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Il processo di democratizzazione della Polonia tra consolidamento e battute di arresto. Un’analisi alla luce dell’evoluzione politico-istituzionale

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea Magistrale in Studi Internazionali (LM-52)

Curriculum: Geopolitica degli interessi europei nell’era della globalizzazione

TESI DI LAUREA

Il processo di democratizzazione della Polonia tra

consolidamento e battute di arresto.

Un’analisi alla luce dell’evoluzione politico-istituzionale.

ANNO ACCADEMICO 2019-2020

CANDIDATA

RELATORE

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Il processo di democratizzazione della Polonia tra

consolidamento e battute di arresto.

Un’analisi alla luce dell’evoluzione politico-istituzionale.

Indice

Introduzione ... 4

CAPITOLO I: CRONOSTORIA COSTITUZIONALE ... 7

1.1 Dalla formazione del Regno di Polonia all’occupazione russa ... 7

1.2 La rinascita della Polonia: la costituzione del 1921 e del 1935 ... 13

1.3 L’occupazione nazista e sovietica ... 16

1.4 L’inizio dell’oppressione comunista... 17

1.5 La costituzione della Repubblica popolare polacca del 1952 ... 20

CAPITOLO II: LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA ... 24

2.1 Alcune premesse introduttive: il modello del costituzionalismo socialista e il modello del costituzionalismo liberale ... 24

2.2 Breve concettualizzazione della transizione democratica... 28

2.3 Il collasso del sistema comunista ... 31

2.4 La fasi della transizione democratica polacca ... 32

2.5 Gli accordi della Tavola Rotonda ... 34

2.6 La presidenza attiva di Wałęsa... 40

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2.8 L’approvazione della Costituzione del 1997 ... 53

CAPITOLO III: QUADRO POLITICO ... 55

3.1 Il pluripartitismo ... 55

3.2 La regolamentazione dei partiti politici ... 59

3.3 La disciplina costituzionale e legislativa dei sistemi elettorali ... 62

3.4 Evoluzione delle forze di maggioranza: dalla prima coabitazione agli attuali sviluppi ... 67

CAPITOLO IV: ORGANIZZAZIONE COSTITUZIONALE DELLO STATO POLACCO ... 78

4.1 “La Repubblica Polacca è uno stato democratico di diritto che realizza i principi di giustizia sociale.” ... 78

4.2 Il parlamento bicamerale ... 81

4.3 Il presidente della Repubblica ... 87

4.4 Il consiglio dei ministri e l’amministrazione dello Stato ... 94

4.5 La forma di governo della Repubblica di Polonia ... 102

CAPITOLO V: LE FONTI DEL DIRITTO E GLI STRUMENTI GIURIDICI DI DECISIONE POLITICA ... 105

5.1 La Costituzione ... 105

5.2 Le fonti del diritto internazionale ... 108

5.3 Il processo legislativo ... 111

5.4 La tutela dei diritti ... 117

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CAPITOLO VI: LA POLONIA E L’UNIONE EUROPEA ... 128

6.1 Le priorità di politica estera della Polonia ... 128

6.2 La strada per l’adesione all’Unione Europea ... 129

6.3 Il referendum per l’adesione ... 133

6.4 Il ruolo della Polonia nella delineazione delle nuove istituzioni europee ... 135

6.5 La Polonia nell’Unione Europea ... 139

CAPITOLO VII:DERIVE DI UNA DEMOCRAZIA ... 142

7.1 Premesse introduttive: il funzionamento del sistema giudiziario in Polonia ... 142

7.2 Uno sguardo ravvicinato al sistema di giustizia costituzionale ... 144

7.3 Nuovi populismi antidemocratici? ... 148

7.4 L’evoluzione della forma di governo ... 151

7.5 Il sabotaggio della Costituzione ... 153

7.6 Le riforme sul Tribunale Costituzionale ... 154

7.7 Il parere della Commissione di Venezia e la prima raccomandazione della Commissione europea sul pericolo della lesione dello stato di diritto in Polonia del 2016 ... 159

7.8 La crisi parlamentare sul finire del 2016 e la cronicizzazione della crisi costituzionale ... 161

Conclusioni ... 170

Elenco degli autori citati ... 174

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Introduzione

Questo studio si prefigge di ripercorrere le tappe costituzionali della Stato polacco, partendo dalla sua nascita 1054 anni fa, passando per le fasi del processo di transizione democratica sotto la sovranità socialista, sino ai più recenti sviluppi, che hanno visto una chiara involuzione autoritaria della Polonia ad opera del partito di maggioranza “Diritto e Giustizia”, salito al potere nel 2015.

Nato nel 966 lo Stato polacco, sotto la monarchia della dinastia dei Piast, venne cristianizzato e divenne così parte della civiltà latina. Sin dai primi anni della propria nascita, la Polonia a più riprese venne invasa dai suoi vicini europei e cessò di fatto di esistere, ma proprio grazie al ruolo della Chiesa, che fu di primaria importanza, le sue strutture conservarono una dimensione nazionale.

Con Casimiro il Grande (Kazimierz Wielki) avvenne la codificazione delle leggi, ed prese così avvio il periodo di costituzionalismo polacco.

Il medioevo si caratterizzò in una prima fase nella formazione di un sistema inedito di “democrazia nobiliare”, dove un’assemblea costituita dai magnati e dalla media e piccola nobiltà, avevano determinato una vera e propria limitazione del potere regio.

Con l’Unione di Lublino del 1569, nasce la Repubblica delle Due Nazioni (Rzeczpospolita obojga Naródow, polskiego i litiewskiego). Un’unione tra il Regno di Polonia e il Granducato di Lituania: in comune i due Stati avevano il monarca, il parlamento, la valuta e la politica estera. Si manteneva la separazione delle amministrazioni, dei tribunali, del tesoro e dell’esercito. Nella storia d’Europa fu questa la prima unione tra Stati basata non sulla forza o per effetto di una decisione dei regnanti, ma sulla volontà dei cittadini.

Dalla metà del Cinquecento si passò progressivamente e irreversibilmente dalla democrazia dei nobili all’oligarchia dei magnati. Furono sciolte quasi tutte le assemblee locali, aprendo la strada al completo indebolimento della Rzeszspolita

Obojga Narodów. Le potenze confinanti, che rafforzavano i loro sistemi assolutistici,

erano interessate a conservare l’inerzia e la debolezza del potere in Polonia, considerandola alla stregua di uno Stato cuscinetto, finché nel 1772 l’Austria, la Russia e la Prussia in concerto decisero di procedere a una prima spartizione dei territori polacchi. Nonostante questo, nel maggio 1791 venne adottata la prima Costituzione scritta in Europa (e la seconda al mondo dopo quella degli Stati Uniti), con il tentativo di creare una forma statale moderna, ma le spartizioni continuarono finchè la Polonia scomparve dalla cartina geografica per 123 anni.

La sua tradizione parlamentare però non venne mai abbandonata, come confermato dalla Costituzione della Repubblica di Polonia del 1921 post Prima guerra mondiale, avvenimento dopo il quale lo Stato è rinato, ma che ha, dopo poco, determinato il lungo periodo di dominazione sovietica.

L’1 settembre 1939 la Polonia venne invasa dalle truppe del Wehrmacht e il 17 settembre dall’Armata rossa, come deciso dal Protocollo segreto allegato al Patto di non agressione Ribbentropp-Molotov del 23 agosto 1939, e venne così messa in

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atto la quarta spartizione del paese. Quando venne proclamata la fine della seconda guerra mondiale, il territorio della Polonia restava sotto il totale controllo dell'Unione Sovietica: quasi la metà del suo territorio fu nuovamente annesso all’Urss, l’altra metà rimase sotto il controllo di una vera e propria dittatura comunista pilotata da Mosca.

Il controllo comunista fu espresso con chiarezza dalla Costituzione della Repubblica popolare polacca del 1952, con la quale nasceva uno Stato di stampo socialista a tutti gli effetti sotto il controllo del Partito Operaio Unificato Polacco - POUP (Polska Zjednoczona Partia Robotnicza - PZPR). Duri anni furono attraversati sotto il comunismo finché il paese, dopo aver innescato, con gli scioperi di Danzica guidati dal movimento sindacale Solidarność, l’ondata di democratizzazione, fece implodere il sistema sovietico

Nell’analisi della transizione democratica polacca si potrebbe parlare di «doppia transizione»: un processo di transizione democratica dal sistema socialista, attraverso gli accordi della Tavola rotonda ed alcune conseguenti revisioni costituzionali, e una fase successiva di consolidamento della trasformazione costituzionale indirizzato dai processi di integrazione europea.

