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Fattori prenatali, nutrizione e outcome nei primi 12-24 mesi in neonati ELBW (Extremely Low Birth Weight)

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Alla mia famiglia e a Giacomo

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1 INDICE

Acronimi ... 3

1 Riassunto ... 4

2 Introduzione... 7

2.1 Classificazione dei neonati pretermine ... 7

2.2 Epidemiologia ... 9

2.3 ELBW - Extremely Low Birth Weight ... 11

2.3.1 Prematurità ... 11

2.3.1.1 Eziologia del parto pretermine ... 11

2.3.1.2 Complicanze a breve termine della prematurità ... 20

2.3.1.3 Complicanze a lungo termine della prematurità ... 33

2.3.2 IUGR e SGA ... 35

2.3.2.1 Definizione ed eziologia ... 35

2.3.2.2 Complicanze ... 38

2.4 Strategie nutrizionali ed EUGR ... 42

2.4.1 Definizione e fattori di rischio di EUGR ... 42

2.4.2 Conseguenze di EUGR ... 42

2.4.3 Strategie nutrizionali ... 46

2.5 Sviluppo neurologico dei neonati ELBW e Follow-up ... 53

2.5.1 Sviluppo strutturale e funzionale dell’encefalo nel neonato pretermine ... 53

2.5.2 Principali tappe dello sviluppo psicomotorio dalla nascita a 2 anni ... 54

2.5.3 Outcome neurologico nel neonato pretermine e di basso peso alla nascita... 58

2.5.4 Strumenti diagnostici ... 62

2.5.4.1 Visita neurologica tradizionale ... 62

2.5.4.2 General Movements (GMs) ... 63

2.5.4.3 Strumenti di valutazione dello sviluppo psicomotorio ... 67

3 Obiettivi dello studio ... 71

4 Pazienti e Metodi ... 72

4.1 Raccolta dei dati ... 72

4.2 Valutazione clinica ... 72

4.3 Analisi statistica ... 75

5 Risultati ... 76

5.1 Descrizione della popolazione ... 76

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2

5.3 Fattori di rischio associati ad EUGR ... 82

5.4 Outcome auxologico ... 89

5.5 Outcome neurologico ... 91

6 Discussione ... 94

7 Conclusione ... 99

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3 Acronimi

ABR, Acoustic Brainstem Evoked Response AC, Abdominal Circumference

AFI, Amniotic Fluid Index AFV, Amniotic Fluid Volume

AGA, Appropriate for Gestational Age AOP, Apnea Of Prematurity

BDP, BroncoDisplasia Polmonare BMI, Body Mass Index

CID, Coagulazione Intravascolare Disseminata CRH, Corticotropin Release Hormone

DCD, Disordini della Coordinazione

DEHSI, Diffuse Excessive High Signal Intensity DHA, DocosaHexaenoic Acid

EFW, Estimated Fetal Weight EG, Età Gestazionale

ELBW, Extremely Low Birth Weight EOS, Early-Onset Sepsis

EUGR, Extrauterine Growth Restriction FEV1, Forced Expiratory Volume in the 1st second

FGR, Fetal Growth Restriction fNF, Fibronectina Fetale

GH-IGF, Growth Hormone-Insulin-Like Growth Factor

GMH, Germinal Matrix Hemorragia HC, Head Circumference

HC/AC, Rapporto Tra Circonferenza Cranica E Addominale

HELLP, Hemolysis, Elevated Liver Enzymes, Low Platelet Count

IGF-BP, Insulin-Like Growth Factor-Binding Protein

IP, Indice Ponderale

IUGR, IntraUterine Growth Restriction IVH, Intraventricular Hemorragia LBW, Low Birth Weight

LC-PUFA, Long Chain-PolyUnsaturated Fatty Acids

LGA, Large For Gestational Age LOS, Late-Onset Sepsis

MEF, Minimal Enteral Feeding

MGRS, Multicentre Growth Reference Study MMP, Metalloproteinasi Extracellulare MND, Minimal Neurological Dysfunction NEC, Enterocolite Necrotizzante

NICU, Neonatal Intensive Care Unit OAE, Otoacoustic Emissions

PAMG-1, Placental Alpha Microglobulin 1 PCI, Paralisi Cerebrale Infantile

PDA, Pervietà Del Dotto Arterioso phIGF-BP1, Proteina Legante il Fattore di Crescita Insulino-simile Fosforilato PMA, Post Mestrual Age

pPROM, Preterm Premature Rupture Of Membranes

PVL, PeriVentricular Leucomalacia PWML, Puntacte White Matter Lesions RDS, Respiratory Distress Syndrome ROP, Retinophaty Of Prematurity SGA, Small For Gestational Age SNC, Sistema Nervoso Centrale TIN, Terapia Intensiva Neonatologica

VEGF, Vascular Endotelian Growth Factor VLBW, Very Low Birth Weight

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4 1 Riassunto

Premessa

La continua e rapida evoluzione dell’assistenza neonatale ha permesso un costante incremento della sopravvivenza di neonati ELBW, indicando con questo termine il neonato che presenta alla nascita un peso ≤ 1000 grammi. Inoltre l’età gestazionale media di questa categoria di neonati si attesta a 27 settimane, ovvero si tratta in genere di neonati pretermine di alto grado. In letteratura esistono numerose evidenze che dimostrano come il basso peso alla nascita e la prematurità si associano a rischio significativo di presentare complicanze a breve ed a lungo termine, a causa dell’estrema immaturità neurologica, respiratoria e fisica in generale di questa popolazione.

I fattori determinanti la crescita e lo sviluppo psicomotorio dei bambini nati ELBW risultano essere molteplici: l’interruzione precoce del normale processo maturativo fetale, i motivi che conducono al parto pretermine e le difficoltà nell’adattamento alla vita extrauterina di un organismo immaturo contribuiscono a determinare deficit di crescita e neurologici. La nutrizione fin dai primi giorni di vita sembra svolgere un ruolo chiave nell’outcome del neonato ELBW, rappresentando una possibile strategia di intervento precoce per limitare le difficoltà di accrescimento e le complicanze metaboliche e neurologiche nel neonato pretermine a breve e a lungo termine.

Gli obiettivi dello studio sono stati la valutazione dei fattori prenatali e neonatali associati alla nascita ELBW; la valutazione dell’incidenza della restrizione di crescita extrauterina individuandone i principali fattori di rischio; lo studio del profilo di crescita di neonati ELBW fino a 24 mesi di età corretta e dell’outcome neurologico tra 8 e 24 mesi, identificando possibili fattori predittivi.

Materiali e Metodi

Per la selezione della coorte di studio sono stati presi in considerazioni pazienti nati (o trasferiti subito dopo la nascita) nella U.O. Neonatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, nel periodo compreso tra Ottobre 2009 e Settembre 2015, per i quali fosse disponibile follow-up auxologico e neuropsichiatrico all’età corretta di almeno 12 mesi. Sono stati così selezionati 61 pazienti (28 maschi e 33 femmine) con un’età gestazionale media di 27,14±2,0 settimane. Per ciascun paziente è stata valutata la presenza di fattori di rischio prenatali e neonatali e sono stati raccolti gli apporti nutrizionali nei primi 7 giorni di vita, considerando l’intake calorico e dei principali macronutrienti (proteine, glucosio e lipidi) forniti con la nutrizione parenterale ed enterale. È stato valutato il profilo di crescita durante la degenza, considerando l’incidenza di restrizione di crescita extrauterina per ciascun parametro antropometrico (peso, lunghezza e circonferenza cranica), intendendo per EUGR la differenza di z-score tra la nascita e la dimissione, e dopo la dimissione fino ad un’età corretta di almeno 12 mesi. Lo sviluppo

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psicomotorio è stato valutato considerando la comparsa di motricità spontanea tipo Fidgety a 3 mesi di età corretta, l’epoca di emergenza delle principali tappe maturative (stare seduto senza supporto, stazione eretta con supporto, gattonare, deambulazione autonoma, prime parole) e l’eventuale comparsa di disabilità neurologiche minori o maggiori alla valutazione clinica neuropsichiatrica a 12-18-24 mesi di età corretta.

