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CAPITOLO VII: DERIVE DI UNA DEMOCRAZIA

7.7 Il parere della Commissione di Venezia e la prima raccomandazione della

del 2016

Questa vicenda non si è risolta in una crisi costituzionale dal carattere puramente interno, al contrario è stata collocata nel contesto europeo. Sulla questione, infatti, si sono pronunciati sia la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, sia la Commissione Europea. E tale ultimo aspetto non è di poco conto se si considera che a giudicare su una crisi che mette in pericolo la stabilità della giovane democrazia polacca sono intervenuti proprio gli organi che hanno guidato, attraverso le politiche di condizionalità, la transizione democratica di tale Paese239.

237 J. Sawicki, Democrazie illiberali?, cit., p. 131-132.

238 A. Angeli, Polonia. Le derive di una democrazia (quasi) maggioritaria: tra rischio di paralisi dell’organo di

giustizia costituzionale e dualismo giuridico, cit., p. 11.

239 M. Dicosola, La crisi costituzionale del 2015-16 in Polonia: il fallimento della transizione al costituzionalismo

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La Commissione di Venezia ha pronunciato un parere sulla compatibilità tra gli atti normativi adottati dal parlamento polacco, attingendo alle sentenze di costituzionalità, ai principi tratti dal diritto europeo e comparato, intervenendo così come un arbitro esterno di un conflitto tra poteri dello Stato. La Commissione ha confermato quanto stabilito dal Tribunale Costituzionale polacco, e ha sottolineanto come la crisi costtiuzionale che è scaturita a causa sia dalle decisioni assunte sia dal parlamento in carica che da quello precedente, affermando la contrarietà rispetto al modello dello stato democratico fondato sullo stato di diritto, al principio di separazione dei poteri, all’equilibrio dei potere in nome di uno spirito di leale cooperazione tra gli organi dello Stato, nonché il presidente della Repubblica, il parlamento, il governo e Tribunale Costituzionale240.

Il 13 gennaio 2016 anche la Commissione Europea è intervenuta nella crisi polacca, aprendo una procedura nell’ambito del rule of law framework, che consente di avviare un dialogo con gli Stati membri nel caso in cui emerga una “violazione sistemica” dello stato di diritto, e in particolare, con l’obiettivo di favorire il raggiungimento di soluzioni alla crisi costituzionale, scongiurando il ricorso alla procedura di infrazione di cui all’art. 7 del TUE241.

L’1 giugno 2016 l’esecutivo di Bruxelles ha deciso di dare un parere sullo Stato di diritto in Polonia242, e il 27 luglio 2016 la Commissione, dopo che il Sejm il 22 luglio avesse adottato una nuova legge sulla Corte costituzionale di modifica della precedente, e soprattutto dopo che non è stato possibile trovare una soluzione concordata in un arco di tempo ragionevole, ha a sua volta adottato una raccomandazione sullo stato di diritto in Polonia ritenendo che una serie di provvedimenti presi dal nuovo governo polacco, e in particolare quelli riguardanti la Corte costituzionale, rappresentano una situazione di violazione sistematica dello stato di diritto.

240 Opinione n. 833/2015, CDL-AD (2016)001.

241 L’art. 7 TUE disciplina una procedura diretta prima a censurare e successivamente a sanzionare, con la

sospensione di alcuni diritti, ivi incluso quello di voto, lo Stato membro che ponga in essere una violazione grave dei valori fondamentali dell’Unione sanciti dall’art. 2 TUE.

242 È questa la prima volta che la Commissione dà applicazione del «Nuovo quadro dell’UE per rafforzare lo

Stato di diritto», (11 marzo 2014, COM(2014) 158), presentato l’11 marzo 2014 dalla stessa, con lo scopo «di contrastare le minacce future allo Stato di diritto negli Stati membri prima che si verifichino le condizioni per attivare i meccanismi previsti dall’art. 7 TUE», il Nuovo quadro consente all’esecutivo di Bruxelles di (re)agire non appena vi siano chiare indicazioni di una minaccia sistemica allo Stato di diritto in uno Stato membro, derivanti dal fatto che siano da esso posti in pericolo - ad esempio in seguito all'adozione di nuove misure oppure di prassi diffuse delle autorità pubbliche e alla mancanza di mezzi di ricorso a livello nazionale - l'ordinamento politico, istituzionale e/o giuridico, la struttura costituzionale, la separazione dei poteri, l'indipendenza o l'imparzialità della magistratura, ovvero il suo sistema di controllo giurisdizionale compresa, ove prevista dall’ordinamento costituzionale in questione, la giustizia costituzionale. La procedura ha innanzitutto lo scopo di ricercare, tramite contatti strutturati con lo Stato membro interessato, una soluzione capace di prevenire l’aggravarsi della minaccia sistemica e di evitare che questa si trasformi in un «evidente rischio di violazione grave» di uno dei valori sanciti nell’art. 2 TUE, con la conseguente necessità di ricorrere ai meccanismi previsti dall’art. 7 dello stesso Trattato. Si tratta di uno strumento di controllo del rispetto dello Stato di diritto negli Stati membri, complementare all’art. 7 TUE, più soft e mono formale. Questo si articola su un iter destinato a svolgersi in tre fasi: a una prima valutazione della Commissione potrà far seguito una raccomandazione e il successivo follow-up di quest’ultima.

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Sulla crisi costituzionale polacca è intervenuto anche il parlamento europeo il 13 aprile 2016, adottando una risoluzione non vincolante in merito alla situazione in Polonia, nella quale si esprime grande preoccupazione per la paralisi dell’attività del Tribunale costituzionale in Polonia, che potrebbe rappresentare una seria minaccia per la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto. Venne richiesto così al Governo polacco di rispettare, pubblicare e dare pienamente attuazione alla sentenza del Tribunale costituzionale del 9 marzo 2016, di dare attuazione alle sentenze del 3 dicembre e del 9 dicembre 2015 e di rispettare le raccomandazioni della Commissione di Venezia243.

Nella risoluzione si parlava, inoltre, di dare attuazione a un “dialogo strutturato” tra il governo polacco e la Commissione europea anche su altre questioni che potrebbero costituire gravi violazioni del diritto europeo e dei diritti fondamentali, in particolare ai diritti delle donne,in riferimento al progetto di legge per l’abolizione dell’aborto244, alla nuova Legge sui media ed alla Legge sulla sicurezza, dialogo che come abbiamo da poco annunciato non avvenne.

Le reazioni delle autorità polacche all’avvio della procedura d’indagine da parte della Commissione europea sono state tra il rabbioso e l’indifferente.Il governo polacco è dell’idea che l’azione della Commissione europea, al pari di quella della Commissione di Venezia, si configurino come un’interferenza negli affari interni della Polonia. In una dichiarazione alla stampa, il primo ministro di allora Szydło ha dichiarato, in termini alquanto drastici, che il governo polacco non è disposto a «introduce into the Polish legal system any recommendations that are incompatible with the interests of the Polish state, which are not compatible with the interests of Polish citizens»245.

7.8 La crisi parlamentare sul finire del 2016 e la cronicizzazione della crisi