Nel 1992 venne approvata la Piccola Costituzione, un documento costituzionale provvisorio, in attesa di una nuova Costituzione, poi approvata nel 1997 e grazie alla quale la Polonia ottenne la “legittimazione democratica” da parte della Comunità internazionale, che portò al suo ingresso alla Nato nel 1999 e nell’Unione Europea nel 2004. Infatti a Costituzione della Repubblica di Polonia, approvata il 2 aprile 1997, identifica finalmente e nuovamente alla nazione la sovranità dello Stato.

L’organizzazione della Repubblica polacca, che vedremo nel dettaglio, si fonda sulla separazione e l’equilibrio tra il potere legislativo, esercitato dal Sejm e dal Senato, il potere esecutivo, esercitato dal presidente della Repubblica e dal consiglio dei ministri, e il potere giudiziario, esercitato dalle corti e dai tribunali (art. 10, Cost., P). Si è costituito un sistema aperto, in cui identità nazionale e apertura sovranazionale si tengono insieme, con la previsione costituzionale degli accordi internazionali ratificati tra le fonti universalmente vincolanti. Collegato a tale tema vi è quello della tutela dei diritti, che ha rappresentato un indice essenziale del rinnovamento degli ordinamenti costituzionale dei Paesi dell’Europa centro-orientale. Dell’opera di consolidamento del sistema democratico e consensuale di Wałęsa, primo presidente della Repubblica eletto a suffragio universale e leader del movimento sindacale “Solidarność” protagonista della transizione democratica, oggi resta solo un ricordo.

La Polonia sta infatti vivendo un’involuzione in senso autoritario ad opera del partito Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość – PiS), un partito ultra-conservatore che dal 2015 detiene tutte le cariche politiche di rilievo del paese, e che con le sue controverse riforme ha portato, attraverso mezzi anticostituzionali, ad un’indebita ingerenza dell’esecutivo nella sfera del potere giudiziario. Sono proprio

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quei principi, che abbiamo appena accennato, su cui si fonda lo Stato polacco, nonché lo stato di diritto, ad essere stati lesi.

È stata inevitabile la reazione dell’Unione europea in protezione di tali valori lesi, fondanti dell’Unione stessa, ma i margini per evitare un ulteriore aggravamento della crisi, dagli esiti imprevedibili, risultano essere sempre più ridotti.

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Capitolo I

CRONOSTORIA COSTITUZIONALE

1.1 Dalla formazione del Regno di Polonia all’occupazione russa

I polacchi sono i discendenti degli Slavi insediatisi fin dal VI secolo d.C. in Europa centrale e orientale. Con il tempo queste popolazioni iniziarono a creare delle proprie entità statali. Una di esse, alla metà del X secolo, era retta dal granduca Mieszko I della dinastia dei Piast, che nel 966 dopo aver compiuto una grande opera di riunificazione dei territori abitati dai polani (termine che deriva da pole cioè capo, radura), decise di accogliere il battesimo.

L’origine dello Stato polacco ebbe inizio così 1054 anni fa, con la conseguente cristianizzazione dell’intero paese. L’accettazione del cristianesimo rafforzò il giovane Stato sia internamente che nell’arena internazionale. La Polonia divenne parte della civiltà latina e Mieszko un parigrado degli altri regnanti europei.

Nel 1025 fu Boleslao l’Intrepido (Bolesław Chrobry) ad essere incoronato il primo re di Polonia, a seguito di varie conquiste territoriali che estesero così la sua sovranità. Il Regno di Polonia dopo alcuni anni venne investito da una crisi di lunga durata.

I vicini occidentali, orientali e meridionali attraversavano i confini a più riprese, i sostenitori delle antiche credenze pagane si ribellavano e i regnanti si avvicendavano. Dopo l’invasione ceca del 1038, lo Stato polacco cessò di esistere. Esso fu in breve ricostruito dal figlio di Mieszko, Casimiro il Rinnovatore (Kazimierz Odnowiciel).

Di primaria importanza fu il ruolo della Chiesa, le cui strutture avevano conservato una dimensione nazionale. Con Casimiro il Grande (Kazimierz Wielki) avvenne la codificazione delle leggi. Furono estesi i diritti degli ebrei, stabilitisi in Polonia a partire dalla fine dell’XI secolo. Il re riformò l’amministrazione, costruì molte fortezze, chiese, oltre a promuovere l’edificazione di mura cittadine. Il suo regno fu caratterizzato da un considerevole sviluppo economico. Casimiro non ebbe un erede maschio e dopo la sua morte avvenuta nel 1370, la corona polacca andò, in forza di un precedente accordo, a Luigi d’Angiò re d’Ungheria.

Egli ebbe un ruolo fondamentale nell’evoluzione cotituzionale della Polonia, concedendo nel 1374 la Carta sui privilegi di Košice, in cambio del consenso dei nobili alla trasmissione al trono alla sua secondogenita Edvige. Tale carta sancì il principio della necessità del consenso per i carichi fiscali straordinari della szlachta,

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l’assemblea costituita dai magnati e dalla media e piccola nobiltà, determinando così una vera e propria limitazione del potere regio1.

Nel 1386 la giovane regina sposò il granduca lituano Jogaila (Jagellone), che si era precedentemente battezzato e aveva decretato la cristianizzazione del proprio paese. Tali nozze sancirono la creazione di un’unione personale tra il Regno di Polonia e il Granducato di Lituania, prevista dagli accordi di Krewa del 1385. Jogaila prese il nome di battesimo di Ladislao, mentre con il suo nome lituano fu indicata la nuova dinastia, gli Jagelloni.

Per assicurare ai propri discendenti la corona polacca, Ladislao Jagellone e i suoi successori estesero sistematicamente i privilegi della szlachta, decretando un continuo aumento della riduzione del potere regio. I nobili ottennero infatti nel 1454, la concessione della Carta di Chojnice-Nieszawa, secondo la quale il monarca doveva richiedere il consenso dei sejmik (dietine), assemblee di nobili locali formatisi dal IX secolo, non solo più per imporre tasse, ma anche per chiamare a raccolta i coscritti.

Nel corso del Quattrocento l’equilibrio nei rapporti tra potere regio e nobiltà andò a deteriorarsi. Ogni elezione fu un cedimento o un patteggiamento con le diete su prerogative e diritti2. Si giunse alla formazione di un sistema inedito per l’Europa del tempo, che prese il nome di “democrazia nobiliare”.

Nel 1493 il consiglio reale si tramutò in Senato, i cui componenti erano quindi vitalizi, e i rappresentanti dei sejmik, eletti nelle assemblee nobiliari regionali, formarono il Sejm, cioè la camera bassa del parlamento. Questo organismo dominato dai nobili, doveva essere consultato per tutte le questioni politicamente rilevanti. Agli inizi del Cinquecento le prerogative di questa assemblea vennero consolidate con un atto emanato dal monarca Alessandro Jagellone (Aleksander Jagiellończyk).

La Costituzione Nihil Novi del 1505, rimetteva le decisioni del re, all’approvazione di una legge e al consenso del parlamento. Tale documento diede inzio così al parlamentarismo polacco. Data la rilevanza numerica della nobiltà, in Polonia l’esercizio del potere spettava a una fetta consistente della popolazione, pari all’8–10%. L’ultimo re della dinastia Jagellone fu Sigismondo II Augusto (Zygmunt II August, 1548–1572). Egli mise in atto, con l’Unione di Lublino nel 1569, la trasformazione dell’unione personale del Regno di Polonia e il Granducato di Lituania in un’unione reale. Lo Stato appena sorto fu chiamato Repubblica delle Due Nazioni (Rzeczpospolita obojga Naródow, polskiego i litiewskiego). In comune i due Stati avevano il monarca, il parlamento, la valuta e la politica estera. Si manteneva la separazione delle amministrazioni, dei tribunali, del tesoro e dell’esercito. La nobiltà lituana ottenne gli stessi diritti di quella polacca.

Nella storia d’Europa fu questa la prima unione tra Stati basata non sulla forza o per effetto di una decisione dei regnanti, ma sulla volontà dei cittadini.

