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I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo (1421-1452): le vicende storico-politiche che li hanno preceduti.

ISTITUZIONI RAPPRESENTATIVE NELLA SARDEGNA ARAGONESE: IL PARLAMENTO DI PIETRO IV D’ARAGONA, I PARLAMENTI D

5. I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo (1421-1452): le vicende storico-politiche che li hanno preceduti.

Per quanto non sia stata contestata la validità giuridica del Parlamento di Pietro IV, viste anche le sue lacune formali e, non certo di secondaria importanza, anche quelle sostanziali, che comunque aveva cercato di rispondere ad esigenze di controllo territoriale con una legislazione repressiva, alla luce anche dei precedenti fatti militari, bisognerà attendere, per osservare alcuni mutamenti, il regno di Alfonso il Magnanimo che salì al trono nell’aprile del 1416, quando la Sardegna non era ancora completamente pacificata, né sottomessa315. Mentre il meridione, infatti, era fedele all’Aragona e mentre Oristano, centro della resistenza anti-aragonese, aveva da alcuni anni capitolato, il settentrione, capeggiato da Guglielmo III, visconte di Narbona316, erede dei giudici d’Arborea e dei Doria, che avevano strenuamente lottato per l’indipendenza dell’isola, restava ancora in mano ai ribelli. Ferdinando I aveva iniziato con Guglielmo delle trattative, ma queste erano rimaste, dopo varie discussioni, a un punto morto317. Alfonso le riprese318 e nell’agosto del

311 Manoscritto Vivanet, presso la deputazione di Storia Patria per la Sardegna, fasc. 7, p. 45. 312 MELONI G., Il Parlamento di Pietro IV d’Aragona…, p. 155.

313 BOSCOLO A., I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo, Milano, 1953. 314 BOSCOLO A., I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo, Milano, 1953.

315 CASULA F.C., Profilo storico della Sardegna catalano-aragonese..., pp. 23-98; ANATRA B., La Sardegna

dall’unificazione aragonese ai Savoia, Torino, 1987, pp. 119-140.

316 D’ARIENZO L., Documenti sui visconti di Narbona e la Sardegna, I, Padova, 1977, p. XII. 317 IBIDEM, p. 30, p. 31.

318 SCANO D., Serie cronologica dei giudici sardi, in <<Archivio Storico Sardo>>, XXI, 1939, n. 3-4; TOLA P.,

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1420 riuscì, con molta abilità e con l’aiuto del Delfino di Francia, il futuro Carlo VII, a condurle a buon fine319. Raggiunto con Guglielmo un accordo finanziario, per il quale si impegnava a versare al visconte centomila fiorini d’oro d’Aragona e questi a restituirgli le terre da lui possedute, compresa la città di Sassari, mirò a riordinare l’isola, sconvolta da tante guerre, a pacificarne la parte ribelle e a farne una base della sua politica di espansione. Occupato però nella campagna di Corsica, che aveva soprattutto il fine di dare uno scacco ai Genovesi e al loro commercio, non potè attuare subito il suo programma, che comprendeva anche, come punto centrale, la convocazione del Parlamento, e si limitò a indirizzare una lettera ai castellani, ai sindaci e agli ufficiali dei castelli, delle ville e delle terre, incontrade, o curatorie sarde che avevano parteggiato per il visconte, comunicando loro di aver fatto la pace con Guglielmo e di avere già in suo possesso la città di Sassari, centro della ribellione320.

La lettera era un primo passo verso il ritorno alla normalità e un chiaro invito ai ribelli a desistere da ogni faziosità e a passare sotto il dominio aragonese. Ma, mentre alcune incontrade ormai fiaccate accettarono l'invito, ben comprendendone il significato, altre non risposero. A parte il fatto che l'animosità contro l'Aragona difficilmente si poteva spegnere, il re aveva tassato tutti i territori, già appartenenti al visconte, per trentaduemila fiorini d'oro321. Sassari aveva accettato di pagare la sua parte ed era passata subito dalla parte degli Aragonesi, ma l'imposizione era troppo grave perché le incontrade, o le curatorie, sconvolte da tante guerre e dominate dalla miseria, potessero pagare. Ma il re aveva stabilito che sui centomila fiorini dovuti al visconte, trentaduemila venissero pagati dai territori già da lui posseduti in quattro anni, dodicimila nel primo, ventimila nei tre rimanenti, e intendeva, senza alcuna eccezione, che i territori non soltanto ritornassero sotto la sua autorità, ma in pari tempo pagassero322.

