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Outcome neurologico nel neonato pretermine e di basso peso alla nascita

2.5 Sviluppo neurologico dei neonati ELBW e Follow-up

2.5.3 Outcome neurologico nel neonato pretermine e di basso peso alla nascita

Come annunciato nel capitolo 2.3.1.3, i disturbi dello sviluppo neurologico nel neonato pretermine vengono distinti in disturbi maggiori e minori.

La paralisi cerebrale infantile, PCI, rappresenta l’outcome motorio più severo nel neonato pretermine, spesso si associa a deficit sensoriali visivi e/o uditivi severi e/o ritardo mentale, con quoziente intellettivo inferiore a 70. La PCI è definita come un gruppo di disordini permanenti dello sviluppo del movimento e della postura, con conseguente limitazione delle attività, causati da danni non progressivi nel cervello in via di sviluppo del feto o del neonato230. Il termine

“disordine permanente” indica una condizione e non tanto una malattia ed è quindi possibile l’evoluzione funzionale: vengono esclusi i disturbi transitori ma si riconosce la possibilità di cambiamento delle manifestazioni cliniche nel tempo. Questi cambiamenti, migliorativi o peggiorativi, non sono determinati da una modificazione della lesione cerebrale, che infatti è non progressiva, ma dall’evoluzione delle richieste dell’ambiente al bambino: divenendo sempre più complesse si può assistere ad un peggioramento della disabilità. Nel 2004, ad integrazione della sopra citata definizione, il meeting di Bethesda ha enfatizzato i disordini sensoriali e cognitivi concomitanti, spesso più invalidanti delle stesse disabilità motorie231.

Esistono vari sistemi di classificazione della PCI: la classificazione internazionale del 2006 è il tentativo di unificare i diversi approcci utilizzati per renderla più esaustiva. Si identificano quattro componenti principali:

59  Anomalie motorie:

 Natura e tipologia del disordine motorio;  Abilità motorie funzionali;

 Disturbi associati: sensoriali-percettivi; cognitivi; comunicativi; comportamentali; epilessia; problemi muscoloscheletrici secondari;

 Quadro anatomico e neuroradiologico: lesioni mono o bi-laterali;  Eziopatogenesi e timing.

In Italia è ancora oggi diffusa la classificazione del 1975 di Hagberg che si basa sulle anomalie predominanti del tono muscolare e del movimento, per cui si considerano tre forme principali: spastica (se il danno è a carico della via piramidale), discinetica/atetoide (se le lesioni sono sul sistema extrapiramidale e/o piramidale e ai nuclei della base), atassica (danno prevalentemente cerebellare). In base alla sede interessata si distinguono la forma unilaterale o emiplegica (se interessa un emisoma); la forma bilaterale con diplegia (se interessati due arti, prevalentemente gli arti inferiori); la forma bilaterale con tetraplegia (difetto motorio, in genere spastico, dei quattro arti)232.

La severità della compromissione funzionale viene classificata in base alla GMCSF (Gross Motor Functional Classification System for Cerebral Palsy)233 e in Italia nell’ambito della forma spastica

si utilizza ai fini riabilitativi la classificazione di Ferrari, basata sulle funzioni adattive motorie (postura, cammino, manipolazione)234.

Nei pretermine la forma prevalente è quella spastica (88%) con un 58% di interessamento bilaterale e 30% monolaterale; la forma discinetica è presente nel 7% dei casi, quella atassica nel 4%235.

I fattori di rischio più rilevanti per lo sviluppo della PCI sono il peso e l’EG alla nascita: la probabilità di sviluppare PCI è del 14,6% tra le 22-27 settimane contro lo 0,1% tra le 38-42 settimane236. Il 40-50% dei bambini con PCI è nato prematuro: il tasso di PCI nei pretermine ha

subito un incremento tra gli anni ’80 e ’90, in coincidenza dell’apertura delle TIN (Terapia intensiva neonatale) e dell’incremento della sopravvivenza di neonati di basse EG237.