Il 1572 segnò l’estinzione della dinastia dei Jagelloni, a seguito della morte di Sigismondo II Augusto, e l’anno successivo diventò primo re di Polonia, il principe francese Enrico de Valois (in polacco Henryk Walezy). In cambio della sua

1 C.Filippini, Polonia, il Mulino, Bologna 2010, p. 19.

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proclamazione, i nobili riuscirono ad ottenere la sottoscrizione degli Articuli

Henriciani, che istituì un vero e proprio sistema democratico. Il monarca non riceveva

la corona sulla base del principio ereditario, ma era eletto dall’insieme della nobiltà nelle assemblee elettive. Il parlamento divenne il principale organo di potere, assicurando così la partecipazione al potere a tutto il ceto nobiliare, cioè a quasi un decimo della popolazione. Infatti il re avrebbe dovuto coinvolgere il Sejm almeno ogni due anni per sei settimane. Si garantiva alla nobiltà il diritto di rompere il rapporto di lealtà con il monarca in caso di sua mancata osservanza. Un’altra caratteristica singolare fu la stipulazione dell’Atto della Confederazione di Varsavia sulla libertà di confessione religiosa, decretata in tutto lo Stato, in un’epoca in cui alle porte orientali dell’Europa la monarchia ortodossa era retta dal dispotismo zarista e all’ovest del continente, in seguito a sanguinose guerre di religione, si sanciva l’imposizione ai sudditi della religione del monarca.

Tutti i re elettivi avrebbero rispettato l’intero contenuto degli Articuli

Heniciani, ma anche i Pacta conventa, accordi che la nobiltà magnatizia concludeva

di volta in volta con il sovrano eletto.

Tutto il corso del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento sancirono un’epoca di massimo splendore sotto il profilo politico e culturale. Tra i molti esempi di architettura rinascimentale conservati fino ad oggi in Polonia c’è la città di Zamość, interamente costruita in questo stile. In questo periodo fu attivo uno dei più grandi poeti polacchi, Jan Kochanowski. Lo scrittore politico Andrzej Frycz Modrzewski, noto in tutta Europa, propose il postulato dell’uguaglianza di tutti i ceti di fronte alla legge. Il più grande scienziato dell’epoca fu il polacco Niccolò Copernico. Si diffusero in breve tempo i libri a stampa, e i figli della nobiltà polacca frequentavano le università di tutta Europa.

Dalla metà del Cinquecento, come è stato osservato, «si passava progressivamente e irreversibilmente dalla democrazia dei nobili all’oligarchia dei magnati»3. La media nobiltà fu sempre più assoggettata alle grandi dinastie, diventandone uno strumento di lotta politica. Le assemblee locali si trasformarono in un terreno di scontro tra oligarchi con lo scopo di accrescere la propria forza. Ciò fece sì che il centro del potere, che nella democrazia nobiliare era costituito dal parlamento, restasse sempre più spesso paralizzato. Si assistette alla frequente applicazione del principio del liberum veto4, che in precedenza proteggeva il ceto

nobiliare dalle violazioni dei principi di democrazia, divenne un pretesto per interrompere l’assemblea da parte di un singolo deputato.

Il prevalere dell’oligarchia magnatizia sulla media e piccola nobiltà e le crescenti limitazioni al potere regio condussero alla disgregazione delle strutture del potere. Furono sciolte quasi tutte le assemblee locali, aprendo la strada al completo indebolimento della Rzeszspolita Obojga Narodów.

3 Ibidem, p. 611.

4 Il Liberum veto era la possibiltà di bloccare con un solo voto contrario le decisioni assunte sia dal Sejm

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Le potenze confinanti, che rafforzavano i loro sistemi assolutistici, erano interessate a conservare l’inerzia e la debolezza del potere in Polonia, considerandola alla stregua di uno Stato cuscinetto. Ingerenze sempre maggiori agli affari interni, bloccarono ogni tentativo di rinnovamento delle strutture dello Stato, finché nel 1772 l’Austria, la Russia e la Prussia in concerto decisero di procedere a una prima spartizione dei territori polacchi, dividendo oltre 200 mila chilometri quadrati di territorio, abitato da 4,5 milioni di persone.

Di fronte a tali eventi nel 1788 iniziò l’attività della Sejm dei Quattro Anni, che diede avvio al rinnovamento dello Stato. Venne promulgata il 3 maggio la Legge sul governo (Ustawa Rządowa) che poneva i principi per una completa riorganizzazione del paese dal punto di vista politico, economico e sociale allo scopo di ricompattarlo; venne ripudiato il principio del liberum veto e fu ribadita come dominante la religione cattolica. Seguì la promulgazione della «Costituzione di maggio» del 1791, tentativo originale di introdurre una forma statale moderna che facesse convivere la democrazia nobiliare con un forte potere centrale e una monarchia ereditaria5. Fu la prima costituzione scritta in Europa e la seconda al mondo dopo quella americana. Il re, definito come capo e padre della nazione, era sempre posto al capo dell’esecutivo. Egli presiedeva il Consiglio di sorveglianza composto da cinque ministri da lui nominati, il primate, due segretari senza diritto di voto, il maresciallo del Sejm e l’erede al trono maggiorenne. Il potere legislativo era in mano al Sejm bicamerale nell’ambito del quale il Senato (Izbę Senatorską) poteva solo ritardare l’adozione delle leggi votate dalla Camera Bassa (Izbę Poslską). Prevendo un re in capo al potere esecutivo e un parlamento che esercitava il potere legislativo, la forma di governo polacca poteva essere pienamente assimilata ad una monarchia costituzionale, ma al contempo anche un’approssimazione della forma di governo parlamentare ove si prevedeva che gli atti del re dovevano essere controfirmati dal ministro competente e che i singoli ministri, potevano essere sottoposti ad impeachment e potevano essere sfiduciati dai due terzi dei voti dei componenti delle due Camere del parlamento riunite in seduta comune6.

Purtroppo la costituzione e tutta l’attività dell’assemblea cessarono con l’intervento russo, che costrinse il re Stanislao Augusto Poniatowski a convocare un Sejm, secondo regole non più in vigore, e così, in maniera illegittima, dichiarò la fine dell’efficacia della Costituzione di maggio.

Nel 1793 ebbe luogo una seconda spartizione della Polonia: Prussia e Russia occuparono oltre 300 mila chilometri quadrati di territorio polacco. Nel paese iniziò così, la lotta per l’indipendenza. L’insurrezione nazionale del 1794 venne capeggiata da Tadeusz Kościuszko, già eroe della guerra d’indipendenza degli Stati Uniti, a cui, per la prima volta, parteciparono anche i contadini. Dopo i successi iniziali, l’insurrezione di Kościuszko dovette arrendersi alla supremazia degli eserciti russo e prussiano. La sconfitta comportò la terza e definitiva spartizione, alla quale partecipò

5 Sul punto si veda I. Wawrzyniak, La Polonia e le sue Costituzioni dal 1791 ad oggi, Maggioli Editore, Rimini,

1992.

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nuovamente l’Austria e che portò alla scomparsa del Regno di Polonia dalla carta geografica dell’Europa per 123 anni.

Delle concrete possibilità di riappropriarsi dell’indipendenza si palesarono dalle campagne napoleoniche. Nel 1797 in Italia nacquero le Legioni Polacche comandate dal generale Jan Henryk Dąbrowski e il loro canto, la Mazurca di Dąbrowski, diventò l’inno nazionale polacco.

Nel 1807, a seguito delle vittorie di Napoleone contro la Prussia e l’Austria, e successivamente contro la Russia, nacque il Ducato di Varsavia, piccolo troncone subordinato alla Francia, che avrebbe dovuto costituire la base della ricostruzione della Polonia. Dal luglio dello stesso anno, il Ducato polacco ottenne una Costituzione ottriata7, concessa da Napoleone Bonaparte. La sua esistenza però fu breve, in seguito alla ritirata di Napoleone dai territori russi, e alla sua sconfitta nella Battaglia di Lipsia nel 1813. Ciò portò all’occupazione dei territori polacchi da parte dell’esercito zarista, dove venne istituito un Consiglio provvisorio per governarlo.

Il Congresso di Vienna del 1815 attuò una nuova divisione delle terre polacche. Venne ribadito il diritto di Austria, Prussia e Russia di annettere nuovamente i territori polacchi precedentemente posseduti, ad esclusione di Cracovia, proclamata città libera.