Risultati

Nella valutazione dei fattori associati alla nascita ELBW sono emerse associazioni significative con la pre-eclampsia/eclampsia (p-value<0,001), lo IUGR (p-value 0,003), la nascita con taglio cesareo (p-value 0,007) e la nascita SGA (p-value<0,001). Nella valutazione dei fattori di rischio associati alla restrizione di crescita extrauterina sono emerse associazioni significative con la PROM value 0,05), la mancata profilassi steroidea value 0,05), l’età gestazionale (p-value<0,001), la comparsa di complicanze neonatali come PDA (p-(p-value<0,001), NEC (p-value 0,046), BDP (p-value 0,031) e la sepsi (p-value0,01), il supporto respiratorio invasino (p-value 0,001) e non (p-value 0,024), la caffeina (p-value0,053), le trasfusioni (p-value<0,001), la durata della nutrizione parenterale (p-value 0,002) e il tempo necessario a raggiungere la nutrizione enterale totale (p-value 0,003), la durata della degenza (p-value<0,001), il tempo necessario a recuperare il peso alla nascita (p-value 0,014) e lo z-score del peso a 36 PMA (p-value 0,002). Per quanto riguarda la nutrizione nei primi 7 giorni di vita, sono emerse associazioni significative dell’EUGR con gli apporti calorici e dei macronutrienti per via enterale e dello z-score del peso a 36 PMA con i lipidi totali (p-value 0,028) e, prossimo alla significatività, con le proteine totali (p-value 0,057). I parametri auxologici a 12-24 mesi di età corretta, per quanto si sia realizzato un recupero di crescita prevalentemente nel primo anno di vita, sono stati inferiori alla media della popolazione generale. I parametri auxologici alla nascita e la nascita SGA si sono dimostrati predittivi della crescita staturo-ponderale nei primi due anni di vita. La restrizione di crescita extrauterina, in particolare del peso e della lunghezza, si è dimostrata predittiva dell’outcome neurologico sia considerando l’acquisizione delle tappe fondamentali dello sviluppo, in particolare la stazione seduta senza supporto (p-value 0,018) e la deambulazione autonoma (p-value 0,012) sia considerando lo svilupparsi di disabilità neurologiche (p-value 0,012).

Conclusione

Dallo studio del nostro campione possiamo evincere che la restrizione di crescita extrauterina è una frequente complicanza della nascita pretermine, in particolare ELBW, e influenza lo sviluppo neurocognitivo. Sono emersi numerosi fattori di rischio sia prenatali che neonatali che influenzano la crescita post-natale e sui quali si dovrebbe intervenire per ridurre l’incidenza di EUGR. Inoltre abbiamo riscontrato che nei neonati ELBW i parametri auxologici alla nascita sono significativi dell’outcome auxologico fino a 24 mesi di età corretta e che l’outcome neurologico

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6

sembra influenzato dall’andamento della crescita durante la degenza, con la nutrizione come possibile strategia di intervento precoce sullo sviluppo cerebrale.

Risulta inoltre importante proseguire il follow-up di questi bambini per comprendere l’influenza della nascita ELBW oltre i primi due anni di vita.

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7 2 Introduzione

2.1 Classificazione dei neonati pretermine

La maturità del feto e del neonato dipende dalla durata della gravidanza che viene misurata in termini di età gestazionale (EG). Il metodo più utilizzato per stimare l’EG si basa sulla combinazione di due parametri: il primo giorno dell’ultima mestruazione e la valutazione ecografica precoce durante il I trimestre di gravidanza1. L’EG è quindi espressa in settimane

complete o giorni completi o settimane complete + il numero dei giorni da 1 a 6 se la settimana non è completa.

I parametri comunemente utilizzati per classificare i neonati sono l’età gestazionale (EG) e il peso alla nascita.

In base all’età gestazionale1 i neonati vengono classificati in:

 Neonato a termine: EG tra 37 settimane complete e 41 settimane complete + 6 giorni (259-293 giorni);

 Neonato pretermine: EG inferiore a 37 settimane complete (<259 giorni);  Neonato post-termine: EG superiore alle 42 settimane complete (>293 giorni). Nell’ambito dei neonati pretermine2 si distinguono:

 Late preterm: EG tra 34 settimane complete e 36 settimane complete + 6 giorni;

 Moderate o early preterm: EG tra 32 settimane complete e 33 settimane complete + 6 giorni;

 Very preterm: EG tra 28 settimane complete e 31 settimane complete + 6 giorni;  Extremely preterm: EG inferiore a 28 settimane complete + 6 giorni.

Un neonato con EG inferiore alle 32 settimane complete può essere definito pretermine di alto grado.

Il limite inferiore per distinguere il neonato pretermine dall’aborto varia nelle diverse Nazioni in funzione della legislazione vigente. In Italia il Comitato Nazionale di Bioetica nel 2008 ha dichiarato che “appare eticamente inaccettabile, oltre che scientificamente inopinabile, la pretesa di individuare una soglia temporale a partire dalla quale rifiutare, a priori, ogni tentativo di rianimazione”3. Un gruppo congiunto formato da Society for Maternal-Fetal Medicine, AAP

(American Academy of Pediatrics), ACOG (American Congress of Obstetricians and Gynecologists) e NICHD (National Institute of Child Health and Human Development) nel 2014 ha suggerito di indicare con il termine periviable period l’epoca gestazionale compresa tra 20+0 e 25+6 settimane, in cui la sopravvivenza varia dallo 0% a 20 settimane a più del 50% a 25 settimane4.

In base al peso alla nascita i neonati vengono suddivisi in:

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 Neonato di peso molto basso (VLBW, Very Low Birth Weight): peso compreso tra 1001 e 1500 grammi;

 Neonato di peso estremamente basso (ELBW, Extremely Low Birth Weight): peso inferiore o uguale a 1000 grammi.

Si parla inoltre di neonato di peso incredibilmente basso (ILBW, Incredibly Low Birth Weight) per sottolineare l’elevata mortalità di neonati con peso inferiore a 750 grammi.

Per il completo inquadramento del neonato è necessario correlare i due parametri, rapportando il peso alla nascita all’età gestazionale. Per questo motivo sono state create carte antropometriche dedicate. In Italia vengono utilizzate le nuove Carte Antropometriche Neonatali che derivano dallo studio prospettico INeS (Italia Neonatal Study) effettuato tra il 2005 e il 2007 che ha coinvolto 34 Unità di Terapia Intensiva Neonatale e che ha valutato peso, lunghezza e circonferenza cranica alla nascita di neonati di EG tra 23 e 42 settimane. 5,6

In base a queste carte antropometriche si distinguono:

 Piccolo per età gestazionale (SGA-Small for Gestational Age): neonato con peso inferiore al 10° percentile;

 Adeguato per età gestazionale (AGA-Appropriate for Gestational Age): neonato con peso tra 10° e 90° percentile;

 Grande per età gestazionale (LGA-Large for Gestational Age): neonato con peso superiore al 90° percentile.

Esiste un’ulteriore sottoclassificazione che potrebbe aiutare nel comprendere i meccanismi e le implicazioni della nascita SGA: la categoria SGA infatti viene applicata non solo al peso ma anche alla lunghezza e alla circonferenza cranica. 7

È doveroso sottolineare che non c’è accordo unanime su quale debba essere il cut-off per parlare di SGA: mentre nella letteratura e pratica neonatologica si fa riferimento al 10° percentile, in endocrinologia pediatrica si raccomanda il 3° percentile o le -2DS 7. In questo modo, poichè si

aumenta la specificità riducendo la sensibilità8, si identificano i neonati che più probabilmente

andranno incontro a bassa statura o altre problematiche e per i quali sarà quindi necessario programmare un adeguato follow-up durante l’infanzia.

Un’ulteriore precisazione, prima di affrontare la nascita pretermine nel dettaglio, è il concetto di età corretta che, nei neonati pretermine, si contrappone all’età cronologica. Quest’ultima rappresenta il tempo trascorso dalla nascita e coincide quindi con l’età anagrafica. I neonati pretermine tuttavia hanno crescita auxologica e sviluppo psicomotorio diversi rispetto ai neonati a termine: sarebbe quindi scorretto valutare la crescita di questi bambini utilizzando l’età cronologica come riferimento. Per questo è stato elaborato il concetto di età corretta che indica l’età che il bambino pretermine avrebbe se fosse nato a termine. Viene calcolata sottraendo alle 40 settimane (termine di una normale gravidanza) l’età gestazionale del

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prematuro: il risultato, detto correzione per la prematurità, verrà sottratto all’età cronologica ottenendo così l’età corretta. L’età corretta dovrebbe essere utilizzata fino al compimento dei 3 anni di vita9.