Attualmente, il trend di incidenza nei neonati VLBW o con EG<32 settimane, è in decremento o è stabile238,239. Altri fattori di rischio sono: encefalopatia neonatale, gravidanze multiple, infezioni

materno-fetali, fattori genetici240.

La diagnosi precoce di PCI aiuta ad identificare quei bambini che necessitano di monitoraggio, follow-up neurologico e arruolamento in programmi riabilitativi. L’identificazione di un possibile sviluppo di PCI nei primi mesi di vita è difficile e richiede figure esperte: l’irritabilità, la postura anormale delle dita, la presenza del riflesso di Babinski spontaneo, la debolezza agli arti inferiori e il ritardo nel raggiungimento delle tappe fondamentali dello sviluppo neuromotorio sono alcuni dei segni che sono stati descritti nella categoria dei neonati prematuri ad alto rischio

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di PCI. Tuttavia questi segni e sintomi non sono abbastanza specifici e sensibili per predire la PCI poiché si possono riscontrare anche nelle disabilità motorie minori (esempio nella distonia transitoria) che possono scomparire durante il primo o secondo anno di vita241. Le attuali

tecniche di neuroimaging vengono sfruttate per predire lo sviluppo di PCI: infatti circa il 90% delle PCI nel pretermine è causata da anomalie della sostanza bianca periventricolare, in particolare la PVL242. L’ecografia cerebrale transfontanellare , se eseguita in modo sequenziale

dalla nascita fino al termine di età corretta, è in grado di identificare tutte le lesioni intracraniche maggiori (IVH severa e PVL) correlate con lo sviluppo di PCI243: la presenza di PVL ha una

sensibilità predittiva di diplegia spastica maggiore del 94%244 mentre la presenza di IVH con

infarto venoso monolaterale si associa ad elevata probabilità di sequele motorie di tipo emiplegico245. Nonostante l’ecografia rimanga una metodica difficilmente sostituibile, la RM a

termine di età corretta ha una valenza superiore nel predire l’outcome non solo motorio ma anche neurocognitivo. La RM ha infatti permesso l’identificazione di raffinati marker prognostici di PCI: ad esempio l’assenza di mielinizzazione del lembo posteriore della capsula interna a termine di età corretta costituisce un importante fattore predittivo di outcome motorio sfavorevole in diverse condizioni cliniche dell’età neonatale, anche nel neonato pretermine246.

Altra disabilità maggiore che possiamo riscontrare nel neonato pretermine è il deficit visivo. Esso può essere conseguenza della ROP ma anche di lesioni cerebrali. La PVL coinvolge generalmente le radiazioni ottiche e quindi vi è un elevato rischio di deficit visivo. L’uso combinato di approccio clinico e neuroradiologico ha permesso di correlare la presenza e la gravità del deficit visivo con la sede e l’estensione del danno cerebrale. In presenza di iperecogenicità persistenti, o di piccole lesioni cistiche in sede fronto-parietale, generalmente si sviluppa un’acuità visiva normale ma possono presentarsi anomalie di singoli aspetti della funzione visiva, come strabismo e deficit del campo visivo247. IVH di III o IV grado si associano a riduzione importante

dell’acuità visiva, soprattutto se si sviluppano lesioni della sostanza bianca peritrigonale, delle radiazioni ottiche e della corteccia visiva. Inoltre si è evidenziato che se c’è anche un coinvolgimento del talamo il deficit visivo è più grave e persistente248.

Altra disabilità maggiore è la perdita di udito che affligge fino al 2,4% dei neonati VLBW e il cui rischio aumenta con il ridursi di EG e peso alla nascita249. L’eziopatogenesi dei difetti dell’udito

nei neonati pretermine è multifattoriale: i principali fattori di rischio sono la stessa nascita pretermine, il ricovero per periodi prolungati in TIN, la somministrazione di farmaci ototossici, come gli aminoglicosidi e i diuretici, l’ambiente rumoroso dell’incubatrice, l’ipossia, l’acidosi, l’iperbilirubinemia che richiede l’exanguino-trasfusione e le infezioni come le meningiti e CMV250. Tutti i neonati sono a rischio di sviluppare ipoacusia e per questo sono stati creati dei

protocolli di screening audiologico che prevedono la misurazione delle otoemissioni acustiche (OAE-otoacoustic emissions) in tutti i neonati e la valutazione dei potenziali evocati acustici

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(ABR-acoustic brainstem evoked response) in neonati con determinati fattori di rischio, tra cui i neonati pretermine. In tali neonati viene programmato un follow-up audiologico che può arrivare fino ai 6 anni di vita. La diagnosi precoce dei difetti dell’udito è fondamentale per attuare trattamenti che garantiscano un buon sviluppo cognitivo e del linguaggio251.