Nel territorio incorporato dalla Russia, secondo il principio dell’unione personale di Stati, venne istituito il Regno di Polonia con limitata autonomia. L’imperatore russo Alessandro I, seguendo quanto stabilito nell’atto finale di Vienna, concesse una Costituzione. Al vertice del potere esecutivo vi era lo zar, contemporaneamente imperatore russo e re di Polonia, il quale esercitava le sue prerogative attraverso il Consiglio di Stato polacco ad esso subordinato. Il potere legislativo era in mano sia al re che al nuovo Sejm, composto da un Senato, formato da nobili di ceto elevato nominati direttamente dal re, e da una Camera degli ambasciatori, formata dai deputati eletti in assemblee locali dei nobili. Il parlamento polacco godeva di diverse competenze come il bilancio, il sistema finanziaro, le imposte, la legislazione di leggi di diritto amministrativo e processuale, mentre all’imperatore spettava il potere esclusivo di iniziativa legislativa, il potere di sanzionare le leggi e soprattutto quello di sciogliere il parlamento. I contrasti e le repressioni si fecero sempre più diffuse. Nacquero diverse organizzazioni patriottiche clandestine, nei confonti delle quali venne adottata una brutale repressione.

Nel dicembre 1830 un gruppo di giovani sottufficiali scatenò la prima Insurrezione di Varsavia, alla quale parteciparono anche le élites politiche e militari. Un’insurrezione scoppiò anche in Lituania, ma fu frenata totalmente dall’esercito zarista. L’esito fu una repressione di massa, la fuga dal paese di migliaia di persone, soldati, attivisti politici, gente del mondo della cultura, migrazione che passò alla

7 Una costituzione ottriata (octroyée) è una carta costituzionale che definisce i principi fondamentali

dell'ordinamento di uno stato, la cui emanazione, a differenza della costituzione che è espressione di un'assemblea costituente sovrana, secondo il modello stabilito dalle rivoluzioni americana e francese, è direttamente dipendente dalla volontà e dall'autorità del re, identificandone in tal modo il carattere concessivo e limitato.

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storia come la Grande Emigrazione. Gli esuli intrapresero numerose iniziative politiche, cercando alleati alla causa polacca.

Venne di fatto soppressa l’autonomia del Regno di Polonia e revocata la costituzione, in sostituzione alla quale venne emanato, il 26 febbraio 1832, uno «Statuto organico». Questo prevedeva l’eliminazione del parlamento polacco e la sostituzione del Consiglio di Stato con un Consiglio di amministrazione, di fatto guidato dallo zar.

Nel 1863 scoppiò l’Insurrezione di Gennaio, che ebbe carattere di una guerra partigiana. Fu creato uno Stato ombra con un governo e un’amministrazione clandestina. Gli approvigionamenti e le armi provenivano dall’estero, agli scontri con l’esercito russo presero parte volontari italiani, ungheresi e francesi. All’insurrezione ci fu una cospicua presenza di sacerdoti. La Chiesa infatti svolse un ruolo molto importante, vicina agli esuli polacchi, era l’unica istituzione che univa le persone al di là dei confini dei territori occupati.

In seguito alla seconda insurrezione venne revocato lo Statuto e l’imperatore Alessandro II procedette con la russificazione dei territori polacchi, che vennero gestiti sotto il suo diretto controllo. Si procedette ad introdurre il modello di ripartizione territoriale amministrativa vigente nell’impero russo: governatorati con a capo i rispettivi governatori incaricati di amministrare il territorio per conto dello zar. Nei territori di occupazione prussiana fu messa in atto la germanizzazione della società polacca, la cosidetta Kulturkampf 8, che prevedeva ad esempio l’eliminazione della lingua polacca nelle scuole e la lotta al cattolicesimo.

La zona sotto occupazione austriaca, si distinse da questo tipo di direzione. Grazie all’ottenimento di una certa autonomia, si rese possibile lo sviluppo della cultura e dell’istruzione polacca. Si diffusero nuovi movimenti politici: popolare, socialista, nazionaldemocratico, e successivamente cristiano-democratico. Cercarono di diversificare la vita politica, in gran parte tentando di sfruttare le possibilità di partecipare alle elezioni.

Nella zona di occupazione russa ci fu un’animata attività clandestina, condotta dai socialisti, i quali presero anche parte alla rivoluzione in Russia del 1905. Uno dei capi del movimento era Józef Piłsudski. Egli si trasferì nelle terre di occupazione austriaca, dove formò diverse organizzazioni clandestine, che avrebbero dovuto condurre la lotta per l’indipendenza.

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1.2 La rinascita della Polonia: la costituzione del 1921 e del 1935

Lo scoppio della Prima guerra mondiale cambiò la situazione nello scacchiere delle forze occupanti i territori polacchi. La Russia era alleata della Francia e della Gran Bretagna; Germania e Austria-Ungheria si trovavano nell’alleanza dei cosiddetti “imperi centrali”. I polacchi si videro impegnati nei rispettivi eserciti, vedendosi costretti a combattere tra loro.

In questo clima nacquero le legioni polacche, una delle quali comandata da Józef Piłsudski, che formò clandestinamente l’Organizzazione Militare Polacca, con l’obiettivo di conquistare l’indipendenza.

L’avanzata delle truppe austriache e tedesche scacciarono l’esercito zarista dai territori del Regno di Polonia e di parte di quelli del Granducato di Lituania. Alla fine del 1916 le potenze centrali sollevarono la questione dell’indipendenza della Polonia. Emisero una dichiarazione congiunta in cui si instituì inizialmente un Consiglio governante e poi nell’ottobre del 1917 un Consiglio di reggenza polacco. Nello stesso anno in Russia scomparve lo zarismo e le nuove autorità russe dichiararono il loro assenso alla ricostruzione della Polonia, legata a questa da un’alleanza.

Nel 1918 venne dichiarata l’indipendenza e Józef Piłsudski tornò a Varsavia come l’eroe della liberazione polacca, colui che aveva combattuto contro l’esercito russo, ed era stato anche prigioniero dei tedeschi nella prigione di Magdburgo. Piłsudski, dopo aver fondato il Partito socialista polacco, proclamò la nascita della Repubblica Polacca, ma rifiutò di assumere la direzione del governo, che con un decreto lo investì della «Massima autorità della Repubblica», cioè Capo di Stato provvisorio, sino all’elaborazione di una nuova Costituzione. « La Polonia era il più grande degli Stati rinati dopo la prima guerra mondiale o apparsi per la prima volta sulla mappa d’Europa nell’ambito di quello che era definito l’ “ordine di Versailles”»9.

Il Sejm costituente eletto il 26 gennaio 1919 decise inizialmente di emanare una risoluzione riguardante da un lato, i compiti provvisori degli organi dello stato e, dall’altro, veniva confermato al maresciallo Józef Piłsudski il ruolo di Capo di Stato anche dopo l’approvazione della nuova Costituzione.

La Risoluzione del 1919 passò alla storia come Piccola Costituzione polacca. In essa si ridimensionavano i poteri del Capo dello Stato: era «il rappresentante supremo dello Stato», «organo esecutivo supremo delle decisioni del Sejm in ambito civile e penale», ma era responsabile di fronte al Sejm, organo al vertice del potere legislativo. La nuova Costituzione della Repubblica di Polonia fu adottata nel 1921, creando così una forma di governo parlamentare. Da questo nuovo testo costituzionale il termine Sejm veniva utilizzato per indicare una delle camere del parlamento, cioè la Camera bassa formata da 444 deputati, e non più l’intero parlamento bicamerale. Grazie alle pressioni svolte dai partiti di destra opposti a Piłsudski, venne confermata la tendenza alla limitazione dei poteri presidenziali. Il

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capo dello Stato doveva essere eletto congiuntamente dal Sejm e dal Senato; egli rimaneva a capo del potere esecutivo, ma i ministri erano politicamente responsabili solo di fronte al Sejm, che poteva sfiduciali con obbligo di dimissioni. Il Senato era costituito da 111 senatori e presentava una posizione subordinata rispetto al Sejm sia sotto il profilo fiduciario con il governo, che nell’ambito dell iter legislativo, in quanto la sua opposizione poneva essere superata dai 11/20 dei voti della maggioranza della Camera bassa. Per procedere allo scioglimento del Sejm (il quale prevedeva contemporaneamente lo scioglimento del Senato) da parte del presidente della Repubblica, era però necessario il consenso dei 3/5 del Senato.