2.2 Epidemiologia

La nascita pretermine rappresenta a livello mondiale l’11,1% dei nati vivi2,10. In Italia la

percentuale dei parti pretermine corrisponde al 6,7% e i prematuri very ed extremely preterm sono lo 0,9%11. La prematurità è un problema globale in continuo aumento soprattutto negli

ultimi 20 anni e tale incremento è in parte attribuibile all’aumento dell’età materna, che sottintende maggiori problematiche come il diabete e l’ipertensione, e al maggior ricorso a tecniche di procreazione assistita che determinano incremento delle gravidanze gemellari2. Sono

sempre maggiori le iniziative che testimoniano il crescente interesse per la prematurità: il 21 dicembre 2010 è stato presentato al Senato della Repubblica Italiana il Manifesto dei Diritti del Bambino Nato Prematuro 12 in risposta alla “call to action” del Segretario Generale delle Nazioni

Unite, Ban Ki-Moon; in tutto il mondo si festeggia ogni 17 novembre la Giornata Mondiale della Prematurità.

Per quanto riguarda il basso peso alla nascita in Europa la prevalenza media di nati LBW si attesta al 6,5% mentre i VLBW oscillano tra 0,3% e 1,4%13. L’Italia si allinea alle medie europee

con una prevalenza di LBW al 6,3% e di VLBW all’ 1,1%11.

La continua e rapida evoluzione dell’assistenza perinatale e neonatale ha permesso di ridurre la mortalità neonatale (definita come la morte nelle prime 4 settimane di vita) che a livello mondiale è passata da 36 morti su 1000 nati vivi nel 1990 a 19 su 1000 nel 201514. I risultati

migliori si sono registrati nei Paesi sviluppati tra cui l’Italia dove la mortalità neonatale si attesta al 2,5%13. In questi stessi paesi la prematurità e il basso peso alla nascita rappresentano le

principali cause non solo di mortalità neonatale (ad esempio in Europa circa il 40% della mortalità neonatale è attribuita a nascite prima delle 28 settimane di EG o con peso alla nascita inferiore ai 1000 grammi13) ma anche di mortalità infantile (definita come la morte nel primo

anno di vita)15. Ad esempio in Italia la mortalità infantile si attesta al 3,3% di cui il 71% è dovuto

ai decessi in epoca neonatale16.

Il rischio di mortalità aumenta con il ridursi dell’età gestazionale e del peso corporeo: i neonati LBW ed ELBW hanno tassi di mortalità rispetto ai neonati di peso > 2500 grammi rispettivamente 25 e 100 volte maggiori e la nascita <500 grammi si associa a mortalità infantile dell’85%; i prematuri di alto grado hanno tassi di mortalità 88 volte superiore ai nati a termine; la nascita sotto le 23 settimane di EG si associa a mortalità dell’84%17.

La probabilità di sviluppare disabilità gravi, quali la displasia broncopolmonare, l’emorragia intraventricolare di grado III o IV, la leucomalacia periventricolare e la retinopatia del

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prematuro di stadio superiore al III, segue lo stesso andamento della mortalità, ovvero aumenta con il ridursi di EG e peso alla nascita: tali disabilità si riscontrano nello 0,2-0,5% di tutta la popolazione dei prematuri ma se andiamo a considerare i prematuri di alto grado e i VLBW arriviamo ad un 8,2%18.

Nonostante questi dati apparentemente poco confortanti dobbiamo considerare che la sopravvivenza dei bambini nati prematuri o di basso peso è migliorata negli ultimi 20 anni grazie ai progressi dell’assistenza perinatale, come per esempio l’introduzione della profilassi steroidea prenatale e l’uso sempre più diffuso del surfactante: dal 2000 al 2009 la mortalità di neonati con peso alla nascita tra 501 grammi e 1500 grammi è passata dal 14,3% al 12,4%19; lo

studio EPIPAGE-2 realizzato in Francia ha dimostrato che la sopravvivenza è aumentata dal 1997 al 2011 dell’11,2% per neonati con EG di 25 settimane, del 18,1% per EG di 26 settimane, ma che non si è modificata per l’EG ≤ 24 settimane20.

Questo miglioramento ha determinato un cambiamento della popolazione dei neonati con un incremento di coloro che, a causa dell’immaturità neurologica, fisica e respiratoria, hanno maggior probabilità di sviluppare disabilità neonatali e infantili. Se fino agli anni ’90 il trend è stato di un incremento dei bambini con disabilità severe, negli ultimi anni tale trend sembra essersi invertito anche se ci sono dati discordanti: alcuni studi dimostrano che l’aumento di sopravvivenza si associa a riduzione delle disabilità gravi19, altri sottolineano che la displasia

broncopolmonare tende ad aumentare21 e altri che non ci sono grosse differenze di morbilità

dagli anni ’90 ad oggi22.

Con queste premesse epidemiologiche comprendiamo il verificarsi negli ultimi anni di un rilevante cambiamento nell’approccio e nelle cure fornite al neonato pretermine e alla sua famiglia: alle cure mediche si è affiancata un’attenzione sempre maggiore per la development care, ovvero prendersi cura del neonato sia durante il ricovero che dopo la dimissione, mettendo progressivamente in luce l’importanza di seguire il bambino, mediante programmi di follow-up a lungo termine, con l’obiettivo di monitorare la crescita psicofisica e attuare interventi precoci quando necessari.

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11 2.3 ELBW - Extremely Low Birth Weight

Come precedentemente annunciato, con il termine ELBW si indica il neonato con peso alla nascita ≤ 1000 grammi. La maggior parte degli ELBW sono anche prematuri con un’età gestazionale media di 27 settimane. Per descrivere bene la nascita ELBW risulta quindi fondamentale considerare contemporaneamente le cause e le conseguenze della prematurità e del basso peso alla nascita.

2.3.1 Prematurità

2.3.1.1 Eziologia del parto pretermine

L’evento nascita pretermine può essere distinto in due categorie23:

 nascita pretermine spontanea, che a sua volta si distingue in:

 travaglio spontaneo pretermine con membrane intatte (40-45%), detto anche parto pretermine idiopatico. Si definisce per la presenza, secondo i criteri di Creasy, di attività contrattile uterina regolare (almeno 4 contrazioni in 20 minuti o 8 in 60 minuti) associata a modificazioni significative della cervice, quali accorciamento della cervice dell’80% (≤1cm) o dilatazione cervicale ≥2cm, che si realizza prima delle 37 settimane complete di gestazione24;

 rottura prematura pretermine delle membrane, pPROM, (25-30%) definita come la rottura delle membrane almeno 1 ora prima dell’inizio del travaglioe prima delle 37 settimane di EG complete1;

 nascita pretermine indotta (30-35%) o parto pretermine iatrogeno che raccoglie i parti cesarei e i travagli indotti per indicazioni materne o fetali, allorquando il rischio di proseguire la gravidanza è maggiore del rischio della prematurità.

Questa classificazione, che è attualmente la più utilizzata, distingue le varie forme di parto pretermine basandosi sul criterio eziologico. Tuttavia questa distinzione risulta essere poco chiara: anche se il parto pretermine indotto è più frequentemente riconducibile a condizioni morbose materne o fetali, la pPROM a infezioni uterine e il travaglio spontaneo a membrane intatte a condizioni materne pregravidiche, spesso non si riesce ad identificare una causa con certezza, soprattutto per la categoria del parto spontaneo, e talvolta si creano delle sovrapposizioni25. Ad esempio le donne che sviluppano una pPROM in circa il 50% dei casi

vanno incontro a travaglio spontaneo nella prima settimana successiva alla rottura, ma nell’altro 50% si ha un parto pretermine indotto perché la prosecuzione della gravidanza con membrane rotte aumenta il rischio infettivo e quindi si pone indicazione al parto iatrogeno: quest’ultima situazione può essere considerata parto spontaneo se ci riferiamo alla clinica al momento della presentazione ma anche parto indotto se valutiamo l’effettiva modalità di espletamento del

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parto26. Di conseguenza negli ultimi anni sta emergendo l’esigenza di trovare sistemi di

classificazione più adeguati27, uno dei quali suggerisce l’identificazione di fenotipi clinici definiti

dalla presenza di almeno uno tra le 5 componenti identificate:

1. caratteristiche materne significative presenti prima del parto; 2. caratteristiche fetali significative presenti prima del parto; 3. condizioni patologiche della placenta;

4. segni dell’inizio del parto; 5. modalità effettiva del parto28.