Il ritardo mentale, definito come la presenza di un Q.I. inferiore alle -2 deviazioni standard dalla media per età corretta, rappresenta un’altra disabilità maggiore che si riscontra nel 4-5% dei neonati VLBW, per lo più associato ad almeno uno degli altri handicap maggiori, soprattutto la PCI252.

Per quanto riguarda le disabilità minori si fa una prima distinzione tra le disabilità motorie e non motorie. Le disabilità motorie minori si riscontrano in genere nei primi due anni di vita e vi rientrano la distonia transitoria, l’instabilità posturale, lo sviluppo motorio dissociato, il ritardo posturale motorio, il cammino sulle punte (toe walker), le asimmetrie e/o ipotonie del tronco. I disordini della coordinazione o DCD, la goffaggine (clumsiness) e la disfunzione neurologica minore (MND-minimal neurological dysfunction) si riscontrano più tipicamente tra i 3 e i 5 anni241. La distonia transitoria si caratterizza per un aumento del tono muscolare a livello di

anche, spalle, tronco e collo, associato ad una maggior evocabilità dei riflessi neonatali in relazione a stimoli esterni e ad un ritardo dell’acquisizione delle tappe motorie nei primi mesi di vita253. L’instabilità posturale è invece caratterizzata da tremori spontanei, perdita dell’equilibrio

e della stabilità posturale, bassa soglia del riflesso di Moro e ipereattività agli stimoli esterni. La DCD è una condizione comune che caratterizza tutti quei bambini in cui i problemi motori hanno un effetto negativo sulle performance della vita quotidiana e, anche se meno invalidante della PCI, può avere un’influenza rilevante sull’acquisizione delle competenze motorie e cognitive254,255.

Partendo dall’ipotesi che i bambini costruiscono le rappresentazioni mentali agendo e interagendo con l’ambiente fisico e sociale e che quindi esistono strette relazioni tra sviluppo motorio, linguistico e cognitivo256, possiamo capire, almeno in parte, perché le disabilità motorie

spesso sono associate a deficit cognitivi, attentivi e del linguaggio227,257.

Nell’ambito delle disabilità minori non motorie ritroviamo deficit cognitivi, con particolare compromissione dell’organizzazione percettiva, dell’analisi e integrazione spaziale, della discriminazione, dell’associazione visiva e dell’integrazione visuo-spaziale; deficit comportamentali, in particolare difficoltà emotive e relazionali, come immaturità emotiva, impulsività, iperattività e deficit di attenzione129,258,259.

Negli ultimi anni le ricerche sono state finalizzate a comprendere se vi siano alcuni ambiti evolutivi più compromessi di altri o se le compromissioni siano generalizzate coinvolgendo molteplici domini. Alcuni studi hanno evidenziato lievi ritardi in diversi ambiti neuropsicologici260 mentre altri hanno dimostrato che le conseguenze della nascita pretermine

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non consistono in semplici ritardi maturativi, ma contribuiscono a determinare percorsi evolutivi atipici261. Se andiamo a considerare le traiettorie evolutive, confrontando quelle dei

neonati pretermine con quelle dei neonati a termine, sembra esistere una divergenza, maggiormente evidente per le abilità motorie, visuo-motorie e cognitive non verbali, nei primi due anni di vita262. Altri studi confermano come le difficoltà cognitive dei pretermine persistano

in età prescolare, scolare e adolescenziale con quozienti intellettivi più bassi rispetto a quelli dei gruppi di controllo, anche nei casi in cui i punteggi medi dei pretermine rientrano in un range di normalità263,264.