Nel 1922 furono indette le elezioni parlamentari, che attraverso l’uso del sistema proporzionale, portarono ad una rappresentanza politica molto frammentata. Il maresciallo Piłsudski decise di non candidarsi a carica di presidente della Repubblica a causa della forte limitazione dei poteri a danno della carica presidenziale ad opera della nuova Costituzione, così il neoeletto parlamento bicamerale elesse a capo di Stato Gabrile Narutowicz. Dopo un paio di settimane, quest’ultimo venne assassinato e la sua carica passò, dopo un’altra elezione, a Stanisłao Wojciechowski.

Il primo governo formatosi fu di coalizione dei partiti di sinistra e centro guidato dal socialista Władysław Sikorski, mentre nel 1923 venne formato un governo di coalizione di destra e del partito populista Piast10. La predominante componente di destra di quest’ultimo governo, portò Piłsudski alla decisione di lasciare tutti gli incarichi ufficiali che aveva assunto durante il precedente governo di centrosinistra, capo del Comando supremo delle forze armate, presidente del consiglio di guerra e comandante in capo da designare in periodo di guerra.

La Polonia dovette affrontare il problema dell’integrazione delle tre precedenti zone di spartizione che per oltre un secolo avevo fatto parte di assetti statali differenti. Ogni parte aveva sviluppato un’economia strettamente legata con i mercati degli Stati a cui apparteneva, soprattutto attraverso i cospicui scambi commerciali.

La rivoluzione bolscevica mise fine ad ogni rapporto commerciale con la Russia, la Germania al fine di ostacolare l’economia polacca, condusse una guerra commerciale sino al 1925. Tali fattori, a cui si aggiunse la questione della ricostruzione post bellica, furono la causa di una permanente crisi economico-finanziaria.

La prima fase degli anni Venti fu caratterizzata da una forte instabilità delle maggioranze parlamentari, frequenti cambi di governo, e un continuo malcontento delle minoranze nazionali. Intorno a questo clima di sfiducia generale vi era la necessità di riforme sul rafforzamento il potere esecutivo. Fu così che il 14 maggio 1926 il maresciallo Piłsudski, appoggiato dall’esercito, entrò nella città di Varsavia e portò a termine un colpo di Stato. Piłsudski e i suoi sostenitori costrinsero il primo ministro Witos e il presidente della Repubblica Wojciechowski a dimettersi, e

10 Il Piast era un partito populista formatosi dopo la costituzione della Polonia indipendente, in difesa degli

interessi dei medi proprietari agricoli e in opposizione ai democratici nazionali, guidato dal leader Wincenty Witos.

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obbligarono il Sejm, pena il suo scioglimento, di approvare la nomina a presidente del governo di Kazimierz Bartel, ed eleggere in seguito alla carica di presidente della Repubblica Ignacy Mościcki. Piłsudski avrebbe assunto la carica di ministro della Guerra con potere di ispezione generale dell’esercito al fine di negargli ogni ingerenza alla politica. Egli diede avvio ad un politica di risanamento, sanacja, che caratterizzò l’attività di ogni governo instauratosi da quel momento, in cui di fatto il maresciallo aveva una forte influenza sull’andamento della politica nazionale.

Il 2 agosto dello stesso anno venne riformata la Costituzione, con lo scopo di rafforzare i poteri presidenziali e di bloccare la «dietocrazia» della Camera bassa. Il presidente della Repubblica ottenne il diritto di sciogliere il Sejm senza l’approvazione dei 3/5 del Senato, ma solo su semplice proposta del presidente del consiglio; il diritto di emanare in caso di emergenza e a Camere sciolte, decreti legislativi e decreti legge da convertire in legge, pena la loro decadenza, su delega del Sejm. Il Sejm perse il diritto di autoscioglimento e il diritto di esprimersi nella stessa sessione sulla sfiducia sollevata nei confronti di singoli ministri o dell’intero governo.

Nonostante il fatto che i governi erano sottoposti all’autorità del maresciallo Piłsudski e che alcuni principi democratici erano di fatto limitati, non si giunse ad una dittatura, come avvenne in diversi Stati dell’Europa dell’epoca. I vari partiti di opposizione e la stampa contraria alle politiche di governo operavano in assoluta libertà.

Il 23 aprile 1935 venne approvata una nuova Costituzione, da un parlamento che non lavorò in maniera del tutto trasparente e secondo i dettami costituzionali. Questa nuova Costituzione era volta a confluire maggiori poteri al presidente della Repubblica: esso veniva posto esplicitamente al «vertice dello Stato» (art. 2, c. 1, Cost.), veniva confermato il suo potere di emanare decreti legge e decreti legislativi, veniva sancita la responsabilità politica del presidente del consiglio e dei ministri davanti al capo dello Stato, in modo da poter procedere per volontà di quest’ultimo alla revoca diretta dei ministri. Il Sejm era stato ridotto di numero, da 444 a 208 deputati, e gli era permesso di sottoporre una richiesta di revoca dei ministri al presidente, che poteva però, in caso si fosse votato a maggioranza semplice, non pronunciarsi, salvo che il Senato decidesse in seguito di appoggiare la richiesta della Camera bassa. In questo caso il capo dello Stato avrebbe potuto scegliere tra la revoca del governo o lo scioglimento del Sejm, che avrebbe portato in quest’ultimo caso il conseguente scioglimento del Senato. Il Senato era formato da un terzo di senatori direttamente nominati dal presidente, e dai restanti due terzi scelti tramite collegi elettorali provinciali, composti da rappresentanti degli organi locali elettivi e delle organizzazioni economiche, diventando così di fatto un organo facilmente malleabile. Il presidente della Repubblica veniva scelto, non più dal parlamento, ma tramite elezioni svolte da un collegio appositamente costituito da 155 grandi elettori.

Si presentava però un nuovo scenario: il presidente uscente aveva il diritto di designare un proprio candidato alla presidenza, e qualora fosse stato lo stesso a quello

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eletto dal collegio, avrebbe assunto di diritto la carica di presidente, qualora invece fosse stato diverso, la decisione finale spettava ai cittadini tramite elezioni dirette.

Ancora una volta la Repubblica polacca si avvicinava ai regimi autoritari degli stati dell’Europa orientale ma di fatto restava un paese con strutture che si confacevano maggiormente alle democrazie occidentali.

1.3 L’occupazione nazista e sovietica

La Polonia dovette fare i conti con due grandi Stati vicini: la totalitaria Unione Sovietica, guidata da Lenin e poi da Stalin, e la Germania, che dal 1933 aveva creato un proprio modello di totalitarismo sotto la guida di Adolf Hitler.

Entrambi consideravano la Polonia un ostacolo nella realizzazione dei loro obiettivi a lungo termine. Per Stalin la Repubblica Polacca impediva i piani di diffusione della rivoluzione socialista in Germania e nel resto del continente. Per Hitler la Polonia limitava i possedimenti territoriali tedeschi a oriente e costituiva una barriera per i piani nazionalsocialisti di ampliamento dello spazio vitale tedesco (Lebensraum).

La Repubblica polacca decise di mantenersi neutrale ed equidistante dalle due potenze totalitarie, stipulando nel 1932 un trattato di non aggressione con l’Urss e nel 1934 un trattato di non belligeranza con la Germania nazista.

Iniziò da parte della Polonia la necessità di crescere del punto di vista economico. Dal momento che Danzica era città libera, si diede il via alla costruzione di un nuovo porto sulla parte di territorio costiero. Fu così ingrandita la piccola città di pescatori, Gdynia, diventando una delle più grandi città della Polonia di quegli anni e il più moderno porto del mar Baltico. Con lo scopo di trasformare il paese da agricolo a paese con un’economia basata sulla moderna industria, si iniziò così la costruzione, nella regione centrale, di grandi industrie volte anche alla produzione di armamenti.

Il 1 settembre 1939 la Polonia venne invasa dalle truppe del Wehrmacht e il 17 settembre dall’Armata rossa, come deciso dal Protocollo segreto allegato al Patto di non agressione Ribbentropp-Molotov del 23 agosto 1939.