Immagine 1: Componenti fenotipiche della Sindrome del Parto Pretermine28.

Indipendentemente da quale sia il criterio utilizzato per definire il parto pretermine, la maggior parte degli esperti concorda che la nascita pretermine è una sindrome complessa e multifattoriale che prevede la transizione dalla fase uterina di quiescenza al parto con modalità simili a quelle che si realizzano per il parto a termine (contrazioni uterine, dilatazione della cervice, attivazione delle membrane) ma che non è scatenata da fenomeni fisiologici ma patologici come infezioni e infiammazione intrauterine, ischemie ed emorragie uteroplacentari, sovradistensione uterina, disordini della cervice, disordini ormonali29.

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Nell’ambito della nascita pretermine spontanea, che esemplifica maggiormente il concetto sopraenunciato di eziologia multifattoriale, si vanno a delineare una serie di fattori di rischio che possono essere così riassunti:

 caratteristiche demografiche materne:

 etnia afro-americana: la prevalenza di parto pretermine è del 16-18% in donne nere rispetto al 5-9% in donne bianche. I motivi di questa differenza non sono chiari ma si pensa al contributo di fattori genetici che tuttavia si intrecciano con fattori ambientali;

 condizione socioeconomica disagiata, scarsa educazione, mancanza di partner o famiglia di supporto, condizione di immigrata30;

 età troppo giovane o troppo avanzata31;

 patologie materne pregravidiche:

 basso BMI e malnutrizione, in particolare carenza di ferro, zinco e folati;

 obesità: il BMI elevato si associa non solo a rischio maggiore di malformazioni fetali, come anomalie del tubo neurale, che a loro volta si correlano spesso con parto pretermine, ma anche e soprattutto maggior probabilità di sviluppare pre-eclampsia e diabete gestazionale che possono condurre al parto pretermine;  tireopatie, asma, ipertensione arteriosa, diabete mellito, lupus eritematoso

sistemico: sono patologie che possono portare al parto pretermine iatrogeno per causa materna;

 elevato stress psicosociale e depressione: i meccanismi che porterebbero al parto pretermine non sono noti;

 fumo di sigaretta: nicotina e monossido di carbonio sono potenti vasocostrittori, potendo ridurre il flusso placentare con conseguente restrizione di crescita che può portare a parto pretermine iatrogeno. Inoltre il tabagismo si associa a risposta infiammatoria sistemica che potrebbe innescare il parto pretermine spontaneo;

 eccessivo consumo di alcol, uso di droghe come cocaina ed eroina;  anamnesi ostetrica pregressa:

 breve intervallo di tempo, meno di 6 mesi, da una precedente gravidanza32: in un

intervallo così breve l’utero potrebbe non essere ancora tornato alla condizione basale e l’organismo materno potrebbe non aver ancora ricostituito le riserve di vitamine, minerali e aminoacidi necessarie per affrontare una nuova gravidanza;  precedente parto pretermine: il rischio di ricorrenza di parto pretermine oscilla

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del termine e quanto più bassa è stata l’EG del precedente parto pretermine. I motivi di questa ricorrenza non sono del tutto chiari ma in parte riconducibili a infezioni intrauterine ricorrenti o persistenti33;

 anamnesi ostetrica attuale:

 le gravidanze gemellari sono il 10-20% dei parti pretermine e circa il 60% dei gemelli sono pretermine. La sovradistensione uterina, determinante le contrazioni uterine e la pPROM, è considerata uno dei motivi dell’aumento di incidenza di parti pretermine in questa particolare categoria di gravidanza34;

 gravidanza ottenuta con tecniche di riproduzione medicalmente assistita, specie se ad alto livello di tecnologia: il rischio di parto pretermine è maggiore indipendentemente dalla gemellarità35;

 sesso fetale: il parto pretermine è più frequente (55%) nei maschi36;

 anomalie congenite fetali;

 emorragie vaginali, sia associate a placenta previa o distacco di placenta che come fattori indipendenti;

 polidramnios e oligoidramnios;

 interventi chirurgici addominali durante il secondo e il terzo trimestre;

 infezioni intrauterine: studi microbiologici dimostrano che nel 25-40% dei parti pretermine si può identificare un’infezione intrauterina anche se questo dato è verosimilmente sottostimato, viste le difficoltà nell’isolamento del microrganismo. Più è precoce il parto e maggiore è la frequenza di infezione intrauterina. Il germe più frequentemente isolato è Mycoplasma spp, in particolare Ureaplasma urealyticum, e ci sono sempre più evidenze che l’infezione possa essere cronica e subclinica: donne con coltura del liquido amniotico positiva a Mycoplasma durante il secondo trimestre di gravidanza hanno maggior probabilità di parto pretermine29,37. Il germe può raggiungere la

cavità uterina per via ascendente, che è la principale modalità, per via ematogena attraverso la placenta, per inoculo diretto durante procedure invasive, per via retrograda dalle tube di Falloppio. L’infezione attiva la risposta immunitaria innata con conseguente rilascio di citochine proinfiammatorie che, insieme alle endotossine del microrganismo, determinano aumento di sintesi di prostaglandine ed enzimi per la degradazione della matrice extracellulare: le prime inducono le contrazioni uterine, i secondi portano a pPROM;

 vaginosi batterica: definita come un disordine della flora batterica vaginale, si associa a aumentato rischio di parto pretermine anche se il motivo non è noto: i

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microrganismi potrebbero dare un’infezione uterina per via ascendente già nelle prime settimane di gravidanza o addirittura prima del concepimento;

 infezioni materne extrauterine severe come polmoniti, appendiciti, pielonefriti;  scarsa lunghezza della cervice uterina (<2,5cm a 24 settimane di EG) in donna

asintomatica, cioè priva di contrazioni uterine, dimostrata con palpazione digitale e indagine ultrasonografica: più è corto il collo uterino maggiore è il rischio di parto pretermine;

 insufficienza cervicale da malformazioni o precedenti traumi e chirurgia;  presenza di malformazioni uterine e miomi con diametro >5cm;

 disordini ipertensivi della gravidanza (soprattutto per le complicanze accessorie come il distacco di placenta);

 Marker genetici e biologici:

 Il più importante fattore biochimico predittivo di parto pretermine è la fibronectina fetale, fNF, una glicoproteina prodotta dal corion che normalmente si ritrova nel fluido vaginale fino a 16 settimane di EG e ricompare a termine di gravidanza quando iniziano i prodromi del travaglio. Il 3-4% delle donne in gravidanza a 24-26 settimane di EG sono positive alla ricerca della fNF nel fluido vaginale e quindi a rischio di parto pretermine38. Dobbiamo tuttavia sottolineare

che la fibronectina ha soprattutto elevato valore predittivo negativo (97%): se la donna è sintomatica ma la fibronectina è negativa la probabilità che si avrà un parto pretermine nei 7-14 giorni successivi è molto bassa;

 Altri marcatori biochimici utilizzati per la diagnosi del parto pretermine, in particolare se si sospetta la pPROM, sono phIGF-BP1 (proteina legante il fattore di crescita insulino-simile fosforilato) e PAMG-1 (placental alpha microglobulin 1): la prima è una proteina secreta dalle cellule della decidua e si ritrova nel fluido vaginale nel momento in cui le membrane fetali si distaccano dalla decidua e il parto è imminente; la seconda è presente in concentrazione elevata nel liquido amniotico e il suo riscontro nel secreto vaginale è suggestivo di presenza di liquido amniotico nel canale vaginale. Il valore diagnostico di questi marcatori biochimici è simile a quello della fNF, ovvero hanno elevato valore predittivo negativo39;

 IL-6 nel liquido amniotico: ci sono sufficienti evidenze in letteratura che elevati livelli di interleuchina 6 nel liquido amniotico correlano con rischio di parto pretermine, probabilmente perché l’IL-6 è espressione di infiammazione e infezione intrauterina. Tuttavia non è ancora chiara l’eventuale relazione

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temporale tra il momento il cui inizia ad aumentare l’IL-6 e il momento in cui si esplicherà il parto40;

 Fattori genetici: la familiarità per prematurità è abbastanza elevata, considerando che una donna, nata essa stessa prematura o che ha una sorella che ha partorito prematuramente, ha rischio maggiore di andare incontro a parto pretermine. Sembra che l’ereditarietà del parto pretermine segua solo la linea materna e non quella paterna e che insieme a possibili fattori genetici si devono considerare anche fattori di rischio ambientali a cui il nucleo familiare può essere esposto. Diversi studi, che cercano di indagare le possibili basi genetiche di questa predisposizione, si sono concentrati su geni, sia materni che fetali, implicati nella flogosi, come TNF-α e IL-6, nella modificazione della matrice extracellulare, come le MMP (metalloproteinasi extracellulari), e nella regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi, come cortisolo, CRH (Corticotropin Release Hormon) e prostaglandine. Gli studi più recenti si focalizzano anche sul possibile ruolo dell’epigenetica e della proteomica (espressione proteica e funzione delle proteine).