Era questo uno dei primi atti con i quali egli mirava a far sentire il peso della sua

319 BOSCOLO A., I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo (1421-1452), Cagliari, 1993, p. 16. 320 IBIDEM, p. 17, p. 18.

321 D’ARIENZO L., Documenti sui visconti di Narbona e la Sardegna…, p. 125, p. 126. 322 BOSCOLO A., I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo (1421-1452)…, p. 18.

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autorità. Però molti Sardi, che avevano combattuto per vari anni per l'indipendenza dell'isola, non intendevano sottomettersi tanto facilmente. Così, mentre da una parte alcune incontrade, ricevute le lettere, inviarono a far atto di omaggio al re i loro messi, dall'altra, specie nelle zone influenzate dai Genovesi in guerra con Alfonso, la ribellione rimase sempre latente.

Alfonso mirava sì a riacquistare e ad imporre nelle terre ribelli il prestigio che l'Aragona aveva perduto, ma desiderava anche evitare nuove lunghe guerre e nuove crisi all'isola: capiva benissimo che avrebbe potuto ottenere il suo fine attraverso un'abile politica. Non desiderava poi compromettere la campagna di Corsica, né inimicarsi il Delfino di Francia, che gli aveva scritto raccomandandogli vivamente di rispettare l'accordo con il visconte. Acquistata Sassari, gli stessi sassaresi, legati da interessi commerciali alle incontrade del settentrione dell'isola, gli avrebbero facilitato il compito della pacificazione. Le poche ribellioni sporadiche sarebbero poi state facilmente domate, tanto più che i giudici d'Arborea, che per tanto tempo avevano tenuto desta la lotta per l'indipendenza, ormai non c'erano più e lo stesso Guglielmo, loro erede, aveva abbandonato l'isola alla sua sorte323.

La convocazione del Parlamento, punto base del suo programma, sarebbe stata dunque molto utile per il riordinamento della Sardegna, la cui situazione non era molto buona. Le precedenti guerre tra Sardi e Aragonesi, la peste - che si era avuta nel 1348, nel 1376, nel 1398, nel 1402 e nel 1410 - e le carestie avevano recato, come abbiamo visto precedentemente, gravi danni. La popolazione, parte fatta prigioniera e condotta nell'Aragona, parte decimata dalla peste e dalle guerre era andata sempre più diminuendo e di conseguenza era andata diminuendo anche la produzione324. Molte ville, floride all'epoca dei giudici, erano rimaste così spopolate, altre erano state distrutte per la guerra, altre ancora, infine, erano state abbandonate per la peste. Il Parlamento avrebbe

323 IBIDEM, p. 19.

324 Lo spopolamento della Sardegna nel corso dei secoli XIV-XV, dovuto alle continue guerre e alla peste, è stato studiato da LODDO CANEPA F., Spopolamento della Sardegna durante la dominazione aragonese e spagnola, Roma,

1932 e da LIVI C., La popolazione della Sardegna nel periodo aragonese, in <<Archivio Storico Sardo>>, XXXIV,

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potuto risolvere in parte la situazione dell'isola, irta di difficoltà. Era necessario, infatti, oltre che far opera di pace, sanare i danni provocati dalle guerre e dalla peste, far si che i Sardi rispettassero nuovamente le disposizioni prese tempo prima dagli Aragonesi, riordinare l'amministrazione della giustizia, risolvere la situazione dei feudatari, ora privi di uomini e d'autorità e padroni di larghe e improduttive estensioni di terre, rafforzare i capisaldi e le fortificazioni, limitare l'autorità dei rappresentanti del re, gli ufficiali regi, che nei periodo bellico avevano acquistato o si erano attribuiti larghi poteri e comunque completare l'opera intrapresa, ma i cui esiti non erano stati raggiunti, proprio per via delle precarie condizioni economiche e sociali, dal Parlamento convocato nel 1355 a Cagliari dal suo predecessore325.

Con le stesse procedure e secondo le modalità già utilizzate nella convocazione del primo Parlamento, le rappresentanze che costituivano la struttura parlamentare

(conventum, seu concilium, seu parlamentum), secondo il suo desiderio, avrebbero

dovuto riunirsi quanto prima per conoscere i desideri delle rispettive classi sociali e le principali istanze delle popolazioni sarde e quindi avere un quadro della situazione sarda, delle esigenze dell'isola e dei provvedimenti da prendere. Il re contava anche, invitando al Parlamento i sindaci del settentrione, che avevano parteggiato per il visconte, di accaparrarsene la simpatia.

La campagna che egli aveva intrapreso in quel volger di tempo contro i Genovesi in Corsica gli impediva però, per il momento, l'attuazione del suo programma326.