Venne messa in atto la «quarta spartizione» della Polonia. I territori occupati dai tedeschi vennero annessi direttamente al territorio del Reich, mentre nella parte di territori ottenuti in cambio del riconoscimento ai sovietici di libertà d’azione sulla Lituania, venne istituito un governatorato generale per tutte le aree di occupazione, sotto amministrazione di un governatore generale scelto ad hoc. I territori occupati dall’Armata rossa vennero annessi all’Unione Sovietica seguendo il decreto del Soviet supremo dell’Urss del 3 novembre 1939. Questi ultimi territori polacchi, dopo l’invasione nazista all’Urss nel giugno 1941, vennero annessi al Reich.

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I tedeschi sin da subito procedettero alla germanizzazione della Polonia, che portò ad una massiccia azione di espulsione di quasi mezzo milione di polacchi. I nazisti procedettero ad esecuzioni di massa della popolazione, che con particolare ferocia colpirono gli ebrei. Iniziò un vero e proprio sterminio, la Shoah.

Gli organi dello Stato polacco furono costretti a fermare i lavori, ma l’ultima azione intrapresa dal presidente della Repubblica Ignacy Mościcki fu, seguendo i dettami della Costituzione in caso di situazione di guerra (art. 24, Cost.), nominare il suo successore. Venne fatto il nome del ex presidente del Senato Władysław Raczkiewicz, il quale trovandosi in Francia, fece giuramento presso l’ambasciata polacca a Parigi. Quest’ultimo nominò come presidente del consiglio Władysław Sikorski il quale diede vita a un governo polacco in esilio.

Esso era costituito da rappresentanti del Partito socialista polacco, del Partito agrario polacco e del Partito democratico nazionale ed ebbe sede a Londra. Nel 1943 la sua direzione passò a Stanislaw Mikołajczyk a causa di un incidente aereo in cui perse la vita il precedente primo ministro. Il governo polacco in esilio poteva contare su un esercito nazionale in cui si arruolarono più di 350 mila persone (Arma

Krajowa), che rappresentò il più grande movimento di resistenza in Europa, e vennero

create strutture statali clandestine su tutti i territori polacchi occupati, mettendo in atto un enorme attività di cospirazione; si costituì così un vero e proprio Stato polacco segreto.

Si apriva anche la questione del futuro controllo del territorio, cercando di non farlo cadere nelle mani del Partito operaio polacco (Ppr). Questo partito era stato formato ex novo dopo lo scioglimento del Partito comunista polacco ad opera del Comintern nel 1938, ed era strettamente legato all’Urss, grazie ai suoi nuovi leader, due comunisti di origine polacca, Paweł Finder e Marceli Nowotko.

Nonostante l’enorme sforzo bellico e le enormi perdite, la Polonia non poté godere della vittoria nella guerra. Negli ultimi anni di guerra divenne infatti vittima di una nuova aggressione sovietica. Si compirono sanguinose repressioni: omicidi, arresti, deportazione in Urss. Nel marzo del 1945 vennero arrestati i capi dello Stato Segreto Polacco.

1.4 L’inizio dell’oppressione comunista

Il 9 maggio del 1945 quando venne proclamata la fine della guerra, dopo 2078 giorni dal suo inizio con l'invasione dello stato polacco, il territorio della Polonia restava sotto il totale controllo dell'Unione Sovietica: quasi la metà del suo territorio fu nuovamente annesso all’Urss, l’altra metà rimase sotto il controllo di una vera e propria dittatura comunista pilotata da Mosca.

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Il Partito Comunista, sotto l’egida dell’Urss, gestiva i territori attraverso strutture locali e in seguito formò degli organi di rappresentanza nazionale: il Consiglio nazionale popolare (Krn) che si proclamò il 21 luglio 1944, «massimo organo dello Stato e unica fonte del potere legittimo», e il Comitato Polacco per la Liberazione Nazionale (Polski Komitet Wyzwolenia Narodowego - PKWN) a capo del potere esecutivo.

Questi nuovi organi vennero immediatamente riconosciuti dall’Urss, mentre gli Stati Uniti e la Gran Bretagna rimandarono, con lo scopo di dare conformità a quanto richiesto dalle potenze alleate e a quanto specificato nella conferenza di Jalta del febbraio 1945, di creare un governo nazionale a cui avrebbero dovuto fare parte membri del governo in esilio a Londra e altri leader democratici presenti in Polonia e all’estero.

Fu così che, dopo lunghe e difficili trattative svoltesi a Mosca dal 17 al 21 giugno 1945, venne formato un governo temporaneo di unità nazionale, con una forte componente del Partito comunista. Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna riconobbero come legittimo il governo appena formato, togliendo il riconoscimento a quello in esilio a Londra, con l’obiettivo ultimo di indire al più presto libere elezioni democratiche. Quest’ultimo non si sciolse, anzi si proclamò l’unico legittimo erede della Repubblica di Polonia del periodo interbellico, richiamandosi alla Costituzione de 1935. Il governo provvisorio di unità nazionale avrebbe applicato la Costituzione del 1921, sino alle elezioni per la formazione del nuovo Sejm costituente.

Il Partito comunista allo scopo di rafforzarsi, ottenne un ritardo di tali elezioni e l’indizione di un referendum il 30 giugno 1946 riguardante l’approvazione di una riforma agraria e di un programma di nazionalizzazioni, l’approvazione di una nuova frontiera occidentale (Oder-Neisse) e l’abolizione della Camera alta del parlamento. Questo referendum fu denominato delle «tre T» in quanto passò il sì (tak) per tutte le questioni poste a decisione popolare. Ciò rappresentò non solo una grande vittoria per il Ppr, ma la conferma della sua egemonia sullo scacchiere politico.

Vennero indette, il 19 gennaio 1947, le elezioni per il Sejm costituente, il cui esito fu falsato dai comunisti. Si ebbe la maggioranza del “Blocco democratico”, guidato dal Ppr, con l’80,1% dei voti, seguito dal Partito contadino polacco di Mikołajczyk con il 10,3%, dal Partito dei lavoratori con il 4,7%, dal Partito contadino polacco Nowe Wyzwolenie con il 3,5% e dalle ulteriori liste che ottennero l’1,4%.

Ecco la formazione dei 444 seggi del Sejm: 384 assegnati al Blocco democratico, 28 al Partito contadino polacco di Mikołajczyk, 15 al Partito dei lavoratori, 13 al Partito contadino polacco Nowe Wyzwolenie, 3 ai cattolici progressisti e 1 ai socialisti indipendenti.L’unica forza di opposizione nel Sejm e rimasta il Partito contadino polacco (Psl), anche se non tutti i deputati del partito mostrarono indipendenza e fermezza.

Alla prima seduta del Sejm, il 4 febbraio 1947, Mikołajczyk non lo riconobbe come un legittimo legislatore, negandogli il diritto di introdurre modifiche

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costituzionali. Il suo discorso fu interrotto da grida ostili e censurato dalla trascrizione ufficiale11.

L’8 febbraio 1947 fu formato il governo, guidato da Cyrankiewicz del Partito socialista polacco ( Pps), e con Władysław Gomułka, del Ppr, come vice primo ministro. L’intero governo era soggetto alla precedente gerarchia di potere stabilita nel 1945, i cui livelli più alti erano occupati dall’ambasciatore dell’Urss Wiktor Lebediew e da altri consiglieri sovietici.

Come accadde nel 1919, il Sejm costituente decise di redigere prima della nuova Costituzione, una legge costituzionale sulla «creazione ed efficacia degli organi superiori della Repubblica di Polonia». Questa disciplina provvisoria approvata il 18 febbraio 1947, nota come seconda Piccola Costituzione polacca, ha regolato il sistema statale durante il periodo di transizione fino all’adozione della nuova Costituzione. Venne confermata la permanenza, come nella Costituzione del 1921 attuata nel periodo interbellico, della carica monocratica del presidente della Repubblica, assunta da Bolesław Bierut, già presidente de governo provvisorio di Lublino, e al parlamento venne conferito il potere di determinazione dell’indirizzo politico, introducendo così nel paese il principio dell’unità del potere statale tipico dello Stato socialista. Il capo di Stato era al vertice del potere esecutivo, veniva eletto dal Sejm, rappresentava lo Stato, convocava, rinviava e chiudeva le sessioni del Sejm, nominava e indicava le dimissioni dei membri del governo, era al capo delle forze armate. Allo stesso tempo, il presidente della Repubblica ricopriva le funzioni di presidente del Consiglio di Stato, un'istituzione modellata sul sistema dell’Urss, che doveva coordinare le attività dei Consigli nazionali a vari livelli ed emanare decreti avente forza di legge, adottare risoluzioni sull'introduzione della legge marziale e sorvegliare l’Ufficio di Controllo Supremo. I tribunali dovevano essere indipendenti, ma le disposizioni date non li resero effettivamente tali.