Il parto pretermine iatrogeno, che può esplicarsi come taglio cesareo o induzione del travaglio, non presenta delle indicazioni assolute e tassative ma bensì deriva da una attenta valutazione, che prevede una stretta collaborazione tra ginecologo e neonatologo, di ogni singolo caso: per età gestazionali inferiori a 32-34 settimane si cerca di trovare un compromesso con l’obiettivo di procrastinare anche di poco il parto in modo da ottenere qualche progresso in termini di maturità fetale.

Le principali condizioni patologiche che rappresentano un’indicazione al parto pretermine indotto sono:

Indicazioni materne:

 disordini ipertensivi della gravidanza: questo termine viene utilizzato per indicare diverse patologie che possono complicare la gravidanza e che possono richiedere un’interruzione precoce della stessa. In questa categoria ritroviamo: ipertensione gestazionale, definita come la comparsa di ipertensione dopo la 20 settimana di EG senza altri segni/sintomi di pre-eclampsia in donna precedentemente normotesa 41;

pre-eclampsia, definita come la presenza di ipertensione arteriosa e proteinuria significativa, ovvero proteinuria ≥300mg/24h o rapporto proteine/creatinina urinarie ≥30mg/mmol, riscontrate dopo la 20 settimana di EG in donna precedentemente normotesa e non proteinurica. Se sono presenti segni e/o sintomi di danno d’organo, come oliguria, disturbi visivi, alterazioni neurologiche, si parla di pre-eclampsia severa42; eclampsia

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(comparsa di una o più crisi epilettiche in donna con pre-eclampsia); sindrome HELLP (l’acronimo è stato creato per definire una sindrome, correlata alla pre-eclampsia, caratterizzata dalla presenza di emolisi, aumento dei livelli ematici degli enzimi epatici e piastrinopenia, che si realizza in genere nel terzo trimestre di gravidanza); ipertensione cronica/pre-esistente (ipertensione arteriosa prima della gravidanza o diagnosticata nelle prime 20 settimane di gestazione o che persiste oltre le 12 settimane dal parto). La pre-eclampsia colpisce il 4,6% delle gravidanze a livello mondiale43 e rappresenta una

delle principali cause di mortalità e morbilità materne e fetali. Le complicanze materne principali sono la CID e l’evoluzione verso la eclampsia e HELLP, l’edema polmonare e l’insufficienza renale acuta; le complicanze neonatali sono il parto pretermine (15-67%), la IUGR (10-25%) e il danno neurologico ipossico (<1%) legati all’insufficienza del circolo placentare; la morte perinatale (1-2%), l’aumentato rischio a lungo termine di malattie cardiovascolari riconducibile alla restrizione di crescita e al basso peso alla nascita (ipotesi dell’origine fetale delle malattie dell’adulto)44. Il modello patogenetico

attuale della pre-eclampsia spiega come si realizzi, a causa di un meccanismo immunomediato, una placentazione inadeguata, con carenza di fattori di crescita, eccesso di fattori antiangiogenici e formazione di detriti placentari nella circolazione materna, causa a loro volta di risposta infiammatoria sistemica e disfunzione endoteliale. Il fenotipo finale è comunque modulato dall’assetto metabolico e cardiovascolare materno pre-esistente. Vista la poca chiarezza sull’eziopatogenesi, risulta importante identificare i fattori di rischio in modo da poter diagnosticare precocemente e gestire al meglio questa importante patologia. Tra i principali ricordiamo: precedente pre-eclampsia, familiarità per pre-eclampsia, nulliparità, diabete pre-gestazionale e insulino-resistenza, ipertensione arteriosa cronica, malattia renale cronica, obesità, stato trombofilico (per esempio da Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi, fattori V di Leiden), età materna avanzata, gravidanza gemellare. Tra i fattori predittivi di pre-eclampsia il migliore è la valutazione del flusso ematico in arteria uterina con esame doppler-ultrasonografico durante il secondo trimestre: un flusso anomalo, espressione di resistenze intraplacentari aumentate, indica un elevato rischio di sviluppo di pre-eclampisa. L’obiettivo del trattamento della pre-eclampsia è prima di tutto la salute materna: se ci sono le condizioni sufficienti all’interruzione della gravidanza essa deve essere applicata tempestivamente in quanto è l’unica terapia che cura la pre-eclampsia. Altri trattamenti come la terapia medica dell’ipertensione moderata, i corticosteroidi e l’espansione volumetrica non hanno dimostrato benefici;

 Colestasi gravidica: si tratta di un disordine specifico della gravidanza caratterizzato da prurito generalizzato associato ad aumento dei livelli sierici di acidi biliari e/o

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transaminasi epatiche. L’incidenza in Europa è tra lo 0,1% e l’1,5%. Essa si associa, in particolare quando è grave, a aumentato rischio di diabete gestazionale, pre-eclampsia e parto pretermine;

 Diabete mellito: si distinguono il diabete pre-gestazionale, ovvero presente già prima del concepimento, e il diabete gestazionale che si sviluppa con la gravidanza e si risolve con il parto. Per quanto riguarda il diabete gestazionale, non esiste un consenso unanime sui criteri diagnostici ma l’Italia45 ha recepito quelli elaborati dalla IADPSG nel 2010 46 che si

basano su una curva di carico per os di 75 grammi di glucosio a 24-28 settimane di EG. I valori soglia raccomandati sono glicemia a digiuno >92mg/dL, glicemia ad 1 ora >180mg/dL, glicemia a 2 ore >153mg/dL, definendo la diagnosi con un solo valore alterato dei precedenti. Entrambe le forme di diabete si associano ad aumentato rischio di malformazioni congenite, soprattutto cardiache, del tubo neurale e del tratto urinario, parto pretermine, taglio cesareo, pre-eclampsia, macrosomia fetale, distocia di spalla, polidramnios, ipoglicemie e ipocalcemie neonatali, distress respiratorio neonatale. Le possibili indicazioni al parto pretermine indotto sono alcune delle complicanze del diabete durante la gravidanza quali le malformazioni fetali, la pre-eclampsia e il polidramnios;

 altre patologie materne gravi (ad esempio le neoplasie). Indicazioni fetali:

 morte endouterina: l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce morte endouterina la morte fetale tardiva e delega a ciascuna Nazione la definizione temporale. In generale si considera morte fetale tardiva la morte che si realizza dopo le 22 settimane di gestazione o, se l’EG non è nota, in feto di peso ≥500 grammi. Le principali cause sono malformazioni fetali, IUGR grave, obesità materna, infezioni e distacco di placenta. L’interruzione della gravidanza è indicata per il rischio materno di CID, infezioni e stress psicologico47;

 restrizione di crescita intrauterina (IUGR - vedi anche paragrafo 2.3.2): negli ultimi anni è notevolmente migliorata la capacità di inquadrare correttamente i feti con restrizione di crescita, grazie all’introduzione della velocimetria doppler dei distretti vascolari fetali. Per quanto riguarda il timing del parto le linee guida di varie società scientifiche raccomandano l’espletamento del parto prima delle 32-34 settimane di EG, previa completamento della profilassi steroidea, in caso di anomalie doppler evidenziate su arteria ombelicale, cerebrale media e dotto venoso. Se tali anomalie non sono presenti è raccomandata una stretta sorveglianza della condizione fetale. La modalità del parto è in genere il taglio cesareo perché il travaglio si associa a maggior sofferenza fetale48,49;

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19  alloimmunizzazione materno-fetale;  gravidanza gemellare;

