il Comitato Esecutivo della V i l i Mostra della Tecnica e della Meccanica ha voluto riservare una apposita sezione alle

Mac-Fig. I - Trattrice FIAT, mod. 600

chine Agricole. L'industria nazionale delle costru-zioni meccanico-agrarie è, infatti, enormemente progredita negli ultimi anni; ed i suoi prodotti, sia come importanza commerciale, sia per l'effettivo interesse tecnico tìhe presentano, sono perfetta-mente degni di allinearsi a fianco della migliore produzione degli altri settori di attività industriale meccanica.

La sezione della Meccanica Agraria, che ha tro-vato decorosa sistemazione nel grande Salone d'u-scita del Palazzo di Torino-Esposizioni è stata sud-divisa in tre diversi gruppi, comprendenti rispet-tivamente: le trattrici agricole e stradali, le mac-chine per la lavorazione del terreno, e tutte le rimanenti macchine operatrici agrarie (dalle semi-natrici e spandiconcimi alle macchine da raccolta e da fienagione a quelle per la trebbiatura, per la pulitura cernita e selezione dei semi, per la pres-satura dei foraggi e della paglia).

"Anche nell'ordinamento di questo Reparto si è procurato di rimanere fedeli, nei limiti del possi-bile, al concetto informatore generale della Mostra, secondo cui i criteri della quantità dei materiali

Fig. 2 - Motocoltivatore G R U N D E R

esposti e della esteriorità formale della presenta-zione non devono assolutamente prevalere su quelli

della qualità, novità e reale interesse dei materiali

medesimi. La sezione delle Macchine Agricole co-stituisce, perciò, una istruttiva rassegna e documen-tazione dei progressi e delle innovazioni che sono stati realizzati in questo campo, e la sua visita sarà certo motivo di interesse, tanto per chi consi-deri soprattutto il lato tecnologico e costruttivo delle attrezzature meccaniche per l'agricoltura, quanto a chi riguardi invece tali applicazioni sotto l'aspetto puramente pratico e commerciale.

Ci limitiamo qui a ricordare solamente qualcuna delle numerose apparecchiature esposte che appaio-no meritevoli di maggiore interesse allo scopo, più che altro, di dare al lettore una prima sommaria idea della importanza di questa Sezione agraria della Mostra e con riserva di farne, se mai in

se-guito, una più dettagliata e completa illustrazione. Nella categoria delle macchine di motocoltura, sono presentati vari pregevoli esemplari della mo-derna produzione trattoiristica italiana. Speciale in-teresse presentano, fra l'altro, le nuove piccole trat-trici Fiat modello 600 e 601, rispettivamente a ruote gommate ed a cingoli, con motore a scoppio a

Fig. 3 - Trattrice FIAT, mod. 601

(31)

coltiva-zione ohe non consentirebbero un completo ed economico sfruttamento delle trattrici di grande potenza.

Una interessante e nuova caratteristica del mo-dello 600 è quella di essere munito di attrezzi por-tati facilmente intercambiabili (barra falciante, aratro mono e polivomere assolcatore, estirpatore scarificatore) che, come è noto, consentono note-voli economie di esercizio rispetto ai comuni at-trezzi trainati e vanno oggi rapidamente diffonden-dosi nelle migliori costruzioni estere.

I l tipo cingolato mod. 601, per le sue ridotte dimensioni di ingombro e per la sua grande stabi-lità al ribaltamento trasversale, è particolarmente adatto per l'impiego nei terreni collinari anche di forte pendenza e per l'esecuzione di lavori colturali in frutteti e vigneti a filari ravvicinati.

I l crescente interessamento che l'industria dimo-stra per le macchine di trazione di piccola e picco-lissima potenza, è dimostrato dalla comparsa sem-pre più frequente dei motocoltivatori nelle esposi-zioni di meccanica agraria. Vari modelli di questa categoria di macchine figurano anche nella Mostra attuale. Ricordiamo f r a essi il motocoltivatore uni-versale tipo 3 G. V. della Ditta Grunder di Bin-ningen (Svizzera), azionato da motore a scoppio a

1 cilindro a 2 tempi, della potenza di 8 C V a 2800 giri al 1', con cambio a 3 marcie avanti e 1 marcia

Fig. 4 - Motofalciatrice L A V E R D A

indietro; la macchina può essere equipaggiata con fresatrice, aratro, argano, barra falciante, racco-glitore di patate, pompa di irrorazione, ecc., e può anche essere utilizizata per piccoli trasporti o come motore stazionario pei bisogni di fattoria.

Altro apparecchio esposto è il motocoltivatore della Gravely Motor Plow and Cultivator Co. di West Virginia (Stati Uniti d'America), con motore ad essenza monocilindrico a 4 tempi, sviluppante 5 CV di potenza a 1600 giri: del tutto caratteristica è la f o r m a dell'utensile operatore, costituita da una piccola ruota a pale elicoidali montate all'estremità inferiore di un alberello, a cui il comando viene trasmesso attraverso una apposita frizione, che permette all'elica di arrestarsi nel caso di resi-stenze anormaHi causate dall'incontro di grosse ra-dici o di altri ostacoli. Anche questo apparecchio può servire per molteplici usi mediante l'applica-zione di attrezzature diverse, quali: aratro mono-vomere, barra falciante, spandiconcime, semina-trice, erpice, rastrello, pompa irrorasemina-trice, ecc.

La categoria delle macchine per la lavorazione del terreno è rappresentata da un vasto assorti-mento di aratri di ogni tipo, tanto per la trazione

animale quanto per quella meccanica; nonché da svariati modelli di erpici rigidi, snodati e rotativi, di rulli compressori e frangizolle, di scarificatori, estirpatori coltivatori, di sarchiatrici rincalza-trici, ecc.

Fig. 5 - Motocoltivatore G R A V E L Y

di soli m. 1,52, nella quale, mediante l'impiego di un telaio in struttura saldata elettricamente e la riduzione della larghezza dei nastri trasportatori,

Fra le macchine spandiconcimi sono esposti degli apparecchi presentanti migliorie e perfezionamenti vari, in ordine soprattutto alla f o r m a e disposizione dell'apparato distributore. L o stesso dicasi per le seminatrici, di cui sono presenti sia modelli piccoli da collina ad una o due ruote anteriori, sia grandi macchine ad avantreno, con comando anteriore o posteriore.

Nel gruppo delle falciatrici è soprattutto degna di rilievo la nuova motofalciatrice della nota Ditta Laverda di Breganze (Vicenza), con motore a scop-pio monocilindrico di 5 CV, azionante, attraverso

due distinte frizioni, la ruota motrice gommata posteriore e l'apparecchio falciante sistemato late-ralmente e sorretto da una robusta intelaiatura tubolare. La macchina è provvista di cambio a due marcie avanti (velocità di lavoro 5-6 Km./ora, velocità di marcia su strada 10-12 Km./ora) con una retromarcia; la capacità media di lavoro è di circa 7 mila mq. di superficie falciata all'ora; la disposizione adottata è tale da consentire la facile e rapida sostituzione dell'apparato falciante con svariati altri attrezzi, in modo da poter utilizzare la macchina come voltafieno, ranghinatore, ra-strello, irroratrice, ecc.; essendo munita di puleg-gia motrice, essa può anche servire per l'aziona-mento di macchine operatrici varie.

Altra pregevole costruzione è la piccola mieti-legatrice Laverda mod. 5 B, con larghezza di taglio

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