Pur mantenendo l’apparenza di una democrazia, la Piccola Costituzione ha creato le condizioni per annichilirla: limitando i poteri del Sejm, complicando la divisione delle funzioni legislative ed esecutive attraverso l’organo del Consiglio di Stato, istituendo diverse prerogative al presidente della Repubblica e introducendo il sistema dei consigli nazionali non soggetti al controllo sociale.

Nel 1948 a Varsavia il Partito Operaio Polacco e il Partito Socialista Polacco diedero vita ad un unico partito, il Partito Operaio Unificato Polacco - POUP (Polska

Zjednoczona Partia Robotnicza - PZPR) che avrebbe governato il paese fino al 1989.

Nello stesso periodo al blocco "democratico" comunista si aggiunsero altre due componenti: il Partito Popolare Unificato (Zjednoczone Stronnictwo Ludowe - ZSL) derivante dal vecchio PSL dei contadini e il Partito Democratico (Stronnictwo

Demokratyczne - SD). Il sistema monocolore non trionfò mai in Polonia, che rimase

l'unico stato comunista con il sistema di tre partiti.

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1.5 La costituzione della Repubblica popolare polacca del 1952

Il periodo della dominazione sovietica fu espressa con chiarezza dalla Costituzione del 1952, ispirata a quella staliniana del 1936, che resse il Paese, con alcune limitate revisioni, fino al 1989. La redazione della nuova Costituzione fu avviata nel giugno 1949, dal Comitato centrale del Partito operaio polacco, formato da due sottocommissioni ad hoc. Entrambe elaborarono rispettivamente un progetto, che dopo essere stato approvato dall’ ufficio politico del Poup, rappresentò il punto di partenza per il lavoro della commissione costituzionale del Sejm.

Il 26 maggio 1952 il progetto venne pubblicato nella gazzetta ufficiale con l’obiettivo di sottoporlo alla discussione del popolo. Il Sejm costituente non prese molto in considerazione i suggerimenti della popolazione, modificando solamente la parte relativa ai membri del Consiglio di Stato, decretandone l’aumento del numero dei vicepresidenti. Il 22 luglio 1952 venne approvata la nuova Costituzione della Repubblica popolare di Polonia.

Grazie alla presenza di residue forme di attività privata, la Polonia si qualificava come «Stato popolare democratico» ( cap. I, art. 1, Cost.), ma in realtà si conformava ai principi della forma di Stato socialista. Questo fu riscontrabile nella questione riguardante i diritti e doveri dei cittadini, che venivano descritti solo nel VII capitolo, seguiti dai «principi del diritto elettorale» nell’VIII capitolo, dando maggiore rilevanza ai diritti sociali ed economici, riportati invece nel II capitolo. Veniva sì ammessa la presenza di altri partiti accanto al Poup, ma la struttura degli organi del potere statale era basata sui principi socialisti dell’unità del potere statale, della doppia dipendenza e del centralismo democratico.

Vi era una struttura istituzionale amministrativa articolata in vari livelli territoriali: consigli popolari di comune, di distretto, e di voivodato, eletti dalla popolazione per un periodo di tre anni. Essi, in quanto espressione del principio di unità de potere statale, eleggevano, dei corrispondenti presidium, divisi in dipartimenti con funzione di strutture esecutive ed amministrative, ma anche, dal secondo livello in poi, corrispondenti organi giurisdizionali.

L’organo di massima espressione unificatrice del potere statale era il Sejm nazionale (Dieta), eletto per quattro anni; «La Dieta della Repubblica popolare polacca è l'organo supremo del potere statale» (Cap. III, art. 15, c. 1, Cost.). Essa era formata da un presidente, da vicepresidenti e da commissioni. Aveva il compito di formare il consiglio dei ministri, cioè l'organo esecutivo ed amministrativo superiore del potere dello Stato, da essa revocabile; eleggeva nel corso della sua prima seduta il Consiglio di Stato, composto dal presidente del Consiglio di Stato, quattro vicepresidenti, dal segretario del Consiglio di Stato e nove membri.

Tale organo collegiale prese il posto della carica monocratica del Capo di Stato, ancora presente nella piccola Costituzione del 1947. Esso aveva il compito di indire le elezioni alla Dieta, convocarne le sezioni, il potere di iniziativa legislativa, di promulgare decreti legge, sia durante le sessioni della Dieta che durante, che dovevano però essere successivamente sottoposti all’approvazione parlamentare. Il

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Consiglio di Stato era subordinato alla Dieta in tutta la sua attività (Cap. III, art. 25, c. 2, Cost.).

Negli anni successivi vennero attuate diverse revisioni sulla Costituzione. La prima revisione fu del 13 dicembre 1957, ed introdusse un nuovo organo di controllo dell’amministrazione, la Corte suprema di controllo. Questa era posta direttamente alle dipendenze del Sejm, in contraddizione a ciò che accadeva negli Stati socialisti in cui tale organo era subordinato al governo.

Durante gli anni 1972-1976, si lavorò per una successiva revisione di portata più ampia. Con la sua approvazione, il 10 febbraio 1976, la Repubblica popolare polacca venne costituzionalmente trasformata da «democrazia popolare» a «Stato socialista» (art. 3 Cost.). Venne eliminato il livello territoriale intermedio del distretto, lasciando quello inferiore del comune e quello superiore del voivodato. Tutti gli organi amministrativi territoriali di carattere collegiale, si trasformarono in organi monocratici. Questi non erano più sotto il controllo degli organi rappresentativi corrispondenti, ma diventavano subordinati solo all’organo amministrativo monocratico superiore. Tali modifiche sembravano allontanare più che avvicinare il modello polacco a quello sovietico, contrastando il principio della collegialità delle decisioni e quello della doppia dipendenza. Veniva contemporaneamente sancito il ruolo dominante del Poup per tutta la società polacca: «il Partito operaio unificato polacco costituisce la forza politica che guida la società nell’edificazione del socialismo».

Diverse furono le proteste della popolazione contro il regime e contro la forte crisi economica che colpì tutto il Paese. Nel 1956 a Poznań centomila persone scesero nelle strade della città, invocando miglioramenti delle condizioni di vita e libertà politiche e religiose. Nel 1970 ci furono diversi scioperi in tutto il paese, dopo che le autorità decisero di aumentare i prezzi. Nel 1976 un’altra ondata di scioperi e manifestazioni, sedata da una forte repressione, spinse, per la prima volta, gli intellettuali ad unirsi agli operai, formando il Comitato per la difesa degli operai (Kor). Ancora nel 1979 alla prima visita dal Papa polacco Giovanni Paolo II, una quarta ondata nell’estate del 1980 nei cantieri navali di Danzica, sciopero causato dal licenziamento dell’attivista di opposizione Anna Walentynowicz. Fu lì che l’elettricista Lech Wałęsa assunse la guida dell’occupazione della fabbrica, da cui era stato licenziato nel 1976.

Lo sciopero nelle Acciaierie di Danzica segnò una svolta significativa, si diffuse in altri città quali Stettino, Breslavia e Jastrzębie. Alle acciaierie si unirono altre fabbriche, così che Wałęsa insieme a Tadeusz Mazowiecki e Bronisław Gemerek, coloro che saranno i futuri protagonisti della transizione democratica in Polonia, formarono il Comitato di sciopero interaziendale (Kmi).

La dimensione della protesta costrinse le autorità a fare delle concessioni. Fu così che il 31 agosto 1980, il Comitato concluse con il governo polacco gli Accordi di Danzica. Il documento prevedeva 21 postulati, di carattere socioeconomico e politico, fra cui la possibilità di creazione di sindacati autonomi indipendenti dalle autorità, libertà di stampa, di pubblicazione, d’espressione garantite già in

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Costituzione, rispetto del diritto di sciopero, l’uso di mezzi di comunicazione da parte delle associazioni professionali, la trasmissione della messa domenicale.

Contemporaneamente alla firma degli Accordi di Danzica furono firmati documenti analoghi in altre città come Stettino e Jatrzębie. Nacque il Sindacato Autonomo dei Lavoratori “Solidarność” (Niezależny Samorządny Związek

Zawodowy “Solidarność” -Nszz), con a capo Lech Wałęsa, il leader dello sciopero

di agosto a Danzica.