Indicazioni placentari o di altri annessi fetali:

 distacco intempestivo di placenta (o abruptio placentae): si tratta di una patologia che affligge lo 0,5-1% delle gravidanze e si associa a gravi complicanze materne e fetali. Le prime vanno dallo shock emorragico all’insufficienza renale acuta e alla CID, le seconde dalle gravi forme di IUGR, sofferenza ipossica, anemia fino alla morte endouterina. Il distacco di placenta si può realizzare in qualunque momento della gravidanza e nelle forme medio-gravi è indicato provocare il parto, in genere con taglio cesareo: se siamo prima del termine sarà effettuato un parto indotto pretermine che è dettato prevalentemente dall’evoluzione delle condizioni materne poiché la mortalità fetale è molto più elevata di quella materna50;

 polidramnios o oligoidramnios: la valutazione del volume del liquido amniotico, AFV, può essere fatta attraverso il calcolo del indice AFI o la misurazione della tasca massima di liquido amniotico. Si parla di oligoidramnios se l’AFI è <5cm o la tasca massima <3cm; di polidramnios se l’AFI è >24cm o la tasca massima >8cm51. I disordini del volume del

liquido amniotico possono nascere da condizioni fetali o materne note o possono essere idiopatici. Tra le cause più frequenti di oligoidramnios ricordiamo le malformazioni fetali come l’agenesia renale bilaterale e le uropatie ostruttive, patologie materne come la pre-eclampsia e la pPROM; cause di polidramnios sono malformazioni fetali come l’atresia esofagea, malattie materne come il diabete, l’idrope fetale, le gravidanze gemellari. Nel polidramnios l’interruzione della gravidanza in genere è secondaria a procedure di amniocentesi transaddominale decompressiva che induce spesso contrazioni uterine e travaglio; nell’oligoidramnios invece l’interruzione della gravidanza spesso viene attuata perché si evidenzia importante sofferenza fetale50;

 pPROM: può essere sia causa di parto pretermine spontaneo che indotto. La condotta di attesa in assenza di complicanze o di insorgenza di travaglio spontaneo (che si ha in circa il 50% dei casi a una settimana dalla rottura) è in genere raccomandata fino a 32-34 settimane di gestazione. Dalle 34 settimane l’eventualità di interrompere la gravidanza deve essere valutata caso per caso52. La diagnosi di pPROM spesso è semplice e si basa

sulla visualizzazione con speculum sterile di liquido amniotico nel canale cervicale. Vista l’elevata frequenza di infezioni uterine in caso di pPROM, l’esame clinico deve essere fatto minimizzando il rischio di infezione: per questo la palpazione digitale dovrebbe essere evitata. Se l’esame clinico non è dirimente si può ricorrere ad una serie di test per confermare o escludere la pPROM: il test alla nitrazina (normalmente il pH vaginale è compreso tra 4,5 e 6: in presenza di liquido amniotico supera 7); il ferning test (si esegue

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un prelievo sterile dal fornice posteriore, si striscia su vetrino e si lascia seccare: se presente liquido amniotico questo tenderà a cristallizzare creando delle figure visibili al microscopio che ricordano le foglie di felce); il dosaggio di PAMG-1 o phIGF-BP1 nel fluido vaginale; l’ecografia transaddominale per valutare l’eventuale presenza di oligoidramnios53;

 corioamnionite.

2.3.1.2 Complicanze a breve termine della prematurità

Il neonato pretermine si adatta alla vita extrauterina in modo molto difficoltoso a causa sia dell’immaturità del neonato in toto e dei singoli apparati sia delle circostanze che hanno portato al parto pretermine. Per questo motivo è a maggior rischio di sviluppare sequele e patologie più o meno invalidanti: ricordiamo che le complicanze della prematurità, che aumentano al ridursi dell’EG e del peso alla nascita, sono la causa principale di morbilità e mortalità neonatale e infantile.

La stabilizzazione iniziale in sala parto è fondamentale: una corretta gestione del neonato nei primi minuti di vita può ridurre le complicanze a breve termine; per esempio la somministrazione precoce di surfactante può ridurre l’insorgenza della Sindrome da Distress Respiratorio. In un recente report 21, che ha valutato il trend di cure assistenziali, morbilità e

mortalità di neonati VLBW di EG tra 22+0 e 28+6 settimane nati tra il 1993 e il 2012 negli ospedali del NRN (Neonatal Research Network), è stato documentato che il ricorso a manovre rianimatorie e intubazione endotracheale si è avuto rispettivamente nel 9% e 66% dei casi e il rischio di depressione respiratoria aumenta con il ridursi dell’EG: per questi motivi, laddove prevedibile, la nascita di un neonato pretermine dovrebbe realizzarsi in un centro di assistenza di terzo livello, dotato di NICU e la rianimazione dovrebbe seguire linee guida prestabilite54.

Le difficoltà nell’adattamento alla vita extrauterina sono evidenziabili già a partire dall’esame obiettivo del neonato pretermine che presenta differenze significative rispetto al neonato a termine.

Il calo ponderale, che rappresenta la riduzione del peso corporeo nei primi giorni di vita a causa della perdita di liquidi quali urine, meconio e riduzione dell’imbibizione dei tessuti, nel neonato a termine è fisiologico fino all’8-10% del peso iniziale e nei primi 10 giorni. Nel neonato pretermine si può protrarre per 10-15 giorni arrivando ad una perdita anche del 15-20% del peso iniziale.

Il neonato pretermine presenta una prevalente ipotonia muscolare e immobilità, i General Moviments (vedi capitolo 2.5.4.2) e i riflessi neonatali sono difficilmente evocabili a causa dell’immaturità del SNC.

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La cute è molto sottile e traslucida, determinando un aspetto eritematoso (che nel neonato a termine potrebbe esprimere policitemia mentre nel neonato pretermine è più probabile avere anemia); la vernice caseosa è più abbondante.

L’ittero fisiologico compare dopo 36 ore dalla nascita ed è dovuto ad aumento della bilirubina indiretta o non coniugata: nel neonato a termine si ha nel 60% dei casi, raggiunge l’acme in 3°-5° giornata e si risolve entro la prima settimana di vita; nel neonato pretermine è più frequente e può protrarsi per più giorni a causa della maggior immaturità della funzione enzimatica epatica. La probabilità che si sviluppi l’ittero fisiologico aumenta con il ridursi dell’EG ed è costante nei neonati pretermine di alto grado, dove è quasi sempre necessario il ricorso alla fototerapia55.

Nel neonato pretermine il deficit dei fattori della coagulazione, che può portare alla malattia emorragica del neonato, è più marcato perché, oltre alla carenza di vitamina K, che si ha in tutti i neonati, abbiamo anche un’amplificazione del problema per l’immaturità della capacità di sintesi del fegato. I neonati VLBW ed ELBW presentano spesso problematiche ematologiche, in particolare l’Anemia della prematurità. Si tratta di un’anemia multifattoriale che vede il contributo di vari fenomeni: la fisiologica risposta al ridotto consumo di ossigeno, che causa anemia anche nel neonato a termine; perdite di sangue dovute ai prelievi multipli e inevitabili; immaturità della risposta eritropoietica all’anemia; ridotta sopravvivenza degli eritrociti; carenza di ferro, folati e vitamina B12. Generalmente si verifica tra la 4° e l’8° settimana di vita56.

Il precoce trattamento con eritropoietina e supplementi di ferro possono ridurre la necessità di emotrasfusioni che comunque spesso occorrono nei neonati ELBW57,58.

La frequenza cardiaca è più elevata attestandosi tra i 150 e i 180 bpm. L’ipotensione arteriosa è comune e causa di morbilità e mortalità di ELBW e quando si associa a shock ipovolemico è necessario espandere il volume ematico e utilizzare farmaci inotropi come dopamina e dobutamina anche se ci sono controversie sull’approccio migliore da utilizzare59.

A causa dell’immaturità dei centri bulbari del respiro il neonato pretermine tende a presentare un respiro irregolare o periodico (il respiro periodico di Cheyne-Stokes è un respiro che aumenta gradualmente di frequenza e ampiezza, per poi diminuire gradualmente fino ad un periodo di apnea che non supera i 15 secondi) o spasmotico (gasping), che è espressione di una grave sofferenza del centro del respiro. Problematica importante è la Sindrome delle Apnee della prematurità (AOP) ovvero pause respiratorie di durata superiore ai 15 secondi che possono determinare cianosi e bradicardia: anche questo fenomeno dipende dall’immaturità del centro del respiro, mentre il ruolo di anemia e reflusso gastroesofageo è ancora controverso. La probabilità di presentare tale disturbo aumenta con il ridursi dell’ EG. Misure importanti per gestire tale patologia sono la posizione prona, la somministrazione di caffeina, la ventilazione meccanica non invasiva, come la CPAP, e se necessario invasiva60.

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Un rischio importante della nascita pretermine è l’ipotermia: con il passaggio alla vita extrauterina si realizza una rapida perdita di calore per conduzione, convezione, evaporazione e irraggiamento non controbilanciata da un’adeguata produzione. I motivi di questa termodispersione sono vari: elevato rapporto superficie corporea/peso corporeo; scarso tessuto adiposo bruno; cute poco cheratinizzata; ridotte riserve di glicogeno; ridotti movimenti e incapacità di produrre calore con il brivido. L’ipotermia può esitare in ipoglicemia, apnee e acidosi metabolica ma anche in aumentato rischio di displasia broncopolmonare. Per limitare le perdite di calore e prevenire l’ipotermia è necessario asciugare il neonato subito dopo la nascita e utilizzare pannelli radianti in sala parto; posto in incubatrice è necessario mantenere la temperatura a 36-37°C con umidità all’80-90% e se necessario usare interventi addizionali come sacchetti in polietilene per limitare la dispersione di calore, materassi riscaldanti e la marsupio-terapia2,61.

Il neonato pretermine è a maggior rischio di presentare ipoglicemia rispetto al neonato a termine perché ha ridotte riserve di glicogeno e generalmente è sottoposto a maggior condizioni stressanti. Nel neonato pretermine si considera ipoglicemia il riscontro di glicemia <45mg/dl ed è necessario il tempestivo trattamento tramite l’infusione di soluzione glucosata a concentrazioni del 5 o 10%: è bene evitare concentrazioni superiori perché l’iperosmolarità della soluzione potrebbe causare emorragie cerebrali62.

Nel report precedentemente citato21, vengono ricordate le principali complicanze a breve

termine della nascita pretermine, con le rispettive frequenze:  Sindrome da Distress Respiratorio (RDS, 93%);  Displasia broncopolmonare (BDP, 45%);

 Sepsi ad insorgenza precoce e tardiva (EOS e LOS, 2% e 24%);  Enterocolite necrotizzante (NEC, 10%);

 Pervietà del dotto arterioso (PDA, 46%);  Retinopatia del pretermine (ROP, 56%);

 Emorragia intraventricolare severa, grado III e IV (IVH, 15%);  Leucomalacia periventricolare (PVL, 4%).

La Sindrome da Distress Respiratorio, detta anche Malattia delle membrane ialine per la presenza di materiale essudatizio proteinaceo ialino visibile all’esame istologico del polmone, è una patologia tipica della prematurità: la sua incidenza è inversamente proporzionale all’età gestazionale, riscontrandosi nel 60-80% dei neonati di EG<28 settimane. I principali fattori di rischio, oltre alla prematurità, sono il sesso maschile, la gravidanza multipla, il taglio cesareo senza travaglio, l’asfissia, il diabete gestazionale. La RDS vede come causa principale il deficit di surfactante, sostanza prodotta dagli pneumociti di tipo II costituita prevalentemente da lecitina, fosfatidilglicerolo e proteine. Tale sostanza ha attività tensioattiva: si stratifica sulla superficie

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degli alveoli e delle piccole vie aeree e determina riduzione della tensione di parete impedendo il collasso degli alveoli durante la fase espiratoria (legge di Laplace); agisce da lubrificante, riducendo il barotrauma; ha attività immunomodulante. Anche se la produzione di surfactante inizia dalla 20° settimana di gestazione, la quantità prodotta è accettabile a partire dalla 35°: capiamo quindi perché il neonato pretermine ha elevata probabilità di sviluppare RDS. Il principale stimolo alla produzione di surfactante è dato dagli ormoni glucocorticoidi che inducono la differenziazione degli pneumociti di tipi II. La sindrome si manifesta entro 48 ore dalla nascita con tachipnea, cianosi, alitamento delle ali nasali, rientramenti intercostali e sottocostali, l’Rx del torace evidenzia ipoespansione della gabbia toracica, trama reticolo-granulare diffusa a entrambi i campi polmonari e broncogramma aereo63. Se non viene trattata

adeguatamente esita in grave insufficienza respiratoria64. Il cardine del trattamento è la

somministrazione per via endotracheale di surfactante esogeno, in genere di derivazione suina o bovina, possibilmente entro 6 ore dalla nascita. Nei neonati ELBW la somministrazione di surfactante avviene non appena aumentano le richieste di ossigeno, subito dopo la nascita: in pratica si tratta di una somministrazione a scopo preventivo vista l’elevata probabilità di sviluppare RDS. Ricordiamo che i neonati pretermine, in particolare se <32 settimane di EG, richiedono un adeguato e precoce supporto respiratorio, in quanto hanno un’immaturità polmonare significativa: invece che alveoli troviamo sacculi, strutture inadeguate agli scambi gassosi. Il supporto respiratorio può essere di vario tipo: dall’intubazione endotracheale (ventilazione meccanica invasiva) alle tecniche di ventilazione meccanica non invasiva, come la CPAP, che attualmente, ove possibile, sono ritenute da preferire alle tecniche invasive65. Altri

presidi disponibili nei neonati pretermine, soprattutto se ELBW, sono di tipo farmacologico come la somministrazione a scopo preventivo di corticosteroidi prenatali in donne a rischio di parto pretermine tra 24 e 34 settimane di EG (i corticosteroidi infatti accelerano la maturazione degli pneumociti di tipo II66) e l’utilizzo di farmaci in grado di determinare più rapido

svezzamento dalla intubazione endotracheale, come le metilxantile (caffeina o teofillina)67. La

RDS si associa ad elevata mortalità, la quale nonostante si sia ridotta del 50% con l’introduzione della terapia steroidea prenatale e del surfactante, continua ad attestarsi a circa il 40%68.

Significative sono anche le complicanze quali displasia broncopolmonare, pneumotorace, enterocolite necrotizzante, ROP.

La Displasia broncopolmonare BPD rappresenta attualmente la principale causa di Malattia polmonare cronica dell’infanzia, intendendo con quest’ultima qualunque patologia polmonare risultato di disordini respiratori verificatisi nel periodo neonatale69. Attualmente con il termine

BPD si intende, nei neonati pretermine <32° settimana, la persistenza di ossigeno-dipendenza a 36 PMA70. In passato la principale causa di BPD era la RDS, a causa dell’esposizione all’azione

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che porta a eccesso di ROS, radicali liberi dell’ossigeno. Con l’introduzione, come precedentemente detto, della prevenzione steroidea prenatale e della terapia con surfactante, la probabilità di sviluppare BPD a seguito di RDS si è ridotta; tuttavia non si è registrata una contemporanea riduzione di incidenza della BPD che è rimasta stabile o addirittura aumentata negli ultimi due decenni: questo fenomeno è attribuibile all’aumento di sopravvivenza di neonati di EG sempre più basse che sono a maggior rischio di sviluppare questa complicanza71. Il

modello eziopatogenetico attuale prevede che la BPD sia una malattia multifattoriale caratterizzata da arresto del normale sviluppo del parenchima polmonare, con alterazioni della microvascolarizzazione e dell’alveolarizzazione, che esita in un polmone con meno alveoli e di dimensioni maggiori ovvero con minor superficie per gli scambi gassosi. L’arresto dello sviluppo polmonare in parte è attribuibile alla nascita pretermine che vede l’inizio della funzione polmonare quando ancora è in fase di differenziazione (a 26 settimane di EG i polmoni passano dalla fase canalicolare a quella sacculare che si conclude a 38 settimane); oltre a questo dobbiamo considerare fattori prenatali, quali per esempio le corioamnioniti, fattori postnatali, come il danno da ventilazione meccanica, l’edema polmonare, i ROS, le infezioni, e fattori genetici, come la variabilità nell’espressione di geni implicati nella sintesi del surfactante, nella vasculogenesi e nella modulazione dell’infiammazione72. Il rischio di presentare BPD aumenta

con il ridursi dell’EG: tipicamente si ha in neonati <30settimane di EG e VLBW e 1/3 degli ELBW sviluppa BPD che contribuisce in maniera significativa alla morbilità di questa categoria di neonati73. Il quadro clinico è caratterizzato dai segni classici del distress respiratorio associati a