Il sindacato libero si richiamava a valori come verità, libertà, giustizia, solidarietà, bene comune, dignità dell’uomo, ma anche patriottismo e fede religiosa. Vi aderirono quasi subito circa 10 milioni di lavatori polacchi, che abbandonarono il sindacato ufficiale Alleanza panpolacca dei sindacati (Ogólnopolskie Porozumienie

Związków Zawodowych - Oppz). Solidarność iniziò a lavorare con lo scopo di

migliorare le condizioni di vita della gente polacca. Venne creato il Congresso Nazionale dei Delegati di “Solidarność”, che venne definito, dal momento che essi rappresentavano la maggioranza della popolazione, il parlamento della Polonia libera. Il programma del sindacato venne chiamato “La Repubblica Autonoma e Indipendente”, e prevedeva anche un appello a tutti i lavoratori dell’Europa orientale.

Si avanzavano sempre più rivendicazioni al governo, e fu così che il neopresidente Wojciech Jaruzelski, nonché primo segretario del Poup, il 13 dicembre 1981, dichiarò lo stato di emergenza, andando contro i dettami costituzionali, che prevedevano tale possibilità solo in caso di aggressione dall’esterno. Venne proclamata la legge marziale, le strade furono occupate dall’esercito, Solidarność venne dichiarato illegale e furono sospese le attività di tutte le organizzazioni al di fuori del partito comunista. Migliaia di persone vennero arrestate, internate, persero il lavoro e minacciate di morte se oppositori. Scoppiarono scioperi in tutto Paese, successivamente sedati dall’esercito. Dopo la repressione il regime attuò nuove riforme alla Costituzione, volte tuttavia ad una maggiore apertura della vita istituzionale polacca. La legge costituzionale dell’8 ottobre 1980 rese la Corte suprema di controllo nuovamente subordinata al Sejm. La legge costituzionale del 26 marzo 1982 introdusse un Tribunale costituzionale e un Tribunale di Stato. La successiva revisione costituzionale del 22 luglio 1983, cercò di rimediare all’atto incostituzionale del governo di decretare precedentemente lo stato di emergenza, che poteva essere dichiarato solo in presenza di una minaccia esterna, introducendo la possibilità di farlo anche in caso di minaccia interna alla sicurezza dello Stato. Venne dato ai due partiti satelliti del Poup, il Partito operaio contadino unificato e l’Alleanza democratica, il diritto di cooperare con le organizzazioni del lavoro e le organizzazioni religiose ufficiali, con lo scopo però di rafforzare lo Stato socialista. La revisione del 6 maggio 1987 istituì il Difensore civico, il «protettore dei diritti dei cittadini», così che i cittadini poterono godere di una forma di protezione per i loro diritti, e l’istituto del referendum.

Lo stesso anno si tenne una consultazione popolare in cui si chiedeva ai cittadini il loro parere sulla politica economica e su alcune trasformazioni istituzionali. A questo referendum rispose positivamente solo una piccola fetta di

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popolazione, respingendo di fatto le possibili modifiche, e confermando il distacco della cittadinanza al potere statale.

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Capitolo II

LA TRANSIZIONE DEMOCRATICA

2.1 Alcune premesse introduttive: il modello del costituzionalismo socialista e

il modello del costituzionalismo liberale

Per una corretta comprensione della situazione maturata nell’ultimo decennio del ‘900 occorre partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, periodo in cui si sono in gran parte rimodellati i sistemi politici e i relativi ordinamenti costituzionali.

La costituzione socialista viene imposta dalla potenza sovietica in tutta l’Europa centro-orientale, occupata militarmente, sotto la sua diretta sovranità. Il fenomeno dell’imposizione di un modello costituzionale, o anche del testo stesso di una costituzione, è strettamente collegato a quello del condizionamento, esercitato da uno stato esterno attraverso pressioni sugli organi costituzionali che formalmente rimangono liberi di decidere. Il modello costituzionale vigente in Urss, concentrato nella Costituzione staliniana del 1936, viene imposto unilateralmente in ampie aree europee e resistette fino alla dissoluzione, alla matrice, del suo sistema politico-costituzionale fortemente autoritario.

Andiamo ad analizzare sinteticamente le caratteristiche proprie del modello socialista e di quello liberaldemocratico.

Nella seconda metà del ‘900 si sono affermate diverse concezioni di democrazia politica, molte costituzioni hanno agito in senso autoritario, spesso negando i principi democratici, come la sospensione temporanea delle garanzie o la negazione di esse. «Accanto ad una concezione sostanziale della democrazia che include come specifici valori le libertà individuali e collettive e le istituzioni rappresentative caratterizzate da responsabilità attraverso forme di controllo e dalla possibilità di alternanza, esiste una concezione procedurale della stessa, che in realtà non deve considerarsi come distinta o alternativa bensì coessenziale alla prima»12. Un elemento caratterizzante nella comprensione di tale fenomeno è sicuramente l’individuazione di una specifica ideologia che giustifica l’uso del potere. I valori, come insieme di credenze, convinzioni e tradizioni, assumono una forte importanza nel condizionare le diverse costituzioni, innestandosi in esse come principi normativi.

I valori classici del liberalismo politico si sono diffusi con la rivoluzione americana e francese, in particolare quelli racchiusi nella Dichiarazione dell’uomo e

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del cittadino del 1789, e si sono consolidati nel tempo e nello spazio, assumendo talvolta carattere globale, tramite la nascita di convenzioni o dichiarazioni internazionali sui diritti adottate nel contesto delle Nazioni Unite (la Dichiarazione universale del 1948).

La sconfitta delle potenze centrali da parte delle democrazie occidentali e dell’Unione Sovietica ha portato ad un primo momento a confondere i confini tra concezione liberale e socialista della democrazia. Si è creato un embrione di una comunità internazionale formata sulla base di principi comuni, incarnati da neonate organizzazioni internazionali, i cui valori sono comunque riconducibili solamente alcuni assetti costituzionali, pur rimanendo sullo sfondo concezioni radicalmente diverse sulle modalità di governo. Tali organizzazioni non hanno avuto il potere di imporsi nelle costituzioni nazionali, ma hanno contribuito a offrire un modello di riferimento, e a condizionare in alcuni casi gli sviluppi costituzionali di ordinamenti in via di modernizzazione politica.

Le potenze vincitrici facevano emergere il modello dello stato liberaldemocratico in cui si affermava un effettivo riscontro, nelle esperienze costituzionali, del rispetto dei diritti dell’uomo, della garanzia delle libertà, di un sistema formato da una separazione dei poteri in cui istituzioni sono soggette al reciproco controllo, del principio di scelta da parte dei cittadini di coloro che occupano le più importanti funzioni pubbliche, e di una particolare attenzione e rispetto al principio di libera competizione sia sulla scena politica che nel mercato.

Nell’area sottoposta ad influenza sovietica si affermava la versione socialista della democrazia. Lo Stato socialista mise in atto la teoria marxista-leninista del diritto e dello stato, riformando i rapporti economici tra lo stato a popolazione. Da una parte attraverso l'abolizione della proprietà privata, i mezzi di produzione appartenevano esclusivamente allo Stato, portatore degli interessi della classe operaia,in cui l’attività economica è oggetto di una severa pianificazione effettuata attraverso la predisposizione di piani ultrannuali. Dall’altra parte attribuendo il potere ad un unico partito capace di imporre i propri indirizzi. Vi è un costante rifermento allo sviluppo socio-economico dello Stato, e un riconoscimento di un ampio numero di diritti, i quali non sono affidati ad una normativa che ne esplichi il loro esercizio; sarà compito delle autorità pubbliche, nonché degli organi di vertice del partito e dello Stato, provvedere a darne garanzia, una «garanzia materiale» sottoposta alla clausola della non compromissione del raggiungimento dei fini previsti dall’ordinamento statale.

La forma di Stato adottata dal sistema sovietico fra i due conflitti mondiali fu quella della dittatura proletaria. Inizialmente la dittatura fu ritenuta una forma di organizzazione transitoria, ben presto si presentò l’esigenza di mantenere la struttura statale integrata al partito. Diversi furono i fattori di tale presa di coscienza come l’esistenza di Stati borghesi che minavano dall’esterno l’ordinamento rivoluzionario e la presenza di nemici interni in grado di compromettere a stabilità del sistema. Il modello costituzionale fu quello di un potere fortemente accentrato nelle strutture del

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