tosse e wheezing (respiro sibilante), tendono a comparire crisi di apnea soprattutto in coincidenza dei pasti. Il trattamento della BPD si basa sull’adeguato supporto nutrizionale e respiratorio con tempestivo trattamento delle infezioni e loro prevenzione tramite l’utilizzo del palivizumab64. Le poche terapie farmacologiche a disposizione, diuretici, corticosteroidi e

broncodilatatori, dovrebbero essere usate con cautela: ad esempio il desametasone non dovrebbe essere usato per prevenire la BPD (a meno che non ci sia necessità di assistenza respiratoria invasiva per più di 2-3 settimane dalla nascita) a causa del deficit di crescita e dei danni neurologici a lungo termine ad esso attribuiti74. Oltre alle problematiche respiratorie a

lungo termine, come una maggior suscettibilità alle infezioni respiratorie, ipertensione polmonare cronica e cuore polmonare, riduzione della funzione polmonare che persiste in adolescenza, espressa come FEV1 inferiore alla norma, la BPD si associa a complicanza non

cardiorespiratorie, in parte attribuibili alla terapia stessa: emorragie cerebrali intraventricolari, deficit di crescita, nefrolitiasi, osteopenia e squilibri idroelettrolitici e alterazioni del neurosviluppo64. Se il neonato pretermine è a rischio di disordini dello sviluppo neurologico,

dalla paralisi cerebrale ai disturbi cognitivi lievi, la BPD rappresenta un fattore di rischio aggiuntivo75.

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La Sepsi neonatale rappresenta ancora oggi un importante fattore che contribuisce alla mortalità e morbilità di neonati pretermine, soprattutto se ELBW76. I neonati pretermine hanno elevata

probabilità di contrarre infezioni per vari motivi: immaturità del sistema immunitario (che si realizza per la ridotta attività macrofagica e dei neutrofili, la ridotta produzione anticorpale, la carenza di anticorpi materni, che attraversano la placenta tanto più facilmente quanto più ci si avvicina al termine della gravidanza), cute sottile (che facilita l’aggressione da parte dei microrganismi), procedure mediche invasive (ventilazione meccanica, nutrizione parenterale, prelievi ematici). Le manifestazioni cliniche della sepsi sono numerose e aspecifiche (ipertemia e soprattutto ipotermia nel pretermine, tachicardia o bradicardia, apnee, aumento delle richieste di ossigeno, acidosi metabolica) e per questo la diagnosi precoce e il trattamento rappresentano una sfida importante: il dosaggio ematico di proteina C reattiva e procalcitonina, per quanto poco specifiche, fanno parte della valutazione diagnostica di routine. Si è soliti distinguere due forme di sepsi in base all’epoca di insorgenza dell’infezione:

 Sepsi precoce o EOS (early-onset sepsis) se esordisce entro 72 ore dalla nascita, ha mortalità vicina al 50% e si ha soprattutto in ELBW a seguito di pPROM e corioamnioniti;  Sepsi tardiva o LOS (late-onset sepsis) se esordisce dopo 72 ore, colpisce dal 25 al 50%

degli ELBW e ha mortalità che oscilla tra il 20 e l’80%.

Questa distinzione è utile per impostare la terapia antimicrobica: in effetti la sepsi precoce deriva dalla trasmissione verticale di microrganismi presenti nel tratto genitale materno, in utero o durante l’attraversamento del canale di parto, mentre la sepsi tardiva deriva da trasmissione orizzontale di germi presenti nell’ambiente ospedaliero, quindi spesso si tratta di infezioni nosocomiali77. Nella EOS i due germi più frequentemente isolati sono Streptococcus del

gruppo B, la cui incidenza si sta progressivamente riducendo grazie alla profilassi antibiotica materna prenatale ma rimane comunque la prima causa di EOS, e Escherichia Coli, che è invece diventato la prima causa di sepsi precoce in neonati pretermine VLBW. Nella LOS invece i germi principalmente coinvolti sono Staphylococcus Aureus, anche meticillino-resistente, Pseudomonas, Klebsiella e Candida albicans76. L’importanza del precoce riconoscimento della sepsi neonatale e

del tempestivo trattamento risiede nel fatto che essa si associa a complicanze a breve termine ma anche a peggior outcome neurologico e auxologico, soprattutto nei neonati ELBW78.

L’Enterocolite necrotizzante è una patologia del tratto gastrointestinale prematuro e rappresenta la più comune emergenza gastrointestinale del pretermine. L’incidenza è inversamente proporzionale all’EG e al peso alla nascita: si riscontra nel 14% degli ELBW e il 90% dei casi occorre in neonati pretermine; la mortalità rimane elevata con un 30% negli ELBW79. La NEC è

considerata una patologia multifattoriale che deriva da eventi simultanei e sinergici che innescano, tramite mediatori della flogosi, un danno necrotico alla mucosa intestinale che può esitare nella perforazione. La prematurità è il principale fattore di rischio: prima delle 32

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settimane di EG l’apparato gastrointestinale non ha concluso la maturazione e presenta un’innervazione incompleta, con insufficiente svuotamento gastrico e duodenale e peristalsi intestinale inefficace che portano a stasi dei nutrienti e proliferazione di flora batterica anomala. L’immaturità della risposta immunitaria e l’utilizzo di antibiotici ad ampio spettro contribuiscono all’alterazione del microbioma riscontrata nei neonati pretermine con NEC. Possono annoverarsi tra le cause anche fattori vascolari, prenatali o postnatale, che provocano ipossia/ischemia della mucosa gastrointestinale. Il 95% delle NEC si realizza dopo l’inizio dell’alimentazione enterale, in particolare se effettuata con latte artificiale: le formule utilizzate sono iperosmolari risultando in un possibile danno alla mucosa intestinale immatura; tuttavia minime quantità di latte, preferibilmente umano, sembrano offrire protezione nei confronti della NEC, probabilmente perché favoriscono la maturazione del tratto gastrointestinale e per le componenti immunologiche presenti all’interno del latte umano che non ritroviamo nelle formule80-82. Il quadro clinico è aspecifico: si sospetta la NEC in caso di comparsa di distensione

addominale, ristagno gastrico e biliare, vomito, sangue nelle feci associati a segni di compromissione sistemica come apnee e distress respiratorio, ipotensione, instabilità della temperatura corporea. Nelle forme più gravi si arriva a perforazione, peritonite e sepsi. La diagnosi si avvale della clinica e di indagini radiografiche che mettono in evidenza i segni tipici della NEC quali la pneumatosi intestinale, l’aeroportia e, in caso di perforazione, lo pneumoperitoneo. Esiste una classificazione della gravità della NEC, il Bell’s staging, basata su clinica, indagini strumentali e di laboratorio utile soprattutto per guidare la scelta terapeutica. Quest’ultima consiste in trattamento medico per le forme più lievi e trattamento chirurgico in caso di necrosi conclamata e perforazione o di fallimento della terapia medica. La terapia medica si basa sul sospendere la nutrizione enterale per 7-10 giorni, attuare terapia antibiotica ad ampio spettro, supportare le funzioni vitali a seconda delle esigenze e monitorare costantemente il quadro clinico e strumentale per valutare l’eventuale progressione della malattia; la chirurgia consiste nella resezione del tratto necrotico81. Le complicanze a lungo termine della NEC sono

riconducibili alla resezione intestinale (Sindrome dell’intestino corto), a eventuali tratti stenotici di intestino o aderenze.

Altra patologia frequente in caso di prematurità è la Pervietà del dotto arterioso, PDA. Si tratta di una delle più frequenti malformazioni cardiache, riscontrandosi nel 5-10% dei nati, e la sua incidenza aumenta con il ridursi dell’età gestazionale e del peso alla nascita: neonati prematuri con EG ≤29 settimane, che presentano distress respiratorio alla nascita, hanno un rischio del 60-80% di sviluppare PDA mentre solo il 2% dei neonati a termine lo sviluppa; l’60-80% dei neonati ELBW sviluppa PDA sintomatica. Il dotto arterioso è un vaso che collega l’arteria polmonare di sinistra all’arco dell’aorta determinando una deviazione del sangue dal circolo arterioso polmonare direttamente nel circolo arterioso sistemico: tale shunt destro-sinistro è

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